Abstract
THE MISSED CONSTITUTIONAL REFORM AND ITS POSSIBLE IMPACT ON THE SUSTAINABILITY OF THE ITALIAN NATIONAL HEALTH SERVICE
The rejection of the Constitutional Law Bill No.1429-D in the December 2016 referendum, has stimulated a cause for reflection on current health legislation and the future prospects of the Italian National Health Service; also in the context of the recent approval of the new Essential Levels of care (LEA) and other relevant laws approved by the Parliament. This article analyzes possible future legislative and organizational scenarios with particular regard to issues related to National health system’s sustainability. (www.actabiomedica.it)
Abstract
Il rigetto del Progetto di Legge Costituzionale n.1429-D nel referendum confermativo del dicembre 2016 ha aperto una fase di riflessione sulla legislazione sanitaria attuale e sulle prospettive future del Servizio Sanitario Nazionale, anche alla luce dell’approvazione dei nuovi LEA e di altre normative rilevanti approvate dal Parlamento. Questa nota analizza i possibili scenari futuri con particolare riferimento ai temi della sostenibilità del sistema sanitario.
I La mancata Riforma costituzionale del 2016
Nel periodo precedente lo svolgimento del Referendum costituzionale del dicembre 2016 si è sviluppato, tra gli esperti di politica sanitaria, un dibattito sui possibili effetti delle modifiche proposte sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) (1-4). Il largo movimento a favore delle modifiche sugli aspetti sanitari partiva da considerazioni negative sugli esiti della riforma del titolo V della Costituzione del 2001 che non avrebbe tratto benefici dall’aumentata autonomia regionale in ambito sanitario portando a deficit molte regioni con mancata erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). In realtà, la spinta verso la necessità di un rinnovato centralismo era già percepibile dopo l’attuazione del Patto per la Salute 2014-2016 e l’approvazione di alcune norme di settore successive come le norme sulla dirigenza sanitaria (poi parzialmente dichiarata incostituzionale) e il DM 70/2015 sugli standard ospedalieri (5-7). Nel proposto nuovo testo costituzionale veniva eliminato l’Istituto della legislazione concorrente ed estese le competenze statali in materia sanitaria, fermo restando il principio generale sancito dall’art. 32 della Costituzione (8). Considerando che gli enunciati dell’originale articolo 117 erano (e sono ancora oggi, dopo la bocciatura referendaria) piuttosto generici, che una clausola di supremazia dello Stato in realtà esiste (lo Stato mantiene infatti potestà legislativa sui principi generali), e che alcune recenti leggi, atti di programmazione e intese Stato-Regioni avevano già recepito la tendenza centripeta, se ne deduceva che, almeno in linea teorica, l’impatto della modifica non sarebbe stata stravolgente rispetto all’organizzazione su tre livelli del Servizio Sanitario Nazionale (Stato-Regioni-Aziende sanitarie). Nel periodo pre-referendum era stato sottolineato (9) come la vittoria del SI’ avrebbe reso più scontate le operazioni centralistiche del SSN ma anche lasciato la piena autonomia sugli aspetti organizzativi in capo alle Regioni. Dal punto di vista politico gli esiti del referendum erano meno prevedibili in quanto, al di là della caduta del Governo Renzi (avvenuta all’indomani del voto di rigetto del Progetto di Legge Costituzionale n. 1429-D), si riteneva che la vittoria del NO avrebbe potuto creare contraccolpi, instabilità politica e una generale sensazione che gli sforzi per salvare il SSN universalistico fossero stati vani.
II. La fase successiva al referendum
L’esito del referendum è noto così come il fatto che la conferma dell’incarico alla Ministra Lorenzin abbia dato comunque continuità all’azione di Governo in materia sanitaria, ed è stato probabilmente un segno politico rilevante. Non è quindi un caso che i mesi successivi al Referendum (dicembre 2016-marzo 2017) siano stati caratterizzati dall’approvazione di importanti provvedimenti legislativi tra cui i nuovi LEA (10), la legge sulla responsabilità professionale (11), il piano nazionale di prevenzione vaccinale (12) e il decreto correttivo del D.Lgs 171/2016 (13). Quest’ultimo provvedimento di “Attuazione della delega di cui all’art. 11, comma 1, lett. p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria», attuativo della riforma Madia, sarebbe dovuto entrare in vigore il 18 settembre 2016, ma era stato bloccato da una sentenza della Consulta (251/2016) in cui si sottolineava la mancata previsione del coinvolgimento delle Regioni in una scelta che le riguardava direttamente.
III. L’ acceso dibattito sul futuro del SSN
L’attivismo governativo e parlamentare per l’efficientamento e la sostenibilità del SSN non ha evitato commenti e considerazioni post-referendarie sulle politiche sanitarie nazionali di cui riportiamo un estratto che riteniamo particolarmente significativo. Si tratta di opinioni e repliche per lo più pubblicate sulla stampa di settore. “Siamo praticamente al break point - ha sottolineato preoccupato Ivan Cavicchi, sociologo ed esperto di politiche sanitarie - iniziato con l’impegno dell’ex Premier Renzi a sostenere la graduale introduzione di forme di welfare contrattuale con misure che integrano e implementano le prestazioni pubbliche e danno la possibilità alle imprese di detrarre dal costo del lavoro gli oneri per le mutue integrative”. Con ciò, secondo Cavicchi, sarebbe in atto una riduzione del diritto alla salute previsto dall’art. 32 a semplice “protezione” dai rischi della malattia, di chiaro stampo mutualistico. “L’escamotage adottato - conclude l’esperto - è lo stesso suggerito in questi anni dai portatori d’acqua del governo, delle mutue e delle assicurazioni come Gimbe, C.r.e.a, Cerm, Censis, e la Bocconi» (14).
“L’immagine del SSN più equo del mondo ormai è un paravento. La nostra sanità pubblica sta andando a picco e rischiamo un ridimensionamento del nostro SSN e una sua riduzione al “pavimento” di diritti e un doppio livello di prestazioni erogabili: una parte fruibili per tutti e una parte destinata a chi le può acquistare”. Questo il quadro dipinto dal giornalista esperto di politiche sanitarie Luca Benci che a sua volta intravede un indirizzo di profonda revisione del SSN (15).
Altra considerazione preoccupante quella di Riccardo Cassi, presidente CIMO: “se valutiamo le classifiche internazionali ci accorgiamo che quelle dove abbiamo buoni risultati sono quelle relative allo stato di salute del Paese, mentre siamo agli ultimi posti in quelle relative al gradimento da parte dei cittadini e all’accessibilità dei servizi (16-17). Ora sappiamo bene che sullo stato di salute incidono prevalentemente fattori quali l’ambiente e lo stile di vita, piuttosto che il modello di SSN che invece diviene rilevante nelle analisi di gradimento da parte dei cittadini.” (18):
“Non sono affatto convinto della necessità di ricorrere a Fondi Sanitari e ancor meno alle Assicurazioni Sanitarie, per garantire la sostenibilità del SSN” hanno affermato Vittorio Caimi, Presidente del CSERMeG e altri firmatari, pur riconoscendo che il fenomeno ha assunto dimensioni imponenti da cui è difficile prescindere, e che in ogni caso, richiederebbe una forte azione di governo, finora mancata. “Il nostro dissenso rispetto a un’ulteriore espansione dei Fondi Sanitari e di quanto (a nostro avviso impropriamente) è stato definito secondo e terzo pilastro del SSN sarà oggetto di specifiche iniziative di confronto» (19).
«Sostenere che gli enti di sanità integrativa siano una modalità di privatizzazione del sistema sanitario è un macroscopico errore di valutazione, così come sostenere che la sanità integrativa possa essere prestata da aziende non fondate sul principio mutualistico è una utopia economica.» Questo il parere di Luciano Dragoinetti secondo cui il sistema a tre pilastri è per ragioni statistiche, sociali, economiche, costituzionali, l’unico sistema che può tutelare tutti i cittadini e bene hanno fatto i legislatori che si sono succeduti negli ultimi vent’anni a sostenerlo, regolamentarlo ed organizzarlo. “Sta solo a tutti noi - conclude l’esperto - usufruirne in modo corretto senza confusioni interpretative e sterili polemiche che prendano spunto da valutazioni politiche o da interessi imprenditoriali.” (20).
A conclusione di questo dibattito spontaneo sul futuro del SSN riportiamo l’intervento del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin secondo la quale “i conti in questo anni sono migliorati, anche se le Regioni commissariate sono troppe, ma se possiamo dire che i piani di rientro e i commissariamenti hanno funzionato sotto il profilo economico, lo stesso non può dirsi per le cure. Sul versante degli adempimenti LEA però le cose non vanno nelle Regioni in rosso.” Secondo il Ministro se i piani di rientro e i commissariamenti così come sono oggi hanno funzionato, almeno sul versante economico, ormai hanno anche fatto il loro tempo e vanno rivisti (21). La ricetta di Lorenzin è semplice: ridare alle Regioni la capacità decisionale completa anche se lo Stato centrale dovrà “tempestivamente intervenire commissariando le singole aziende sanitarie a fronte di standard bassi di erogazione dei servizi sanitari ai cittadini; ciò vuol dire che il direttore generale, amministrativo, sanitario lo decidiamo noi dando un tempo definito per la riorganizzazione della singola azienda ed esercitando poteri sostitutivi completi” ha concluso Lorenzin.
IV. Conclusioni
Le considerazioni sopra riportate non hanno la pretesa di concludere il dibattito sul futuro del SSN che continuerà nei prossimi mesi né essere esaustivo delle varie posizioni, esigenze e proposte. Si può tuttavia affermare che la fase post-referendaria abbia riacceso il dibattito sulle caratteristiche universalistiche del nostro SSN e sul suo futuro, soprattutto in relazione alla sostenibilità e all’ipotesi di un’estensione delle forme di assistenza integrativa e dei cosiddetti secondo pilastro (fondi integrativi) e terzo pilastro (mutue e assicurazioni sanitarie). Abbiamo colto in alcune fasi del dibattito una linea molto ferma del Governo e del Ministro della Salute sulla difesa dei principi generali dell’assistenza sanitaria ma anche una serie di considerazioni prettamente politiche che si sono intersecate con l’attuale campagna per l’elezione del nuovo segretario del Partito democratico e, in prospettiva, delle prossime elezioni politiche. Volendo considerare solo gli aspetti tecnici, scientifici ed economici si ritiene che, con l’approvazione delle nuove norme in materia sanitaria sopra menzionate (10-13), sia continuato il processo di centralizzazione di alcune decisioni con il consenso delle regioni e province autonome; tale processo, già in atto da alcuni anni, è testimoniato dalle recenti affermazioni del Ministro della Salute (21) e dagli accordi intercorsi in seno alla Conferenza Stato-Regioni. Su tutto grava tuttavia un contesto politico caratterizzato da una fase di incertezza a livello internazionale ,nazionale e regionale, con lo sfondo della tenuta dell’Unione Europea, delle elezioni politiche nazionali e di rilevanti tornate amministrative.
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