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. 2018 May 30;59(1 Suppl 1):E1–E86. [Article in Italian]

La vaccinazione universale dei bambini contro l’influenza con il vaccino Vaxigrip Tetra® in Italia: risultati di una valutazione di Health Technology Assessment (HTA)

The universal influenza vaccination in children with Vaxigrip Tetra® in Italy: an evaluation of Health Technology Assessment

Sara Boccalini 1, Angela Bechini 1, Maddalena Innocenti 1, Gino Sartor 1, Federico Manzi 1, Paolo Bonanni 1, Donatella Panatto 2, Piero Luigi Lai 2, Francesca Zangrillo 2, Emanuela Rizzitelli 2, Mariasilvia Iovine 2, Daniela Amicizia 2, Chiara Bini 3, Andrea Marcellusi 3, Francesco Saverio Mennini 3, Alessandro Rinaldi 4, Francesca Trippi 4, Anna Maria Ferriero 4, Giovanni Checcucci Lisi 4
PMCID: PMC6219245  PMID: 30465031
J Prev Med Hyg. 2018 May 30;59(1 Suppl 1):E5–E6.

CAPITOLO 1: L’Health Technology Assessment della vaccinazione universale contro l’influenza per i bambini: razionale

S BOCCALINI 1, P BONANNI 1

Introduzione

Nel 2005 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato il documento “Vaccine introduction guidelines” per aiutare e indirizzare le decisioni relative all’adozione di nuovi vaccini o nuove strategie di vaccinazione nei programmi nazionali/regionali di immunizzazione [1]. Secondo tale documento, gli aspetti che dovrebbero essere esaminati per valutare l’accettabilità di qualsiasi nuovo vaccino o nuova strategia di vaccinazione sono: la priorità di salute pubblica delle malattie prevenibili; il disease burden; l’efficacia e la sicurezza del vaccino; i problemi economici e finanziari e altre possibili alternative disponibili (compresi altri vaccini). Inoltre, la fattibilità dell’introduzione di un nuovo vaccino o una nuova strategia di vaccinazione, da un punto di vista tecnico, dovrebbe essere esaminata valutando la scheda di somministrazione del vaccino, la disponibilità di offerta e la forza programmatica di tale intervento [1].

Tutti questi aspetti sono inclusi nelle valutazioni di Health Technology Assessment (HTA). Secondo l’approccio HTA, infatti, l’epidemiologia delle infezioni e delle malattie, il disease burden, le misure preventive e terapeutiche disponibili contro le infezioni e le malattie esaminate, l’efficacia e la sicurezza del vaccino, le valutazioni economiche, gli aspetti etici, legali, sociali e organizzativi sono argomenti che dovrebbero essere valutati prima dell’introduzione di ogni nuovo vaccino o strategia vaccinale [2]. Le evidenze scientifiche relative a questi argomenti dovrebbero essere raccolte ed esaminate criticamente per eseguire una valutazione completa del possibile impatto dell’introduzione del nuovo vaccino o della nuova strategia di vaccinazione.

Nel precedente Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2012-2014 (PNPV 2012-14) [3] l’HTA è stato identificato come l’approccio migliore per valutare l’introduzione di nuove vaccinazioni o nuove strategie vaccinali nei programmi di prevenzione. Di fatto, il Piano ha evidenziato che è necessario stabilire criteri chiari, solidi e condivisi per guidare i processi decisionali, vista la crescente disponibilità di nuovi vaccini e l’ampliamento delle indicazioni di alcuni vaccini già disponibili, nell’ottica di compiere scelte per razionalizzare le limitate risorse disponibili e massimizzare i risultati sanitari. Inoltre, in tale documento è sottolineato che l’HTA è l’approccio che meglio segue i criteri previsti dall’OMS, la cui validità nella valutazione di tecnologie sanitarie esistenti o nuove è riconosciuta a livello internazionale [3]. Questa indicazione è stata confermata nell’attuale Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 [4].

Pertanto, un report di HTA rappresenta oggi lo strumento più utile per i decision makers per prendere decisioni basate su evidenze scientifiche, garantire le misure più appropriate e indicare le priorità nel processo decisionale e la sostenibilità per il sistema sanitario nazionale e regionale.

Poiché l’influenza è da considerarsi un problema di Sanità Pubblica che coinvolge pesantemente l’età pediatrica per l’elevata frequenza dei casi, risulta fondamentale effettuare valutazioni di HTA nell’ottica di un ampliamento dell’offerta vaccinale che comprenda la vaccinazione universale dei bambini dai 6 mesi ai 59 mesi d’età, indipendentemente dalla presenza di fattori di rischio. Inoltre, è importante individuare il tipo di vaccino anti-influenzale più adatto tra quelli disponibili per la fascia pediatrica. Tale valutazione dovrebbe prendere in considerazione, oltre ai dati di sicurezza ed efficacia dei vaccini disponibili, anche l’attuale situazione epidemiologica che vede l’alternanza di circolazione di virus influenzali A e B e, soprattutto, la contemporanea circolazione dei due lineage B. Quest’ultimi colpiscono prevalentemente le fasce pediatriche e contribuiscono a condizionare l’impatto della vaccinazione in caso di mismacht tra virus circolanti e vaccinali [5, 6].

L’adozione di un programma di vaccinazione universale anti-influenzale per i bambini potrebbe, quindi, essere presto valutata dai decision makers in Italia. Questa decisione potrebbe essere fortemente supportata dalla disponibilità di uno specifico report di HTA eseguito da esperti in vaccinazione, economia sanitaria applicata alle vaccinazioni e HTA applicato ai programmi di immunizzazione.

Per questo motivo è stato sviluppato il presente report di HTA con lo specifico obiettivo di valutare la vaccinazione universale anti-influenzale nei bambini con il vaccino Vaxigrip Tetra®. È stata effettuata una revisione approfondita della letteratura scientifica disponibile a livello nazionale e internazionale sui principali domini dell’HTA previsti da EUnetHTA [4]: epidemiologia dell’influenza, disease burden, efficacia e sicurezza dei vaccini oggi disponibili in Italia, attuali misure preventive adottate contro l’influenza e, soprattutto, modalità di offerta delle strategie di vaccinazione nei bambini e valutazione economica della vaccinazione universale in età pediatrica. Prove scientifiche su questi argomenti sono state valutate per stimare l’impatto dell’influenza nei soggetti più giovani e, in particolare, valorizzare i potenziali benefici (sia sanitari che economici) legati all’uso del vaccino Vaxigrip Tetra® in base alle sue caratteristiche specifiche rispetto alla non vaccinazione e agli altri vaccini disponibili. Inoltre, la valutazione di altri aspetti strategici, come il ruolo della comunicazione nelle strategie di immunizzazione, l’impatto organizzativo della vaccinazione anti-influenzale universale nel programma nazionale/regionale di vaccinazione, gli aspetti etici e sociali, le raccomandazioni già disponibili e le valutazioni di esperti, è stata eseguita sulla base dei dati presenti in letteratura.

Bibliografia

  • [1].World Health Organization (WHO). Vaccine introduction guidelines. Adding a vaccine to the national immunization programme. Decision and implementation. 2005. Disponibile all’indirizzo: http://whqlibdoc.who.int/hq/2005/WHO_IVB_05.18.pdf.
  • [2].La Torre G, de Waure C, Chiaradia G, Mannocci A, Specchia ML, Nicolotti N, Ricciardi W. The future of best investing in vaccines: the Health Technology Assessment approach. Vaccine 2008;26(13):1609-10. [DOI] [PubMed] [Google Scholar]
  • [3].Ministero della Salute. Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2012-2014. Gazzetta Ufficiale n.47 (12 marzo 2012). Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1721_allegato.pdf.
  • [4].Ministero della Salute. Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019. Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2571_allegato.pdf.
  • [5].Caini S, Huang QS, Ciblak MA, Kusznierz G, Owen R, Wangchuk S, Henriques CM, Njouom R, Fasce RA, Yu H, Feng L, Zambon M, Clara AW, Kosasih H, Puzelli S, Kadjo HA, Emukule G, Heraud JM, Ang LW, Venter M, Mironenko A, Brammer L, Mai le TQ, Schellevis F, Plotkin S, Paget J; Global Influenza B Study. Epidemiological and virological characteristics of influenza B: results of the Global Influenza B Study. Influenza Other Respir Viruses 2015;9(Suppl1):3-12. [DOI] [PMC free article] [PubMed] [Google Scholar]
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  • [7].EUnetHTA. HTA Core Model®. Disponibile all’indirizzo: http://www.eunethta.eu/hta-core-model.
J Prev Med Hyg. 2018 May 30;59(1 Suppl 1):E7–E15.

CAPITOLO 2: Epidemiologia dell’influenza stagionale nei bambini e negli adolescenti: un’analisi dei dati italiani

D PANATTO 1,2, PL LAI 1,2, D AMICIZIA 1,2

Introduzione

L’influenza è una malattia respiratoria acuta contagiosa, causata dal virus omonimo e trasmissibile per via aerea. Il virus, del genere Orthomyxovirus, presenta un genoma a singolo filamento di RNA a polarità negativa delle dimensioni di 10-13 mila paia di basi, segmentato in 7-8 frammenti codificanti per altrettante proteine. Il virus possiede un envelope lipidico, pleiomorfico con nucleocapside elicoidale circondato da peplomeri e un involucro esterno che contiene gli antigeni di superficie: neuraminidasi (NA) ed emoagglutinina (HA) [1, 2].

I virus influenzali sono classificati sulla base delle caratteristiche delle proteine interne, della proteina di matrice e della nucleoproteina e si distinguono in virus di tipo A, B, C e D [3, 4].

I virus di tipo A e di tipo B sono la causa delle epidemie stagionali invernali, mentre il virus di tipo C provoca generalmente infezione asintomatica o malattia respiratoria lieve, simile al raffreddore e, pertanto, è considerato non rilevante ai fini epidemiologici. Recentemente è stato individuato un nuovo tipo di virus influenzale “D” il cui ruolo nell’uomo non è pienamente conosciuto, ma è in grado di provocare malattia negli animali come i maiali e i bovini [5].

I virus influenzali si contraddistinguono per la loro spiccata variabilità genica che li rende capaci di mutare i geni che codificano per le proteine HA e NA.

La nomenclatura di riferimento, internazionalmente accettata a partire dal 1979 e pubblicata nel 1980 [6], considera alcune informazioni rilevanti come:

  1. il tipo di virus (cioè se di tipo A, B, C);

  2. l’ospite in cui è stato isolato il virus (animali come maiale, pollo…; in caso di isolamento nell’uomo non occorre specificare);

  3. l’origine geografica dell’isolamento (per esempio Roma, Genova, Firenze…);

  4. il numero e l’anno di isolamento;

  5. per i virus di tipo A si riporta fra parentesi la descrizione della HA e della NA [ad esempio (H1N1), (H5N1)…]. Attualmente, si conoscono 18 sottotipi di emoagglutinina (H1-H18) e 11 diversi sottotipi di neuraminidasi (N1-N11).

I virus influenzali di tipo A hanno una maggiore capacità di mutare. Le variazioni sono principalmente dovute a mutazioni spontanee degli antigeni HA e NA definite “mutazioni minori o antigenic drift” [7-9]. Queste mutazioni causano le comuni epidemie stagionali.

In caso di riassortimenti tra virus umani e animali, si può verificare una sostituzione completa degli antigeni HA e NA: in questo caso si parla di “mutazione maggiore o antigenic shift”. L’antigenic shift determina la comparsa di un ceppo virale completamente nuovo rispetto ai virus precedentemente circolanti e può causare pandemie influenzali. Questo tipo di mutazioni si verifica esclusivamente nel virus di tipo A.

I virus di tipo B circolano solo nell’uomo e sono più stabili rispetto ai virus A. Dagli anni ’80 è stata osservata una progressiva diversificazione del tipo B in due lineages distinti: B/Victoria e B/Yamagata [10, 11]. I due lineage co-circolano nel mondo con variabilità stagionale.

Il virus influenzale si trasmette generalmente tramite il contatto con persone infette, si trova sia nella saliva sia nel muco delle vie respiratorie e può penetrare nell’organismo attraverso le mucose (bocca, occhi e naso). Oltre ai droplets, cioè quelle goccioline emesse dal soggetto infetto attraverso tosse, starnuti o conversazioni a distanza ravvicinata, la trasmissione può avvenire tramite oggetti o superfici sui quali sono depositati droplets di persone infette. Il virus si diffonde molto facilmente negli ambienti affollati e può essere trasmesso anche da persone apparentemente sane [12, 13].

Il virus è trasmissibile dal momento del contagio fino a sette giorni successivi ai primi sintomi; i soggetti infetti trasmettono il virus già 24 ore prima dell’inizio dei sintomi. Nei bambini piccoli e nei soggetti immuno-compromessi la persistenza del virus è più lunga.

L’influenza è di solito una malattia autolimitante ad esito benigno. Dopo un breve periodo di incubazione (circa 1-3 giorni), la malattia generalmente esordisce con febbre elevata accompagnata da brividi, artralgia, mialgia, cefalea, inappetenza, congiuntivite e malessere generale [14]. Oltre a questi sintomi il paziente può presentare tosse, mal di gola e congestione nasale. È possibile che l’insieme dei sintomi sopra descritti non si presenti e che la malattia si manifesti con una sintomatologia respiratoria non accompagnata da febbre (simile al raffreddore comune) a esordio sia graduale sia acuto, con stati di grave malessere e prostrazione con scarsi sintomi respiratori. Nei bambini l’influenza può interessare anche l’apparato gastrointestinale, provocando nausea, vomito e diarrea [15]. Generalmente la persona con l’influenza guarisce senza conseguenze; tuttavia l’influenza può provocare complicanze che possono essere anche fatali. Sono più a rischio di sviluppare complicanze i bambini piccoli, gli anziani e le persone affette da patologie croniche. L’influenza si complica nel momento in cui l’infezione non rimane più confinata alle prime vie respiratorie ma raggiunge le vie aree più profonde come i bronchi e i polmoni. Le complicanze tipiche dell’influenza sono la bronchite e la polmonite; quest’ultima è particolarmente temibile per i soggetti che soffrono di malattie respiratorie croniche o cardiache tanto da far aumentare i tassi di ricovero di 3-5 volte. Altre complicanze dell’influenza possono essere le sinusiti e le otiti, specialmente nei bambini. L’influenza nei soggetti maggiormente a rischio come i cardiopatici e broncopneumopatici può determinare un rapido peggioramento della malattia cronica già presente ed avere esito letale [16, 17].

Gli epidemiologi e gli operatori sanitari utilizzano come misura proxy per valutare l’impatto della malattia la definizione di “sindrome simil-influenzale” (Influenza-Like Illness-ILI). Dalla stagione 2011/2012 l’European Centre for Disease Control (ECDC) e dalla stagione 2014-2015 il sistema di sorveglianza italiano InfluNet adottano la seguente definizione di ILI: manifestazioni acute con sintomi generali e respiratori. Improvviso e rapido insorgere di almeno uno tra i seguenti sintomi generali: febbre o febbricola, malessere/spossatezza, mal di testa, dolori muscolari e di almeno uno dei seguenti sintomi respiratori: tosse, mal di gola, respiro affannoso [18, 19]. Tale definizione è simile a quella implementata negli Stati Uniti, laddove ILI è definita come presenza di febbre (≥ 37,8°C), tosse e/o mal di gola senza una causa nota [20].

Per la diagnosi clinica nel bambino è importante considerare quanto indicato per gli adulti, tenendo conto che i bambini più piccoli non sono in grado di riferire la sintomatologia sistemica che si può manifestare con irritabilità, pianto e inappetenza. Nel lattante l’influenza è spesso accompagnata da vomito e diarrea e, solo eccezionalmente, da febbre. Spesso nei bambini in età prescolare gli occhi arrossati e la congiuntivite sono caratteristiche dell’influenza in caso di febbre elevata. Nel bambino di 1-5 anni la sindrome influenzale si associa frequentemente a laringotracheite e bronchite e a febbre elevata [19].

Il sistema di sorveglianza dell’influenza in Italia

Dal punto di vista epidemiologico la malattia influenzale è caratterizzata da un andamento epidemico stagionale, con epidemie che si verificano nella stagione fredda, e più raramente pandemico. Le peculiarità dell’influenza, tra cui l’elevata frequenza di circolazione che genera ogni anno un elevato impatto epidemiologico, clinico e socio-economico, giustificano pienamente l’implementazione di sistemi di sorveglianza. Infatti, è importante individuare l’inizio dell’epidemia, la sua durata, la sua diffusione geografica e la sua intensità nelle diverse fasce d’età. Inoltre, poiché i virus influenzali si modificano frequentemente, diventa cruciale identificare i ceppi influenzali circolanti (sorveglianza virologica).

Si stima che annualmente il 5-10% della popolazione adulta e il 20-30% della popolazione pediatrica siano colpiti da ILI [21].

Il sistema italiano di sorveglianza dell’influenza InfluNet (http://www.iss.it/iflu/) è nato nel 1999 dalla collaborazione tra l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) [21] e il Centro Interuniversitario di Ricerca sull’Influenza (CIRI), trasformatosi nel 2010 in Centro Interuniversitario di Ricerca sull’Influenza e le altre Infezioni Trasmissibili (CIRI-IT) [22], ubicato presso l’Università degli Studi di Genova, e con il supporto del Ministero della Salute. La sorveglianza epidemiologica è stata gestita fino alla stagione 2016/17 dal CIRI-IT in 9 regioni italiane (Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana e Umbria) e dall’ISS nelle restanti regioni. A partire dalla stagione 2017/2018, secondo il nuovo protocollo operativo della Sorveglianza Epidemiologica e Virologica dell’Influenza, l’organizzazione della sorveglianza e la raccolta dei dati è interamente effettuata dall’ISS in tutte le Regioni italiane [23]. Alla rete di raccolta delle informazioni partecipano i medici sentinella [Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di Famiglia (PdF)], i referenti delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e le Regioni.

La sorveglianza dell’influenza è suddivisa in sorveglianza epidemiologica e sorveglianza virologica.

I dati delle segnalazioni e la loro elaborazione sono contenuti nel rapporto settimanale pubblicato dal Ministero della Salute. I dati di sorveglianza nazionale sono poi messi a disposizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’ECDC [23-25].

Nel presente capitolo sono considerate le stagioni influenzali dal 2007/2008 al 2016/2017. Un breve focus sulla stagione 2017/2018, attualmente in corso, è riportato nel capitolo 5.

SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA

Per quanto riguarda gli aspetti epidemiologici, la sorveglianza rispetta una copertura per Regione e per fascia di età pari al 2% della popolazione residente. Ogni anno il periodo di sorveglianza inizia alla 42a settimana e termina alla 17a settimana dell’anno seguente (generalmente l’ultima settimana di aprile). Il sistema di sorveglianza raccoglie i casi di ILI settimanali [19, 23]. I medici sentinella effettuano settimanalmente le segnalazioni dei casi di ILI tra i loro assistiti tramite la piattaforma web di InfluNet (segnalano settimanalmente anche lo zero-reporting, cioè la mancanza di casi per consentire una stima corretta dell’incidenza di ILI).

InfluNet raccoglie e fornisce il numero dei casi di ILI, l’incidenza settimanale, la durata e l’intensità della malattia nella popolazione in generale e per fasce d’età.

L’incidenza di ILI è espressa come numero di ILI (casi) per 1.000 assistiti per settimana e considera le seguenti classi di età: 0-4, 5-14, 15-64, ≥ 65 anni.

La soglia epidemica è fissata al 2‰.

Di seguito, sono riportate le analisi dei dati InfluNet che descrivono l’epidemiologia delle ILI nei bambini di 0-4 anni, nella successiva classe d’età 5-14 anni e nella popolazione generale (dalla stagione 2007/2008 alla stagione 2016/2017).

Le Figure 1 e 2 riportano l’incidenza settimanale di ILI per le stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 per la fascia 0-4 anni e quella 5-14 anni. L’incidenza di ILI varia da stagione a stagione per intensità, inizio e durata del periodo epidemico.

Fig. 1.

Fig. 1.

Incidenza settimanale di ILI nei bambini (0-4 anni) nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (Fonte InfluNet).

Fig. 2.

Fig. 2.

Incidenza settimanale di ILI nei soggetti in età scolare (5-14 anni) nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (Fonte InfluNet).

Dal confronto tra le figure 1 e 2 si evince che l’incidenza settimanale di ILI è quasi sempre superiore nella classe 0-4 anni rispetto alla classe 5-14 anni.

La Figura 3 riporta l’incidenza settimanale di ILI nella popolazione generale.

Fig. 3.

Fig. 3.

Incidenza settimanale di ILI nella popolazione generale nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (Fonte InfluNet).

I dati epidemiologici evidenziano che le fasce pediatriche (0-4 e 5-14 anni) sono quelle significativamente più colpite da ILI.

Osservando le curve epidemiche è possibile notare che il periodo epidemico si verifica generalmente tra il mese di gennaio e febbraio (4a-6a settimana dell’anno), ad esclusione della stagione pandemica 2009/2010 e della stagione 2016/2017 quando le epidemie sono iniziate precocemente. La stagione pandemica 2009/2010 è stata caratterizzata dall’ampio anticipo del picco epidemico registrato alla 45a settimana del 2009, evidente in tutte le classi di età.

In generale, il periodo epidemico (superamento della soglia del 2‰) dura mediamente 23 settimane nei bambini di 0-4 anni, mentre nella classe 5-14 anni il periodo epidemico ha una durata media leggermente inferiore (17 settimane) (Tab. I). Come atteso, le classi d’età pediatriche (0-4 e 5-14 anni) presentano un’incidenza massima al picco significativamente superiore rispetto alla popolazione in generale e una durata epidemica più lunga.

Tab. I.

Incidenza settimanale massima di ILI nella popolazione generale e nei soggetti di età pediatrica nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (Fonte InfluNet).

Stagione influenzale 0-4 anni 5-14 anni Popolazione generale
Incidenza massima (‰); settimana Durata periodo epidemico
(N. settimane)
Incidenza massima (‰); settimana Durata periodo epidemico
(N. settimane)
Incidenza massima (‰); settimana Durata periodo epidemico
(N. settimane)
2007/2008 23,05-(5a) 19 17,46-(5a) 15 7,21- (5a) 12
2008/2009 24,08-(4a) 19 18,04-(4a) 16 8,23- (4a) 12
2009/2010 25,75-(45a) 27 43,6-(45a) 24 12,92- (46a) 8
2010/2011 29,12-(5a) 24 28,59- (5a) 17 11,04- (5a) 14
2011/2012 30,64-(4a) 21 17,80- (4a) 15 9,63- (5a) 13
2012/2013 26,06-(6a) 23 22,08- (5a) 17 9,98- (6a) 15
2013/2014 19,83-(5a) 24 11,79- (6a) 17 6,67- (6a) 14
2014/2015 28,71-(4a) 23 20,92- (4a) 17 10,87- (4a) 15
2015/2016 18,44-(9a) 25 14,98- (9a) 19 6,14- (9a) 14
2016/2017 24,90-(52a) 23 13,27- (51a) 16 9,55- (52a) 14

In Tabella II è riportata la percentuale dei casi di ILI nei soggetti in età pediatrica in rapporto ai casi nella popolazione generale nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017.

Tab. II.

Percentuale di casi di ILI nei soggetti in età pediatrica in rapporto ai casi nella popolazione generale nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (elaborazione dei dati InfluNet).

Stagione Casi
in soggetti
di 0-4 anni
Casi
in soggetti
di 5-14 anni
Casi
nella popolazione generale
Casi
0-4 anni/casi popolazione generale,
%
Casi
5-14 anni/casi popolazione generale,
%
2007/2008 14.936 22.482 92.739 16,11 24,24
2008/2009 13.338 19.539 83.295 16,01 23,46
2009/2010 22.406 51.544 132.675 16,89 38,85
2010/2011 25.072 37.942 136.862 18,32 27,72
2011/2012 20.590 23.030 111.407 18,48 20,67
2012/2013 23.181 32.825 136.051 17,04 24,13
2013/2014 17.591 20.041 99.205 17,73 20,20
2014/2015 20.566 28.130 134.944 15,24 20,85
2015/2016 18.235 28.105 107.307 16,99 26,19
2016/2017 17.413 22.351 120.453 14,46 18,56
Media 19.333 28.599 115.494 16,74 24,76

Se si considerano i dati grezzi, in media, il 16,74% dei casi di ILI è registrato nei bambini più piccoli con un valore minimo del 14, 46% nella stagione 2016/2017 e un valore massimo raggiunto nella stagione 2011/2012 (18,48%). Nella fascia 5-14 anni il valore medio osservato è stato di 24,76%, valore massimo di 38,85% nella stagione nel 2009/2010 e minimo di 18,56% nella stagione 2016/2017.

La Tabella III riporta l’incidenza cumulativa di ILI nella popolazione pediatrica e nella popolazione generale e il rapporto dell’incidenza cumulativa nella popolazione pediatrica e quella registrata nella popolazione generale.

Tab. III.

Incidenza cumulativa di ILI nella popolazione pediatrica e rapporto dell’incidenza cumulativa nella popolazione pediatrica e nella popolazione generale nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (elaborazione dei dati influNet).

Stagione Incidenza cumulativa (‰) nella classe 0-4 anni Incidenza cumulativa (‰) nella classe 5-14 anni Incidenza cumulativa (‰) nella popolazione generale Incidenza cumulativa 0-4 anni/ incidenza cumulativa popolazione generale Incidenza cumulativa 5-14 anni/ incidenza cumulativa popolazione generale
2007/2008 228,26 170,31 83,43 273,59 204,13
2008/2009 188,92 136,57 71,14 265,58 191,98
2009/2010 222,34 261,30 93,68 237,33 278,92
2010/2011 268,17 211,59 103,25 259,74 204,94
2011/2012 233,82 134,39 86,31 270,90 155,70
2012/2013 264,20 192,94 104,94 251,77 183,86
2013/2014 212,20 121,45 78,33 270,92 155,05
2014/2015 259,56 177,56 107,72 240,96 164,84
2015/2016 226,71 164,79 82,18 275,87 200,53
2016/2017 233,58 134,83 92,98 251,23 145,02
Media 233,78 170,57 90,39 259,79 188,50

Si osserva che l’incidenza cumulativa decresce all’aumentare dell’età. In media ogni anno sono colpiti da ILI il 23,3% dei bambini da 0 a 4 anni e il 17% dei soggetti appartenenti alla classe d’età 5-14 anni.

Il tasso di attacco stagionale medio nei bambini di 0-4 anni e 5-14 anni era pari al 259,79% e al 188,50% del tasso di attacco nella popolazione generale. La percentuale maggiore si è registrata nella stagione 2015-16 per i bambini di 0-4 anni (275,87%) e nella stagione 2009-10 per i bambini di 5-14 anni (278,92%). La percentuale minore si è registrata nella stagione 2009-10 per i bambini di 0-4 anni (237,33%) e nella stagione 2016-17 per i bambini di 5-14 anni (145,02%).

SORVEGLIANZA VIROLOGICA

La sorveglianza virologica ha le seguenti finalità: (i) monitorare la circolazione dei diversi tipi influenzali (A e B), nonché dei sottotipi (A/H3N2 e A/H1N1) e dei due lineage (B/Yamagata e B/Victoria) nelle diverse aree geografiche e nei diversi periodi della stagione epidemica; (ii) valutare l’omologia antigenica tra i ceppi circolanti e i ceppi vaccinali, attraverso analisi sierologiche e molecolari su campioni clinici prelevati dai pazienti con ILI; (iii) valutare la suscettibilità agli antivirali dei virus influenzali in circolazione, con particolare riferimento ai farmaci inibitori della neuraminidasi. Inoltre, la sorveglianza fornisce agli organismi di riferimento internazionale (OMS, ECDC) i dati relativi alle caratteristiche dei virus circolanti in Italia, contribuendo alla definizione della composizione vaccinale utilizzabile nella stagione successiva [21, 23-25].

In Italia i rapporti settimanali di InfluNet riportano i risultati della sorveglianza virologica con il focus sulla distribuzione dei diversi virus influenzali circolanti nella popolazione generale (www.iss.it/fluv/). Il periodo di osservazione è di 28 settimane e si estende dalla 46a settimana (ottobre) alla 17a settimana (aprile). Le indagini virologiche sui campioni biologici raccolti dai medici sentinella o provenienti da pazienti ospedalizzati sono eseguite dai laboratori che afferiscono alla Rete InfluNet e al Centro Nazionale per l’Influenza (NIC) dell’ISS. Il NIC fa parte della rete internazionale dei laboratori coordinati dall’OMS e della rete europea coordinata dall’ECDC. L’ISS e il NIC inviano i dati virologici all’OMS e all’ECDC.

In Tabella IV sono riportati i campioni analizzati e le percentuali di campioni positivi per influenza suddivisi per tipo dalla stagione 2008/2009 alla 2016/2017.

Tab. IV.

Numero di campioni analizzati e percentuale di campioni positivi per influenza suddivisi per tipo e per stagione (dati InfluNet).

Stagione N° campioni analizzati N° (%)
campioni positivi
% positivi A
su totale campioni positivi
% positivi B
su campioni positivi
2008/2009 2.213 737 (33%) 94% 6%
2009/2010* 16.399 6.271 (38%) 99,2% (di cui il 96,4% AH1N1v) 0,8%
2010/2011 9.229 2.880 (31%) 72% 28%
2011/2012 4.677 1.671 (36%) 96,5% 3,5%
2012/2013 5.535 2.125 (39%) 42% 58%
2013/2014 4.444 1.036 (23%) 97% 3%
2014/2015 10.299 3.707 (36%) 84% 16%
2015/2016 8.971 2422 (27%) 43% 57%
2016/2017 12.034 3489 (29%) 95% 5%

* La stagione 2009/2010 è stata caratterizzata dalla comparsa del nuovo ceppo A/H1N1v causa della pandemia.

Mediamente circa il 32% dei campioni era positivo per influenza.

In Figura 4 è riportata la distribuzione dei virus influenzali A e B in Italia dalla stagione 2007/2008 alla stagione 2016/2017 (dati OMS).

Fig. 4.

Fig. 4.

Distribuzione dei virus influenzali A e B in Italia nelle stagioni dal 2007/2008 al 2016/2017 (elaborazione dei dati OMS).

È possibile osservare che il virus di tipo A circola mediamente con maggiore frequenza rispetto al B (78,5% vs 21,5%). In particolare, le stagioni 2008/2009, 2009/2010 (stagione pandemica), 2010/2011, 2011/2012, 2013/2014, 2014/2015 e 2016/17 sono state caratterizzate da una predominante circolazione del virus di tipo A, mentre le stagioni 2007/2008, 2012/2013 e 2015/2016 hanno visto un’elevata circolazione nella popolazione del virus B.

In Figura 5 è riportata la distribuzione dei virus influenzali per sottotipo A e per lineage B in Italia dalla stagione 2007/2008 alla stagione 2016/2017 (elaborazione dei dati InfluNet).

Fig. 5.

Fig. 5.

Distribuzione dei virus influenzali per sottotipo A e lineage B in Italia nelle stagioni influenzali dal 2007/2008 al 2016/2017 (elaborazione dei dati InfluNet).

I virus influenzali di tipo A/H3N2 sono stati rilevati in tutte le stagioni considerate tranne durante la stagione pandemica 2009/2010. I virus A/H1N1 hanno circolato nelle stagioni 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011, 2012/2013, 2013/2014 e 2014/2015. Per quanto riguarda i virus B molti sono i campioni non tipizzati; i virus B Victoria sono stati identificati nel 2007/2008 e 2015/2016 e i virus B Yamagata nelle stagioni 2014/2015 e 2016/2017 (Fig. 5). I virus A e B hanno co-circolato nella stagione 2007/2008 (52,3% A vs 47,7% B). Il virus B risulta aver circolato con una frequenza superiore al virus A nelle stagioni 2012/2013 (42,2% A vs 57,8% B) e 2015/2016 (42,9% A vs 57,1% B).

Focus su altri studi virologici

Uno studio di sorveglianza virologica condotto in Lombardia ha analizzato campioni provenienti da soggetti con ILI dalla stagione 2004/2005 alla stagione 2013/2014, registrando una percentuale di campioni positivi per influenza in un range compreso tra il 31,8% e il 46,8%. In tutte le stagioni considerate il virus di tipo A ha predominato, eccetto che nelle stagioni 2007/2008 e 2012/2013, quando il virus B ha circolato più diffusamente. Nelle altre stagioni il virus B è stato isolato in un range dal 6% al 38% dei campioni positivi per influenza. Nelle stagioni in cui si è osservata una co-circolazione dei virus A e B, il virus B è risultato circolare maggiormente alla fine della stagione influenzale (fine marzo). L’analisi filogenetica delle sequenze dell’HA del virus B ha evidenziato l’eterogenea circolazione delle varianti virali, poiché i virus appartenenti ad entrambi i lineage B/Victoria e B/Yamagata hanno circolato in diverse proporzioni. Questa peculiare caratteristica epidemiologica è stata osservata nella stagione 2007-2008, quando i virus B/Yamagata hanno predominato con un margine di circa 3 volte su quelli del lineage B/Victoria. Da sottolineare che il rischio di infezione era sempre maggiore nei bambini (0-14 anni) [26].

Uno studio recente, dello stesso gruppo di ricerca [27], ha valutato la frequenza e il rischio di infezione da virus influenzali e da altri virus respiratori nei bambini fino ai 5 anni di età analizzando 7 stagioni consecutive (dal 2010/2011 al 2016/2017). Lo studio conferma il ruolo predominante del virus influenzale. Complessivamente, il 42,9% dei campioni positivi per influenza era di sottotipo A/(H3N2), il 23,8% di sottotipo A/(H1N1) pdm09 e il 33,3% di tipo B. I virus A/H3N2 sono stati rilevati in tutte le stagioni ed erano predominanti durante gli anni 2011-2012, 2013-2014 e 2016-2017. Il virus A (H1N1) pdm09 ha circolato diffusamente durante le stagioni 2010-2011 e 2014-2015. I virus di tipo B hanno circolato nelle stagioni 2012-2013 e 2015-2016. Lo studio evidenzia che i bambini di età > 3 anni hanno un rischio di due volte superiore di avere influenza rispetto a quelli d’età inferiore ai 3 anni. Altri studi hanno ottenuto simili risultati [28-31].

Uno studio di sorveglianza retrospettiva (2010-2016) è stato condotto in Liguria e in Sicilia al fine di descrivere il burden e l’epidemiologia dei virus B. In particolare, i virus B sono stati rilevati in 5 delle 6 stagioni analizzate e, nella stagione 2012-2013, essi hanno circolato con maggiore frequenza rispetto ai virus A. La maggior parte dei casi da influenza B è stata riscontrata nei bambini di età ≤ 14 anni e sono state osservate anche differenze nella circolazione dei due lineage per fascia d’età. I ceppi B/Victoria prevalevano nella popolazione più giovane mentre il lineage B/Yamagata era prevalente tra i casi ospedalizzati, suggerendo il suo potenziale ruolo nello sviluppo di una malattia più grave [32].

Un altro studio ha recentemente analizzato i risultati di 15 anni (2001/2002-2015/2016) di sorveglianza sindromica, epidemiologica e virologica in Liguria. Tra i 1.850 campioni positivi per influenza 235 (12,7%) erano riconducibili al virus di tipo B. La percentuale di campioni positivi di tipo B rispetto a quelli di tipo A variava ampiamente dallo 0 all’85%, evidenziando il grande impatto del virus B in tre stagioni. È stata osservata la co-circolazione di entrambi i lineage in circa il 40% delle stagioni influenzali valutate [33].

Nell’ambito di uno studio condotto in Lombardia, nella stagione 2015/2016 sono stati raccolti 763 tamponi nasofaringei da bambini ospedalizzati per ILI. Di questi, 137 (17,9%) sono risultati positivi per influenza: 66 (48,2%) per l’influenza A e 71 (51,8%) per l’influenza B. Di quest’ultimi, il 93% apparteneva al lineage B/Victoria (antigenicamente simile al B/Brisbane/60/2008) [34].

Caini et al. hanno condotto uno studio che ha coinvolto 26 Paesi a livello mondiale con l’obiettivo di raccogliere dati epidemiologici e virologici sul virus B. I dati italiani dal 2002 al 2012 hanno compreso 23.340 casi di influenza, di cui 21.702 di tipo A (93%) e 1.638 di tipo B (7%). Gli autori hanno concluso che i virus B, nei periodi interpandemici, anche se difficilmente erano più del 50% dei casi di influenza, potevano rappresentare una porzione importante di casi e che principalmente colpivano i bambini in età scolare [35].

È interessante notare che anche nelle stagioni ad assoluta predominanza del tipo B, quest’ultimo colpisce prevalentemente le fasce di età giovanili. Uno studio condotto in 12 Paesi europei nella stagione 2012/2013, quando circa il 70% degli isolati apparteneva al virus B, ha rivelato che i bambini di età 5-14 anni erano i più colpiti (75% vs 25%), mentre in altri gruppi di età, come gli anziani, non è stato possibile identificare una netta predominanza del virus B rispetto al virus A [36].

Considerazioni

Dall’analisi dei dati epidemiologici emerge che l’influenza ha caratteristiche fortemente età-dipendenti. Le classi di età più giovani mostrano incidenze significativamente superiori rispetto alla popolazione generale. Questo può essere spiegato con l’immaturità del sistema immunitario del bambino, la novità antigenica dei virus circolanti e altri fattori come la frequentazione di scuole, di centri educativi e sociali, che rende questi soggetti più suscettibili alle infezioni respiratorie. Inoltre, i bambini eliminano il virus per un tempo più lungo rispetto agli adulti. Il dato epidemiologico proveniente dalla sorveglianza InfluNet conferma i risultati di altri studi/sorveglianze, da cui si evidenzia che i bambini da 0 a 5 anni si ammalano d’influenza circa 10 volte di più rispetto all’anziano e circa 5 volte di più rispetto all’adulto. I soggetti da 6 a 14 anni si ammalano d’influenza circa 8 volte di più rispetto all’anziano e circa 4 volte di più rispetto all’adulto [37, 38].

I dati provenienti dai sistemi di sorveglianza ufficiali internazionali osservano lo stesso pattern registrato in Italia [39-41]. In particolare, le classi pediatriche sono quelle che oltrepassano per prime la soglia epidemica e raggiungono il picco epidemico precocemente. Alcuni studi [42-45] hanno dimostrato che la classe pediatrica ha un ruolo preminente nella diffusione del virus, tanto che è stato ipotizzato che i bambini siano i driver della malattia. Altri studi hanno indicato i teenagers come il gruppo maggiormente capace di diffondere il virus per i loro numerosi contatti sociali [44, 45].

Occorre anche sottolineare che il tipo di virus può avere una funzione rilevante nella diffusione. In passato i virus influenzali di tipo A erano considerati i “sorvegliati speciali” per la loro ampia distribuzione a livello comunitario e la loro potenzialità pandemica [46-48]. Occorre, tuttavia, evidenziare che negli ultimi decenni è emersa sempre più evidente l’importanza dei virus B [49-52]. L’evoluzione del virus influenzale B nei due lineages (Victoria e Yamagata) e la co-circolazione di entrambi sono sempre più oggetto di studio da parte del mondo scientifico [26, 27, 32-34].

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J Prev Med Hyg. 2018 May 30;59(1 Suppl 1):E16–E29.

CAPITOLO 3: Il disease burden dell’influenza nella popolazione pediatrica

S BOCCALINI 1, M INNOCENTI 2, F MANZI 2, A BECHINI 1, P BONANNI 1

Introduzione

La popolazione a maggior rischio di sviluppare complicanze causate dall’influenza, nonché di essere ospedalizzata o di andare incontro a decesso, è quella dei soggetti anziani (> 65 anni), soprattutto se affetti da patologie croniche. In generale, in età pediatrica, l’incidenza di complicanze associate all’influenza è inferiore rispetto a quella della popolazione anziana, tuttavia non è trascurabile.

I fattori di rischio più importanti per lo sviluppo di complicanze associate all’influenza nei soggetti giovani sono l’età inferiore ai 5 anni e la presenza di patologie croniche [1]. Anche per le ospedalizzazioni si osservano gli stessi fattori di rischio [2].

Tra i bambini di età inferiore ai 5 anni, i soggetti che presentano i più alti tassi di complicanze e ricoveri ospedalieri sono i neonati fino ai 6 mesi d’età, a causa della fragile omeostasi dell’organismo [3-5].

Le stime sul tasso di mortalità causata dall’influenza nella popolazione pediatrica rivelano che nei bambini l’influenza è raramente letale, ad eccezione dei bambini di età inferiore ai 6 mesi di vita affetti da altre patologie. Il 99% dei decessi avviene in paesi in via di sviluppo [6-9].

Complicanze associate all’influenza

La maggior parte dei casi di influenza guarisce in pochi giorni o, comunque, sempre entro due settimane dalla comparsa dei primi sintomi. Tuttavia, alcune persone possono sviluppare complicanze più o meno gravi [1].

Nonostante l’incidenza della malattia sia più elevata nella popolazione pediatrica, nei bambini le complicanze sono meno frequenti che nell’anziano [10]. Da uno studio condotto da Buck et al. negli Stati Uniti risulta che tra i bambini e i giovani di età compresa tra 6 mesi e 18 anni che si ammalano di influenza, il 12-17% sviluppa complicanze [11].

Nonostante che i soggetti sani con età compresa tra i 5 e i 18 anni rappresentino una delle fasce d’età con i più alti tassi d’incidenza di malattia influenzale, il loro rischio di complicanze per influenza risulta uguale a quello della popolazione generale [12].

I bambini che hanno un rischio maggiore di complicanze associate all’influenza sono quelli di età inferiore ai 5 anni [13] e, in particolare, i bambini di età inferiore ai 6 mesi; questi ultimi non possono, però, essere vaccinati contro l’influenza, in base alle indicazioni dei vaccini disponibili [1].

Oltre all’età, l’altro importante fattore di rischio associato allo sviluppo di complicanze a seguito dell’influenza è la presenza di patologie, quali:

  • le malattie croniche dell’apparato respiratorio (incluse l’asma di grado severo, le displasie polmonari, la fibrosi cistica);

  • le malattie dell’apparato cardio-circolatorio (incluse le cardiopatie congenite e acquisite);

  • le malattie metaboliche (quali diabete mellito o obesità con BMI > 30 e gravi patologie associate);

  • le patologie neoplastiche;

  • l’insufficienza renale/surrenalica cronica;

  • le malattie epatiche croniche;

  • le malattie infiammatorie croniche e le sindromi da malassorbimento intestinale;

  • le malattie ematologiche ed emoglobinopatie;

  • le immunodeficienze congenite o acquisite (compresa l’infezione da HIV e le forme di immunodepressione iatrogena da farmaci);

  • le patologie per le quali sono programmati interventi di chirurgia maggiore;

  • le patologie associate a un incrementato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie quali le malattie neuromuscolari;

  • l’asplenia;

  • la terapia a lungo termine con acido acetilsalicilico a rischio di sviluppare sindrome di Reye in caso di sopraggiunta infezione influenzale [1].

Le complicanze da influenza possono essere suddivise in lievi-moderate e gravi-severe. Le complicanze lievi e moderate associate all’influenza sono la sinusite acuta, l’otite media e le convulsioni febbrili. Le complicanze gravi-severe, che spesso richiedono l’ospedalizzazione, sono la polmonite (o infezioni acute del tratto respiratorio inferiore), la miocardite, l’encefalite, la miosite e la disidratazione severa con insufficienza renale [1].

Tra le complicanze causate dall’influenza, quelle dell’apparato respiratorio sono le più frequenti. Tra queste la polmonite ha un ruolo predominante [13].

Complicanze lievi-moderate dell’influenza

SINUSITE

I rinovirus, i virus dell’influenza e i virus parainfluenzali sono le cause più comuni di sinusite acuta nei bambini. Nella maggior parte dei casi l’infezione si risolve spontaneamente e soltanto una piccola proporzione di bambini sviluppa un’infezione batterica secondaria [3]. In uno studio condotto da Sessa et al., le sinusiti rappresentavano il 3,2% delle complicanze associate all’influenza nella popolazione generale [14].

OTITE MEDIA

Una delle complicanze dell’influenza più comuni in età pediatrica è l’otite media acuta.

In uno studio finlandese, i bambini con aspirato nasofaringeo positivo per il virus influenzale A o B, nel 24% dei casi presentavano un’otite media acuta [15].

Altri studi riportano che l’otite media acuta si presenta nel 35-42% dei bambini di età inferiore ai 5 anni affetti da influenza (confermata dalle analisi sull’aspirato nasofaringeo) [16-19].

CONVULSIONI FEBBRILI

Un’elevata temperatura corporea nel bambino può portare alla comparsa di convulsioni febbrili: pertanto, la febbre associata alla sindrome influenzale può causare questa complicanza. Le convulsioni febbrili, oltre ad essere una frequente complicanza della sindrome influenzale, sono anche una frequente causa di ospedalizzazione. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, le convulsioni febbrili non determinano sequele neurologiche [20].

In uno studio condotto da Toovey et al., il 20% dei bambini ricoverati per complicanze correlate all’influenza presentava convulsioni [20].

In uno studio osservazionale condotto tra marzo 2012 e ottobre 2013 in Australia sono stati arruolati 151 bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni che si presentavano al Pronto Soccorso con convulsioni febbrili. Sono stati eseguiti test virologici e il virus influenzale è stato riscontrato nel 13% dei campioni biologici analizzati [21].

In un altro studio australiano condotto tra bambini di età inferiore ai 6 anni, le epidemie stagionali di influenza sono risultate essere associate ad un aumento consistente e statisticamente significativo del numero di accessi al Pronto Soccorso (con un aumento di 6,7 casi per 100.000 abitanti) e di richieste di invio urgente di ambulanza per convulsioni febbrili (con un aumento di 3,2 casi per 100.000 abitanti) [22].

Uno studio condotto ad Hong-Kong su bambini ricoverati in ospedale per convulsioni febbrili ha dimostrato che i bambini con diagnosi di influenza confermata in laboratorio presentavano una temperatura corporea massima significativamente più alta, una minore durata della febbre prima della comparsa delle convulsioni e un più frequente verificarsi di crisi parziali rispetto ai bambini con accertamento virale negativo [23].

Uno studio condotto in Finlandia, presso il Dipartimento di Pediatria del Turku University Hospital, tra i bambini assistiti in regime sia di ricovero ordinario che ambulatoriale nel ventennio 1980-1999, ha rilevato convulsioni febbrili nel 12% dei bambini con influenza A e nel 9% dei bambini con influenza B [15].

In uno studio condotto da Chiu et al. è stata dimostrata una maggiore incidenza di convulsioni febbrili e di convulsioni ripetute nello stesso episodio associate ad influenza di tipo A, rispetto alle infezioni da adenovirus o da virus parainfluenzali. In particolare, l’incidenza complessiva di convulsioni febbrili associate all’influenza A è risultata del 19,5%, superiore rispetto a quella nei bambini ricoverati in ospedale per infezione da virus parainfluenzale (12,2%) e adenovirus (9%) [24].

Complicanze gravi-severe dell’influenza

POLMONITE E INFEZIONI ACUTE DELLE BASSE VIE RESPIRATORIE (ACUTE LOW RESPIRATORY TRACT INFECTIONS-ALRTI)

Le complicanze respiratorie sono il più frequente aggravamento riportato a seguito dell’influenza. Tra queste la polmonite rappresenta una complicanza grave ed è dovuta, nella maggior parte dei casi, all’instaurarsi di sovra-infezioni batteriche. I patogeni più frequentemente riscontrati nelle polmoniti acquisite in comunità in età pediatrica sono lo Streptococcus pneumoniae e l’Haemophilus influenzae. Anche se meno frequente, la polmonite può essere causata anche direttamente dal virus influenzale a causa della colonizzazione degli alveoli da parte dello stesso virus, con possibile evoluzione in sindrome da distress respiratorio acuto. La polmonite è responsabile di circa il 19% di tutti i decessi nei bambini di età inferiore a 5 anni, di cui oltre il 70% ha luogo nell’Africa sub-sahariana e nel sud-est asiatico [25].

In uno studio italiano, condotto da Sessa et al., su soggetti con età ≥ 10 anni afferenti a 202 Medici di Medicina Generale, il 35% di 6.057 casi di sindrome influenzale ha presentato almeno una complicanza. Il 19,5% delle complicanze è risultato essere a carico delle alte vie respiratorie, mentre il 16,1% delle complicanze era a carico delle basse vie respiratorie (16,1%). La polmonite rappresentava l’1,4% delle complicanze. Tuttavia, i soggetti di età compresa tra 10 e 14 anni non sono molti in questo studio in quanto la maggior parte dei pazienti di età inferiore a 14 anni di solito è in carico ai Pediatri di Famiglia e non ai Medici di Medicina Generale [14].

Uno studio americano ha indagato la frequenza e la severità delle complicanze in bambini e adolescenti di età inferiore a 18 anni, ospedalizzati, con influenza confermata in laboratorio, durante il periodo 2003-2010. Di 6.769 bambini ospedalizzati con diagnosi codificata (tramite ICD-9), 975 casi (14%) hanno richiesto cure intensive e 359 casi (5%) sono andati incontro a insufficienza respiratoria. La polmonite è stata diagnosticata nel 28% dei casi, l’esacerbazione della patologia asmatica nel 22% e la disidratazione nel 21% dei casi [2].

In uno studio prospettico condotto nella provincia di Gansu, in Cina, da gennaio 2011 a novembre 2015, sono stati arruolati 2.768 pazienti con un’età media di 43 anni con diagnosi di polmonite (1.368; 49,2%), bronchite (435; 15,7%), infezione del tratto respiratorio superiore (250; 9,0%) e infezione respiratoria acuta non classificata (715; 25,8%). Il virus influenzale è stato riscontrato nel 7,3% dei casi, dopo il rhinovirus (riscontrato nell’8,6% dei campioni) [26].

In una revisione sistematica di letteratura che ha considerato il periodo 1995-2010, condotta da Nair et al., è stata stimata l’incidenza degli episodi di ALRTI associati ad influenza nei bambini di età inferiore ai 5 anni. Complessivamente, nelle nazioni ad alto reddito, l’incidenza annuale di ALRTI è risultata pari a 12 casi per 1.000 bambini con influenza, mentre l’incidenza annuale di ALRTI severa è risultata pari a 1 caso ogni 1.000 bambini con influenza. Nei paesi in via di sviluppo, invece, l’incidenza annuale per ALRTI è risultata pari a 35 casi per 1.000 bambini con influenza, mentre l’incidenza annuale di ALRTI severa è risultata pari a 2 casi per 1.000 bambini con influenza (Tab. I) [6].

Tab. I.

Tassi d’incidenza annuale di infezioni acute a carico del tratto respiratorio inferiore (ALRTI) nei bambini < 5 anni d’età con influenza [6].

Nazioni industrializzate Nazioni in via di sviluppo
ALRTI 12/1.000 35/1.000
ALRTI severa 1/1.000 2/1.000

Anche altri studi, condotti in varie parti del mondo, hanno analizzato la frequenza del virus influenzale nei pazienti pediatrici ricoverati per ALRTI e polmoniti (Tab. II).

Tab. II.

Incidenza di virus influenzale in pazienti pediatrici ricoverati per ALRTI e polmonite [15, 27, 28].

Nazione Incidenza ALRTI influenzale
Finlandia [15] 8-9 %
Corea del sud [27] 7,8%
Tailandia [28] 10,4%

Uno studio condotto in Finlandia tra bambini assistiti in regime sia di ricovero ordinario che ambulatoriale nel ventennio 1980-1999 ha messo in evidenza che i pazienti a cui era stato isolato il virus influenzale A o B nell’aspirato nasofaringeo presentavano una polmonite nell’8-9% dei casi [15].

In Corea del Sud, da marzo 1996 a febbraio 1998, presso il Samsung Seoul Hospital, è stato condotto uno studio su 1.070 bambini di età inferiore a 16 anni ricoverati per ALRTI. Dall’analisi dell’aspirato nasofaringeo è stata confermata un’eziologia virale nel 22,1% dei pazienti (237/1.000), di cui il 7,8% erano virus influenzali. Nel 4,7% dei casi è stato isolato il virus dell’influenza A, mentre nel 3,1% dei casi è stato riscontrato il virus dell’influenza B [27].

In Tailandia, da gennaio 2005 a dicembre 2008, Simmermann et al. hanno analizzato l’incidenza di influenza in pazienti ospedalizzati per polmonite tramite PCR o coltura cellulare. Il virus influenzale è risultato presente nel 10,4% dei pazienti con polmonite; nel 52% dei casi i pazienti erano di età inferiore a 15 anni. Inoltre, l’incidenza annuale media di polmonite causata da virus influenzali è risultata maggiore nei bambini di età inferiore ai 5 anni (236/100.000) [28].

ENCEFALITI ED ENCEFALOPATIE

Tra le complicanze meno comuni dell’influenza che si manifestano a carico del Sistema Nervoso Centrale (SNC) vi sono l’encefalopatia, le alterazioni dello stato mentale, i deficit neurologici focali, gli ictus, le sindromi di Reye e di Guillain-Barré, l’encefalomielite acuta disseminata e la mielite trasversa [29].

Le encefaliti e le encefalopatie associate all’influenza sono complicanze associate ad elevati tassi di morbosità e mortalità. La prognosi è spesso infausta a causa del decesso o di sequele neurologiche permanenti (disabilità motorie o intellettuali, epilessie, ecc.). L’encefalopatia acuta presenta una maggiore prevalenza nei paesi asiatici, dove si verificano centinaia di casi nella popolazione pediatrica in ogni stagione influenzale [20]. La maggior parte dei casi di encefaliti ed encefalopatie associate all’influenza sono stati segnalati in età pediatrica. In uno studio condotto da Okuno et al. nelle stagioni influenzali 2010-2015, l’età media alla diagnosi di encefalopatia associata a influenza era di 7 anni (range 0-90) e il 74% dei casi presentavano un’età inferiore a 18 anni. Inoltre, l’incidenza stagionale media dei casi tra bambini e adulti (≥ 18 anni di età) era rispettivamente di 2,83 e 0,19 casi per 1.000.000 di persone [30]. Secondo un recente studio condotto da Britton et al., l’incidenza annuale media di encefaliti ed encefalopatie associate all’influenza tra i bambini australiani di età inferiore o uguale ai 14 anni era di 2,8 casi per 1.000. 000 persone [31].

ALTRE COMPLICANZE ASSOCIATE ALL’INFLUENZA

Le complicanze cardiache, neuromuscolari e renali associate all’influenza non sono frequenti, specialmente tra i bambini [32].

La miosite associata all’influenza è comunque relativamente più frequente rispetto alla miocardite, può verificarsi durante la convalescenza ed è quasi sempre benigna. Presso il Texas Children’s Hospital (USA) è stato condotto uno studio durante la stagione influenzale 2002-2003 sulla popolazione pediatrica ospedalizzata di età inferiore o uguale a 18 anni. Su 205 casi di influenza confermata in laboratorio sono stati diagnosticati 8 casi di miosite da influenza A e 17 casi da influenza B (maggior prevalenza di miosite/mialgia nei soggetti con infezione da influenza B; OR = 2,9) [33].

Tra le possibili cause eziologiche della miocardite, la più comune è senz’altro quella virale. La miocardite correlata alla sindrome influenzale è associata ad una significativa morbosità e mortalità. Durante le epidemie influenzali, soprattutto nelle infezioni severe, le manifestazioni respiratorie sono preminenti e possono mascherare il coinvolgimento di altri organi, come il cuore. Pertanto, una delle manifestazioni virali maggiormente sottovalutate, anche nel caso dell’influenza, è la miocardite acuta [34]. Secondo i risultati di una revisione della letteratura internazionale il virus influenzale che è stato rilevato più frequentemente nei casi di miocardite è quello dell’influenza A. La sierotipizzazione è risultata completa solamente in 11 casi, evidenziando tre casi da virus H3N2 e otto casi da H1N1, di cui sette relativi al ceppo pandemico H1N1 del 2009. In 22 casi (73%) è stato coinvolto esclusivamente il miocardio e in sette di questi è stato necessario il supporto circolatorio meccanico. I sintomi più comuni sono stati febbre e sintomi generali delle vie respiratorie. Soltanto il 10% dei casi, tutti di genere femminile, si sono presentati con concomitante miosite e miocardite. I sintomi più comuni sono stati febbre, rinorrea e dolore al polpaccio [35].

Le infezioni respiratorie e, in particolare, l’influenza risultano essere inoltre associate ad un aumento del rischio di sviluppare infarto acuto del miocardio. Tale evento è comunque raro nella popolazione pediatrica [36, 37].

Le complicanze renali associate all’influenza sono molto rare, ma potenzialmente molto gravi, poiché possono determinare un danno renale acuto. I fattori di rischio associati a un danno renale acuto nell’infanzia sono rappresentati da diabete mellito, asma, malattia renale cronica e obesità.

Sebbene la patogenesi alla base delle lesioni renali causata dal virus dell’influenza A non sia stata delineata, sono state avanzate alcune ipotesi, tra cui la necrosi tubulare acuta come conseguente all’ipoperfusione renale da disidratazione o alla rabdomiolisi (un terzo dei pazienti con rabdomiolisi sviluppa danno renale acuto), sindrome uremico-emolitica, glomerulonefrite acuta, coagulazione intravascolare disseminata (CID), sindrome di Goodpasture e nefrite acuta virale [38].

Tra le complicanze dell’influenza vi è anche l’insorgenza di batteriemia. In particolare, in uno studio condotto da Jansen et al., la malattia pneumococcica e la malattia meningococcica sono risultate essere correlate in modo significativo con il virus dell’influenza sia nei bambini che negli adulti. I periodi di picco stagionale del virus dell’influenza hanno mostrato tassi più elevati di batteriemia pneumococcica rispetto al periodo peri-stagionale. Sebbene da questo studio non è possibile dedurre alcuna relazione causale, è dimostrata una associazione statisticamente significativa tra infezione da virus influenzale e patogenesi di malattia pneumococcica invasiva e malattia meningococcica [39].

Sorveglianza dei casi gravi e complicati in Europa

In alcune nazioni europee sono riportati settimanalmente i casi ospedalizzati positivi per influenza confermata in laboratorio. I dati sono riportati settimanalmente durante le stagioni influenzali all’European Centre for Disease prevention and Control (ECDC) e all’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso il sistema di sorveglianza europeo (TESSY).

Dalla stagione 2014/2015 viene pubblicato un bollettino congiunto FluNews Europe. I casi gravi e complicati sono monitorati mediante il controllo del numero di pazienti ospedalizzati per severe acute respiratory infection (SARI) da virus influenzale (confermato in laboratorio), inclusi i decessi. Le Tabelle III e IV riassumono i dati della sorveglianza delle stagioni influenzali dal 2014/2015 in Europa [40].

Tab. III.

Sorveglianza delle ospedalizzazioni per influenza in Europa [40].

Stagione influenzale Ospedalizzazioni
(% > 65 anni)
ICU
(Intensive Care Units)
Virus A Virus B
2014-2015 6.023 (51%) 3.776 4.744 (79%) 1.279 (21%)
2015-2016 8.661 (34%) 4.909 6.817 (76%) 1.844 (24%)
2016-2017 7.484 (64%) 3.708 7.334 (98%) 150 (2%)

Tab. IV.

Sorveglianza dei decessi tra gli ospedalizzati per influenza in Europa [40].

Stagione influenzale Decessi (% > 65 anni) Virus A Virus B
2014-2015 584 (66%) 482 (83%) 101(17%)
2015-2016 Dati non disponibili
2016-2017 947 (81%) 936 (99%) 9 (1%)

Nelle Figure 1 e 2 sono riportati i dati relativi alle stagioni 2016-2017 e 2017-2018 (dati aggiornati alla settimana 14/2018) riguardo alla distribuzione dei virus influenzali per fasce di età in pazienti ospedalizzati [40].

Fig. 1.

Fig. 1.

Distribuzione dei virus per età in pazienti ospedalizzati in Europa. Stagione influenzale 2016-2017.

Fig. 2.

Fig. 2.

Distribuzione dei virus per età in pazienti ospedalizzati in Europa. Stagione influenzale 2017-2018 (dati aggiornati alla settimana 14/2018).

Per la stagione 2017-2018, dalla settimana 40/2017 alla settimana 14/2018 sono stati segnalati casi di SARI da 16 paesi, di cui la maggior parte si trova nella parte orientale della Regione europea.

Nella settimana 3 del 2018, sono stati segnalati 1.025 casi di SARI da 11 paesi, dai quali sono stati analizzati 404 campioni. 50 campioni sono risultati postivi per influenza (12%). Sebbene i numeri fossero ancora bassi, la proporzione positiva è gradualmente aumentata nelle settimane. Nei casi di SARI positivi per il virus dell’influenza, i virus di tipo B sono stati i più comuni: 70% nella settimana 3/2018 e 71% nel complesso per le settimane 40/2017-3/2018 [40].

Nella settimana 14/2018, 506 casi di SARI sono stati segnalati da 11 paesi, la maggior parte dei casi da parte della Repubblica di Moldova (31%). Sono stati testati 223 campioni per la ricerca dei virus influenzali: il 25% è risultato positivo, indicando un calo rispetto alle settimane precedenti (28% nella settimana 13/2018 e 30% nella settimana 12/2018). Per i casi di SARI positivi per il virus dell’influenza, i virus di tipo B sono stati i più comuni: 58% per le settimane 40/2017-14/2018, ma solo il 31% nella settimana 14/2018. Il virus A(H1N1)pdm09 è stato rilevato nel 40% dei casi di SARI positivi al virus dell’influenza nella settimana 14/2018 [40]. In questo sistema di sorveglianza non sono disponibili specifici dati relativi all’Italia.

Sorveglianza casi gravi e complicati in Italia

In Italia è attiva la sorveglianza dei casi gravi e complicati di influenza confermata. I dati del monitoraggio vengono pubblicati settimanalmente attraverso il bollettino FluNews elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità. Nella Tabella V vengono riportati i dati relativi alle ultime stagioni influenzali presenti nei bollettini FluNews.

Tab. V.

Sorveglianza dei casi gravi e complicati in Italia (Bollettini FluNews) [41].

Stagione Casi gravi
(% con patologie croniche)
Decessi
(% con patologie croniche)
Età media Virus A Virus B
2012-2013 Dati non disponibili
2013-2014 93 (80%) 16 (87%) nd 88% Nd
2014-2015 648 (78%) 163 (91%) 60 anni 96% 4%
2015-2016 Dati non disponibili
2016-2017 230 (95%) 68 (100%) 72 anni 96% 4%

Per la stagione 2017-2018, in base a quanto riportato dal bollettino FluNews della settimana 13/2018, dall’inizio della sorveglianza (settembre) sono stati segnalati 744 casi gravi di influenza confermata ricoverati in terapia intensiva, di cui 160 sono deceduti. Il 90% dei soggetti deceduti si è verificato in persone di età superiore ai 25 anni. In particolare, 13 casi deceduti non presentavano condizioni di rischio preesistenti e 2 donne erano gravide. Inoltre, in 78 (49%) casi è stato isolato il virus A/H1N1pdm09 mentre in 72 (45%) casi il virus B e in 10 (6%) casi virus A/non sottotipizzati [41]. Dei 744 casi gravi, l’età media riscontrata era di 60 anni (0-104), il 58% era di sesso maschile, l’84% presentava almeno una condizione di rischio predisponente il complicarsi delle condizioni cliniche (diabete, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie croniche, ecc.). Quindici casi gravi si sono verificati in donne gravide. Tutti sono stati ricoverati in Unità di Terapia Intensiva e/o subintensiva (63 hanno necessitato del supporto ECMO e 314 sono stati intubati). In 304 (52%) casi gravi è stato isolato il virus A/H1N1pdm09, in 9 (2%) casi il virus A/H3N2, in 53 (9%) casi un virus A/non sottotipizzato e in 214 (37%) il virus B [41].

Sorveglianza degli accessi in Pronto Soccorso associati all’influenza in Italia

Le epidemie stagionali di influenza sono associate ad un aumento consistente del numero di accessi al Pronto Soccorso. In uno studio condotto in Canada si è stimato un tasso medio annuo di accessi al Pronto Soccorso attribuibili all’influenza di 500 su 100.000 (IC 95% = 450 a 550), con un tasso annuo medio di 1.300 su 100.000 (IC 95% = 1.000-1600) nella popolazione pediatrica < 5 anni [42].

In Italia non esiste un sistema di sorveglianza nazionale sugli accessi al Pronto Soccorso ma ci sono solo esperienze locali. Infatti, grazie all’esperienza metodologica maturata dal Servizio di riferimento Regionale di Epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle Malattie Infettive (SeREMI) della Regione Piemonte, su specifica richiesta del Ministero della Salute del 13 agosto 2009, è stata ampliata la rete sentinella delle strutture di Pronto Soccorso, coinvolgendo ulteriori strutture dotate di sistemi informatizzati di rilevazione degli accessi in grado di inviare i dati settimanalmente e con un bacino di utenza sufficientemente rappresentativo del territorio regionale. Il sistema si basava sulla trasmissione settimanale dei dati relativi al totale degli accessi ai Pronto Soccorso, dai quali venivano poi selezionati quelli che presentavano in diagnosi almeno uno dei codici ICD9-CM che definiscono una Sindrome Respiratoria Acuta, indicatore indiretto di una maggiore attività dei virus influenzali (Tab. VI).

Per ciascun accesso venivano considerate sia le diagnosi principali che quelle secondarie e, in alternativa, i tre problemi principali codificati al triage. Sulla base dei dati storici, inviati dai Pronto Soccorso, è stata stimata con un modello statistico di Poisson una linea di base che rappresentava il numero di accessi attesi e due soglie di allerta. Ogni settimana i dati raccolti venivano confrontati con la linea di base calcolata dal modello e il confronto permetteva di valutare l’andamento e l’eventuale superamento delle soglie d’allerta nelle varie fasce d’età.

Il Sistema di sorveglianza degli accessi in Pronto Soccorso si è basato sui dati provenienti da 67 Pronto Soccorso di 11 Regioni. Pur risentendo delle diverse modalità di accesso al Pronto Soccorso, il sistema consentiva di rilevare tempestivamente l’andamento degli accessi per Sindrome Respiratoria Acuta.

Nella stagione influenzale 2009-10 il numero degli accessi relativi ai Pronto Soccorso monitorati è stato in linea con l’andamento stagionale atteso. Il picco del numero di accessi in Pronto Soccorso per Sindrome Respiratoria Acuta è stato raggiunto nelle settimane 42-50.

Nelle stagioni influenzali 2010-2011, 2011-2012, 2012-2013 e 2013-2014 il picco del numero di accessi in Pronto Soccorso per Sindrome Respiratoria Acuta è risultato sovrapponibile al picco di incidenza di sindrome influenzale (Fig. 3). In particolare, nella stagione 2012-2013 il massimo numero di accessi al Pronto Soccorso si è registrato nella 51esima settimana con l’analisi per fascia di età che ha evidenziato il superamento della seconda soglia di allerta in soggetti di età inferiore ai 4 anni. Nella stagione influenzale 2013-2014 l’analisi per fascia di età non ha evidenziato superamenti delle soglie di allerta [43].

Fig. 3.

Fig. 3.

Incidenza delle Sindromi influenzali, Accessi al Pronto Soccorso e Ricoveri per settimana [43] (2010-2014).

La pubblicazione del bollettino è purtroppo momentaneamente sospesa per aspetti inerenti la processazione dei dati.

Nello studio di Muscatello et al. sono stati stimati gli accessi al Pronto Soccorso per influenza confermata in Australia nelle stagioni influenzali 2010-2014. Gli accessi al Pronto Soccorso per tutte le fasce di età, per patologie respiratorie, infettive, cardiovascolare e per tutte le cause sono risultati, rispettivamente, 120,6 visite/100.000 abitanti/anno (intervallo di confidenza al 99,9% [CI] da 102,3 a 138,8), 79,7 (99,9% CI: da 70,6 a 88,9), 14,0 (IC 99,9%: da 6,8 a 21,3) e 309,0 (CI 99,9%: da 208,0 a 410,1). Tra le visite per patologie respiratorie, i tassi attribuibili all’influenza erano più alti tra i soggetti < 5 anni e ≥ 85 anni. Per infezioni e per tutte le cause, i tassi erano più alti tra i bambini mentre per patologie cardiovascolari associati all’influenza i tassi non variavano significativamente con l’età [44].

Ospedalizzazioni associate all’influenza

L’influenza contribuisce in maniera importante alle ospedalizzazioni per cause respiratorie in bambini e giovani nel mondo [45].

Già studi, condotti alla fine degli anni settanta, avevano messo in luce il grande aumento delle ospedalizzazioni nei bambini più piccoli durante le epidemie influenzali stagionali. In particolare è emerso che il tasso di ospedalizzazione nei bambini con meno di 5 anni era alto quasi quanto quello degli anziani e che una parte considerevole delle ospedalizzazioni in questa fascia di età riguardava bambini sani [46]. Un limite di questi primi studi è che si basavano su dati clinici, in periodo di elevato livello epidemico, in assenza di un riscontro virologico. È noto che altri virus hanno un impatto significativo soprattutto nei pazienti più piccoli e questo potrebbe aver portato a sovrastimare il reale ruolo del virus influenzale. Una stima più precisa è stata ottenuta grazie a studi compiuti negli anni successivi.

Una revisione sistematica del 2005 riporta che nella popolazione con età inferiore ai 19 anni il tasso di ospedalizzazione per influenza e complicanze ad essa associate è molto variabile da stagione a stagione e tra nazioni diverse: l’oscillazione è tra 8 e 5.769 casi per 100.000 all’anno [7].

Un’altra revisione sistematica che ha analizzato le stagioni 1982-2012 ha calcolato che l’influenza è associata al 10% (95% CI 8%-11%) delle ospedalizzazioni per patologia respiratoria nei soggetti di età inferiore ai 18 anni. I tassi di ospedalizzazione sono tre volte più alti nelle nazioni in via di sviluppo (150/100.000 bambini ospedalizzati per anno) rispetto alle nazioni industrializzate (48/100.000 bambini ospedalizzati per anno) [47]. I tassi più elevati di ospedalizzazione si osservano nei bambini di età inferiore ai 2 anni di età, con numeri equiparabili a quelli degli anziani (> 65 anni) [48]; in questi soggetti la durata media dei tempi di ricovero è di 6,3 giorni [49].

Nei bambini al di sotto dei 6 mesi i tassi di ospedalizzazione variano da 9 a 30 su 10.000 all’anno, mentre nei bambini tra 5 e 17 anni variano tra 0,3 e 0,8 su 10.000 all’anno. In genere i soggetti ospedalizzati presentano patologie concomitanti, soprattutto prematurità, ritardo di sviluppo e asma [2].

In uno studio condotto da Poehling et al., sono stati arruolati 2.979 bambini seguiti per 4 anni, dal 2000 al 2004, calcolando un tasso di ospedalizzazione con conferma di avvenuta infezione di 0, 9 casi per 1.000 (IC95% = 0,8-1,1 per 1.000) nei bambini fino a 5 anni, la metà delle quali ha coinvolto bambini con meno di 6 mesi, con un tasso di ospedalizzazione di 4,5 per 1.000 (IC95% 3,4-5,5 per 1.000) e l’80% ha coinvolto bambini con meno di 2 anni [50].

Altri studi hanno messo in evidenza dati analoghi: il tasso annuo di ospedalizzazione per patologia influenzale è pari a 4,5 casi per 1.000 nei neonati con meno di 6 mesi di età, a 0,9 per 1.000 nei bambini con età compresa tra 6 e 23 mesi e 0,3 per 1.000 nei bambini di 24-59 mesi [4, 5].

Uno studio condotto negli Stati Uniti da Zhou et al. si è focalizzato sui bambini minori di 1 anno d’età, dimostrando che i tassi di ospedalizzazione per influenza sono maggiori in questi soggetti rispetto alle altre fasce d’età. Dalla modellizzazione matematica è risultato che nei soggetti con età inferiore a 1 anno il tasso di ospedalizzazione per influenza è pari a 151 casi per 100.000 anni persona (IC95% = 151-660) [51].

Il sistema di sorveglianza americano Influenza Hospitalization Surveillance Network (FluSurv-NET) riporta un tasso cumulativo medio di ospedalizzazione per influenza confermata in laboratorio pari a 45,8; 11,3; 15,1; 40,9 e 147,4 casi per 100.000 per i soggetti di 0-4, 5-17, 18-49, 50-64 e ≥ 65 anni, rispettivamente, per le stagioni influenzali dal 2010-2011 al 2016-2017 (Tab. VII). Nella stagione 2017-2018 alla settimana 6, i tassi erano di 47,1; 12,3; 21; 72,8 e 294,9 casi per 100.000 persone, rispettivamente.

Tab. VII.

Tassi cumulativi di ospedalizzazione per influenza confermata in laboratorio per fascia di età (FluSurv-NET).

Tasso cumulativo di ospedalizzazione per influenza confermata in laboratorio per 100.000 persone
0-4 anni 5-17 anni 18-49 anni 50-64 anni ≥ 65 anni
2010-2011 49,4 9,1 11,5 22 64,8
2011-2012 16 4 4,1 8,1 30,2
2012-2013 67 14,6 16,1 40,9 183,9
2013-2014 47,3 9,4 21,4 53,7 84,8
2014-2015 57,3 16,6 18,1 53,4 308,8
2015-2016 42,5 9,7 16,4 45,2 84,7
2016-2017 40,8 15,5 17,9 62,7 274,8
Media 45,8 11,3 15,1 40,9 147,4

La mortalità associata all’influenza

Determinare esattamente il numero di persone decedute ogni anno a causa dell’influenza è difficile per i limiti nella raccolta dei dati dei sistemi di sorveglianza. Inoltre, nella compilazione stessa del certificato di morte spesso viene riportata solamente la complicanza che ha determinato il decesso, mentre l’influenza non viene menzionata come causa principale. Infine, la ricerca specifica del virus influenzale non viene effettuata nei soggetti deceduti per complicanze dell’influenza, sia perché non è più necessario sia perché al momento del decesso il virus dell’influenza non è più isolabile nei campioni respiratori [52].

Inoltre, le stagioni influenzali sono diverse ogni anno, sia per durata che per severità, così come variabili sono la virulenza e la letalità dei virus coinvolti. Per questi motivi è necessario effettuare stime derivanti dall’analisi di più stagioni influenzali per definire la mortalità associata all’influenza.

A differenza della popolazione anziana (> 65 anni d’età), nei bambini l’influenza stagionale si presenta come una patologia a bassa mortalità. Una revisione sistematica della letteratura riporta che l’influenza stagionale determina raramente decesso tra la popolazione di 0-19 anni [7]. I più alti tassi di ospedalizzazione e mortalità sono osservati tra i bambini con meno di 6 mesi di età. Secondo uno studio condotto da Ramussen et al. il tasso di ospedalizzazione nei bambini di età inferiore ai 6 mesi per influenza è di 4,5 per 1.000 (IC 95% = 3,4-5,5), mentre il tasso di mortalità è di 0,88 decessi per 100.000 bambini (IC95% = 0,52-1,39) [8].

La revisione sistematica del 2011 pubblicata su Lancet ha tentato di stimare la mortalità a livello mondiale da infezione acuta delle basse vie respiratorie associate all’influenza nei bambini (< 5 anni). Dalla revisione è emerso che nel 2008 i casi di infezione acuta delle basse vie respiratorie associate all’influenza sono stati 13-32 milioni a livello mondiale, con un numero di decessi pari a 28.000-111.500 casi, di cui il 99% nei paesi di in via di sviluppo [6].

In uno studio pubblicato sempre sul Lancet a dicembre 2017 sono state elaborate delle stime di eccesso di mortalità per patologie respiratorie associate all’influenza grazie alla collaborazione di tutte le maggiori autorità mondiali. Le stime derivano dai dati di 92 nazioni, rappresentanti circa il 57% della popolazione globale; il periodo analizzato va dal 1999 al 2015. Per i bambini di età inferiore ai 5 anni, le morti per patologia respiratoria associate all’influenza sono state ogni anno 9.243-105.690. Queste stime riportano all’incirca lo stesso carico di mortalità per influenza tra la popolazione pediatrica delle stime precedenti; tuttavia è possibile una sottostima non trascurabile, poiché devono ancora essere analizzate le stime di mortalità da cause non respiratorie associate all’influenza [53].

Negli Stati Uniti, uno studio ha raccolto i dati delle morti associate a diagnosi di influenza confermata da analisi di laboratorio nei soggetti di età inferiore a 18 anni, durante l’epidemia di influenza stagionale del 2003-2004. Dall’analisi dei dati dei dipartimenti di salute di 40 Stati sono risultate 153 le morti associate all’influenza, di cui 96 (63%) in soggetti di età inferiore ai 5 anni. Il 33% dei soggetti deceduti presentava una condizione medica sottostante che aumentava il rischio di complicanze associate all’influenza e il 20% aveva altre patologie croniche; il 47% erano soggetti sani. Un terzo dei soggetti deceduti presentava patologie croniche neurologiche o neuromuscolari. Il tasso di mortalità è risultato più alto tra i bambini < 6 mesi (0, 88/100, 000). Nella Tabella VIII viene presentata la distribuzione dei decessi per età [9].

Tab. VIII.

Distribuzione dei casi e tassi di mortalità per fasce di età in 153 bambini morti per influenza negli Stati Uniti. Stagione influenzale 2003-2004 [9].

Fascia di età N. di bambini (%) Morti per 100.000 bambini (95%IC)
< 6 mesi 18 (12%) 0,88 (0,52-1,39)
6-11 mesi 12 (8%) 0,59 (0,30-1,02)
1 anno 31 (20%) 0,77 (0,52-1,09)
2 anni 14 (9%) 0,35 (0,19-0,58)
3 anni 9 (6%) 0,23 (0,11-0,44)
4 anni 12 (8%) 0,31 (0,16-0,54)
5-10 anni 26 (17%) 0,11 (0,07-0,16)
11-17 anni 31 (20%) 0,11 (0,07-0,15)

Negli USA il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta (USA) registra ogni anno dal 2004 i decessi in età pediatrica (6 mesi-17 anni) associati all’influenza. Durante la stagione 2016-2017 i decessi sono stati 110; nelle stagioni precedenti sono oscillati tra 37 (stagione 2011-2012) e 171 (stagione 2012-2013). Nelle stagioni in cui ha predominato il sierotipo A-H3N2 è stato registrato un più alto numero di decessi. Da sottolineare che l’80-85% dei bambini deceduti non era vaccinato per l’influenza (Fig. 4) [54].

Fig. 4.

Fig. 4.

Numero di morti pediatriche associate a influenza negli Stati Uniti [54].

Sempre basandosi sui dati del CDC di Atlanta, un altro studio americano ha studiato l’epidemiologia delle morti pediatriche associate all’influenza da ottobre 2004 a settembre 2012. In totale sono state registrate 830 morti tra i bambini di età 1-12 anni (Fig. 5). Il 35% dei bambini è deceduto prima del ricovero in ospedale. Il 43% di essi non aveva condizioni cliniche ad alto rischio, il 33% aveva malattie neurologiche e il 12% malattie genetiche. Il picco di mortalità è stato registrato nella stagione 2009-2010, in concomitanza con la circolazione del virus pandemico H1N1 [55].

Fig. 5.

Fig. 5.

Numero di morti pediatriche associate all’influenza per mese (N = 830) negli Stati Uniti (ottobre 2004-settembre 2012) [55].

In un recentissimo studio, sono stati analizzati i decessi nei bambini di età < 18 anni con infezione da virus influenzale confermata in laboratorio notificati al CDC dalla stagione 2010-2011 alla stagione 2015-2016. In questo periodo sono stati segnalati 675 decessi (età media: 6 anni). L’incidenza annuale media era di 0,15 decessi per 100.000 bambini (IC95%: 0,14-0,16): 0,66 (IC95%: 0,53-0,82) per i bambini di età inferiore ai 6 mesi, 0,33 (IC95%: 0,27-0,39) per i bambini di età compresa tra 6 e 23 mesi e 0,14-0,10 per i bambini più grandi. Meno di un terzo dei bambini (≥ 6 mesi) era stato vaccinato e la metà dei bambini non presentava condizioni mediche preesistenti [56].

In Europa lo studio inglese di Fleming et al. [57] ha analizzato i tassi di mortalità nei bambini di età compresa tra 1 mese e 14 anni negli inverni tra il 1989/90 e il 1999/2000, durante il periodo di circolazione dell’influenza (definito attraverso i dati di sorveglianza clinica e virologica). La media dei decessi attribuiti all’influenza è risultata essere di 78 decessi all’anno. Nella Tabella IX sono riportati i tassi medi di mortalità per influenza, stratificati per età.

Tab. IX.

Tassi medi di mortalità stratificati per età in Europa [57].

Età Tasso medio di mortalità
1-12 mesi 6,7/100.000
1-4 anni 0,8/100.000
5-9 anni 0,2/100.000
10-14 anni 0,4/100.000

In Italia, nella stagione influenzale 2013-2014 sono stati segnalati 93 casi gravi di influenza confermata, 16 dei quali deceduti. Dei 16 casi deceduti, 14 presentavano condizioni di rischio pre-esistenti (9 di età > 65 anni e 5 di età < 64 anni, di cui una puerpera di 28 anni). In due casi non erano presenti o non erano note condizioni di rischio (un ragazzo di 13 ed un soggetto di 59 anni) [58].

Nella stagione influenzale 2014-2015 in Italia vi sono stati 648 di casi gravi di influenza confermata, 163 dei quali deceduti, riportati al sistema di sorveglianza da 19 Regioni e Province Autonome. L’età mediana dei casi segnalati era di 60 anni (range 0-101). Il 91% dei decessi segnalati al sistema, presentava almeno una patologia cronica preesistente: malattie cardiovascolari (34%), malattie respiratorie croniche (30%), diabete (17%). Nel 72% dei decessi è stato isolato il virus A/H1N1pdm09, nel 17% il virus A/H3N2, nel 7% A/non tipizzati e nel 4% il virus B [59].

Nella stagione influenzale 2016-2017, invece, sono stati segnalati 230 casi gravi, 68 dei quali deceduti. Il 100% dei decessi presentava almeno una patologia cronica pre-esistente. Nel 69% dei decessi è stato isolato il virus A/H3N2 e nel 10% il virus A/H1N1pdm09 [60].

In base ai dati del network EUROMOMO per il monitoraggio della mortalità, a cui partecipano 19 paesi europei, nella stagione influenzale 2016-2017 in Italia si è osservato un eccesso di decessi per tutte le cause nelle ultime due settimane di dicembre 2016 e nelle prime quattro di gennaio 2017. È stato stimato un incremento della mortalità del 15% e, nella settimana di picco, del 42% rispetto al valore atteso e potenzialmente attribuibile all’epidemia influenzale. A contribuire all’incremento della mortalità nella stagione influenzale 2016-2017 è stata la particolare virulenza dell’epidemia di virus A/H3N2 associata a una bassa copertura vaccinale negli anziani [61].

Non sono invece disponibili sul Sistema di Sorveglianza InfluNews dati di mortalità per età. Secondo il Rapporto Istat sulla mortalità infantile in Italia, nel 2009 vi sono stati 11 morti al di sotto dei 5 anni di età per influenza, bronchite e polmonite, 13 nel 2010 e 19 nel 2011 [62].

L’Istat riporta anche per l’Italia i decessi per influenza suddivisi per fascia di età, come mostrato in Tabella X [63].

Tab. X.

Decessi per influenza stratificati per età in Italia (ISTAT) [63].

Decessi per influenza (ISTAT)
0 anni 1-4 anni 5-9 anni 10-14 anni 15-19 anni 20-50 anni 50-64 anni 65-84 anni ≥ 85 anni Totale
2003 1 2 2 2 2 21 27 303 603 963
2004 0 0 0 1 0 12 17 170 270 470
2005 0 2 0 1 2 25 35 435 841 1341
2006 0 0 0 1 0 4 17 107 169 298
2007 0 4 1 1 1 13 16 137 238 411
2008 4 1 0 0 0 7 15 157 272 456
2009 0 1 0 3 2 63 51 188 307 615
2010 0 1 0 0 1 16 20 89 140 267
2011 0 5 1 1 3 44 77 149 230 510
2012 2 1 0 0 0 12 13 125 305 458
2013 0 0 0 2 2 15 34 129 235 417
2014 0 0 0 0 0 9 15 85 163 272
2015 2 3 0 2 0 30 64 200 374 675
Totale 9 20 4 14 13 271 401 2.274 4.147 7.153

L’impatto dell’influenza

L’influenza, oltre al rilevante impatto clinico in termini di morbosità e mortalità, ha anche notevoli ricadute economiche e organizzative sul Servizio Sanitario Nazionale e Regionale. Durante le stagioni influenzali, gli ambulatori e gli ospedali spesso devono affrontare intensi carichi di lavoro, con un ingente impiego di risorse umane ed economiche, a scapito della gestione di altre emergenze sanitarie. Importanti sono anche le implicazioni sul piano sociale per gli alti livelli di assenteismo lavorativo e la perdita di produttività che ne consegue per i soggetti malati e i familiari, in particolar modo quando ad ammalarsi sono i bambini.

In uno studio di sorveglianza condotto negli Stati Uniti, è stato riscontrato che il numero di visite pediatriche per influenza è tre volte superiore a quello degli adulti, con 8,5 visite ogni 100 bambini al di sotto dei 17 anni [64]. In un altro studio condotto su bambini di età inferiore ai 5 anni in differenti aree geografiche degli Stati Uniti, le visite per influenza confermata rappresentavano il 10,2% e 19,4% del totale delle visite ambulatoriali e il 5,9% e 28,8% delle visite di emergenza rispettivamente nelle stagioni 2002-03 e 2003-04. Il tasso più alto di visita medica era relativo ai bambini della fascia di età compresa tra 6 mesi e 2 anni, con 5,2-12,5 visite ogni 100 bambini [65].

In uno studio prospettico condotto in Grecia tra i bambini di età fino a 14 anni, durante le 4 settimane di picco stagionale, le visite per influenza rappresentavano il 40% del totale degli accessi ambulatoriali per malattie respiratorie e il 13,5% di tutte le visite del periodo considerato [66].

L’impatto dell’influenza nei bambini va al di là della sola malattia clinica, comprende anche i costi socio-economici correlati, come quelli dovuti ai farmaci, alle visite ambulatoriali, alle ospedalizzazioni nonché ai costi indiretti come le assenze da scuola e la perdita di giornate lavorative da parte dei familiari, sia per le necessità di assistenza al minore sia per malattie secondarie degli stessi familiari. Il costo medio di un bambino ricoverato per influenza negli Stati Uniti è di circa 5.400$ mentre in Europa è di circa 3.000 € [67, 68].

In uno studio condotto a Seattle (USA), 3 bambini su 4 che si ammalavano non venivano condotti dal medico, ma determinavano comunque elevati costi sociali: per ogni 100 bambini seguiti nello studio, le malattie di tipo influenzale determinavano 20 giorni di perdita lavorativa [69].

In uno studio italiano condotto da Principi et al., è stato dimostrato che l’influenza, rispetto ad altre infezioni respiratorie, determina una maggiore durata della febbre e del periodo di assenza da scuola con importanti ripercussioni anche sul piano socio-economico [47].

La situazione italiana è molto simile a quella americana: uno studio condotto nei dipartimenti d’emergenza e accettazione (DEA) di 5 ospedali italiani durante le stagioni influenzali 2007/2008 e 2008/2009 ha coinvolto 901 bambini di età inferiore ai 15 anni affetti da influenza. L’impatto socio-economico è stato valutato tramite questionari somministrati ai genitori [70]. Nelle Tabelle XI e XII sono presentati rispettivamente gli esiti clinici e l’impatto socio-economico dell’influenza in questa coorte di studio.

Tab. XI.

Esiti clinici e uso di farmaci nei bambini con influenza che si presentavano ai DEA in Italia [70].

Influenza A/H1N1
(n = 143)
Influenza A/H3N2
(n = 519)
Influenza B
(n = 239)
Esiti clinici
Ospedalizzazione 6 (4,2%) 87 (16,8%) 30 (12,5%)
Giorni di assenza da scuola (valore medio) 6,10 ± 4,93* 7,61 ± 4,44 6,43 ± 5,01*
Uso di farmaci
Antibiotici 109 (76,2%) 470 (90,5%) 179 (74,9%)
Antipiretici 113 (79,0%) 469 (90,3%) 190 (79,5%)
Corticosteroidi 6 (4,2%) 57 (10,9%) 8 (3,3%)
Aerosol terapia 36 (25,2%) 222 (42,8%) 63 (26,3%)

Tab. XII.

Impatto socio-economico dell’influenza in Italia [70].

Conviventi dei bambini positivi per A/H1N1
(n = 363)
Conviventi dei bambini positivi per A/H3N2
(n = 1,296)
Conviventi dei bambini positivi per B
(n = 597)
Malattia simile a quella del bambino 70 (19,3%) 417 (32,2%) 159 (26,6%)
Visite mediche ulteriori 45 (12,4%) 325 (25,1%) 125(20,9%)
Prescrizioni di antibiotici 16 (4,4%) 131 (10,1%) 42 (7%)
Giorni lavorativi persi dalle madri (media) 4,33 6,01 3,46
Giorni lavorativi persi dai padri (media) 1,39 3,36 2,03
Giorni di scuola persi dai fratelli (media) 3,16 4,93 3,39

Un altro studio italiano ha valutato i costi dell’influenza nella popolazione pediatrica durante la stagione 2008-2009. Di 6.988 bambini con diagnosi di ILI, 2.143 sono risultati affetti da influenza (30, 7%) in seguito a PCR sull’aspirato nasofaringeo. L’influenza A era presente in 1.751 casi, l’influenza B in 392 casi. I costi sono stati stimati dall’analisi dei costi diretti (visite mediche e farmaci) e di quelli indiretti (giorni di lavoro persi dai genitori, auto-dichiarati in un questionario telefonico). I costi dell’influenza sono risultati in media di 130€ per caso, un valore del 32% maggiore rispetto ai costi dei casi di ILI influenza-negativi. I costi per i casi di influenza A sono risultati mediamente più alti rispetto ai casi di influenza B, e quelli per i casi di influenza nei bambini minori di 5 anni più alti di quelli nei maggiori di 5 anni [71].

Tab. VI.

Diagnosi codificate sulla base della classificazione internazionale ICD-9-CM.

Codici ICD9-CM Descrizione
462 Faringite acuta
466.0 Bronchite acuta
466.1 Bronchiolite acuta
480-486 Polmonite
487 Influenza
786.0 Dispnea e anomalie respiratorie
786.2 Tosse
786.5 Dolore toracico
793.1 Reperti anomali non specifici in esami radiologici e in altri esami del polmone
780.6 Febbre

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CAPITOLO 4: Vaccini anti-influenzali attualmente disponibili in Italia per la prevenzione dell’influenza nei bambini

D PANATTO 1,2, F ZANGRILLO 1, M IOVINE 1, D AMICIZIA 1,2

Introduzione

Il presente report di HTA ha come obiettivo quello di valutare la vaccinazione anti-influenzale universale dei bambini in Italia con il vaccino quadrivalente Vaxigrip Tetra® in comparazione con la non-vaccinazione e con i vaccini attualmente disponibili nel nostro Paese e autorizzati per l’immunizzazione attiva dei bambini. Pertanto, in questo capitolo sarà fornita un overview sull’immunogenicità, sull’efficacia, sull’effectiveness e sulla sicurezza dei vaccini trivalenti inattivati a subunità o split (TIV) e sul vaccino quadrivalente Fluarix Tetra® (QIV). I dati relativi a Vaxigrip Tetra® (VGT) sono trattati nel capitolo 5.

Dal momento che i primi vaccini anti-influenzali sono stati autorizzati negli anni ’40 del secolo scorso e le prime raccomandazioni nei bambini sono state emesse negli anni ’60, una valutazione esaustiva di tutti gli studi sarebbe insostenibile e non necessaria. Pertanto, è stato deciso di analizzare i risultati delle revisioni sistematiche più significative riguardanti la vaccinazione nei bambini.

È ben noto che i vaccini anti-influenzali esplicano la loro attività simulando l’infezione naturale e stimolando l’organismo a produrre anticorpi e attivando altri meccanismi di difesa.

Da tempo la maggior parte dei Paesi ad alto reddito ha attivato programmi di vaccinazione anti-influenzale per i soggetti ad alto rischio di complicanze come gli anziani, i soggetti con malattie croniche sottostanti (bambini e adulti) e le donne in gravidanza e per particolari categorie di lavoratori (operatori sanitari, soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo, lavoratori a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani) (vedi capitolo 7) [1, 2]. Da alcuni anni diversi Paesi hanno ampliato l’offerta vaccinale raccomandando la vaccinazione universale dei bambini perché ritenuti i principali “driver” dei virus influenzali. Inoltre, i bambini di età inferiore a 2 anni hanno un rischio più alto di sviluppare complicanze (vedi capitoli 3 e 7).

Il contenuto del presente capitolo si baserà essenzialmente sulla sintesi delle revisioni sistematiche e/o meta-analisi pubblicate finora. Al fine di reperire i lavori di interesse è stata condotta una ricerca iniziale su PubMed. In seguito, sono state esplorate le banche dati Embase (www.embase.com) e Cochrane Library (www.cochranelibrary.com/). Infine, la ricerca automatica è stata completata con quella manuale, esaminando le voci bibliografiche dei lavori inclusi nella prima ricerca.

Evoluzione dei vaccini anti-influenzali

Nel 1933 fu isolato il primo virus influenzale A e nel 1936 Smorodintseff realizzò il primo vaccino anti-influenzale con virus vivo attenuato. Successivamente, nel 1940, fu scoperto e isolato un diverso virus influenzale antigenicamente diverso dal virus influenzale A; esso fu chiamato “influenza B” e da quel momento fu evidente che un vaccino anti-influenzale bivalente avrebbe potuto fornire un’adeguata protezione contro entrambi i ceppi virali. Nel 1942 furono testate negli uomini 10.000 dosi del primo vaccino bivalente, contenente i ceppi virali A/PR8 e B/Lee [3]. Il primo vaccino anti-influenzale bivalente fu autorizzato negli Stati Uniti nel 1945 e conteneva un ceppo A e un ceppo B [4].

Successivamente, sono stati isolati diversi sierotipi di virus A. Nel 1958 fu isolato il virus A/H1N1 e dieci anni dopo il virus A/H3N2, fino alla ricomparsa del virus A/H1N1 nel 1978. Apparve subito evidente l’estrema variabilità dei virus influenzali e la conseguente necessità di modificare regolarmente la composizione dei vaccini anti-influenzali, selezionando i ceppi virali in base ai nuovi virus emergenti. Si iniziarono a formulare vaccini anti-influenzali trivalenti (TIV), contenenti due ceppi del virus A (H1N1 e H3N2) e l’unico ceppo a quel tempo noto del virus B e da allora la composizione del vaccino è adattata annualmente al fine di inserire ceppi virali il più possibile simili a quelli circolanti durante le epidemie [3].

Dal 1973 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) emana annualmente raccomandazioni relativamente alla composizione dei vaccini anti-influenzali per la stagione influenzale successiva, sulla base dei risultati dei sistemi di sorveglianza. Dal 1999 sono forniti due tipi di raccomandazioni ogni anno, una per l’emisfero nord a febbraio e l’altra per l’emisfero sud a settembre; queste indicazioni sono fornite con sufficiente anticipo in modo da consentire la produzione del vaccino [3]. La scelta della composizione del vaccino stagionale trivalente si basa sulla migliore stima di quali saranno i ceppi predominanti (maggiore probabilità) perché, anche con i sistemi di sorveglianza attuali, è impossibile prevedere con assoluta certezza quali saranno i ceppi realmente circolanti [3]. Tuttavia, data l’estrema variabilità dei virus influenzali, se il virus presente in natura muta, dopo che è già stata effettuata la scelta dei ceppi da inserire nel vaccino, si verrà a determinare una riduzione dell’efficacia vaccinale dovuta alla mancata corrispondenza tra i ceppi vaccinali e i ceppi circolanti. Questo fenomeno è definito “mismatch” ed è alla base del razionale di sviluppo dei vaccini quadrivalenti [3]. In questo caso, si fa riferimento al possibile mismatch per il virus influenzale di tipo B. Prima del 1985, era presente in circolazione un unico lineage di influenza B. Nel 1987 il virus B /Victoria/2/87 sostituì il precedente virus B in tutto il mondo e divenne il ceppo B dominante per diversi anni, prima della comparsa, negli anni ‘90, del ceppo B/Yamagata/16/88. Per quasi dieci anni, il ceppo Yamagata fu il ceppo B dominante in tutto il mondo, ma nel 2002 il ceppo Victoria ricomparve e, inaspettatamente, il nuovo virus non sostituì il precedente e i due ceppi iniziarono a co-circolare in modo imprevedibile. Da allora, il ceppo B dominante varia in base al Paese e alla stagione. Sulla base di queste osservazioni è evidente come sia difficile prevedere quale ceppo B circolerà durante la stagione influenzale successiva, soprattutto perché i due lineage possono circolare contemporaneamente durante la stessa stagione e anche all’interno dello stesso Paese [3]. La possibile mancata corrispondenza tra il ceppo B vaccinale (contenuto nei TIV) e il ceppo B circolante ha reso necessario un miglioramento dei vaccini anti-influenzali, attraverso l’inserimento dei due lineage B, sviluppando vaccini quadrivalenti (QIV). Nel 2012 l’OMS, nell’annuale raccomandazione per la stagione influenzale successiva (2012-2013) [5], e nel “Weekly epidemiological record” di novembre [6], ha sottolineato come i vaccini anti-influenzali quadrivalenti avrebbero potuto fornire una protezione più ampia contro l’influenza e che quindi dovrebbero essere presi in considerazione nelle campagne vaccinali stagionali.

In Figura 1 è riportata l’evoluzione dei virus influenzali e la corrispondente evoluzione dei vaccini anti-influenzali.

Fig. 1.

Fig. 1.

Evoluzione dei virus influenzali e corrispondente evoluzione dei vaccini anti-influenzali (figura adattata da [3]).

Vaccini anti-influenzali disponibili in Italia per l’immunizzazione dei bambini

Attualmente in Italia per l’immunizzazione annuale contro l’influenza nei bambini sono autorizzati e utilizzati i TIV split o subunità e i QIV split inattivati. In questo capitolo sarà trattato solo il vaccino Fluarix Tetra® (QIV). I dati relativi al vaccino Vaxigrip Tetra® (VGT) sono trattati nel capitolo 5.

Vaccini trivalenti (TIV)

EFFICACIA, EFFECTIVENESS

Recentemente è stata pubblicata una revisione sistematica sui vaccini anti-influenzali nei bambini sani [7]. Questa revisione rappresenta un aggiornamento di una precedente revisione pubblicata nel 2011 dagli stessi autori [8]. Il criterio di selezione usato dagli autori è stato includere studi clinici controllati randomizzati, studi di coorte e studi caso-controllo che comparavano i vaccini anti-influenzali con il placebo o con la non vaccinazione in bambini sani di età inferiore ai 16 anni. Gli autori hanno analizzato studi che hanno esaminato diversi tipi di vaccino: vaccini vivi attenuati, vaccini trivalenti inattivati, vaccini monovalenti, vaccini bivalenti e vaccini pandemici. Visto che in Italia sono utilizzati solo i vaccini inattivati in questo report sono stati considerati solo i risultati relativi ai vaccini trivalenti inattivati [7]. Gli autori sottolineano un’elevata eterogeneità tra i diversi studi e le diverse popolazioni di studio. Pochi studi sono stati condotti in bambini con età inferiore ai 2 anni [7]. Di seguito, sono analizzati i risultati dei principali studi riportati nella versione sistematica di Jefferson et al. [7] che avevano come oggetto la vaccinazione dei bambini con i TIV e riportati in ordine cronologico.

Nella stagione influenzale 1995/1996 uno studio clinico randomizzato, condotto a Sassari, ha valutato l’effectiveness del vaccino trivalente Agrippal® in soggetti da 1 a 6 anni. Nessun soggetto era stato precedentemente vaccinato per influenza. In totale, sono stati reclutati 344 soggetti: 177 vaccinati con TIV e 167 appartenenti al gruppo controllo (nessun trattamento). Gli autori affermarono che il vaccino era efficace e riduceva il rischio di malattia del 67% (95% CI: 0,59-0,74). Inoltre, la durata media di assenteismo all’asilo era significativamente ridotta nei bambini vaccinati rispetto a quelli non vaccinati (2,3 giorni nei non vaccinati e 0,5 giorni nei vaccinati p < 0,001) [9].

L’efficacia del vaccino trivalente Vaxigrip® è stata valutata nel 1996-1997 in 1.356 soggetti che non avevano avuto di recente l’influenza. Questi soggetti erano divisi in 2 gruppi: uno vaccinato e l’altro di controllo. Il primo gruppo era costituto da 80 bambini di età compresa tra 3-6 anni, 363 adulti di età compresa tra 18-59 anni e 235 persone di età superiore a 60 anni. Il gruppo di controllo era composto da 88 bambini (3-6 anni), 372 adulti (18-59 anni) e 218 anziani (> 60 anni). I partecipanti allo studio sono stati seguiti dal 21° giorno al 6° mese dopo la somministrazione del vaccinno Vaxigrip®. A ogni partecipante è stato richiesto di riferire se aveva avuto una temperatura corporea superiore a 38,5°C, mal di testa, mialgia o artalgia, tosse, faringodinia o ostruzione nasale. La febbre dovuta ad altre cause non era inclusa nei sintomi dell’influenza. I sintomi dell’influenza e del raffreddore comune sono stati conteggiati solo una volta durante il periodo di osservazione. In conclusione, i tassi di incidenza dell’influenza e dei sintomi del raffreddore comune erano ridotti dell’84,8% nei bambini, del 74,0% negli adulti e del 68,6% negli anziani. Rispetto al gruppo di controllo, il tasso di incidenza dei sintomi simil-influenzali era ridotto del 71,1% nel gruppo dei vaccinati e il tasso di incidenza dei sintomi del raffreddore comune nel gruppo dei vaccinati era inferiore rispetto al gruppo controllo. Il tasso di incidenza dei sintomi dell’infezione del tratto respiratorio superiore nel gruppo dei vaccinati era del 47,5% inferiore rispetto a quello del gruppo di controllo [10].

Uno studio condotto in Giappone nella stagione influenzale 1999/2000 aveva lo scopo di valutare l’effetto profilattico del vaccino anti-influenzale inattivato nei bambini piccoli. 86 neonati e bambini sani di età inferiore a 7 anni sono stati immunizzati. 94 bambini di pari età sono stati assegnati in modo casuale al gruppo controllo. Questi bambini sono stati seguiti da gennaio ad aprile 2000. La diagnosi di influenza è stata fatta con un test rapido immunoenzimatico utilizzando anticorpi monoclonali coniugati con enzima specifico per un epitopo conservato di nucleoproteina influenzale A. La prevalenza dell’infezione da virus dell’influenza A era del 5,8% nel gruppo vaccino e del 17,0% nel gruppo di controllo, dato statisticamente significativo (P = 0,016). Il vaccino anti-influenzale trivalente inattivato ha ridotto l’incidenza dell’infezione da virus dell’influenza A nei bambini da 2 a 6 anni [11].

L’efficacia del vaccino anti-influenzale utilizzato nella stagione influenzale 2001-2002 in Giappone è stata valutata in uno studio su larga scala basato su Internet. Le sindromi simil-influenzali (Influenza-like illness o ILI) erano diagnosticate secondo i criteri del Ministero della Salute del Giappone. Sono stati raccolti i dati da 8.841 soggetti afferenti a 38 cliniche prima dell’inizio della stagione influenzale. I soggetti erano suddivisi in tre gruppi: non vaccinati, vaccinati una volta e vaccinati due volte. L’efficacia era analizzata per tre diversi gruppi di età: 0-15, 16-64 e 65-104 anni. I casi di influenza confermati in laboratorio sono stati analizzati separatamente. L’efficacia del vaccino per i regimi a una e due dosi era 67,6% e 84,5% per ILI e 54,0% e 79,8% per influenza confermata in laboratorio nel gruppo 0-15 anni. Questi risultati suggeriscono che la vaccinazione anti-influenzale è efficace per i bambini e che un regime a due dosi è superiore rispetto a una singola dose nei bambini di età compresa tra 0 e 15 anni [12].

Uno studio ha investigato l’effectiveness dei TIV in 2.913 bambini (1.512 vaccinati e 1.401 non vaccinati) di età inferiore a 6 anni durante la stagione 2002-2003. I bambini sono stati arruolati presso 54 cliniche pediatriche del Giappone. L’efficacia del vaccino è stata analizzata confrontando le frequenze di ILI tra i vaccinati e i non vaccinati. Il rapporto di probabilità aggiustato (OR) e il suo intervallo di confidenza del 95% (IC 95%) sono stati calcolati attraverso un modello di probabilità proporzionale utilizzando la regressione logistica. I risultati indicarono una riduzione significativa dell’OR nei soggetti vaccinati (OR: 0,76, IC 95%: 0,66-0,88), corrispondente all’efficacia del vaccino del 24% (IC95%: 12%-34%). Quando l’analisi era limitata ai soggetti di età ≥ 2 anni, l’OR era più elevata con un’efficacia del vaccino del 33% (21%-44%). Non è stata osservata un’efficacia significativa del vaccino nei bambini molto piccoli [13].

Uno studio ha valutato l’effectiveness di una e due dosi del vaccino anti-influenzale utilizzato nella stagione 2003-2004 per la prevenzione delle ILI nei bambini da 6 a 23 mesi e in quelli di 6 mesi-8 anni. Lo studio ha utilizzato come outcome le visite ambulatoriali e le visite al Pronto Soccorso. Un totale di 29.726 bambini è stato incluso nelle analisi. Il 17,3% aveva un’età compresa tra 6 e 23 mesi. Il 7,5% e il 9,9% dei bambini di età compresa tra 6 mesi e 8 anni erano completamente o parzialmente vaccinati contro l’influenza. Per i bambini dai 6 ai 23 mesi che avevano completato il ciclo, l’efficacia vaccinale contro ILI e polmonite e influenza era rispettivamente del 25% e del 49%. Nessuna riduzione statisticamente significativa dei tassi di ILI o polmonite e influenza è stata osservata per i bambini parzialmente vaccinati dai 6 ai 23 mesi di età. Per i bambini completamente vaccinati da 6 mesi a 8 anni, l’efficacia vaccinale per ILI e polmonite e influenza era rispettivamente del 23% e del 51%. Per la vaccinazione parziale, l’efficacia vaccinale era significativa solo per polmonite e influenza (23%). Gli autori conclusero dichiarando che, nonostante una corrispondenza non ottimale tra i ceppi contenuti nel vaccino e i ceppi circolanti predominanti, la vaccinazione anti-influenzale aveva fornito un’elevata protezione per i bambini completamente vaccinati. Questi risultati supportano la vaccinazione dei bambini anche quando non si ha un completo match e sottolineano la necessità di vaccinare i bambini precedentemente non vaccinati con due dosi per il raggiungimento di una protezione ottimale [14].

L’influenza è un’infezione comune e potenzialmente grave nei neonati. Precedenti studi sul vaccino anti-influenzale in questo gruppo di età hanno riportato stime ampiamente variabili sull’efficacia del vaccino e pochi studi hanno utilizzato la conferma di laboratorio delle diagnosi di influenza. Alcuni autori hanno investigato l’efficacia di una e due dosi del TIV contro l’influenza confermata in laboratorio nei bambini di età compresa tra 6 e 23 mesi nell’ambito del Programma di assistenza medica della California settentrionale per le stagioni 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006. In totale 1.648 bambini sono stati inclusi nelle analisi, con una media di 4,5 controlli abbinati a ciascuno dei 300 casi (213,29 e 58 casi identificati per ciascuna delle stagioni studiate) in base al mese di nascita/anno e al codice di avviamento postale. La vaccinazione era stata effettuata almeno 14 giorni prima rispetto al test positivo. È stata utilizzata la regressione logistica condizionale per calcolare l’efficacia del vaccino per ogni stagione, considerando le condizioni mediche croniche e altri possibili fattori confondenti. Durante la stagione influenzale 2005-2006, quando i ceppi virali circolanti predominanti e i ceppi vaccinali erano corrispondenti, la vaccinazione ha mostrato un’efficacia del 76% contro l’infezione confermata in laboratorio. Non è stato rilevato alcun effetto statisticamente significativo della vaccinazione per le stagioni 2003-2004 e 2004-2005. I risultati evidenziano la necessità di ulteriori studi sull’efficacia del vaccino anti-influenzale in questa fascia di età [15].

L’obiettivo di uno studio caso-controllo americano era stimare l’efficacia della vaccinazione contro l’influenza confermata in laboratorio durante le stagioni 2003-2004 e 2004-2005 nei bambini di età compresa tra 6 e 59 mesi. Lo studio è stato condotto nei bambini con infezioni respiratorie acute che avevano ricevuto assistenza in un ospedale, in un Pronto Soccorso o in un ambulatorio durante le due stagioni influenzali oggetto di studio. Tutti i bambini sono stati arruolati prospetticamente al momento della malattia acuta e sono stati prelevati tamponi nasali/faringei e analizzati con metodo colturale e/o test di PCR. I bambini con influenza confermata in laboratorio erano casi e i bambini risultati negativi all’influenza erano controlli. Sono stati utilizzati i registri di vaccinazione per determinare e validare lo stato di vaccinazione anti-influenzale. Sono stati arruolati 288 casi e 744 controlli durante la stagione 2003-2004 e 197 casi e 1.305 controlli durante la stagione 2004-2005. Il 6% e il 19% di tutti i bambini dello studio erano completamente vaccinati secondo le linee guida. La vaccinazione completa è stata associata a un numero significativamente inferiore di visite ambulatoriali e di Pronto Soccorso nel 2004-2005 (efficacia del vaccino: 57%) ma non nel 2003-2004 (efficacia del vaccino: 44%). L’aver ricevuto tutte le dosi raccomandate era associato al dimezzamento delle visite mediche correlate all’influenza confermata in laboratorio tra i bambini di età compresa tra 6 e 59 mesi in una stagione su due, nonostante le corrispondenze sub-ottimali tra i ceppi contenuti nel vaccino e i ceppi circolanti in entrambi gli anni [16].

Per stimare l’efficacia del vaccino anti-influenzale nei bambini piccoli, è stato condotto uno studio caso-controllo nei bambini con malattia respiratoria acuta o febbre nel periodo 2005-2007. L’efficacia del vaccino anti-influenzale (VE) è stata calcolata utilizzando come casi i bambini con influenza confermata in laboratorio e come controlli i bambini risultati negativi per influenza. L’efficacia del vaccino anti-influenzale in bambini completamente vaccinati di 6-59 mesi era del 56% (IC 95%: 25%-74%); non è stata trovata una VE significativa per la vaccinazione parziale [17].

Nel 2008 è stato effettuato uno studio sull’efficacia del vaccino anti-influenzale in Australia Occidentale per valutare un nuovo programma di vaccinazione gratuito per tutti i bambini di età compresa tra 6 e 59 mesi, analizzando l’effetto protettivo della vaccinazione in questi bambini. Lo studio prospettico caso-controllo era condotto presso gli ambulatori di pediatria generale e un Pronto Soccorso ospedaliero, testando tutti i pazienti per l’influenza e per una serie di altri virus respiratori. L’efficacia del vaccino anti-influenzale contro l’influenza confermata in laboratorio è stata stimata considerando casi i bambini con malattia simil-influenzale con test di laboratorio positivo e controlli quelli con una malattia simil-influenzale con test di laboratorio negativo. Erano controlli anche i bambini positivi per un altro virus respiratorio. Globalmente furono arruolati 75 bambini dai pediatri e 214 presso il Pronto Soccorso, con 12 (27%) e 36 bambini (17%), rispettivamente, con influenza confermata in laboratorio. Utilizzando tutti i controlli influenzali negativi, la VE aggiustata era del 58% (IC95%, 9-81). Quando i controlli erano limitati ai bambini con un altro virus respiratorio, la VE aggiustata era del 68% (IC 95%, 26-86) [18].

Nella terza stagione del progetto I-MOVE (Efficacia del vaccino dell’influenza in Europa) (2010-2011) è stato condotto uno studio multicentrico caso-controllo, basato sulle reti di sorveglianza dei medici sentinella in 8 Stati membri dell’Unione europea per valutare l’effectiveness del vaccino anti-influenzale 2010/11 per le ILI confermate in laboratorio come influenza. Usando il campionamento sistematico, i medici sentinella hanno raccolto tamponi da pazienti con ILI/ARI (Acute Respiratory Illness) entro sette giorni dall’esordio dei sintomi. I pazienti negativi all’influenza sono stati confrontati con quelli che rispondevano alla definizione di caso. La vaccinazione era considerata valida se effettuata almeno 14 giorni prima dell’insorgenza dei sintomi. È stata valutata la VE dell’influenza complessiva, per tipo di influenza, fascia d’età e per i gruppi target di vaccinazione. Sono stati studiati 2.019 casi e 2.391 controlli. La VE aggiustata era del 52% (IC 95% 30-67), 55% (95%IC 29-72) contro il virus A (H1N1) e 50% (95%IC 14-71) contro l’influenza B. La VE aggiustata contro tutti i sottotipi di influenza era 66% (95%IC 15-86), 41% (95% CI -3-66) e 60% (95%IC 17-81) tra quelli di età compresa tra 0-14, 15-59 e ≥ 60 anni rispettivamente. Tra i gruppi target per la vaccinazione la VE era del 56% (95%IC 34-71) complessivamente, 59% (95%IC 32-75) contro il virus A (H1N1) e 63% (95%IC 31-81) contro l’influenza B [19].

Un’altra revisione sistematica è stata condotta da Belongia et al. [20] e ha analizzato gli studi caso-controllo con un disegno “test-negativo”. Questo tipo di studio considera casi i soggetti positivi al test di laboratorio e controlli i soggetti negativi. Gli autori hanno osservato una VE del 69% (CI 95% 49-81%) contro il virus pandemico A/H1N1 pdm09 e del 56% (CI 95% 38-69%) contro il virus B. La VE per il virus A era del 43% (CI 95% 28-55%).

Manzoli et al. [21] hanno pubblicato nel 2012 una revisione critica e una ri-analisi di 15 meta-analisi sull’efficacia dei vaccini anti-influenzali stagionali nei bambini, adulti e anziani, i cui dati si riferivano al periodo 1995-2011. Relativamente ai bambini sani, gli autori hanno individuato 5 metanalisi che fornivano una sintesi dei benefici in termini di efficacia in comparazione al placebo o alla non vaccinazione [22-26]. Considerando gli studi che hanno effettuato la conferma di laboratorio, l’efficacia globale era relativamente alta, con un range dal 59% al 75%. Dopo la stratificazione per tipo di vaccino, i TIV mostravano un’efficacia tra il 59% e il 65%, con l’eccezione dei vaccini utilizzati negli USA che avevano un’efficacia del 46%. Questo valore era riconducibile al basso numero di soggetti analizzati (786). La metanalisi globale ha confermato per i TIV un’efficacia globale del 60%. Per gli studi che hanno usato come outcome la conferma di influenza solo su base clinica, l’efficacia dei TIV era del 45%, migliorava dal 36% al 61% quando dall’analisi erano eliminati gli studi condotti in Russia.

SICUREZZA

I TIV attualmente disponibili sono sicuri e ben tollerati. Gli eventi severi sono rari e possono non essere osservati durante lo svolgimento degli studi clinici controllati. I TIV sono ben tollerati anche nei bambini. Tra gli eventi avversi più frequenti figurano sintomi locali al sito di inoculo, dolore, rossore, gonfiore o indurimento. Tra i sintomi sistemici sono segnalati più frequentemente mal di testa, mialgia, malessere e affaticamento così come irritabilità e sonnolenza specialmente nei bambini più piccoli [27].

Una overview sulla sicurezza dei vaccini anti-influenzali ha evidenziato che i sintomi più comuni erano gonfiore, arrossamento e dolore nel sito di inoculo; tutti i sintomi erano di breve durata [28].

Un altro studio riassume i dati ottenuti da diversi trial clinici [29] che hanno coinvolto 251.600 bambini per un totale di 438.167 vaccini anti-influenzali somministrati. Solo 9 casi di impetigine osservati in bambini di età compresa tra 6 e 23 mesi erano significativamente associati alla vaccinazione anti-influenzale. Questo grande studio ha confermato la sicurezza dei vaccini anti-influenzali.

Hambridge et al. [30] hanno condotto uno studio retrospettivo sulla sicurezza dei TIV in 45.356 bambini di 6-23 mesi, per un totale di 69.359 vaccinazioni. Gli autori hanno confrontato i tassi di qualsiasi evento medico prima e dopo 42 giorni dalla somministrazione del vaccino. Mentre eventi come la gastrite e la duodenite potevano significativamente essere osservati nei primi 14 giorni, le infezioni acute del tratto respiratorio superiore, l’asma, la bronchiolite e l’otite media erano osservati con meno probabilità.

Englund et al. [31] hanno valutato l’uso dei vaccini anti-influenzali nei bambini piccoli, studiando 1.375 bambini di 6-12 settimane. A tre giorni dalla vaccinazione, la febbre era segnalata nell’11,2% dei soggetti vaccinati con TIV e nell’11,7% dei bambini che avevano ricevuto il placebo. Nel periodo di follow-up di 28 giorni era osservata febbre nel 1,9% dei soggetti vaccinati e nel 1,5% dei bambini che avevano ricevuto il placebo. Lo studio ha confermato il buon profilo di sicurezza dei TIV.

Manzoli et al. hanno analizzato i risultati di numerosi studi clinici controllati e studi osservazionali. Dalla loro ricerca è emerso che il numero di eventi avversi era 23 nei soggetti vaccinati (circa 20.289 partecipanti) versus 7 (8.451 partecipanti non vaccinati). Non è stato osservato nessun decesso [21].

La febbre è un evento avverso che può essere osservato dopo la vaccinazione e generalmente è più frequente tra i bambini più piccoli [32]. Le reazioni febbrili rimangono di interesse per il loro potenziale a divenire convulsioni febbrili ma occorre tuttavia sottolineare che potrebbero insorgere per altre infezioni in corso, non imputabili alla somministrazione del vaccino. Altre reazioni avverse molto rare osservate sono state la narcolessia, segnalata durante la campagna di vaccinazione con il vaccino monovalente pandemico adiuvato con AS03 [33-36].

Il vaccino anti-influenzale quadrivalente Fluarix Tetra® (QIV)

QIV è un vaccino anti-influenzale quadrivalente sviluppato per l’immunizzazione attiva verso due sottotipi A (A/H1N1 e A/H3N2) e due lineages B (B-Victoria e B-Yamagata) [37]. L’inclusione di 4 ceppi all’interno del vaccino permette di evitare il problema del B-mismatch che si verifica periodicamente [3] (vedi capitoli 2 e 5).

Attraverso un programma di studi clinici condotti in 18 Paesi che ha coinvolto 27.000 soggetti (bambini, adulti e anziani) è stato possibile dimostrare l’immunogenicità e la sicurezza di QIV (Tab. I). Esistono due formulazioni di QIV, quella prodotta in Quebec chiamata Flu-Q-QIV e quella prodotta a Dresda chiamata Flu-D-QIV. In Europa è utilizzata la formulazione prodotta a Dresda, ma gli studi clinici controllati sono stati effettuati con entrambe le formulazioni.

Tab. I.

Caratteristiche degli studi clinici controllati condotti per valutare l’immunogenicità di QIV.

Studio
Fase
Età N. soggetti Tipologia studio Stagione Referenze
D-QIV-002
Fase II
18-47
mesi
599 Immunogenicità
Sicurezza
2009-2010 [38]
D-QIV-003
Fase III
3-17
anni
2.738 Immunogenicità
Sicurezza
2010-2011 [39]
D-QIV-003
Fase III
3-17
anni
3.109 Immunogenicità
Sicurezza
2010-2011 [39]
D-QIV-004
Fase III
6-35
mesi
Circa 8.200 Efficacia 2011-2012 [40]
D-QIV-006
Fase III
3-8
anni
5.213 Efficacia 2010-2011 [40]
D-QIV-009
Fase III
6-35
mesi
Circa 8.200 Studio di richiamo 2011-2012 [41]
D-QIV-013
Fase III
6-35
mesi
Circa 600 Immunogenicità
Sicurezza
2012-2013 [41]
D-QIV-001
Fase I/II
18-60
anni
420 Immunogenicità
Sicurezza
2008-2009 [42]
D-QIV-008
Fase III
≥ 18 anni 4.656 Immunogenicità
Sicurezza
2010-2011 [43]
D-QIV-007
Fase III
≥ 18 anni 1.703 Immunogenicità
Sicurezza
2010-2011 [44]

In Tabella I sono riportate le caratteristiche degli studi clinici controllati condotti per valutare l’immunogenicità e la sicurezza di QIV.

In tutti gli studi di immunogenicità è stato confrontato QIV con il TIV Fluarix® (chiamato Flu-TIV1) e un secondo vaccino TIV (Flu-TIV2) che conteneva il lineage B non presente in Flu-TIV1 [45].

IMMUNOGENICITÀ

Gli obiettivi degli studi di immunogenicità erano principalmente due: (i) dimostrare che QIV non era immunogenicamente inferiore ai vaccini TIV (Flu-TIV1 e Flu-TIV2) per i due sottotipi A e per il ceppo B compreso nei rispettivi TIV e (ii) dimostrare che QIV era immunogenicamente superiore ai vaccini TIV per il ceppo B rispettivamente non compreso in ciascun TIV.

Al fine di valutare l’immunogenicità del QIV, è stato preso come parametro di riferimento il titolo anticorpale di inibizione dell’emagglutinazione (HI) pre- e post-vaccinazione (21 giorni dopo per gli adulti e 28 giorni dopo per i bambini) [37, 45].

Per quanto riguarda il primo obiettivo, la non inferiorità di QIV rispetto ai TIV è stata stabilita sulla media geometrica del titolo anticorpale (GMT) per l’anticorpo anti-HA ai giorni 21 e 28, rispettivamente per adulti e bambini e sul tasso di conversione (SCR). La non inferiorità era dimostrata se: (i) il limite superiore dell’intervallo di confidenza bilaterale (CI) al 95% per il rapporto tra le GMTs di Flu-TIV1 o Flu-TIV2 e quelle di QIV non superava 1,5 per ogni ceppo incluso rispettivamente nei vaccini Flu-TIV1 e Flu-TIV2; (ii) il limite superiore del 95%CI per la differenza tra SCR di Flu-TIV1 o Flu-TIV2 e quello di QIV non superava il 10% per ogni ceppo incluso rispettivamente nei vaccini Flu-TIV1 e Flu-TIV2.

Per quanto riguarda il secondo obiettivo, QIV era ritenuto superiore quando:

  • il limite inferiore del 95% CI per il rapporto tra GMTs (QIV/Flu-TIV1 o Flu-TIV2) era > 1;

  • il limite inferiore del 95% CI per la differenza tra SCRs (QIV/Flu-TIV1 o Flu-TIV2) era > 0 [45].

Le seguenti Tabelle (Tabb. II, III) riassumono sinteticamente i risultati degli studi di fase II e di fase III condotti nei bambini.

Tab. II.

Studio di fase II su sicurezza, reattogenicità e immunogenicità di QIV (Adattato da [37]).

Caratteristiche dello studio Criteri di inclusione Schedule vaccinali Descrizione immunogenicità Risultati
Fase II
Randomizzato, doppio cieco.
Periodo di reclutamento 2009-2012.
Luogo: Messico.
[38]
Bambini 18-47 mesi che hanno partecipato a uno studio precedente (primed) e che non hanno partecipato allo studio precedente (unprimed) e che non hanno ricevuto almeno due dosi di vaccino anti-influenzale in passato. Bambini primed: una dose di TIV o QIV.
Bambini unprimed: due dosi di TIV o QIV.
Bambini primed-TIV (n = 97)
Bambini primed-QIV (n = 95)
Bambini unprimed-TIV (n = 204)
Bambini unprimed-QIV (n = 203)
graphic file with name jpmh-2018-s01-e1-g012.jpg Una dose di QIV nei bambini primed e due dosi nei bambini unprimed erano immunogene contro tutti i quattro ceppi.

Tab. III.

Studio di fase III su sicurezza, reattogenicità e immunogenicità di QIV (Adattato da [37]).

Caratteristiche dello studio Criteri di inclusione Schedule vaccinali Descrizione immunogenicità Risultati
Randomizzato, doppio cieco con gruppo open label.
Periodo reclutamento: ottobre 2010/giugno 2011
Luogo: Rep. Ceca, Francia, Germania, Filippine, USA.
[39]
Bambini di età compresa tra i 3 e i 17 anni (gruppo in doppio cieco) o tra i 6 e i 35 mesi (gruppo open label) Gruppo primed: una dose di TIV o QIV
Gruppo unprimed: due dosi di TIV o QIV:
  • TIV/Vic (n = 912)

  • TIV/Yam (n = 911)

  • QIV (n = 915)

  • Open label QIV (n = 277)

graphic file with name jpmh-2018-s01-e1-g013.jpg QIV ha dimostrato un’immunogenicità non inferiore rispetto ai ceppi condivisi e un’immunogenicità superiore rispetto al ceppo B aggiuntivo, in confronto con TIV nei bambini dai 3 ai 17 anni. Nel gruppo open label, QIV ha stimolato una forte risposta anticorpale contro tutti e quattro i ceppi vaccinali. La reattogenicità e la sicurezza di QIV son state coerenti con il profilo stabilito dai TIV.

STUDIO CLINICO CONTROLLATO DI FASE II NEI BAMBINI

Uno studio di fase II randomizzato in doppio cieco ha studiato l’immunogenicità di QIV nei bambini tra i 18 e i 47 mesi. I bambini primed (bambini sotto i 9 anni che avevano ricevuto almeno una dose del vaccino monovalente A/H1N1 2009 o avevano avuto un’infezione da A/H1N1 confermata in laboratorio durante la precedente stagione influenzale o coloro che avevano ricevuto due dosi di un vaccino trivalente durante la precedente stagione influenzale o almeno una dose di vaccino trivalente negli anni precedenti) ai quali erano state somministrate due dosi di TIV in uno studio precedente hanno ricevuto una dose di TIV o QIV e i bambini unprimed hanno ricevuto due dosi di QIV o TIV. Le medie geometriche dei titoli anticorpali erano non-inferiori per QIV in confronto a TIV per quanto riguarda i ceppi in comune nell’analisi complessiva dei bambini del primo e del secondo gruppo. QIV ha dimostrato la sua immunogenicità per il ceppo aggiuntivo, senza compromettere la tollerabilità del vaccino. Le GMT erano simili in entrambi i gruppi (primed/unmprimed) sia per il ceppo B/Yamagata sia per il ceppo B/Victoria, suggerendo un limitato effetto priming del vaccino. Secondo gli autori di questo studio, questo può essere spiegato dalle variazioni delle GMT per il titolo di base e dal fatto che una buona parte (30-40%) della coorte di bambini unprimed aveva ricevuto una vaccinazione diversa da quella specificata nello studio precedente. Le analisi post-hoc con GMT non corrette hanno mostrato una risposta migliore dopo la vaccinazione [46].

In Tabella II sono riassunte le caratteristiche e i risultati ottenuti nello studio clinico controllato di fase II nei bambini.

STUDIO CLINICO CONTROLLATO DI FASE III NEI BAMBINI

Uno studio randomizzato ha arruolato bambini dai 3 ai 17 anni in un braccio a doppio cieco e bambini dai 6 ai 35 mesi in un braccio open label con QIV. I bambini più grandi erano randomizzati in rapporto 1:1:1 per ricevere QIV o TIV/B/Victoria o TIV/B/Yamagata. L’immunogenicità è stata valutata 28 giorni dopo l’ultima vaccinazione. Lo studio ha coinvolto complessivamente 3.027 bambini, dei quali 160 (5,3%) avevano una patologia cronica come l’asma (n = 134), problemi cardiovascolari (n = 11) o altro (n = 15). I bambini primed avevano ricevuto una dose di QIV o TIV. I bambini unprimed avevano ricevuto due dosi. L’immunogenicità è stata non-inferiore per QIV confrontato con TIV per i ceppi in comune e superiore per QIV in confronto a TIV per il ceppo B non compreso nel TIV. Non è stata dimostrata differenza nella risposta immunitaria conferita dall’essere primed nei gruppi di QIV e TIV. Anche nel gruppo open label, QIV è risultato immunogeno contro tutti i quattro i ceppi nei bambini tra i 6 e i 35 mesi [39].

In Tabella III sono riportate le caratteristiche degli studi clinici controllati di fase III. Attualmente non sono pubblicati studi di effectiveness di QIV.

SICUREZZA

Tutti gli studi clinici sopra citati hanno anche valutato la sicurezza e la reattogenicità di QIV, comparandola con TIV. I volontari o i loro genitori/tutori hanno usato dei diari per segnare gli eventi avversi per i sette giorni successivi alla vaccinazione; inoltre sono stati raccolti anche gli eventi avversi non sollecitati nei seguenti 28 giorni, mentre gli eventi avversi gravi o gli eventi avversi che necessitavano di assistenza medica sono stati raccolti per i successivi 6 mesi. Durante gli studi di sicurezza sono state anche raccolte le segnalazioni di potenziali malattie immuno-mediate in seguito a vaccinazione [45]. Nella Tabella IV sono riassunti gli effetti avversi più comuni di QIV.

Tab. IV.

Effetti dei casi di influenza confermati con RT-PCR sull’assistenza sanitaria e sulle attività quotidiane [47].

QIV
(N = 6.006)
Controllo
(N = 6.012)
Rischio relativo
(IC 95%)
Numero di bambini con almeno un episodio di influenza confermata con RT-PCR 356 693
Visite dal pediatra 310 (5%) 583 (10%) 0,53 (0,46-0,61)
Uso di antibiotico 172 (3%) 341 (6%) 0,50 (0,42-0,60%)
Visite di emergenza 7 (< 1%) 33 (1%) 0,21 (0,09-0,47)
Ricovero in ospedale 3 (< 1%) 7 (< 1%) 0, 43 (0,11-1,66)
Assenze dei genitori dal lavoro
(numero di famiglie coinvolte)
24 (< 1%) 52 (1%) 0,46 (0,28-0,75)
Numero medio di giornate di assenza dal lavoro 2,2 (1, 96%) 2,5 (2, 43%)
Numero di giornate di assenza dall’asilo 49 (1%) 108 (2%) 0,45 (0,32-0,63)

In tutti gli studi, il profilo di sicurezza del QIV è stato simile al TIV. In particolare è emerso che:

  • QIV ha dimostrato di avere un profilo di sicurezza clinicamente accettabile;

  • l’incidenza di eventi sollecitati e non sollecitati segnalati entro i primi 7 giorni è stata paragonabile a quella indotta dalla vaccinazione con TIV;

  • l’evento avverso locale più frequente è stato il dolore nel sito di iniezione, sia nei bambini che negli adulti, mentre gli eventi avversi generali più frequenti sono stati sonnolenza, febbre, irritabilità, dolore muscolare e affaticamento nei bambini e cefalea, affaticamento e dolore muscolare negli adulti;

  • nessun evento avverso grave che si è verificato negli studi di fase III è stato ricondotto alla vaccinazione;

  • non è stato segnalato alcun caso di malattia immuno-mediata associato con la vaccinazione con QIV;

  • l’antigene aggiuntivo non ha alterato il profilo di sicurezza.

Al momento non ci sono report di sorveglianza post-marketing per QIV; ad ogni modo, siccome tutti e quattro i ceppi influenzali contenuti nel QIV sono compresi nel TIV, i profili di sicurezza possono essere considerati sovrapponibili e gli effetti avversi osservati per il TIV potrebbero presentarsi anche nei soggetti che hanno ricevuto QIV.

Estensione della raccomandazione ai bambini di 6-35 mesi

Al fine di ampliare l’offerta vaccinale anche ai bambini di età compresa tra i 6 e i 35 mesi, è stato condotto uno studio multicentrico di fase III durante cinque stagioni influenzali dal 2011 al 2014, su bambini sani provenienti da 13 Paesi europei, dell’America Centrale e dell’Asia [47]. Lo studio è durato dai 6 agli 8 mesi per ogni partecipante e i bambini sono stati suddivisi in cinque coorti, secondo il numero di stagioni influenzali considerate. Sono stati reclutati sia bambini a cui non era mai stato somministrato un vaccino anti-influenzale, sia bambini a cui era già stato precedentemente somministrato il vaccino anti-influenzale. Inoltre, utilizzando un algoritmo matematico sono stati reclutati rispettivamente l’11%, il 33% e il 56% di bambini di età compresa tra 6-11 mesi, 12-23 mesi e 24-35 mesi. I bambini che avevano già ricevuto un vaccino anti-influenzale sono stati immunizzati con una singola dose di vaccino QIV, mentre i bambini naive hanno ricevuto due dosi di vaccino a distanza di 28 giorni. Nel gruppo controllo sono stati utilizzati il vaccino coniugato anti-pneumococcico, quello per la varicella e quello per l’epatite A, somministrati in base all’età dei partecipanti.

La sorveglianza degli episodi di influenza-like illness è iniziata 14 giorni dopo l’ultima dose di vaccinazione. I genitori avevano ricevuto istruzioni per contattare il centro di studio entro 24 ore dall’insorgenza di sintomi che potessero essere assimilabili a influenza-like illness. Lo staff dello studio era incaricato di raccogliere un tampone nasale entro 7 giorni ma preferibilmente nelle 24 ore successive all’esordio dei sintomi. Per la diagnosi su tampone nasale è stata utilizzata la tecnica RT-PCR. Gli obiettivi principali erano stimare i casi di influenza moderata/severa e i casi di influenza totali, confermati tramite RT-PCR e stimare i casi confermati con RT-PCR di infezioni delle basse vie respiratorie, otiti, influenza severa, casi di influenza associati a qualsiasi strain della stagione in corso, casi di influenza associati a strain antigenicamente corrispondenti a quelli vaccinali.

Lo studio ha mostrato che il 6% e il 12% dei bambini del gruppo QIV e del gruppo controllo erano colpiti da influenza (confermata con RT-PCR). I casi di influenza moderata/severa sono stati il 2% nel gruppo QIV e il 4% nel gruppo controllo. L’efficacia del vaccino è stata stimata al 63% per i casi di influenza moderata/severa e al 50% per tutti i casi di influenza. In Tabella IV sono sintetizzati tutti i risultati emersi dallo studio.

Conclusioni

Le problematiche correlate agli studi di efficacia dei vaccini anti-influenzali sono numerose. La metodologia più corretta dovrebbe valutare l’efficacia basandosi su studi epidemiologici effettuati ad hoc e volti a valutare la riduzione dell’impatto delle patologie in soggetti vaccinati. Nell’analisi dell’efficacia, pertanto, si possono utilizzare alcune misure proxy, quali l’aumento dell’immunogenicità o altre misure di impatto sanitario come le richieste di prestazioni (ospedalizzazioni, visite mediche), il consumo di farmaci e le cause di mortalità correlate specificamente alla patologia influenzale. Sulla base di queste considerazioni, esistono delle diversità tra gli studi effettuati quali: le caratteristiche dei soggetti reclutati (malattie concomitanti), i trattamenti effettuati dai soggetti in studio, l’età dei pazienti, le precedenti vaccinazioni anti-influenzali, i titoli anticorpali pre-vaccinali e la composizione dei vaccini utilizzati. Ulteriore e rilevante parametro indispensabile alla valutazione dell’efficacia è dato dalla corrispondenza tra la composizione del vaccino e i virus influenzali circolanti. L’efficacia clinica del vaccino anti-influenzale varia a seconda della popolazione e degli esiti considerati.

Dal momento che il beneficio della vaccinazione è evidente, è necessario chiarire gli eventuali rischi legati ad essa. Una meta-analisi comprendente 250.000 bambini e adolescenti al di sotto dei 18 anni di età ha dimostrato che non ci sono rischi di sviluppare effetti avversi clinicamente severi in seguito a vaccinazione. Secondo questa meta-analisi il rischio di sviluppare una complicanza severa in seguito a vaccinazione è meno di 1 su 250.000 vaccinati [29]. Queste evidenze sono state confermate anche dallo studio osservazionale compiuto in Giappone durante il periodo in cui la vaccinazione anti-influenzale era obbligatoria (dal 1977 al 1987): la stima di effetti collaterali severi ammontava a meno di 1 caso su 5 milioni [48]. In base a questi studi si evince che la vaccinazione universale dei bambini contro l’influenza è sicuramente la scelta migliore nell’interesse innanzitutto dei bambini, considerando anche che il loro rischio di morte in seguito a influenza è 1 su 1 milione, mentre il rischio di sviluppare un effetto avverso severo in seguito a vaccinazione anti-influenzale è 1 su 25 milioni [49].

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CAPITOLO 5: Il vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra®

F TRIPPI 1, AM FERRIERO 1, G CHECCUCCI LISI 1

Introduzione

I virus influenzali hanno un elevato grado di instabilità genetica e questo determina la comparsa continua di varianti con potere epidemico e/o pandemico. Tali varianti possono sfuggire parzialmente o completamente all’azione protettiva degli anticorpi prodotti verso i ceppi influenzali precedentemente circolanti.

Il virus influenzale A circola attualmente nell’uomo con i due sottotipi H1N1 e H3N2 mentre il virus influenzale B con i due lineages B/Victoria e B/Yamagata, distinti filogeneticamente dal punto di vista antigenico sulla base di divergenze nel dominio HA1 del gene virale della emoagglutinina [1]. Prima del 1985 era presente in circolazione un unico lineage del virus dell’influenza B. Nel 1987 il virus B /Victoria/2/87 sostituì il precedente virus B in tutto il mondo e divenne il ceppo B dominante per diversi anni, prima della comparsa, negli anni ‘90, del ceppo B/Yamagata/16/88. Per quasi dieci anni, il ceppo B/Yamagata fu il ceppo B dominante in tutto il mondo, ma nel 2002 il ceppo B/Victoria ricomparve e, inaspettatamente, il nuovo virus non sostituì il precedente e i due ceppi iniziarono a co-circolare in modo imprevedibile. Da allora, il ceppo dominante varia in base al Paese e alla stagione. Sulla base di queste osservazioni appare evidente come sia difficile prevedere quale ceppo B circolerà durante la stagione influenzale successiva, soprattutto perché i due lineage possono circolare contemporaneamente durante la stessa stagione e anche all’interno dello stesso Paese [1]. In considerazione dell’imprevedibile co-circolazione dei due lineage B, dal 2002 la selezione del ceppo B da inserire nel vaccino trivalente si è rivelata particolarmente difficile e una mancata corrispondenza tra il virus influenzale B circolante e il tipo B inserito nel vaccino trivalente (B-mismatch) si è manifestata di frequente nelle ultime stagioni influenzali (Fig. 1) [2].

Fig. 1.

Fig. 1.

Livello di co-circolazione dei due lineages B e corrispondenza tra i ceppi contenuti nei vaccini trivalenti e i ceppi circolanti [2].

Questo fenomeno ha reso necessario un miglioramento dei vaccini anti-influenzali sviluppando vaccini quadrivalenti con lo scopo di aumentare la protezione contro i virus influenzali di tipo B [3, 4].

In Italia il vaccino anti-influenzale quadrivalente è disponibile in commercio dal 2014 e nella Terza Edizione del Calendario Per la Vita delle Società Scientifiche SITI, SIP, FIMP e FIMMG (aggiornamento del 2016) si riporta che “l’inclusione di ceppi dei due lineage di virus B (Yamagata e Victoria) è raccomandata per i vaccini influenzali da utilizzare da ora in poi, e quindi i vaccini quadrivalenti andranno progressivamente a sostituire per raccomandazione gli attuali vaccini split o subunità trivalenti (soggetti a rischio e indicazioni per età fino a 70-75 anni)” [5].

Queste raccomandazioni sono supportate dai riscontri epidemiologici relativi alla stagione influenzale in corso (2017-2018), derivanti dalla sorveglianza virologica dell’influenza condotta dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in Italia. Come riportato nel report relativo alla decima settimana, dall’inizio della stagione influenzale, i virus B rappresentano il 62% dei campioni risultati positivi all’influenza (Fig. 2) [6].

Fig. 2.

Fig. 2.

Proporzione dei campioni positivi all’influenza per tipo/sottotipo in Italia (stagione 2017/2018- settimana 10) [6].

Tra i ceppi B finora caratterizzati in Italia il 99,6% è risultato appartenere al lineage Yamagata [6], non contenuto nel vaccino trivalente [7].

Situazione pressoché analoga si riscontra anche nel resto d’Europa (Fig. 3). La sorveglianza dell’European Center for Disease Prevention and Control (ECDC), infatti, mostra una netta prevalenza del virus B (61%), con una dominanza quasi esclusiva del lineage B/Yamagata (94,4%) rispetto al B/Victoria (5,6%) [6].

Fig. 3.

Fig. 3.

Andamento settimanale dei campioni positivi all’influenza per tipo/sottotipo in Europa (stagione 2017/2018- settimana 10) [6].

Considerando le recenti evidenze epidemiologiche disponibili e in considerazione del fatto che questo è il quarto anno consecutivo in cui si verifica un B-mismatch, il documento elaborato dall’ECDC a dicembre 2017 raccomanda che gli Stati Membri dell’Unione Europea prendano in considerazione l’aumento della disponibilità e dell’utilizzo dei vaccini anti-influenzali quadrivalenti già dalla prossima stagione [8].

Il vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra®: il piano di sviluppo clinico

Vaxigrip Tetra® (VGT) di Sanofi Pasteur è un vaccino anti-influenzale quadrivalente preparato con virus split inattivati. Il vaccino contiene gli antigeni split dei ceppi virali A/H1N1, A/H3N2, lineage B Yamagata e lineage B Victoria, come da indicazioni annuali dell’OMS [9].

Lo sviluppo di VGT si basa su oltre 50 anni di esperienza del vaccino split anti-influenzale trivalente (TIV, Vaxigrip®), che contiene due ceppi del virus influenzale A (A/H1N1 e A/H3N2) e uno solo dei ceppi B. Entrambi i vaccini sono prodotti da ceppi virali coltivati in uova embrionate di pollo [10].

Basandosi sull’esperienza del TIV e in considerazione della necessità di rispondere ai mutamenti epidemiologici dei virus influenzali sopra descritti è stato definito il piano di sviluppo clinico del VGT, tenendo conto delle raccomandazioni dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA).

Il piano di sviluppo clinico di VGT ha incluso cinque trial clinici di fase III per la popolazione ≥ 3 anni di età. I risultati di questi studi hanno permesso l’autorizzazione del vaccino a partire dal 2016. Uno studio clinico controllato è stato condotto su soggetti di 6-35 mesi di vita, la cui analisi dei dati si è conclusa nel 2017. Ciò ha permesso l’estensione dell’indicazione a partire dal 2018 anche per questa fascia di età più giovane (Tab. I).

Tab. I.

Overview del piano di sviluppo clinico di Vaxigrip Tetra® (VGT).

Studio Stagione Obiettivi Disegno dello studio Etàdei partecipanti N.
totale
N.
braccio VGT
GQM02 2013-2014 Immunogenicità
Sicurezza
VGT
TIV1
TIV2
3-8 anni 1.242 884
GQM09 2013-2014 Immunogenicità
Sicurezza
VGT
(nessun controllo)
9-17anni 100 100
GQM11 2014-2015 Immunogenicità
Sicurezza - Coerenza tra lotti diversi
VGT
TIV1
TIV2
≥ 18 anni 2.225 1.668
GQM01 2011-2012 Immunogenicità
Sicurezza
VGT
TIV1
TIV2
50%: 18-60 anni
50%: > 60 anni
1.568 1.116
GQM04 2011-2012 Immunogenicità
Sicurezza - Coerenza tra lotti diversi
VGT
TIV1
TIV2
1/3: 9-17 anni
2/3: 18-60 anni
2.090 1.977
GQM05 2014-2016 Efficacia
Immunogenicità
Sicurezza
VGT
Placebo
TIV1
TIV2
6-35 mesi 5.805 2.721

Per quanto riguarda i trial relativi alla popolazione ≥ 3 anni, durante i primi due studi (studi GQM01 e GQM04) i lotti di vaccino utilizzati sono stati prodotti secondo il metodo impiegato di routine per la produzione del TIV. Successivamente, il processo di produzione del VGT è stato ottimizzato. La differenza principale tra i due metodi di produzione è il fattore di diluizione utilizzato nella tappa monovalente del vaccino. I lotti usati negli studi registrativi GQM02, GQM09 e GQM11 sono stati prodotti secondo questo metodo finale di produzione [9].

In considerazione della poca differenza tra i due metodi di produzione e dell’impatto limitato che le modifiche apportate potrebbero avere sul profilo di sicurezza del vaccino, i risultati dei cinque studi registrativi sono stati inclusi nell’analisi integrata della sicurezza. Per quanto concerne la valutazione dell’immunogenicità, gli studi GQM02, GQM09 e GQM11, nel corso dei quali i lotti di vaccino impiegati sono stati prodotti secondo il metodo finale di produzione, sono considerati come principali, mentre gli studi GQM01 e GQM04 sono stati ritenuti di supporto.

L’obiettivo globale del piano di sviluppo clinico di VGT è stato duplice:

  • dimostrare che l’aggiunta di un secondo ceppo di tipo B non ha alcun impatto sulla sicurezza del vaccino (sicurezza);

  • dimostrare che l’aggiunta di un secondo ceppo di tipo B non altera le risposte immunitarie dirette verso gli altri ceppi che compongono il vaccino (immunogenicità).

Nella maggior parte degli studi, inoltre, l’obiettivo relativo all’immunogenicità si è composto di un obiettivo primario e uno secondario. L’obiettivo primario è stato quello di dimostrare la non-inferiore immungenicità di VGT rispetto a TIV per i tre ceppi comuni; la non-inferiorità è stata definita come limite inferiore dell’Intervallo di Confidenza (IC) al 95% riferito alle Medie Geometriche dei Titoli (GMT) del tasso di inibizione dell’emoagglutinazione (HAI) post-vaccinazione per VGT/TIV > 1/1,5. L’obiettivo secondario è stato dimostrare la superiore immunogenicità di VGT vs TIV per il ceppo B aggiuntivo, come indicato da un limite inferiore di IC al 95% del rapporto GMT al test HAI di VGT/TIV > 1 [9].

Nel trial relativo alla popolazione di 6-35 mesi, infine, l’obiettivo primario è stata la valutazione dell’efficacia clinica valutata rispetto al placebo [11].

Immunogenicità e sicurezza di Vaxigrip Tetra® nella popolazione ≥ 3 anni

IMMUNOGENICITÀ IN BAMBINI DI 3-8 ANNI D’ETÀ

Lo studio principale in questa fascia d’età è stato un trial clinico controllato e randomizzato, di fase III, condotto in Polonia, Finlandia, Messico e Taiwan (Studio GQM02) [12]. Lo studio ha incluso 1.242 partecipanti, randomizzati 5:1:1. I soggetti reclutati hanno ricevuto VGT prodotto utilizzando il metodo finale di produzione, un TIV autorizzato contenente il ceppo B/lineage Yamagata o un TIV sperimentale contenente il ceppo B/lineage Victoria. Ai partecipanti che non avevano ricevuto due dosi di vaccino anti-influenzale stagionale durante una precedente stagione, veniva somministrata una seconda dose di vaccino al giorno 28 e venivano misurati i titoli di HAI al baseline e 28 giorni dopo l’ultima vaccinazione [9].

L’obiettivo primario di non-inferiorità delle risposte anticorpali al test HAI di VGT vs TIV è stato raggiunto per i due ceppi A e per il ceppo B condiviso. Come si osserva in Figura 4, l’endpoint era considerato soddisfatto se il limite inferiore dell’IC al 95% del rapporto delle GMT al test HAI dopo la vaccinazione per VGT/TIV era > 1/1,5 (indicato dalla linea tratteggiata) per tutti e tre i ceppi condivisi. Inoltre, le risposte HAI a entrambi i ceppi B in VGT sono risultate superiori a quelle indotte dal TIV contenente il lineage alternativo del ceppo B. In questo caso l’obiettivo era considerato raggiunto per un limite inferiore dell’IC al 95% del rapporto delle GMT VGT/TIV > 1 (indicato dalla linea tratteggiata) (Fig. 5) [9].

Fig. 4.

Fig. 4.

Trial GQM02 - Bambini 3-8 anni. Non-inferiorità di VGT vs TIV per i tre ceppi vaccinali condivisi [9].

Fig. 5.

Fig. 5.

Trial GQM02. Bambini 3-8 anni. Superiorità di VGT vs TIV per il ceppo B aggiuntivo [9].

Quando i partecipanti sono stati stratificati a seconda che avessero ricevuto la vaccinazione anti-influenzale durante la stagione precedente, le risposte immunitarie a VGT si sono confermate non-inferiori rispetto a TIV per i ceppi condivisi e superiori per il lineage alternativo del ceppo B. Inoltre, nonostante gli elevati livelli anticorpali al baseline registrati in questo studio, il rapporto dei titoli HAI delle GMT pre/post-vaccinazione è stato ≥ 6 per tutti i ceppi vaccinali per VGT e i tassi di sieroconversione erano compresi tra il 65% e l’88% [9].

IMUNOGENICITÀ IN BAMBINI E ADOLESCENTI DI 9-17 ANNI D’ETÀ

In un trial cardine non controllato, open-label, di fase III condotto in Taiwan (Studio GQM09), 100 bambini di età compresa tra i 9 e i 17 anni sono stati vaccinati con una singola dose di VGT [13]. L’obiettivo dello studio è stato quello di descrivere l’immunogenicità e la sicurezza della formulazione di VGT nell’emisfero nord per la stagione 2013-2014. Nonostante i titoli anticorpali dei partecipanti fossero relativamente alti al baseline, la vaccinazione ha aumentato le GMT al test HAI per tutti e quattro i ceppi (Fig. 6). I rapporti tra le GMT tra prima e dopo la vaccinazione sono stati 2,05-4,59 per tutti e quattro i ceppi e i tassi di sieroconversione sono stati 25-54% [9].

Fig. 6.

Fig. 6.

Trial GQM09. Bambini e adolescenti 9-17 anni. Risposta anticorpale misurata al test HAI dopo vaccinazione con VGT [9].

Un trial di supporto di fase III, condotto in Australia e nelle Filippine, ha esaminato un lotto di VGT prodotto secondo il metodo del TIV (Studio GQM04) [14]. Il trial ha incluso 385 bambini e adolescenti tra i 9 e 17 anni e 1.705 adulti di età compresa tra 18 e 60 anni. I bambini e gli adolescenti in questo studio sono stati randomizzati 2:2:2:1 a ricevere una dose di tre lotti diversi di VGT o il TIV autorizzato, che conteneva il ceppo B/lineage Victoria. Anche in questo caso, i titoli al test HAI sono stati misurati dopo 21 giorni. Per i tre ceppi comuni a entrambi i vaccini (A/H1N1, A/H3N2 e B/Victoria) le risposte anticorpali a VGT e TIV sono risultate simili. Le GMT sono aumentate da 7,5 a 23,4 volte con VGT e da 6,4 a 16,6 volte con TIV. Per quanto riguarda il ceppo B non contenuto in TIV (B/Yamagata), l’incremento delle GMT è stato maggior con VGT (aumento di 19,4 volte) rispetto a quello ottenuto con TIV (3,8 volte). Lo studio ha anche confermato l’equivalente immunogenicità dei tre lotti consecutivi di VGT [9].

IMMUNOGENICITÀ IN ADULTI DI ETÀ ≥ 18 ANNI

In un trial clinico di fase III randomizzato (Studio GQM11), nella popolazione ≥ 18 anni, realizzato in Europa, 114 adulti di età compresa tra 18 e 60 anni e 1.111 di età > 60 anni sono stati randomizzati 2:2:2:1:1 a ricevere una singola dose di uno di tre lotti di VGT prodotti secondo il metodo di produzione aggiornato, il TIV autorizzato contenente il ceppo B/Yamagata o un TIV sperimentale contenente il ceppo B/Victoria [15].

Lo studio aveva due obiettivi primari: dimostrare l’equivalenza della risposta anticorpale indotta dai tre differenti lotti di VGT, 21 giorni dopo la vaccinazione, per ogni ceppo vaccinale, e dimostrare la non-inferiorità della risposta anticorpale post-vaccinazione (giorno 21) indotta dai tre lotti VGT rispetto a quella indotta dai TIV [9]. Come obiettivo osservazionale, inoltre, è stata valutata la persistenza anticorpale a un anno dalla vaccinazione [15].

In entrambe le fasce d’età le GMT post-vaccinazione, misurate al test HAI, indotte dal VGT sono risultate non-inferiori rispetto a quelle indotte dal TIV per il ceppo A e per il ceppo B incluso nel TIV di confronto.

Per quanto riguarda il lineage B addizionale, i titoli anticorpali HAI indotti dal VGT sono risultati superiori rispetto a quelli indotti dal TIV che non lo conteneva [9].

Lo studio ha anche confermato l’equivalenza dei tre lotti di VGT. Relativamente alla persistenza anticorpale, le GMT sono rimaste superiori al baseline per almeno un anno dopo la vaccinazione [15].

PROFILO DI SICUREZZA DI VAXIGRIP TETRA® IN SOGGETTI DI ETÀ ≥ 3 ANNI

I dati di sicurezza di VGT per la popolazione ≥ 3 anni derivano da tutti i trial registrativi compresi nel piano di sviluppo clinico del vaccino. Questi studi hanno incluso un totale di 5.945 partecipanti vaccinati con VGT:

  • 3.240 adulti di 18-60 anni;

  • 1.392 adulti > 60 anni;

  • 429 bambini e adolescenti di 9-17 anni;

  • 884 bambini di 3-8 anni.

In questi studi clinici controllati le reazioni sollecitate sono state registrate in appositi diari dai partecipanti o, per i bambini, dai genitori o dai tutori legali, ogni giorno per 7 giorni dalla vaccinazione. La maggior parte delle reazioni sollecitate erano di grado 1, verificatesi entro 3 giorni dalla vaccinazione e risoltosi nel giro di 1-3 giorni. Il dolore nel sito di iniezione è stata la reazione sollecitata più comune, seguito da mal di testa, malessere e mialgia e la maggior parte delle reazioni diventavano meno frequenti all’aumentare dell’età dei soggetti in studio [9].

Gli eventi avversi non sollecitati legati al vaccino sono stati rari; in tutti i gruppi, il più comune è stato il prurito che si è manifestato più di una settimana dopo la vaccinazione e, pertanto, non è stato registrato come reazione sollecitata. È stato registrato un solo evento avverso grave, considerato correlato alla vaccinazione con VGT: un bambino di 3 anni ha presentato trombocitopenia grave 9 giorni dopo la prima iniezione, che si è risolta dopo 38 giorni senza sequele ma che ha portato alla sospensione dello studio. Nel follow-up a lungo termine del caso, il livello delle piastrine è aumentato e rimasto stabile entro intervalli normali, indicando che si trattava di un evento transitorio.

Complessivamente, i profili di sicurezza di VGT e TIV sono risultati comparabili (Fig. 7) [9].

Fig. 7.

Fig. 7.

Percentuale degli eventi avversi riportati negli studi clinici controllati di fase III del piano di sviluppo clinico di Vaxigrip Tetra® [9].

Immunogenicità e sicurezza di Vaxigrip Tetra® nella popolazione di età compresa tra 6 e 35 mesi

L’efficacia clinica e la sicurezza di VGT in bambini da 6 a 35 mesi mai vaccinati prima sono state studiate in un trial multicentrico, su larga scala, controllato con placebo.

L’obiettivo principale del trial è stato dimostrare l’efficacia clinica, rispetto al placebo, di due dosi di VGT, in bambini di età compresa tra 6 e 35 mesi non vaccinati prima, nel prevenire almeno una delle seguenti condizioni:

  • sindrome influenzale confermata in laboratorio causata da qualsiasi ceppo circolante (tipo A o B);

  • sindrome influenzale confermata in laboratorio causata da ceppi influenzali simili a quelli contenuti nel vaccino [11].

Inoltre, come obiettivo secondario è stata valutata l’immunogenicità, sulla base della non-inferiorità delle risposte anticorpali indotte dal VGT rispetto ai due TIV per ciascun ceppo e della superiorità delle risposte anticorpali a ciascun ceppo B del VGT rispetto al TIV che non conteneva il corrispondente ceppo B.

L’obiettivo secondario è stato la valutazione della sicurezza di VGT [11].

Lo studio è iniziato nel 2014 e si è concluso nel 2016, analizzando in questo modo diverse stagioni influenzali. Sono stati inclusi, inoltre, diversi Paesi in diverse regioni geografiche (Europa, Asia, America Latina e Asia) coinvolgendo un totale di 43 centri clinici (19 centri in Spagna, 6 nelle Filippine, 5 in Grecia, 5 in Romania, 4 in Italia, 1 in Sud Africa, 1 in Honduras, 1 in Repubblica Dominicana e 1 in Francia) [11].

Sono stati inclusi in totale 5.805 soggetti, randomizzati a ricevere due iniezioni da 0,5mL di VGT (2.721 soggetti), placebo (2.715 soggetti), TIV1 contenente il ceppo B lineage Victoria (183 soggetti) o TIV contenente il ceppo B lineage Yamagata (186 soggetti). Le dosi venivano somministrate con un intervallo di 28 giorni l’una dall’altra. Considerando i soggetti che hanno deviato dal protocollo iniziale, il numero totale di soggetti considerati nelle analisi è indicato in Tabella II [11].

Tab. II.

Trial GQM05. Principali data set di analisi di efficacia e immunogenicità [11].

VGT
n (%)
Placebo
n (%)
TIV1
n (%)
TIV2
n (%)
Numero di soggetti randomizzati 2.721 2.715 183 186
FASE (Full Analysis Set Efficacy) 2.584 (95,0) 2.591 (95,4) NA NA
PPE (Per Protocol analysis set Efficacy) 2.489 (91,5) 2.491 (91,7) NA NA
PPI (Per Protocol analysis for Immunogenicity) 300 (81,7) 308 (84,6) 152 (83,1) 168 (90,3)

Le principali caratteristiche demografiche della popolazione presa in esame sono riassunte in Tabella III.

Tab. III.

Trial GQM05. Principali caratteristiche della popolazione in studio considerata per la valutazione dell’efficacia clinica di VGT (PPE) [11].

VGT
(N = 2.489)
Placebo
(N = 2.491)
Rapporto Maschi/Femmine 1,04 1,10
Età media: mesi (DS) 19,9 (8,37) 19,9 (8,45)
Distribuzione per fasce d’età: n (%)
   • 6-11 mesi
   • 12-23 mesi
   • 24-35 mesi
516 (20,7)
1.072 (43,1)
901 (36,2)
535 (21,5)
1.056 (42,4)
900 (36,1)
Origine etnica: n (%)
   • Bianchi
   • Asiatici
   • Neri o Afroamericani
   • Indiani d’America o Nativi d’Alaska
   • Nativi Hawaiani o di altre isole del Pacifico
   • Origine mista
464 (18,6)
1.459 (58,6)
210 (8,4)
147 (5,9)
0 (0,0)
208 (8,4)
466 (18,7)
1.461 (58,7)
207 (8,3)
155 (6,2)
1 (< 0,1)
200 (8,0)
Non riportato 1 (< 0,1) 1 (< 0,1)
Soggetti con condizioni di rischio: n (%) 28 (1,1) 27 (1,1)

OBIETTIVO PRIMARIO

La sindrome simil-influenzale (Influenza-Like Illness - ILI) era definita da un episodio di febbre ≥ 38 °C (durata almeno 24 ore) in concomitanza con almeno uno dei seguenti sintomi: tosse, congestione nasale, rinorrea, faringite, otite, vomito o diarrea. L’influenza confermata in laboratorio era definita da un risultato positivo alla PCR o alla coltura virale di campioni nasofaringei.

I soggetti che hanno manifestato ILI confermata in laboratorio sono stati in totale 377, 122 (4,71%) nel braccio VGT e 255 (9,84%) nel gruppo Placebo. Tra questi, 26 soggetti (1,01%) nel gruppo VGT e 85 (3,28 %) nel gruppo Placebo hanno avuto una ILI dovuta a un ceppo virale simile a quelli contenuti nel vaccino.

L’efficacia clinica di due dosi di VGT da 0,5 mL in soggetti di età compresa tra 6 e 35 mesi precedentemente non vaccinati per la prevenzione dell’influenza confermata in laboratorio è stata dimostrata per entrambi gli endpoint primari, in quanto il limite inferiore degli IC al 97% per la corrispondente efficacia del vaccino è risultato > 20%.

Come si osserva nella Tabella IV, VGT si è dimostrato efficace nel prevenire dal 52% al 70% circa delle ILI confermate in laboratorio [16].

Tab. IV.

Trial GQM05. Numero di soggetti con ILI, con influenza confermata in laboratorio, causate da qualsiasi ceppo influenzale A o B o da ceppi simili-vaccinali (FASE, Full Analysis Set Efficacy) [16].

QIV
(N = 2489)
Placebo
(N = 2491)
Efficacia
n (%) n (%) % (97% IC)
Sindromi influenzali confermate in laboratorio:
   • da qualsiasi ceppo
   • ceppi simil-vaccinali
122 (4,72)
26 (1,01)
255 (9,84)
85 (3,28)
52,03 (40,24; 61,66)
69,33 (51,93; 81,03)

OBIETTIVI SECONDARI

Gli obiettivi secondari di non-inferiorità e superiorità della risposta anticorpale sono stati valutati in un sottogruppo di soggetti in Europa e America Latina che hanno ricevuto VGT, TIV1 o TIV2 durante la stagione influenzale 2014-2015.

L’analisi di non-inferiorità ha valutato le GMT degli anticorpi contro l’influenza nella coorte di riferimento. L’analisi della superiorità del ceppo aggiuntivo di VGT rispetto a TIV ha confermato la superiore immunogenicità per i ceppi B aggiuntivi. Le GMT sono state calcolate usando il metodo HAI [11].

Tra gli obiettivi secondari è stata inclusa anche la valutazione della sicurezza. Uno degli endpoint era rappresentato dalle reazioni sollecitate, nel sito di iniezione o sistemiche, dopo 7 giorni da qualsiasi iniezione (prima o seconda dose).

L’analisi è stata effettuata su 1.614 soggetti del gruppo VGT, 1.612 del Placebo e 367 del gruppo TIV. L’analisi ha mostrato che i sintomi più comuni sono stati l’irritabilità, il pianto, la perdita di appetito e il dolore, ma in nessun caso si è osservata una differenza significativa tra i gruppi in studio (Tab. V, Figg. 8, 9) [11].

Tab. V.

Trial GQM05. Analisi di sicurezza: reazioni sollecitate, nel sito di iniezione e sistemiche, dopo 7 giorni da qualsiasi iniezione [11].

Sintomo VGT
(% di soggetti)
Placebo
(% di soggetti)
TIV Pooled
(% di soggetti)
Dolore/indolenzimento 26,8 21,6 29,4
Eritema 17,2 12,9 8,9
Indurimento 9,1 4,9 6,7
Ecchimosi 4,2 3,3 4,2
Febbre 20,4 18,2 20,2
Mal di testa 11,9 11,4 10,6
Malessere 26,8 24,5 25,2
Mialgia 11,6 9,3 14,5
Brividi 5,6 7,0 9,9
Vomito 16,1 17,2 17,0
Pianto eccessivo 27,1 29,7 31,9
Sonnolenza 13,9 14,2 19,2
Perdita di appetito 28,9 28,4 27,9
Irritabilità 32,3 33,3 34,9

Fig. 8.

Fig. 8.

Trial GQM05. Analisi di sicurezza: reazioni sollecitate nel sito di iniezione dopo qualsiasi iniezione [11].

Fig. 9.

Fig. 9.

Trial GQM05. Analisi di sicurezza: reazioni sistemiche sollecitate dopo qualsiasi iniezione [11].

Le reazioni sollecitate sono state raccolte fino al giorno 7 dopo ogni iniezione, mentre gli eventi avversi non sollecitati non gravi sono stati raccolti fino al giorno 28 e gli eventi avversi gravi durante tutto il periodo in studio. I dati erano disponibili per 2.718 soggetti del gruppo VGT, 2.711 di quello del Placebo e 367 del gruppo TIV. I risultati mostrano una percentuale di eventi avversi gravi inferiore al 5% per tutti e tre i gruppi in studio, mentre per quanto riguarda gli eventi avversi non gravi, i gruppi VGT e Placebo sono pressoché sovrapponibili con una percentuale di eventi che si aggira intorno al 41% circa, mentre il gruppo TIV mostra una frequenza di eventi pari quasi al 72% (Tab. VI, Fig. 10) [11].

Tab. VI.

Trial GQM05. Analisi di sicurezza: numero di soggetti affetti da eventi avversi [11].

VGT
N (%)
Placebo
N (%)
TIV
N (%)
Eventi avversi gravi 124 (4,56%) 128 (4,72%) 14 (3,81%)
Eventi avversi non gravi 1.117 (41,10%) 1.125 (41,50%) 264 (71,93%)

Fig. 10.

Fig. 10.

Trial GQM05. Analisi di sicurezza: frequenza di eventi avversi [11].

Conclusioni

Il vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra® di Sanofi Pasteur è un vaccino split contenente virus frammentati inattivati appartenenti a 4 ceppi influenzali: 2 sottotipi di virus influenzale A (H1N1 e H3N2) e 2 lineages di virus influenzale B (Victoria e Yamagata).

Negli studi clinici VGT ha dimostrato, in tutte le popolazioni studiate (bambini, adolescenti, adulti e anziani), di indurre una risposta immunologica non inferiore ai vaccini trivalenti verso i ceppi virali in comune, indicando l’assenza di interferenza immunologica a seguito dell’aggiunta di un quarto ceppo virale; è inoltre risultato superiore dal punto di vista immunologico verso il ceppo B non presente nei vaccini trivalenti di confronto, con un profilo di sicurezza simile a quello del vaccino anti-influenzale trivalente.

Inoltre, nella popolazione pediatrica di età compresa tra 6 e 35 mesi VGT si è dimostrato efficace nel prevenire fino al 70% circa delle sindromi influenzali confermate in laboratorio, con un profilo di sicurezza sovrapponibile a quello del TIV.

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CAPITOLO 6: La vaccinazione anti-influenzale con vaccino quadrivalente in Italia: una analisi di costo-utilità nella popolazione pediatrica

C BINI 1, A MARCELLUSI 1,2, A RINALDI 3, FS MENNINI 1,2

Introduzione

L’influenza è un’infezione delle vie respiratorie, causata dal virus dell’influenza, che si manifesta, in funzione dei soggetti colpiti, secondo uno spettro di quadri clinici di gravità crescente, che vanno dall’infezione asintomatica alla polmonite virale primaria, alle complicazioni batteriche che possono anche progredire verso un esito fatale [1].

La vaccinazione annuale è il metodo più efficace per prevenire l’infezione e le sue complicanze. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 [2] riportano, tra gli obiettivi di copertura per la vaccinazione anti-influenzale il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale nei soggetti ultrasessantacinquenni e nei gruppi a rischio, ovvero le persone di tutte le età con alcune patologie di base che aumentano il rischio di complicanze dovute all’influenza [3]. Ad oggi tali obiettivi non sono stati ancora raggiunti e le raccomandazioni per la vaccinazione anti-influenzale nella fascia pediatrica sono rivolte ai soli soggetti a rischio [3].

L’inserimento dei bambini sani di età compresa tra 6 mesi e 24 mesi (o fino a 5 anni) nelle categorie da immunizzare prioritariamente contro l’influenza stagionale è un argomento attualmente oggetto di discussione da parte della comunità scientifica internazionale, soprattutto a causa della mancanza di studi clinici controllati di efficacia [3]. D’altra parte, in alcuni paesi che hanno introdotto la vaccinazione anti-influenzale universale per i bambini risultano già disponibili evidenze dell’impatto favorevole di tale strategia [4-6].

A fronte di questo dibattito, questo capitolo ha l’obiettivo di valutare le possibili conseguenze, in termini economici e di outcome, dell’adozione di una vaccinazione anti-influenzale con vaccino quadrivalente nei bambini, rispetto a una vaccinazione anti-influenzale con vaccino trivalente o rispetto alla non vaccinazione.

L’introduzione del vaccino quadrivalente ha le caratteristiche di avere molteplici vantaggi sia in termini di riduzione dei casi di influenza, delle sue complicanze e della mortalità associata, sia in termini di riduzione del consumo di risorse associate alle ospedalizzazioni, alle visite generali e in Pronto Soccorso dovute a complicazioni causate dall’influenza. Per tener conto di tali effetti sia in termini di efficacia che di costi, è stato sviluppato un modello di costo-efficacia con l’obiettivo di valutare costi ed effetti della vaccinazione anti-influenzale con vaccino quadrivalente nei bambini rispetto ai due scenari di confronto: assenza di vaccinazione e la sola strategia di vaccinazione anti-influenzale con vaccino trivalente.

Metodi

L’analisi è stata incentrata sullo sviluppo di un modello di costo-utilità [7] statico in grado di simulare l’impatto in termini di costo-efficacia della vaccinazione anti-influenzale con vaccino quadrivalente (QIV) nei bambini appartenenti alla classe di età 6 mesi-6 anni rispetto a due strategie alternative:

  1. strategia di vaccinazione anti-influenzale con vaccino trivalente (TIV);

  2. assenza di una strategia di vaccinazione anti-influenzale.

L’approccio costo-utilità permette di stimare l’efficacia della vaccinazione in termini di anni di vita aggiustati per la qualità (Quality Adjusted Life Years - QALYs). Tramite questo indicatore di efficacia è possibile esprimere gli effetti della strategia vaccinale tenendo in considerazione i molteplici end-point di salute che caratterizzano l’influenza sia in termini di anni di vita salvati che di qualità di vita migliorata grazie all’intervento preventivo. Il risultato del confronto tra la vaccinazione anti-influenzale quadrivalente nei bambini con età 6 mesi-6 anni rispetto alla vaccinazione anti-influenzale trivalente e rispetto all’assenza di una strategia di vaccinazione anti-influenzale è stato espresso mediante il rapporto incrementale di costo-efficacia (ICER), dove l’efficacia è stata misurata in termini di anni di vita aggiustati per la qualità (QALYs).

Al fine di raggiungere gli obiettivi dell’analisi è stato sviluppato un modello analitico decisionale in grado di stimare i costi e gli outcomes associati a una stagione influenzale media (dalla stagione influenzale 2010-2011 alla stagione influenzale 2016-2017). I principali outcomes di questa simulazione sono stati caratterizzati dalle visite presso i Pediatri di Famiglia, dagli accessi al Pronto Soccorso, dai ricoveri e dalla mortalità per influenza o sue complicanze.

La popolazione di riferimento analizzata ha riguardato la specifica classe di età 6 mesi-6 anni.

L’analisi di costo-utilità è stata effettuata secondo la prospettiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con un orizzonte temporale di una stagione influenzale. Gli outcomes sono stati scontati a un tasso del 3% annuo come comunemente assunto in analisi di questo genere [7, 8].

PARAMETRI EPIDEMIOLOGICI

La popolazione obiettivo dell’analisi era costituita da bambini con età 6 mesi-6 anni residenti in Italia al 1° gennaio 2017 [9] (pari a 3.607.255 bambini).

La distribuzione del virus influenzale tra i diversi ceppi influenzali (virus dell’influenza A e virus dell’influenza B) per ciascuna stagione influenzale è stata ottenuta mediante i rapporti di sorveglianza virologica prodotti dal sistema italiano di sorveglianza dell’influenza InfluNet [10] (Tab. I). In particolare, con riferimento al virus di tipo B, per le stagioni influenzali 2011-2012 e 2013-2014 i rapporti InfluNet riportavano informazioni limitate al solo lineaggio maggiormente circolante (Victoria o Yamagata) senza ulteriori specifiche sulle percentuali di attribuzione. In queste stagioni, il modello ha ipotizzato che il 99% dei virus risultassero appartenenti al lineaggio di tipo B predominante in quella stagione influenzale. Con riferimento ai ceppi del virus A (H1N1 e H3N2), la percentuale non sottotipizzabile è stata redistribuita in modo proporzionale tra i due ceppi.

Tab. I.

Distribuzione del virus influenzale tra le stagioni considerate nello studio.

Stagione influenzale % tipo B % Yamagata % Victoria % tipo A % H1N1 % H3N2 Lineaggio di tipo B incluso nel vaccino
2010-2011 28% 6% 94% 72% 97% 3% Victoria
2011-2012 4% 99% 1% 97% 0.2% 100% Victoria
2012-2013 58% 98% 2% 42% 86% 14% Yamagata
2013-2014 3% 99% 1% 97% 38% 62% Yamagata
2014-2015 16% 97% 3% 84% 56% 44% Yamagata
2015-2016 57% 5% 95% 43% 38% 62% Yamagata
2016-2017 5% 96% 4% 95% 1% 99% Victoria

La stima relativa alla speranza di vita è stata ottenuta mediante le tavole di mortalità della popolazione residente in Italia per l’anno 2016 [11] ponderando la speranza di vita associata a ciascuna età per la popolazione residente al 1° gennaio 2017 dei bambini con età 6 mesi-6 anni [9]. La stima relativa all’utilità è stata ottenuta dal lavoro di Scalone et al. [12] che ha misurato la qualità della vita nella popolazione generale italiana utilizzando la versione dell’EQ-5D-5L (Tab. II). L’utilità appartenente alla classe 6 mesi-6 anni è stata stimata mediante una media delle utilità associate alla popolazione maschile e alla popolazione femminile appartenenti alla classe 18-35 anni nel lavoro di Scalone et al. ponderata per la popolazione residente dei bambini appartenenti alla classe di età 6 mesi - 6 anni.

Tab. II.

Parametri riferiti ai bambini con età 6 mesi-6 anni utilizzati nel modello di costo-utilità (caso-base).

Parametro Stima Fonte
Speranza di vita 79,87 [9, 11]
Utilità 0,95 [9, 12]
Disutilità 0,0146 [13]
Copertura vaccinale 2,54% [9, 14]
Probabilità di richiedere un consulto medico 70% Assunzione da [15]
Probabilità di effettuare una visita pediatrica dopo aver chiesto un consulto medico 99,3% [16]

Non avendo specifici dati nazionali in merito alle disutilità (perdita di qualità di vita) a causa dell’influenza, è stato assunto che tale valore per la classe di età 6 mesi-6 anni sia paragonabile a quanto stimato in letteratura per il contesto canadese [13] (Tab. II).

Con riferimento alla copertura vaccinale, al fine di catturarne la variabilità tra le diverse stagioni influenzali considerate nel modello, l’analisi ha considerato il valore medio delle coperture vaccinali riportate dal Ministero della Salute dalla stagione influenzale 2010-2011 alla stagione influenzale 2016-2017 [14], ponderato per la popolazione residente dei bambini con età 6 mesi-6 anni (Tab. II).

Il modello assume che non tutti i bambini che incorrono in un’influenza ricorreranno a un consulto medico. Questo potrebbe voler dire che non tutti i casi di influenza debbano necessariamente comportare dei costi a carico del SSN. Uno studio osservazionale, condotto su un campione di popolazione lavorativa in Italia [15], stimò in circa il 60% la probabilità di richiedere un consulto medico a seguito di influenza. Nella nostra analisi, vista la maggiore propensione a richiedere un consulto medico (pediatra di famiglia) da parte dei genitori di bambini 6 mesi - 6 anni, si è assunto che tale probabilità potesse essere pari al 70% (assunzione validata dagli esperti coinvolti nel documento di HTA). I casi di influenza confermata che richiedevano consulto medico sono stati stimati attraverso il sistema di sorveglianza epidemiologica e virologica (Influnet). La sorveglianza epidemiologica registra i casi di “sindrome simil-influenzale” (Influenza-Like Illness - ILI) segnalati in Italia da parte di un campione di medici sentinella [17]. I casi di ILI ottenuti mediante i rapporti stagionali di sorveglianza epidemiologica dell’influenza sono stati corretti per la percentuale di casi di influenza confermata in laboratorio (sorveglianza virologica). Per la stima delle visite presso il pediatra di famiglia, il modello assume che il 99,3% dei casi che richiedevano un consulto medico effettua una visita pediatrica [16] (Tab. II). In Tabella III sono riportati gli outcomes utilizzati nel modello.

Tab. III.

Tassi di outcome per influenza confermata in laboratorio nei bambini con età 6 mesi-6 anni per stagione influenzale.

2010-2011 2011-2012 2012-2013 2013-2014 2014-2015 2015-2016 2016-2017
Casi di influenza confermata (x100.000) riferiti dal sistema Influnet 8.313,14 8.417,46 10.303,91 4.880,64 9.344,07 6.121,09 6.637,77
Tasso di accesso al pronto soccorso
(x 100.000)
1.013,90 1.013,90 1.013,90 1.013,90 1.013,90 1.013,90 1.013,90
Tasso di ospedalizzazione
(x 100.000)
49,40 16,00 67,00 47,30 57,30 42,50 40,80
Tasso di mortalità
(x 100.000)
0,23 0,23 0,23 0,23 0,23 0,23 0,23

Non essendo disponibili dati specifici per stagione influenzale a livello nazionale circa gli accessi al Pronto Soccorso, le ospedalizzazioni e la mortalità per influenza, tali outcomes sono stati stimati mediante quanto riportato dalla letteratura internazionale. Per gli accessi al Pronto Soccorso sono stati considerati i tassi di accesso per influenza confermata in laboratorio per classe di età riportati nel lavoro di Muscatello et al. [18]. Il tasso medio annuo di accesso al Pronto Soccorso per tutte le cause riferite a influenza ottenuto dallo studio australiano per il periodo dal 2010 al 2014, in assenza di dati specifici, è stato considerato costante tra le stagioni influenzali considerate. I tassi di ospedalizzazione sono stati ottenuti dal sistema di sorveglianza dell’influenza del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) FluView (https://gis.cdc.gov/GRASP/Fluview/FluHospRates.html), il quale riporta gli specifici tassi di ospedalizzazione per influenza confermata in laboratorio per stagione influenzale e classe di età. Infine, il tasso di mortalità per influenza è stato ottenuto dal lavoro di Shang et al. [19], all’interno del quale sono stati stimati i tassi di mortalità medi annui per influenza confermata in laboratorio nei bambini < 18 anni per classe di età dalla stagione influenzale 2010-2011 alla stagione influenzale 2015-2016 negli Stati Uniti.

I tassi di outcome, disponibili dalle fonti ufficiali per il periodo di interesse, riflettevano l’occorrenza degli outcomes associati all’influenza nella popolazione pediatrica, ovvero la popolazione parzialmente vaccinata con TIV. Per ricavare i tassi che sarebbero stati osservati in assenza di vaccinazione, i tassi disponibili sono stati aggiustati in relazione alla copertura vaccinale osservata nel periodo di interesse e in relazione all’efficacia del vaccino; in questo modo il tasso di outcome risulterà più alto nella popolazione non vaccinata rispetto alla popolazione parzialmente vaccinata con TIV.

EFFICACIA

Il modello ha considerato le stime di efficacia del vaccino trivalente riportate nell’analisi di costo-efficacia condotta da Clements et al. [20] sia per l’efficacia rispetto al virus di tipo A [21] sia per l’efficacia rispetto al lineaggio del virus di tipo B contenuto nel vaccino trivalente (match). In particolare, con riferimento all’efficacia vaccinale rispetto al match di tipo B, l’analisi di Clements et al. ottiene le stime di efficacia per la popolazione pediatrica, mancanti in letteratura, mediante un’estrapolazione dalle stime riferite alla classe di età adulta [22] ipotizzando che l’efficacia vaccinale sia ridotta nei bambini.

In relazione al virus di tipo A, il modello assume che l’efficacia vaccinale sia la stessa per entrambi i ceppi (A/H1N1 e A/H2N3) e pari al 59% sia per il vaccino trivalente che per il vaccino quadrivalente [20].

Il livello di match considerato nel modello, ovvero la proporzione dei casi di influenza causati dal lineaggio del virus di tipo B incluso nel vaccino trivalente, è stato ottenuto come media dei livelli di match registrati per ciascuna stagione influenzale considerata nel modello ed è risultato pari al 56,9%.

Il modello assume un’efficacia del vaccino trivalente rispetto al match di tipo B pari al 66% [20], mentre, poiché i dati della letteratura disponibile non evidenziano cross-protection nel mismatch [23-25], considera un’efficacia pari a zero rispetto al mismatch di tipo B.

L’efficacia totale del vaccino trivalente rispetto al virus influenzale di tipo B è stata calcolata come media ponderata dell’efficacia rispetto ai casi in cui vi sia corrispondenza tra il lineaggio di tipo B incluso nel vaccino trivalente e il lineaggio circolante (match) e dell’efficacia rispetto ai casi in cui non vi sia tale corrispondenza (mismatch). La formula che ne riassume il calcolo è la seguente:

graphic file with name jpmh-2018-s01-e1-e001.jpg

Inline graphic rappresenta il livello di match percentuale (ottenuto come media dei livelli di match registrati per ciascuna stagione influenzale considerata nel modello);

Inline graphic rappresenta l’efficacia rispetto al match del lineaggio di tipo B;

Inline graphic rappresenta l’efficacia rispetto al mismatch del lineaggio di tipo B (assunto pari a 0 nell’analisi di caso-base).

L’efficacia del vaccino quadrivalente rispetto al virus B è stata considerata del 66% con un match pari al 100%.

PARAMETRI DI COSTO

Il prezzo del vaccino è soggetto a una alta variabilità all’interno del territorio nazionale in funzione delle gare regionali che ne determinano il prezzo. Per questa analisi si è assunto un prezzo pari a € 2,11 per il vaccino trivalente e un prezzo pari a € 5,79 per il vaccino quadrivalente.

Poiché la gestione della vaccinazione anti-influenzale non risulta uniforme tra le varie regioni italiane (in alcune regioni vaccinano i Pediatri di Famiglia mentre in altre regioni i centri vaccinali) e considerando il fatto che il costo di somministrazione del vaccino anti-influenzale si basa su accordi regionali, tale costo è stato calcolato come media semplice tra il valore massimo (circa € 15 se effettuata dal Pediatra di Famiglia) e il valore minimo (circa € 6 se effettuata dal centro vaccinale) del costo che si ipotizza essere associato alla somministrazione del vaccino anti-influenzale in Italia, per una stima pari a € 10. Infine, per la stima del costo della vaccinazione, il modello assume che il 17% dei soggetti vaccinati sia alla prima vaccinazione anti-influenzale e che, come previsto da scheda tecnica, il bambino effettuerà due dosi sia nello scenario con TIV sia per lo scenario QIV.

Per la visita presso il Pediatra di Famiglia è stato assunto un costo pari a € 20,66 derivante dal nomenclatore tariffario per visita specialistica [26].

Il costo di ospedalizzazione per complicazioni causate dal virus influenzale è risultato pari a € 3.056,27 ed è stato calcolato considerando le tariffe nazionali delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti per le complicazioni riportate nella Tabella IV e ipotizzando che il 90,77% dei ricoveri per complicazioni da influenza sia causato da complicazioni di tipo respiratorio e il 9,33% alle complicanze non correlate al tratto respiratorio [27].

Tab. IV.

Costo di ospedalizzazione delle complicazioni causate dal virus influenzale.

Complicazione Descrizione Costo Fonte
Bronchite DRG n° 98: Bronchite e asma, età < 18 anni € 1.538 [31]
Polmonite DRG n° 91: Polmonite semplice e pleurite, età < 18 anni € 1.948 [31]
Infezione del tratto respiratorio superiore DRG n° 81: Infezioni e infiammazioni respiratorie, età < 18 anni € 5.768 [31]
Altre complicazioni non correlate al tratto respiratorio Ricovero età < 18 anni € 2.777 [27]

Il costo associato all’accesso al Pronto Soccorso è stato ottenuto dal Progetto Mattoni condotto dal Ministero della Salute [28], il quale ha stimato il costo di accesso al Pronto Soccorso sulla base dei costi relativi al triennio 2000-2003. Il costo riferito al triennio è stato attualizzato al 2017 considerando come base il 2003 [29] ed è risultato pari a € 296,25.

Per quanto riguarda i farmaci, sono stati considerati il costo della terapia antibiotica e il costo della terapia antivirale (Tab. V). Il modello ha ipotizzato una probabilità di prescrizione della terapia antibiotica per influenza pari al 43% [30] e una probabilità di prescrizione della terapia antivirale per influenza pari a 0,17% [27]. Il costo finale delle terapie è stato ottenuto moltiplicando il costo iniziale delle terapie, attualizzato al 2017, per la probabilità di ricevere la terapia per tutti i casi di influenza confermati in laboratorio.

Tab. V.

Costo unitario delle terapie farmacologiche per i pazienti con influenza.

Terapia Costo Fonte
Terapia antibiotica (< 18 anni) € 4,07 [30] Attualizzato al 2017
Terapia antivirale (< 5 anni) € 17,46 [32] Attualizzato al 2017
Terapia antivirale (≥ 5 anni) € 38,85 [32] Attualizzato al 2017

ANALISI DI SENSIBILITÀ

Al fine di considerare la variabilità intrinseca dei dati utilizzati nel modello, sono state condotte un’analisi di sensitività deterministica (DSA) e un’analisi di sensitività probabilistica (PSA).

La DSA prevede un approccio deterministico a una via in cui i risultati del modello sono ottenuti facendo variare un parametro del modello alla volta in funzione della variabilità riscontrata in letteratura o assunta dagli autori. In questo caso per ciascun parametro si è assunta una variazione pari al 25%, fatta eccezione per alcuni parametri:

  • tasso di sconto degli outcomes: Min = 0%, Max = 5%;

  • coperture vaccinali: Min = caso-base, Max = 40%;

  • probabilità di richiedere un consulto medico a seguito di influenza: Min = 60%, Max = 80%;

  • livello di match tra il lineaggio di tipo B incluso nel vaccino e il lineaggio dominante in circolazione: Min = 20%, Max = 80%;

  • efficacia del vaccino rispetto al virus di tipo A (CI95%: 41-71%) e rispetto al match di tipo B (CI95%: 12-94%): sono stati assunti come valori di minimo e massimo le stime dell’intervallo di confidenza riportato nel lavoro di Clements et al. [20];

  • livello di cross-protection: Min = caso-base, Max = 10%;

La seconda analisi è stata condotta secondo un approccio probabilistico (Probabilistic Sensitivity Analysis - PSA), quindi facendo variare tutti i parametri contemporaneamente, ciascuno secondo una determinata distribuzione di probabilità. Sono state condotte 1.000 simulazioni Monte Carlo al fine di generare la curva di costo-efficacia (Cost Effectiveness Acceptability Curve - CEAC) per il vaccino quadrivalente, la quale esprime la probabilità di costo-efficacia del vaccino quadrivalente (rispetto al TIV o alla non vaccinazione) in base alla disponibilità a pagare del SSN.

Risultati

RISULTATI EPIDEMIOLOGICI

La Tabella VI riporta i principali risultati epidemiologici stimati dal modello ed effettua un confronto tra quanto si verificherebbe in termini di eventi correlati all’influenza nel caso di una strategia vaccinale con il vaccino quadrivalente rispetto al vaccino trivalente e rispetto alla non-vaccinazione (sulla base di 91.787 soggetti vaccinati su 3.607.255 residenti in Italia al 2017).

Tab. VI.

Eventi evitati con una vaccinazione anti-influenzale quadrivalente nei bambini con età 6 mesi-6 anni.

QIV vs TIV Nessuna consultazione medica Consultazioni mediche Accessi al pronto soccorso Casi di influenza Ospedalizzazioni Morti Life years guadagnati QALYs guadagnati
6 mesi-6 anni 255 530 65 850 3 0 0,5 12,8
QIV vs no-vaccinazione Nessuna consultazione medica Consultazioni mediche Accessi al pronto soccorso Casi di influenza Ospedalizzazioni Morti Life years guadagnati QALYs guadagnati
6 mesi-6 anni 2.117 4.367 573 7.057 26 0 4,2 107,0

Una strategia di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente rispetto a quella trivalente permetterebbe di evitare 850 casi di influenza (di cui 255 non ricorreranno a visite), 530 consultazioni mediche, 65 accessi al pronto soccorso e 3 ospedalizzazioni; tali riduzioni si tradurrebbero in un guadagno pari a 12,8 QALYs. Allo stesso tempo, una strategia di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente rispetto alla non-vaccinazione permetterebbe di evitare 7.057 casi di influenza (di cui 2.117 non ricorreranno a visite), 4.367 consultazioni mediche, 573 accessi al Pronto Soccorso e 26 ospedalizzazioni; tali riduzioni si tradurrebbero in un guadagno pari a 107 QALYs.

RISULTATI DI COSTO-EFFICACIA

La Tabella VII riporta i potenziali risparmi che si potrebbero ottenere, in relazione ai principali outcomes considerati nel modello, secondo una strategia di vaccinazione con il vaccino quadrivalente. In particolare, l’introduzione del vaccino quadrivalente potrebbe generare una riduzione di spesa in termini di accessi al Pronto Soccorso pari a € 19.306 rispetto al vaccino trivalente e pari a € 169.666 rispetto all’assenza di vaccinazione anti-influenzale, mentre in termini di consultazioni mediche potrebbe generare una riduzione di spesa rispettivamente pari a € 10.874 (vs TIV) e pari a € 89.589 (vs no vaccinazione).

Tab. VII.

Costi evitati con una vaccinazione anti-influenzale quadrivalente nei bambini con età 6 mesi-6 anni.

QIV vs TIV Consultazioni mediche Accessi al pronto soccorso Ospedalizzazioni Prescrizione farmaci
6 mesi-6 anni € 10.874 € 19.306 € 10.381 € 948
QIV vs no-vaccinazione Consultazioni mediche Accessi al pronto soccorso Ospedalizzazioni Prescrizione farmaci
6 mesi-6 anni € 89.589 € 169.666 € 79.320 € 7.814

Con riferimento all’analisi di costo-utilità effettuata sul vaccino quadrivalente rispetto al vaccino trivalente il modello ha stimato un ICER pari a € 27.538/QALY (Tab. VIII), mentre nell’analisi volta al confronto del vaccino quadrivalente rispetto all’assenza di vaccinazione, il modello ha stimato un ICER pari a € 21.194/QALY (Tab. IX).

Tab. VIII.

ICER QIV vs TIV.

6 mesi-6 anni Costo vaccino Altri costi diretti QALYs lost Costi incrementali QALYs incrementali ICER
TIV € 2.218.375 € 22.088.558 6.821,1
QIV € 2.613.574 € 22.047.049 6.808,3 € 353.689 12,8 € 27.538

Tab. IX.

ICER QIV vs no-vaccinazione.

6 mesi-6 anni Costo vaccino Altri costi diretti QALYs lost Costi incrementali QALYs incrementali ICER
No-vaccinazione € 0 € 22.393.438 6.915,3
QIV € 2.613.574 € 22.047.049 6.808,3 € 2.267.185 107,0 € 21.194

L’analisi deterministica condotta considerando come caso base l’ICER ottenuto dal confronto tra QIV e TIV (Fig. 1) ha mostrato come i risultati stimati dal modello siano molto sensibili rispetto all’efficacia del vaccino per lo specifico virus di tipo B (Min = € 167.336; Max = € 18.284) e alla percentuale di match (Min = € 13.466; Max = € 62.882); considerando come caso base l’ICER stimato dal modello e relativo al confronto tra QIV e l’assenza di vaccinazione, la Figura 2 mostra come i risultati siano molto sensibili rispetto all’efficacia del vaccino rispetto al virus di tipo A (Min = € 28.186; Max = € 18.016) e B (Min = € 28.411; Max = € 18.583), alla stima relativa alla disutilità dell’influenza (Min = € 27.915; Max = € 17.081) e rispetto al tasso di consultazione medica (Min = € 27.214; Max = € 17.287).

Fig. 1.

Fig. 1.

Analisi di sensitività deterministica QIV vs TIV- grafico tornado.

Fig. 2.

Fig. 2.

Analisi deterministica QIV vs no-vaccinazione - grafico tornado.

Le curve di accettabilità di costo-efficacia ottenute mediante 1.000 simulazioni Monte Carlo mostrano come, con una disponibilità a pagare per QALY guadagnato pari a € 35.000, la probabilità che il vaccino quadrivalente sia costo-efficace rispetto al vaccino trivalente è pari al 60% (Fig. 3), mentre la probabilità che il vaccino quadrivalente sia costo-efficace rispetto all’assenza di vaccinazione risulta > 88% (Fig. 4).

Fig. 3.

Fig. 3.

Cost-Effectiveness Acceptability Curve - QIV vs TIV.

Fig. 4.

Fig. 4.

Cost-Effectiveness Acceptability Curve - QIV vs no-vaccinazione.

Discussione

Il modello ha dimostrato come una strategia di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente nei bambini con età 6 mesi-6 anni possa generare un miglioramento della qualità di vita nei bambini e delle loro famiglie. Tali guadagni si traducono in consistenti vantaggi economici in termini di assistenza sanitaria. Il modello ha infatti dimostrato come l’introduzione del vaccino quadrivalente potrebbe generare una consistente riduzione della spesa in termini di accessi al Pronto Soccorso, visite specialistiche e ospedalizzazioni.

L’investimento iniziale per il vaccino innovativo rappresenta una spesa altamente costo-efficace sia nel confronto con il vaccino trivalente sia rispetto all’assenza di vaccinazione mostrando livelli di ICER al di sotto dei livelli di disponibilità a pagare comunemente accettati in Italia (€ 30.000/QALY) [8]. Interessante osservare come all’incremento della copertura vaccinale (40%), a fronte dello stesso valore di ICER pari a € 27.538/QALY per il vaccino quadrivalente rispetto al trivalente e pari a € 21.194/QALY per il vaccino quadrivalente rispetto all’assenza di vaccinazione, il numero di eventi evitati potrebbe aumentare notevolmente (13.367 casi di influenza, 8.332 consultazioni mediche, 4.010 non consultazioni mediche, 1.024 accessi al pronto soccorso e 53 ospedalizzazioni per QIV vs TIV e 110.931 casi di influenza, 68.649 consultazioni mediche, 33.279 non consultazioni mediche, 9.003 accessi al pronto soccorso, 408 ospedalizzazioni e 2 morti per QIV vs nessuna vaccinazione), generando un guadagno rispettivamente pari a 201,9 QALYs e pari a 1.681,6 QALYs.

Come tutti i modelli di questo genere, il presente studio non è esente da limiti. In primo luogo, le stime ottenute dalla letteratura o dai principali istituti di ricerca con riferimento ai parametri epidemiologici sono state adattate rispetto alla classe di età considerata nel modello. Tali adattamenti potrebbero generare delle leggere distorsioni sulle stime degli outcomes. In particolare, le stime associate ai QALYs persi (disutilità per influenza) e al tasso di consultazione medica per stagione influenzale si riferivano alla classe di età 0-4 anni [13, 17], quindi per riadattare tali stime alla classe di età considerata nell’analisi, il modello ha ipotizzato che la classe di età 5-6 anni potesse essere assimilabile alla classe di età 6 mesi-4 anni e questa assunzione è stata validata da un team di clinici esperti.

In secondo luogo, non avendo specifici dati nazionali riguardanti la stima dei QALYs persi a causa dell’influenza, il tasso di mortalità, il tasso di ospedalizzazione e il tasso di accesso al Pronto Soccorso, nel modello è stata effettuata l’assunzione per cui le stime associate a tali parametri potessero risultare paragonabili a quanto accade nel contesto internazionale. Anche in questo caso, il team di esperti clinici ha supportato tale assunzione e mediante l’analisi di sensitività a una via è stato possibile osservare le potenziali variazioni che si potrebbero verificare in termini di ICER al variare di tali parametri.

Un terzo limite riguarda il tasso di accesso al Pronto Soccorso, in quanto, data la scarsità delle informazioni presenti in letteratura, è stato ottenuto dal lavoro australiano di Muscatello et al. [18] il quale stima tali tassi per classe di età con riferimento al periodo dal 2010 al 2014. Il modello ha ipotizzato che tale tasso potesse mantenersi costante durante le stagioni influenzali considerate; tuttavia, l’analisi di sensitività a una via non ha mostrato una forte sensibilità da parte dei risultati stimati in corrispondenza di questo parametro.

Conclusioni

In conclusione, l’analisi di costo-utilità ha dimostrato come l’utilizzo di un programma di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente nei bambini con età 6 mesi-6 anni possa tradursi in un aumento della qualità della vita e in un investimento costo-efficace dal punto di vista del SSN.

La maggiore efficienza della vaccinazione potrebbe portare a maggiore fiducia nei confronti della vaccinazione contro l’influenza, e questo potrà incidere sulla copertura vaccinale che, per il momento, resta lontana dall’obiettivo del 75% fissato dall’Europa e dal Ministero della Salute italiano.

Bibliografia

J Prev Med Hyg. 2018 May 30;59(1 Suppl 1):E58–E65.

CAPITOLO 7: Strategie di vaccinazione anti-influenzale nei bambini

S BOCCALINI 1, G SARTOR 2, M INNOCENTI 2, F MANZI 2, A BECHINI 1, P BONANNI 1

Le strategie di vaccinazione anti-influenzale in Italia

PIANO NAZIONALE PER LA PREVENZIONE VACCINALE 2017-2019

Nel Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (PNPV 2017-2019) [1] viene indicato che l’obiettivo principale della vaccinazione anti-influenzale è la prevenzione delle forme gravi di influenza nelle categorie di soggetti a maggiore rischio di sviluppare complicazioni. Pertanto, viene sottolineata l’importanza di offrire la vaccinazione anti-influenzale ai soggetti di età pari o superiore ai 65 anni e a quelli appartenenti alle categorie a maggiore rischio per condizione patologica. La vaccinazione è quindi raccomandata a tutti i soggetti oltre i sei mesi di vita con alcune condizioni patologiche, quali:

  • le malattie croniche dell’apparato respiratorio incluse l’asma di grado severo, le displasie polmonari, la fibrosi cistica e la BPCO;

  • le malattie dell’apparato cardio-circolatorio incluse le cardiopatie congenite e acquisite;

  • le malattie metaboliche quali diabete mellito o obesità con BMI > 30 e gravi patologie associate;

  • le patologie neoplastiche;

  • l’insufficienza renale/surrenalica cronica;

  • le malattie epatiche croniche;

  • le malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinale;

  • le malattie ematologiche ed emoglobinopatie;

  • le immunodeficienze congenite o acquisite compresa l’infezione da HIV e le forme di immunodepressione iatrogena da farmaci;

  • le patologie per le quali sono programmati interventi di chirurgia maggiore;

  • le patologie associate a un incrementato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie quali le malattie neuromuscolari;

  • l’asplenia;

  • la terapia a lungo termine con acido acetilsalicilico a rischio di sviluppare sindrome di Reye in caso di sopraggiunta infezione influenzale.

La vaccinazione anti-influenzale è inoltre raccomandata per le donne in gravidanza durante il secondo o terzo trimestre di gestazione, e per particolari categorie di lavoratori (operatori sanitari, soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo, lavoratori a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani), come riportato nelle Circolari annuali per la prevenzione e il controllo dell’influenza stagionale.

Per i soggetti ultrasessantacinquenni e per i gruppi a rischio è previsto, come obiettivo minimo perseguibile, il raggiungimento di coperture vaccinali del 75%, e, come obiettivo ottimale, il 95%.

Nel PNPV 2017-2019 non viene raccomandata la vaccinazione anti-influenzale per i bambini non a rischio per patologia.

CIRCOLARI MINISTERIALI PER LA PREVENZIONE E CONTROLLO DELL’INFLUENZA: RACCOMANDAZIONI PER LA STAGIONE INFLUENZALE

Ogni anno il Ministero della Salute predispone una Circolare contenente le indicazioni per la prevenzione e il controllo dell’influenza stagionale. Questo documento, oltre a riportare le valutazioni sulla sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza per la stagione precedente, fornisce informazioni sulla composizione dei vaccini disponibili e indicazioni di somministrazione. Inoltre, la Circolare individua le categorie di persone a cui è raccomandata la vaccinazione. In tali Circolari, è indicato che il vaccino anti-influenzale stagionale deve essere offerto “alle persone di età pari o superiore a 65 anni, nonché alle persone di tutte le età con alcune patologie di base che aumentano il rischio di complicanze in corso di influenza” per ridurre il rischio individuale di malattia, ospedalizzazione e morte, e i costi sociali a causa della morbosità e mortalità dell’influenza.

La vaccinazione anti-influenzale è inoltre raccomandata per particolari categorie di persone (donne in gravidanza, operatori sanitari, soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo, lavoratori a contatto con animali, ...) [2]. Per queste categorie sono previsti livelli minimi e ottimali di copertura vaccinale già indicati nel PNPV 2017-2019 [1].

Nelle Circolari fino a ora predisposte, la vaccinazione anti-influenzale è raccomandata per i bambini di età superiore ai 6 mesi solo se a rischio per presenza di co-morbosità.

Tuttavia, dalla Circolare per la stagione influenzale 2007-2008 [3], la possibile adozione di una vaccinazione universale anti-influenzale dei bambini è stata presa in considerazione (Fig. 1).

Fig. 1.

Fig. 1.

La vaccinazione anti-influenzale per i bambini non a rischio, Circolare del Ministero della Salute, raccomandazioni per la stagione 2007-2008 [3].

Questa valutazione relativa alla possibile adozione di una vaccinazione universale anti-influenzale di tutti i bambini è stata ripetuta nelle Circolari successive. Il razionale di questa non raccomandazione è indicato nella “mancanza di studi clinici controllati di efficacia”.

Tuttavia, negli anni, oltre agli Stati Uniti, altre Nazioni (Canada, Gran Bretagna, Finlandia, Ungheria e Malta) hanno iniziato a raccomandare la vaccinazione universale anti-influenzale pediatrica, così come indicato nella Circolare per la stagione 2015-2016 [4], e ripetuto poi nelle Circolari successive per le stagioni 2016-2017 [5] e 2017-2018 [2]. In particolare, in questi tre ultimi documenti, viene riportato l’impatto di questa strategia di vaccinazione nelle Nazioni che la hanno adottata. Tuttavia, viene sottolineato che i dati non sono conclusivi e sono necessari ulteriori studi (Fig. 2).

Fig. 2.

Fig. 2.

La vaccinazione anti-influenzale per i bambini non a rischio, Circolare del Ministero della Salute, raccomandazioni per la stagione 2015-2016 [4].

Un aspetto di rilevante interesse è che, nonostante la vaccinazione universale dei bambini non venga raccomandata in queste Circolari, viene comunque lasciata al pediatra la scelta di vaccinare i bambini di età superiore ai 6 mesi non appartenenti ai gruppi a rischio, seguendo le stesse indicazioni di somministrazione (tipo di vaccino, dosaggio e numero delle dosi) previste per i bambini a rischio.

La Circolare per la stagione 2017-2018 [2], come quelle precedenti, specifica quali vaccini sono indicati, il numero di dosi e il dosaggio per ogni fascia di età (Fig. 3). Tali raccomandazioni, tuttavia, sono formulate in base alle indicazioni riportate sul Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di ciascun vaccino anti-influenzale registrato, ma non in base alle indicazioni di appropriatezza di utilizzo, che stanno diventando sempre più evidenti in base alla letteratura scientifica disponibile [6].

Fig. 3.

Fig. 3.

Indicazioni di utilizzo dei vaccini anti-influenzali secondo la fascia di età, Circolare del Ministero della Salute, raccomandazioni per la stagione 2017-2018 [2].

Calendario Vaccinale per la Vita 2016

Nella terza edizione del Calendario Vaccinale per la Vita (2016) [7], ovvero il calendario vaccinale elaborato dalla Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e dalla Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG), viene proposto di considerare l’influenza un problema di Sanità Pubblica e non una malattia pericolosa solo per alcune categorie di soggetti a maggior rischio di sviluppare complicanze. Tale suggerimento scaturisce dalla constatazione che negli ultimi anni in Italia è stato registrato un andamento decrescente delle coperture vaccinali anti-influenzali con valori molto lontani da quelli previsti dagli obiettivi minimi (75%) e ottimali (95%) fissati [8, 9].

Per contrastare questa situazione sono suggerite diverse misure di intervento, tra cui l’aumento delle coperture vaccinali contro l’influenza nel personale sanitario e nelle donne in gravidanza e l’abbassamento della raccomandazione della vaccinazione per la popolazione generale a 50 anni d’età. Inoltre, in questo documento, anche i bambini vengono considerati come possibile target di interesse della vaccinazione, nonostante il fatto che per il Servizio Sanitario Nazionale il disease burden dell’influenza (in termini di complicanze, ospedalizzazioni e decessi) sia principalmente adducibile ai casi registrati nei soggetti anziani. In particolare, come riportato nel Calendario Vaccinale per la Vita 2016, i bambini dovrebbero essere vaccinati contro l’influenza per i seguenti motivi:

  • il bambino da 0 a 4 anni si ammala d’influenza circa 10 volte più di frequente dell’anziano e circa 5 volte più dell’adulto;

  • il bambino da 5 a 14 anni si ammala d’influenza circa 8 volte più di frequente dell’anziano e circa 4 volte più dell’adulto;

  • i bambini rappresentano i principali soggetti responsabili della trasmissione dell’influenza nella popolazione;

  • l’ospedalizzazione per influenza del bambino sotto i 2 anni avviene con le stesse proporzioni del paziente anziano.

Per queste valutazioni i bambini dai 6 mesi ai 6 anni di età dovrebbero essere considerati una fascia a rischio a cui offrire annualmente la vaccinazione universale.

In questo documento, per i bambini dai 6 mesi ai 3 anni di età è raccomandato il vaccino anti-influenzale a sub-unità oppure quello split trivalente, mentre sopra i 3 anni è consigliato il vaccino split quadrivalente.

Così come indicato nelle ultime Circolari ministeriali per il controllo e la prevenzione dell’influenza, anche nel Calendario Vaccinale per la Vita 2016 vengono menzionate le Nazioni in cui la vaccinazione universale contro l’influenza è già stata introdotta in età pediatrica. In particolare, in base a quanto riportato in questo documento, sette Nazioni in Europa (Austria, Finlandia, Lituania, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia) raccomandano la vaccinazione universale contro l’influenza nel bambino nei primi anni di vita mentre la Gran Bretagna dal 2013 ha iniziato a vaccinare i bambini sani di 2-3 anni con il vaccino anti-influenzale vivo attenuato (LAIV) intra-nasale (non disponibile in Italia). Infine, negli Stati Uniti la vaccinazione, prima incoraggiata nei bambini più piccoli, è stata poi estesa a fasce di età sempre maggiori. Di particolare rilievo nelle indicazioni fornite dal Calendario Vaccinale per la Vita 2016, è la constatazione che la vaccinazione in età scolare in Giappone ha determinato indirettamente la riduzione dell’extra-mortalità nei soggetti anziani per cause respiratorie durante la stagione influenzale.

Questi documenti non tengono conto che recentemente i due vaccini quadrivalenti disponibili (Vaxigrip Tetra® e Fluarix Tetra®) hanno ottenuto a livello europeo l’estensione delle indicazioni a partire dai 6 mesi di età. A marzo 2018 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha recepito l’estensione anche a livello italiano per Vaxigrip Tetra® e, pertanto, sarà disponibile per la prossima stagione influenzale 2018-2019.

Le strategie di vaccinazione anti-influenzale nel mondo

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda la vaccinazione anti-influenzale in:

  • soggetti con elevato rischio di sviluppare complicanze, quali le donne in gravidanza, i bambini con età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni, gli adulti con età maggiore di 65 anni, gli individui con patologie croniche (patologie respiratorie croniche, malattie cardiache, obesità patologica e stato immunitario compromesso);

  • soggetti a elevato rischio di esposizione o contatti di soggetti a elevato rischio di sviluppare complicanze, ovvero gli operatori sanitari.

In particolare, i bambini hanno un notevole impatto di malattia associato all’influenza, con tassi più alti di visite mediche, ospedalizzazioni e decessi rispetto agli adulti non anziani. Tra questi, i bambini con età inferiore ai 2 anni sono considerati un target prioritario per la vaccinazione, in quanto hanno un elevato rischio di sviluppare un’influenza severa (con maggiori complicanze e ospedalizzazioni). I bambini con età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni hanno un elevato disease burden associato all’influenza, ma inferiore a quello dei bambini più piccoli. I bambini con età inferiore ai 6 mesi, invece, pur rappresentando una classe a rischio, non sono eleggibili per la vaccinazione, ma possono essere protetti con l’immunizzazione materna e con la vaccinazione dei contatti stretti [10].

Per molti anni, l’OMS ha raccomandato l’utilizzo del vaccino anti-influenzale. A partire dalla stagione influenzale 2013-2014 dell’emisfero settentrionale, ha raccomandato l’utilizzo dei vaccini quadrivalenti per fornire una protezione più ampia contro le infezioni da virus dell’influenza B [11].

EUROPA

In Austria, Finlandia, Lituania, Estonia, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Gran Bretagna è già stata introdotta, seppur con diverse strategie, la vaccinazione universale contro l’influenza nei primi anni di vita del bambino (Tab. I) [12].

Tab. I.

Schedule vaccinali per la vaccinazione anti-influenzale universale in Europa nella stagione influenzale 2016-2017 [12].

Paese europeo Fascia di età
a cui è raccomandata la vaccinazione
Austria ≥ 6 mesi
Estonia ≥ 6 mesi
Finlandia ≥ 6 mesi-3 anni
Lettonia ≥ 6 mesi-2 anni
Malta ≥ 6 mesi-5 anni
Polonia ≥ 6 mesi
Slovacchia ≥ 6 mesi-12 anni
Slovenia ≥ 6 mesi-2 anni
Gran Bretagna 2-8 anni

A eccezione della Gran Bretagna, paese in cui viene utilizzato il vaccino intra-nasale vivo attenuato, negli altri paesi europei, nell’età pediatrica, viene raccomandato l’utilizzo del vaccino trivalente inattivato.

Nel Regno Unito, seguendo le raccomandazioni del Joint Committee of Vaccination and Immunisation (JCVI) del 2012, il Dipartimento della Salute (Department of Health), in collaborazione con il Public Health England (PHE) e National Health Service England, ha introdotto gradualmente nel programma nazionale di vaccinazione anti-influenzale la vaccinazione in età pediatrica con il fine di arrivare alla copertura di tutti i bambini dai due ai sedici anni compresi [13].

La Gran Bretagna ha iniziato a effettuare la vaccinazione anti-influenzale nella stagione 2013-2014 nei soggetti sani di 2-3 anni con il vaccino vivo attenuato intra-nasale somministrato in singola dose. Nei bambini appartenenti a categorie a rischio, invece, in caso di prima vaccinazione vengono offerte due dosi. Laddove il vaccino intra-nasale è controindicato viene offerto il vaccino quadrivalente inattivato. Nella stagione 2014-2015, l’offerta nazionale è stata estesa anche ai bambini di quattro anni. Nella stagione 2015-2016 la vaccinazione è stata proposta anche ai bambini in età scolare, frequentanti la prima e la seconda classe (5 e 6 anni di età). Nella maggior parte dei casi la vaccinazione è stata effettuata nelle scuole, anche se in alcune zone dell’Inghilterra il vaccino è stato effettuato dal medico di base [13].

Dalla stagione influenzale 2016-2017 a tutti i bambini di età compresa tra 2 e 8 anni viene offerto il vaccino intra-nasale quadrivalente. Inoltre, la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno offerto LAIV anche a tutti i bambini della scuola primaria fino all’età di 11 anni. Nella stagione influenzale 2017-2018 la vaccinazione è stata estesa ad altre due coorti, quelle dei bambini frequentati la quinta e la sesta classe. Il programma nazionale inglese per la stagione 2017-2018 raccomanda la vaccinazione infantile con l’obiettivo di raggiungere una copertura vaccinale compresa tra il 40 e il 65% nella fascia di età 2-8 anni. Il range è dovuto all’ampia variabilità riscontrata nelle precedenti stagioni tra il numero di vaccinati tra bambini in età prescolare (più basso) e il numero di vaccinati tra i bambini in età scolare (più alto) [14].

AMERICHE

L’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) [15] statunitense raccomanda da diversi anni la vaccinazione annuale anti-influenzale per tutte le persone sopra ai 6 mesi di età che non abbiano controindicazioni. Tuttavia, sottolinea che la vaccinazione è particolarmente importante per le persone che sono a maggior rischio di complicazioni gravi e ad elevato impatto sanitario (visite ambulatoriali, accessi al Pronto Soccorso e ospedalizzazione). Pertanto, quando l’offerta dei vaccini è limitata, gli sforzi dovrebbero essere concentrati sulla vaccinazione di queste persone a maggior rischio di complicazioni attribuibili a influenza grave. Tra queste persone sono indicati i bambini di età compresa tra i 6 e i 59 mesi di età.

Le raccomandazioni canadesi sono simili a quelle degli Stati Uniti: il National Advisory Committee on Immunization (NACI) raccomanda la vaccinazione per tutti i soggetti di età superiore ai 6 mesi in assenza di controindicazioni [16]. I bambini tra i 6 e i 59 mesi di vita (sotto ai 5 anni) sono inseriti tra i gruppi a maggior rischio di complicanze e ospedalizzazioni e perciò per loro è particolarmente raccomandata la vaccinazione anti-influenzale. Per i bambini tra i 6 mesi e i 23 mesi sono autorizzati i vaccini trivalenti e quadrivalenti inattivati e trivalenti inattivati adiuvati, sebbene siano preferibili i vaccini quadrivalenti. Per i bambini e gli adolescenti tra i 2 e i 17 anni possono essere utilizzati indifferentemente i vaccini vivi attenuati e i vaccini inattivati trivalenti o quadrivalenti, contrariamente alle precedenti indicazioni che preferivano il vaccino LAIV.

AUSTRALIA

In Australia il vaccino contro l’influenza è raccomandato annualmente a tutte le persone di età ≥ 6 mesi che desiderano evitare di ammalarsi. Tuttavia, la vaccinazione è offerta gratuitamente solo a persone di età ≥ 6 mesi con determinate condizioni mediche che li predispongono a sviluppare un’influenza grave; a tutti i bambini aborigeni e agli abitanti delle isole dello Stretto di Torres di età compresa tra 6 mesi e 5 anni; agli adolescenti aborigeni e agli abitanti dello Stretto di Torres di età ≥ 15 anni. I vaccini quadrivalenti sono ritenuti preferibili ai vaccini trivalenti, quando le formulazioni sono appropriate. Tuttavia, il vaccino trivalente è considerato un’alternativa accettabile [17].

Impatto delle strategie vaccinali anti-influenzali dei bambini nel mondo

In alcuni paesi che hanno introdotto la vaccinazione anti-influenzale universale per i bambini sono già disponibili evidenze dell’impatto favorevole di tale strategia.

Il Giappone, a seguito del devastante impatto dell’epidemia di influenza asiatica del 1957, diversamente dagli altri paesi, ha adottato una politica per il controllo dell’influenza basata su una strategia di vaccinazione scolastica dei bambini, piuttosto che la vaccinazione delle persone anziane. Tale politica era basata sulla teoria che i bambini in età scolare sono i principali disseminatori del virus influenzale e che, di conseguenza, la loro sola vaccinazione poteva limitare le epidemie influenzali nella comunità. Nel 1962, pertanto, è stato introdotto un programma speciale di vaccinazione anti-influenzale di massa per i bambini in età scolare e nel 1977 tale vaccinazione è diventata obbligatoria per legge. Dall’introduzione dell’obbligo fino agli anni ottanta, è stata raggiunta una copertura vaccinale variabile tra il 50 e l’85%. Nel 1987 una nuova legge ha permesso ai genitori di rifiutare la vaccinazione contro l’influenza per i propri figli, e nel 1994, il governo ha interrotto il programma di immunizzazione a causa dei crescenti dubbi sulla sua efficacia nel limitare la diffusione dell’influenza nella comunità. A seguito di ciò le coperture vaccinali nella popolazione in età scolare sono scese al 66% per il periodo 1987-1994, fino a raggiungere il 2% per il periodo 1995-1999 [18].

Un’evidente riduzione dell’eccesso di mortalità, coincidente con il periodo di vaccinazione scolastica, è stata dimostrata appena questo programma di vaccinazione è stato interrotto. Infatti, in uno studio del 2001 [19] sono stati analizzati i tassi di mortalità per tutte le cause e quelli attribuiti a polmonite e influenza sia in Giappone che negli Stati Uniti dal 1949 al 1998. Per ogni inverno sono state calcolate le morti in eccesso rispetto a un livello base (il tasso medio di mortalità a novembre). L’eccesso di mortalità per polmonite e influenza e quello per tutte le cause è risultato fortemente correlato in entrambe le nazioni. Tuttavia, mentre negli Stati Uniti questi tassi erano costanti nel tempo, in Giappone, con l’inizio del programma di vaccinazione anti-influenzale nei bambini in età scolare, l’eccesso di mortalità si era ridotto da valori 3-4 volte superiori a valori simili a quelli degli Stati Uniti. La vaccinazione è riuscita a prevenire dai 37.000 ai 49.000 decessi all’anno, ovvero circa un decesso ogni 420 bambini vaccinati. Dal momento in cui la vaccinazione anti-influenzale scolastica è stata interrotta, l’eccesso di mortalità in Giappone è tornato ad aumentare. Il fenomeno è da attribuire all’immunità di gregge indotta dalla vaccinazione scolastica dei bambini che ha protetto le persone più anziane e ridotto la mortalità associata all’influenza.

Nello studio di Charu et al. [20] sono stati confrontati i tassi di eccesso di mortalità associati all’influenza età-specifici negli anziani giapponesi di età superiore ai 65 anni durante il programma di vaccinazione scolastica (1978-1994) e dopo l’interruzione del programma (1995-2006), con i dati americani. È stato stimato che il programma di vaccinazione scolastica dei bambini ha determinato una riduzione della mortalità aggiustata del 36% tra gli anziani giapponesi (IC95%: 17-51%), corrispondente a circa 1.000 decessi evitati tra gli anziani grazie alla vaccinazione annuale (IC95%: 400-1.800). Al contrario, la mortalità legata all’influenza non è cambiata tra gli anziani statunitensi, nonostante l’aumento della copertura vaccinale in quest’ultima popolazione.

I cambiamenti nella mortalità associata all’influenza nei bambini piccoli prima e dopo l’interruzione della vaccinazione di massa degli scolari è stata esaminata da Sugaya et al. Sono stati calcolati i tassi di mortalità mensile per tutte le cause durante il periodo 1972-2003 e i tassi di mortalità per polmonite e influenza nel periodo 1972-1999 per i bambini piccoli (1-4 anni di età). Dall’analisi dei tassi mensili di mortalità per tutte le cause tra i bambini piccoli è risultato evidente che i picchi invernali si erano verificati negli anni novanta e hanno coinciso con i picchi invernali di mortalità per polmonite e influenza tra i bambini piccoli. Questi tassi erano simili ai picchi invernali osservati tra le persone anziane. I morti in eccesso tra i bambini piccoli sono stati stimati pari a 783 nelle 11 stagioni invernali dal 1990 al 2000, mentre non sono stati osservati picchi invernali nel numero di morti dopo il 2000. Molto probabilmente l’interruzione del programma di vaccinazione di massa degli scolari è stato responsabile dell’aumento dei decessi associati all’influenza tra i bambini piccoli negli anni novanta [21].

Il programma di vaccinazione scolastica dei bambini è risultato anche efficace nel ridurre il numero di giorni di cancellazione delle classi (generalmente per tre giorni, quando > 20% degli studenti sono assenti) e l’assenteismo a scuola, come dimostrato da Kawai et al. In particolare, escludendo dall’analisi le piccole epidemie, è risultata evidente una correlazione inversa significativa tra i tassi di copertura del vaccino anti-influenzale e il numero di giorni di annullamento della classe e i tassi di assenteismo, come visibile in Tabella II [22].

Tab. II.

La vaccinazione anti-influenzale in Giappone: modalità di vaccinazione, coperture vaccinali raggiunte, numero medio di giorni di annullamento della classe e tasso medio di assenteismo [22].

Vaccinazione Copertura
vaccinale
Numero medio di giorni
di annullamento della classe
Tasso medio
di assenteismo
1984-1987 Obbligatoria 96,5% 1,3 giorni 2,5%
1988-1994 Quasi-obbligatoria 66,4% 8,3 giorni 3,2%
1995-1999 No vaccinazione 2,4% 20,5 giorni 4,3%
2000-2007 Volontaria 38,9-78,6% 7,0-9,3 giorni 3,8% -3,9%

Negli Stati Uniti, tramite l’utilizzo di un modello di simulazione stocastica della trasmissione dell’influenza [23], è stato stimato che una copertura vaccinale del 20% dei soggetti di età compresa tra i 6 mesi e i 18 anni potrebbe ridurre del 49% i casi di influenza in questa fascia di età, del 43% tra gli adulti, con una riduzione complessiva dei casi del 46% nella popolazione. Per coperture vaccinali dell’80%, la riduzione del numero totale dei casi arriverebbe al 91% (95% per i soggetti giovani e 86% per gli adulti). Il modello predice anche analoghe riduzioni per la mortalità e i costi associati all’influenza. Studi sul campo [24], invece, hanno mostrato come la vaccinazione anti-influenzale, con una copertura del 20-25% dei bambini tra i 2 e i 18 anni, riduce dell’8-18% le consultazioni per infezioni respiratorie negli adulti con età ≥ 35 anni, senza però determinare una riduzione consistente nelle patologie respiratorie acute nei gruppi di età più giovani. Pannaraj et al. hanno, invece, esaminato l’impatto della vaccinazione anti-influenzale effettuata a livello scolastico: i bambini che frequentavano scuole in cui era adottata questa strategia (copertura vaccinale 26,9-46,6%), indipendentemente dallo stato di vaccinazione, avevano una probabilità del 30,8% (IC 95%, 10,1-46,8%) in meno di avere l’influenza rispetto ai bambini delle scuole di controllo (copertura vaccinale 0,8-4,3%). I bambini non vaccinati sono risultati protetti indirettamente nella scuola con una copertura vaccinale del 50%, rispetto alle scuole di controllo (27,1 vs 60,0 per 1.000 bambini, p = 0,023). I bambini non vaccinati hanno perso più giorni di scuola rispetto ai bambini vaccinati (4,3 vs 2,8 giorni ogni 100 giorni di scuola, p < 0,001). Pertanto, la vaccinazione di almeno un quarto della popolazione scolastica ha comportato una diminuzione dei tassi di influenza e ha migliorato la frequenza scolastica, con un effetto indiretto grazie all’immunità di gregge [25].

In Canada, un trial clinico [26] effettuato in alcune comunità chiuse (Hutteriti) nelle province dell’Alberta, del Saskatchewan e Manitoba, ha mostrato che nelle comunità in cui ai bambini tra i 36 mesi e i 15 anni (escludendo quindi i più piccoli di 3 anni) veniva offerto il vaccino anti-influenzale inattivato l’incidenza di influenza era più bassa rispetto a quella registrata nelle colonie in cui era offerto il vaccino dell’epatite A, usato come controllo. Hanno contratto l’influenza rispettivamente il 3,1% e 7,6% dei soggetti a cui era stato offerto il vaccino anti-influenzale e il vaccino anti-epatite. L’efficacia vaccinale, con una copertura media dell’83% nella fascia d’età considerata (range 53%-100%) per le colonie vaccinate contro l’influenza, era pari al 61% (IC95%: 8-83%, p = 0,003).

In Europa, i principali dati di impatto della vaccinazione anti-influenzale in età pediatrica provengono dal Regno Unito che utilizza il vaccino intra-nasale quadrivalente. Vi sono evidenze che il beneficio della vaccinazione con LAIV nei bambini non è solo di protezione diretta per coloro che sono vaccinati, ma anche di protezione indiretta dei membri più vulnerabili delle loro famiglie e della comunità in cui vivono. Infatti, nel Regno Unito, nella stagione influenzale 2014-2015, è stata riscontrata un’efficacia del 34,3% (IC95%: 17,8-47,5%) del LAIV contro qualsiasi influenza. Nei soggetti con età inferiore ai 18 anni è stata dimostrata un’efficacia del 100% (IC95%: 17,0-100%) contro l’influenza B e del 35% (IC95%: -29,9-67,5%) contro l’influenza A (H3N2) [27].

Nella stagione influenzale 2015-2016, invece, nei soggetti di età inferiore ai 18 anni è stata riscontrata una efficacia del 58% (IC95%: 25,1-76,0%) del LAIV contro qualsiasi influenza: un’efficacia del 81,4% (IC95%: 39,6-94,3%) contro l’influenza B e del 41,5% (IC95%: -8,5-68,5%) contro l’influenza A (H1N1) pdm09. In tale stagione, inoltre, è stata registrata una riduzione del 90% delle visite mediche per sindromi simil-influenzali (influenza-like illness - ILI) nei bambini e un dimezzamento delle visite mediche per ILI negli adulti [28].

Un altro studio condotto in Inghilterra nella stagione influenzale 2015-2016 [29] ha valutato l’efficacia del LAIV contro l’ospedalizzazione per influenza confermata in laboratorio nei bambini di età compresa tra 2 e 6 anni. L’efficacia della vaccinazione aggiustata per età, area geografica e mese, è risultata pari al 54,5% (IC95%: 31,5-68,4%) per tutti i tipi di influenza: 48,3% (IC95%: 16,9-67,8%) per l’influenza A (H1N1) pdm09 e 70,6% (IC95%: 33,2-87,1%) per influenza B.

Nel 2013 in Inghilterra, quando è stato adottato il programma nazionale di vaccinazione anti-influenzale con il LAIV per tutti i bambini di 2-3 anni, in alcune località pilota, è stato offerto il vaccino anche ai bambini della scuola primaria (4-11 anni di età). Nella stagione influenzale 2014-2015 il programma nazionale è stato esteso includendo altre regioni pilota, alcune delle quali hanno offerto il vaccino anche agli studenti delle scuole secondarie (11-13 anni di età). In uno studio condotto da Pebody et al. nella stagione influenzale 2014-2015 [30], è stato valutato l’impatto complessivo e indiretto della vaccinazione dei bambini in età scolare, confrontando l’impatto della malattia nelle aree pilota, in cui la vaccinazione veniva proposta fino ai 13 anni, rispetto alle aree non pilota. Nelle aree pilota le visite mediche per influenza (riduzione del 94%, p = 0,018), gli accessi al Pronto Soccorso per disturbi respiratori (riduzione del 74%, p = 0,035), la positività del tampone respiratorio (riduzione del 75%, p = 0,271), l’ospedalizzazione (riduzione del 93%, p = 0,012) sono risultati più bassi rispetto alle aree non pilota. Inoltre, nelle aree pilota la mortalità respiratoria in eccesso era inferiore rispetto a quella registrata nelle aree non pilota (Fig. 4).

Fig. 4.

Fig. 4.

Eccesso di mortalità per tutte le cause e per cause respiratorie in Inghilterra nella stagione influenzale 2014-2015 [30].

Nello studio di Wagner et al., sono stati utilizzati i contenuti presenti nei social media per valutare in modo complementare l’impatto del programma di vaccinazione anti-influenzale. I risultati ottenuti hanno confermato i dati di sorveglianza tradizionali, fornendo prove del valore del contenuto dei social media come strumento di sorveglianza sindromica aggiuntivo. In particolare, è stata riscontrata una riduzione dei tassi di ILI del 14% (1-25%) e del 17% (2-30%) in tutte le età nelle aree in cui il vaccino veniva proposto ai bambini della scuola primaria per le stagioni influenzali 2013-2014 e 2014-2015, rispettivamente. Non è stato registrato, invece, un impatto significativo nelle aree in cui la vaccinazione veniva estesa agli studenti delle scuole secondarie [31].

Uno studio condotto in Irlanda del Nord ha esaminato l’impatto sulle cure primarie (in termini di consultazioni durante l’orario del medico e le chiamate fuori orario per influenza e ILI) del programma di vaccinazione anti-influenzale nei bambini sani per le stagioni 2010/11-2016/17 (stagioni pre-programma 2010/11-2012/13), stagione pilota 2013/14, e stagioni post-programma (2014-/15-2016/17). Sono emerse riduzioni statisticamente significative nelle consultazioni durante l’orario e nelle chiamate fuori orario nelle stagioni post-programma rispetto alle stagioni pre-programma, sia nel complesso (nell’orario RR:0,61, IC95%: 0,38-0,98, p = 0,040; fuori orario RR:0,51, IC95%: 0,27-0,97, p = 0,041) sia nel gruppo di soggetti di età inferiore ai 14 anni (nell’orario RR: 0,38, IC95%: 0,19-0,75, p = 0,006, fuori orario RR: 0,39, IC95%: 0,19-0,83, p = 0,014). Questi dati dimostrano che grazie all’introduzione della vaccinazione contro l’influenza dei bambini sani si registrano riduzioni del carico di influenza per l’assistenza primaria sia in generale sia nei bambini di età inferiore ai 14 anni [32].

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CAPITOLO 8: Il ruolo della comunicazione nell’accettabilità della vaccinazione anti-influenzale

M IOVINE 1, E RIZZITELLI 1, F ZANGRILLO 1, D PANATTO 1,2

Introduzione

Comunicazione, health literacy, empowerment: la prevenzione e la promozione della salute non possono prescindere dal coinvolgimento della popolazione generale attraverso una corretta informazione. Nel corso degli anni ciò è stato ribadito più volte dalla comunità scientifica e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) [1]. Oggi più che mai il dibattito su quest’argomento, in particolare su come comunicare, si è fatto urgente e improrogabile, specialmente nell’ambito delle vaccinazioni. Accanto alla relazione tra operatore sanitario e assistito/paziente, dove la fiducia e il rapporto umano hanno ancora un ruolo preponderante, la diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione, social network in primis, pone tutti, dagli operatori sanitari agli stakeholders, davanti a una sfida, un mondo nuovo, con infinite possibilità per raggiungere il singolo cittadino e aiutarlo a migliorare il proprio stato di salute attraverso scelte corrette e consapevoli. Tuttavia, accanto a informazioni valide e scientificamente corrette si è assistito a un incremento della diffusione di cattiva informazione, propagata spesso per ignoranza (nel senso latino di “non conoscenza”), ma a volte anche in malafede. La diffusione di informazioni sui social network, in particolare, è per sua stessa natura difficile da controllare e arginare. Innanzitutto, gli algoritmi alla base del loro funzionamento, come dei motori di ricerca, sono tali per cui gli utenti sono esposti a continui bias di conferma: ciò porta alla creazione di gruppi più o meno virtuali, spesso del tutto impermeabili a influenze esterne. Inoltre, destreggiarsi attraverso link, condivisioni, gruppi chiusi diventa un’impresa ardua (se non impossibile) sia per gli organi preposti all’eventuale controllo della diffusione delle cosiddette bufale (a volte vere e proprie truffe) sia per il cittadino, il quale spesso non ha gli strumenti necessari per approfondire notizie che richiederebbero competenze ultraspecialistiche, come i vaccini. La popolazione più fragile in questo senso è, per ovvi motivi, quella con un grado di istruzione inferiore: dal momento che questo problema riguarda una parte della popolazione italiana [2], è evidente come questa sia la fascia di popolazione che necessita delle soluzioni più urgenti. Una comunicazione mirata e chiara che possa raggiungere individui di differente grado di scolarità è una strategia fondamentale. Ciò non può e non deve impedire di investire anche sulla formazione dei giovani, con la consapevolezza che saranno i genitori, i nonni, ma anche i professionisti della salute di domani [3].

Inoltre, non bisogna commettere l’errore (dettato dall’arroganza) di considerare le persone reticenti alle vaccinazioni solo come uomini e donne non acculturati e fondamentalmente privi di un’istruzione adeguata. Al contrario, molti dei cosiddetti “antivaccinisti” sono persone con un livello di istruzione elevato e un buon status socio-economico. Nei confronti di questa parte della popolazione, il principio di autorità, spesso abusato dalla classe medica, si scontra con convinzioni radicate, a volte addirittura fideistiche, supportate anche da una notevole capacità argomentativa che rende queste persone impenetrabili a qualunque opera di convincimento “razionale”.

Nell’ottica di introdurre un’efficace programma di vaccinazione universale anti-influenzale per l’età pediatrica occorrerà, quindi, sviluppare una idonea campagna di informazione/comunicazione integrata (counselling vaccinale e utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione) rivolta ai genitori. In questo senso, i social network, da strumenti di comunicazione che in alcuni casi contrastano l’accettazione della vaccinazione, possono diventare un utile strumento poiché è stato stimato che in Italia 38 milioni di persone sono connesse a internet e che i social media sono utilizzati da 28 milioni di persone (circa il 47% della popolazione italiana) [4].

Cosa dobbiamo comunicare: la percezione del rischio e il potenziale protettivo della vaccinazione

La percezione del rischio è uno degli aspetti fondamentali per l’accettazione di un programma di immunizzazione da parte della popolazione. Il problema della mancanza di percezione del rischio di alcune malattie prevenibili con la vaccinazione è maggiore in quegli Stati dove le campagne di immunizzazione implementate nei decenni passati hanno permesso la scomparsa (o la drastica riduzione dei casi) delle malattie. Mancando una memoria storica, condivisa, trasmessa nelle famiglie, manca la consapevolezza del pericolo di queste infezioni.

Da questo punto di vista la vaccinazione anti-influenzale è particolarmente vulnerabile. L’influenza è percepita dalla popolazione come una malattia non grave e, pertanto, non è avvertita la necessità di proteggersi con la vaccinazione. Questo è ancora più vero se consideriamo la fascia pediatrica: infatti, le coperture vaccinali nei bambini a rischio in Italia sono bassissime (< 5%).

Un altro aspetto da considerare è che gran parte della popolazione non è in grado di distinguere le diverse malattie respiratorie acute poiché esse presentano la stessa sintomatologia. Erroneamente le persone definiscono “influenza” tutte le malattie con sintomatologia respiratoria (raffreddore, tosse, mal di gola) mentre, come è ben noto, solo circa il 30% di tutte le sindromi simil-influenzali (ILI) sono realmente influenza (vedi capitolo 2). Pertanto, anche un banale raffreddore è definito “influenza” dalle categorie di persone “non correttamente informate”. Questo favorisce l’errata percezione del rischio e, di conseguenza, condiziona la capacità degli individui di comprendere le reali potenzialità protettive della vaccinazione. Per quanto riguarda la vaccinazione anti-influenzale nell’età pediatrica molti genitori non comprendono che il rischio di complicanze associate all’influenza è molto più alto rispetto al rischio minimo di effetti collaterali dovuti al vaccino. Il desiderio di protezione dei genitori nei confronti del bambino li rende particolarmente fragili. La responsabilità genitoriale porta con sé dubbi e paure e la diffusione di molte notizie false e tendenziose sulla sicurezza dei vaccini genera ansia e timore. In questo contesto una corretta informazione da parte degli operatori sanitari e delle istituzioni, attraverso una comunicazione mirata e chiara, può cercare di colmare questo “gap” di conoscenza.

Health literacy e prevenzione

È impossibile parlare di strategie di prevenzione senza tenere nella giusta considerazione l’health literacy: essa, infatti, è un aspetto fondamentale dell’empowerment e comprende le capacità cognitive e sociali dell’individuo che lo rendono capace di accedere alle informazioni, comprenderle e utilizzarle in modo da promuovere e mantenere un buon livello di salute [1]. L’health literacy è strettamente legata all’idea di comunità: un processo dinamico che comporta un costante interscambio tra l’individuo e la comunità di appartenenza. L’alfabetizzazione sanitaria, infatti, non deve essere intesa solo come una semplice trasmissione di nozioni attraverso la scuola e i canali istituzionali, ma un rapporto in continua evoluzione tra il singolo e la società: in questo contesto, entra in gioco anche il rapporto coi pari. Fornire informazioni alla popolazione sulla base delle evidenze scientifiche è sicuramente necessario ma, in alcuni casi, può non essere sufficiente al fine di indurre un cambiamento nel comportamento e nelle convinzioni [5]. Questo può accadere nel campo delle vaccinazioni, in quanto esse sono rivolte principalmente alle persone sane.

Pertanto, nel contesto della public health literacy [6] è obbligatorio attivare un percorso condiviso che sia anche sociale, politico e culturale, che a sua volta agisca sui determinanti di salute e la qualità della vita dall’interno della comunità e aiuti il benessere psicologico del singolo attraverso la partecipazione e la condivisione. In questo scenario l’ambiente familiare e quello di vita quotidiana sono alla base della partecipazione del singolo alla vita del gruppo che condiziona anche le scelte di salute.

La diffusione delle informazioni deve essere capillare e su questo punto i nuovi media, in particolare i social network, sono un’arma straordinaria: purtroppo, come già accennato, la selezione delle informazioni da parte degli algoritmi usati dai nuovi media e dai motori di ricerca è tale per cui l’utente è esposto a un continuo bias di conferma (teoria delle echo chambers). Da un lato questo crea un ostacolo alla corretta informazione, dato che le notizie condivise da altri utenti, gli annunci, …. non sono visibili proprio da quelle persone che invece necessiterebbero di una maggiore informazione. Inoltre, le credenze condivise e il desiderio di appartenere a un gruppo possono rafforzare le convinzioni del singolo anche se errate e non supportate da evidenza scientifica. Di conseguenza, è importante che la comunicazione in tema di prevenzione e di promozione della salute sia diffusa senza escludere alcun mezzo di comunicazione.

Molti studi condotti in più nazioni europee hanno dimostrato come “i professionisti della salute” siano ancora considerati la fonte di informazioni più importante e affidabile sulle malattie prevenibili con le vaccinazioni [7]. È, pertanto, fondamentale che la comunicazione tra operatori sanitari e popolazione continui il percorso, già in atto, di superare il paternalismo e l’informazione unidirezionale. Per questi motivi le strategie comunicative dovrebbero essere indirizzate a un miglioramento delle skills in ambito di health literacy e alla comprensione delle emozioni che sottendono la comunicazione o che la ostacolano in alcuni casi [5]. Questo processo, ancora in evoluzione, non può però prescindere dall’intervento degli organi istituzionali, del mondo politico, del mondo sanitario e dei professionisti e di altri stakeholders. È indispensabile che siano destinate adeguate risorse economiche e di personale per combattere il cosiddetto “analfabetismo funzionale” con l’informazione, la cultura, il sostegno al sistema scolastico e quindi alle famiglie. Ogni percorso di prevenzione e di promozione della salute deve basarsi sulla fiducia dell’utente nei confronti dei professionisti della salute, che a loro volta devono incentrare la propria formazione sul miglioramento delle proprie capacità comunicative, per trasmettere al meglio informazioni utili alla salute del singolo e della comunità [8]. In una recente revisione, è stato considerato il ruolo dell’health literacy sull’adesione alla vaccinazione. In particolare, la relazione tra health literacy e vaccinazione sembra essere influenzata dalla percezione che la popolazione ha dei rischi legati alla malattia: se il rischio di malattia è percepito come probabile e con possibili complicanze a breve termine allora l’health literacy influenza positivamente l’adesione. Nei casi in cui la percezione del rischio di malattia è bassa (es. influenza), l’health literacy influisce negativamente o non influisce sull’adesione alla vaccinazione. Questo tema è ancora più importante se riferito ai genitori in associazione con le vaccinazioni pediatriche: infatti, il loro senso di responsabilità e la consapevolezza che le proprie scelte avranno ripercussioni, positive o negative, sulla salute dei figli peggiora un già alterato bilancio rischi/benefici percepiti [9].

Se consideriamo l’ampliamento dell’offerta della vaccinazione anti-influenzale a tutti i bambini, i professionisti della salute principalmente coinvolti saranno i Pediatri di Famiglia (PdF). Fortunatamente questa categoria di medici è da anni in prima linea nella promozione delle vaccinazioni. Come descritto nel capitolo 9, le buone coperture vaccinali raggiunte nell’età pediatrica e la legge emanata nel luglio 2017 sull’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola potrebbe avere un effetto trascinante per questa vaccinazione.

I vaccini oggi, per guardare al futuro

In questo momento, chi si occupa di comunicazione in ambito vaccinale, soprattutto per le vaccinazioni pediatriche, si trova a affrontare un argomento molto delicato. La disinformazione è riuscita a raggiungere e a convincere, soprattutto grazie a internet, ma non solo, un numero impressionante di persone, ormai certe della pericolosità dei vaccini o abbastanza dubbiose da rifiutare o ritardare le vaccinazioni pediatriche.

Imparare l’arte della comunicazione, dalla trasmissione delle informazioni ai colloqui con coloro che rifiutano totalmente le vaccinazioni, è una necessità urgente: tutti gli operatori sanitari, dai medici al personale infermieristico e non solo, dovrebbero essere adeguatamente formati, sia a livello di competenze teoriche, sia insegnando loro l’importanza della comunicazione non verbale e paraverbale. Un grande aiuto è dato dalle tecniche di counselling, a torto inteso come un mezzo per persuadere l’interlocutore. Il counselling vaccinale è in realtà un ponte tra il professionista e il “cliente”, l’opportunità di creare un rapporto di fiducia, basato sulla comprensione e l’empatia, con l’obiettivo di permettere al “cliente” di affrontare in modo autonomo e consapevole i problemi di salute. Si tratta, quindi, di un modo per favorire il cambiamento, comprendendo i bisogni e le richieste dell’altro. Pertanto, una comunicazione empatica deve essere incentivata se si vuole contribuire a un effettivo miglioramento delle competenze dei cittadini, affinché il consenso alla pratica vaccinale possa essere davvero informato e consapevole (vedi capitolo 10).

La comunicazione deve avvenire nei modi e nei tempi opportuni: senza fretta, in un ambiente accogliente, condotta da personale capace. Questo vale sia per il counselling diretto, durante i colloqui, sia in situazioni mediate dai new media (comunicazione “collettiva”).

È evidente, quindi, che la medicina moderna non possa prescindere dal mondo virtuale, ignorando le relazioni, anche importanti, che si creano online e che troppo spesso hanno minato il rapporto diretto tra operatore sanitario, istituzioni e assistiti, ma che possono essere anche un’importante risorsa.

I social network hanno un’enorme potenzialità nel veicolare informazioni in modo capillare, con costi inferiori rispetto ai sistemi tradizionali [10, 11]. L’importanza del valore sociale delle vaccinazioni, i dati, la trasparenza nella sorveglianza degli effetti avversi, le spiegazioni sui principi-base dell’immunologia e dell’epidemiologia, come le differenze tra incidenza, prevalenza, mortalità e altri argomenti sui quali gioca la disinformazione hanno grande importanza nell’aiutare coloro che, non conoscendo una branca della medicina così specifica come le vaccinazioni, si trovano in difficoltà nello scegliere per il proprio figlio.

Tuttavia, liquidare la vaccine hesitancy come semplice “mancanza di informazioni” è banale e scorretto: se la health literacy in senso lato è legata anche al grado di scolarità, le credenze anti-scientifiche, a volte assimilabili a un vero e proprio estremismo, sono al contrario direttamente proporzionali al grado di istruzione [12]. Lo stesso European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) distingue gli utenti non vaccinati o parzialmente vaccinati in quattro gruppi di persone: gli esitanti, che hanno dei dubbi in merito alla sicurezza dei vaccini e/o sulla loro necessità e la relativa calendarizzazione; i disinteressati, per i quali la vaccinazione è di secondaria importanza, non avendo percezione di un reale pericolo delle malattie dalle quali proteggersi; i disinformati propriamente detti, che, per motivi di esclusione sociale, povertà o altro, hanno un accesso ai servizi limitato o difficoltoso e i resistenti attivi, che si oppongono alla vaccinazione per le proprie credenze personali, culturali o religiose [7]. Alcuni studi individuano gruppi diversi in base alla forza della loro opposizione e alle motivazioni che li spingono a essere contro le vaccinazioni, tuttavia, almeno per il momento, la grande maggioranza delle strategie messe in atto per cambiare le idee degli “esitanti” non sono andate a buon fine, mostrando solo successi temporanei (e addirittura in alcuni casi sono stati controproducenti) [13-15]. Al fine di personalizzare le strategie comunicative per combattere la vaccine hesitancy è necessario capire e comprendere le motivazioni profonde della singola persona e la scala di valori dell’individuo. In particolare, alcune ricerche, dirette sia verso le famiglie che ritardavano o rifiutavano le vaccinazioni, sia verso i siti internet di riferimento della comunità antivaccinista, evidenziano come ci siano alcuni principi morali comuni, quali la libertà e la “purezza”. Quest’ultima è intesa come la ricerca del “naturale”: la malattia infettiva è vista come “nell’ordine delle cose”, al contrario la vaccinazione “artificiale”, non a caso, è definita spesso come un farmaco “contaminato” da tossine, metalli pesanti e altre sostanze [16]. Per quanto riguarda la libertà, essa è legata alle politiche vaccinali in senso lato, nei confronti delle quali le persone non favorevoli ai vaccini raramente nutrono fiducia, come allo stesso modo risultano scettiche, quando non addirittura ostili, alla comunità scientifica.

L’introduzione della raccomandazione della vaccinazione anti-influenzale per tutti i soggetti in età pediatrica dovrà affrontare, inevitabilmente, i problemi di cui sopra, benché alcuni risultati preliminari sulla sua accettabilità da parte dei genitori siano incoraggianti e, anzi, mostrino una maggiore probabilità di adesione nel momento in cui la vaccinazione anti-influenzale è proposta assieme alle altre vaccinazioni pediatriche [17-19]. Ancora una volta, si afferma l’urgenza di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della protezione data dalla vaccinazione anti-influenzale: questo deve essere un processo dove gli operatori sul campo (Pediatri di Famiglia, Medici di Medicina Generale ma anche personale infermieristico, assistenti sanitari, ostetriche…) collaborino con il mondo delle istituzioni e del giornalismo scientifico nell’ottica di una comunicazione chiara, efficace e non improvvisata, sostenuta da un’adeguata formazione, chiave di volta per rafforzare la fiducia delle famiglie nelle vaccinazioni in generale e nella vaccinazione anti-influenzale in particolare e nei confronti dell’intera comunità scientifica. Nello specifico il Pediatra di Famiglia ha un ruolo fondamentale poiché rappresenta il “ponte” tra comunità scientifica e genitori, diventando la figura professionale di riferimento. Un recente studio di Giambi et al. ha dimostrato che ricevere una forte raccomandazione alle vaccinazioni da parte del Pediatra di Famiglia influisce significativamente e positivamente sulle decisioni dei genitori. La criticità emersa è che alcuni pediatri sono reticenti verso le vaccinazioni: infatti, secondo le stime dello studio, solo l’84% dei pediatri ha raccomandato fortemente la vaccinazione, confermando il dato che la vaccine hesitancy è anche un problema del mondo sanitario [20].

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CAPITOLO 9: Impatto organizzativo: il ruolo del pediatra e dell’igienista

S BOCCALINI 1, P BONANNI 1, C AZZARI, B CAMILLONI, P CASTIGLIA, G CHIAMENTI, M CONVERSANO, S ESPOSITO, F FRANCIA, E FRANCO, G ICARDI, A VILLANI, G VITALI ROSATI, F VITALE

Introduzione

Nell’ambito della valutazione della possibile adozione di una vaccinazione universale anti-influenzale in età pediatrica in Italia risulta necessario prima di tutto stabilire e chiarire da dove si parte e quale obiettivo si intende raggiungere per questo nuovo programma di immunizzazione. Solo successivamente sarà possibile individuare la strategia organizzativa più idonea per raggiungere tale obiettivo, con specifici vantaggi e criticità da superare.

Le attuali coperture vaccinali nella fascia pediatrica in Italia

In considerazione di quanto previsto nelle raccomandazioni vaccinali annuali contro l’influenza fino ad oggi applicate in Italia (ovvero immunizzazione dei soggetti a rischio), le coperture vaccinali contro l’influenza stagionale nelle fasce pediatriche sono bassissime (< 5%). Inoltre, come per la popolazione generale e anziana, le coperture vaccinali contro l’influenza hanno mostrato un decremento negli anni fino alla stagione 2015-2016, seguita da un lieve incremento nella stagione 2016-17 (Fig. 1) [1].

Fig. 1.

Fig. 1.

Coperture vaccinali per 100 abitanti in Italia nelle diverse fasce pediatriche nelle ultime stagioni (Elaborazioni dal Ministero della Salute) [1].

Mantenendosi comunque basse, le coperture vaccinali contro l’influenza per fascia di età variano nelle diverse Regioni italiane. In particolare, per la stagione 2016-2017 solo tre Regioni (Puglia, Toscana e Campania) risultavano avere coperture vaccinali superiori a quella totale italiana per tutte le cinque classi di età pediatriche/giovanili (6-23 mesi, 2-4 anni, 5-8 anni, 9-14 anni e 15-17 anni). In particolare, sommando le coperture vaccinali fino a 17 anni in Puglia, Toscana e Campania sono stati raggiunti valori di 34,8%, 25,0% e 16,3%, rispettivamente, a confronto con il rispettivo dato italiano del 10,2% [2]. Questa situazione riflette anche quella degli anni precedenti [1]. D’altra parte, ogni Regione stabilisce per la stagione influenzale di riferimento dei livelli di copertura vaccinale differenti, a testimonianza di una sensibilità diversa fra le varie Regioni, tra Pediatri di Famiglia (PdF) e tra Aziende Sanitarie Locali (ASL). Ad esempio, in Puglia sono state raggiunte coperture vaccinali più elevate rispetto alle altre regioni poiché le raccomandazioni regionali incoraggiavano i PdF a offrire attivamente la vaccinazione a tutti quei bambini affetti da affezioni respiratorie ricorrenti.

Criticità organizzative della vaccinazione anti-influenzale nei bambini

L’adozione di una strategia vaccinale anti-influenzale universale per l’età pediatrica presenta alcune criticità organizzative che dovrebbero essere attentamente considerate.

Prima di tutto, la vaccinazione universale anti-influenzale in età pediatrica si va ad aggiungere alla somministrazione di molti vaccini attualmente previsti per i primi anni di vita dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (PNPV 2017-2019): vaccino esavalente, anti-pneumococco, anti-meningococco B e C, vaccino contro morbillo, rosolia, parotite e varicella (MPRV), anti-rotavirus… [3]. Inoltre, diversamente dalle altre vaccinazioni, questa immunizzazione deve essere ripetuta a ogni stagione influenzale. Un ulteriore aspetto da valutare è che la vaccinazione anti-influenzale annuale deve essere somministrata in un periodo di tempo molto ristretto (tre mesi): infatti, le campagne di vaccinazione iniziano dalla metà di ottobre e perdurano fino a fine dicembre, fatte salve specifiche indicazioni [4]. L’ipotesi di una vaccinazione universale dei bambini dai 6 mesi ai 6 anni, con l’obiettivo minimo di copertura vaccinale del 75%, implicherebbe vaccinare in Italia in tre mesi circa 2,5 milioni di bambini [5]. Tuttavia, la vaccinazione del 50% dei bambini fino a 6 anni di età (circa 1,7 milioni di bambini italiani) potrebbe già essere sufficiente per indurre un certo grado di protezione indiretta [6].

Un ulteriore impatto sull’organizzazione derivante dall’adozione di una vaccinazione universale in età pediatrica scaturisce dal fatto che per i bambini naïve (ovvero mai vaccinati in precedenza contro l’influenza) la prima schedula vaccinale prevede la somministrazione di due dosi distanziate da almeno quattro settimane [3,4].

Questi aspetti determinano la necessità di enormi sforzi sia sul piano organizzativo che su quello logistico per tutti gli operatori sanitari coinvolti nelle campagne vaccinali. Queste difficoltà organizzative e logistiche derivanti dall’adozione di una vaccinazione universale anti-influenzale in età pediatrica andrebbero a ricadere sull’attuale situazione di sovraccarico di lavoro per tutti gli operatori sanitari coinvolti nel recupero dello status vaccinale dei soggetti inadempienti a seguito dell’applicazione della legge sull’obbligo vaccinale per l’ammissione a scuola emanata in Italia nel 2017 [7, 8].

Inoltre, si possono determinare problemi di raggiungimento e mantenimento nel tempo di adeguati livelli di compliance alla vaccinazione da parte delle famiglie sia per le difficoltà di accettazione di iniezioni ripetute da parte dei bambini sia per la necessità di sessioni di vaccinazioni ripetute negli anni, con problemi di assenteismo lavorativo da parte dei familiari. Per cercare di superare questa criticità sono necessari ulteriori sforzi da parte degli operatori sanitari per implementare un adeguato counselling vaccinale (vedi capitolo 8).

Infatti, l’attuale scarsa compliance alla vaccinazione anti-influenzale in Italia da parte dei genitori, indipendentemente dalle attuali raccomandazioni annuali, può derivare da una non adeguata valutazione e percezione del reale burden dell’influenza e del rischio di complicanze nei bambini. In particolare, gran parte dei genitori non è adeguatamente informata sui modi migliori per prevenire la trasmissione dell’influenza, compresa la vaccinazione, nonostante le ampie campagne pubblicitarie svolte annualmente. Tali carenze di conoscenze contribuiscono a determinare pratiche preventive insufficienti nella popolazione generale (come è possibile riscontrare dalle coperture vaccinali raggiunte negli ultimi anni) [9]. Inoltre, anche se l’influenza e il suo impatto sulla fascia pediatrica sono conosciuti dai genitori, la loro percezione dell’efficacia dei vaccini può non essere positiva. Tuttavia, la disponibilità dei genitori a vaccinare aumenta se la vaccinazione anti-influenzale è consigliata dal proprio PdF [10]. Questo implica la necessità di sviluppare campagne di informazione specifiche e mirate, e azioni coordinate tra tutti gli operatori sanitari coinvolti, con un ruolo predominate affidato al medico di fiducia ovvero al PdF (capitolo 8).

Altro aspetto da considerare è la bassa adesione alla vaccinazione anti-influenzale da parte degli stessi operatori sanitari, che dovrebbero consigliare la vaccinazione ai genitori [11-15], nonostante le raccomandazioni specifiche per questa categoria professionale previste nel PNPV 2017-2019 [3] e nelle Circolari per la prevenzione e il controllo dell’influenza elaborate ogni anno dal Ministero della Salute. Questa situazione può essere adducibile al fatto che, nel complesso, il livello di conoscenza della vaccinazione anti-influenzale degli operatori sanitari è basso. Essi risultano avere una non adeguata percezione del rischio di contrarre la malattia e di trasmetterla ai loro pazienti, paura di eventuali effetti avversi della vaccinazione e scarsa fiducia sull’utilità e sull’efficacia di questa vaccinazione [11-13]. È quindi importante fornire informazioni corrette sull’influenza e relativa vaccinazione in tutti i corsi universitari delle professioni sanitarie [16]. In particolare, grande attenzione dovrebbe essere posta sulla formazione e informazione sull’impatto dell’influenza non solo sui soggetti anziani o a rischio, ma anche sulla fascia pediatrica, e dei diversi tipi di vaccini disponibili e del loro utilizzo appropriato.

Queste criticità, se adeguatamente affrontate, tuttavia possono diventare dei punti di forza nella lotta per la riduzione del burden dell’influenza in tutta la popolazione.

Opportunità organizzative della vaccinazione anti-influenzale nei bambini

La vaccinazione universale anti-influenzale per l’età pediatrica presenta grandi vantaggi e delle opportunità organizzative da considerare attentamente.

Questa vaccinazione verrebbe estesa a una fascia di popolazione già normalmente sottoposta alle immunizzazioni raccomandate dal PNPV 2017-2019 [3]. I familiari dei bambini, pertanto, hanno già preso in considerazione e valutato in generale l’argomento vaccinazioni e hanno già cercato informazioni in merito tramite il proprio medico o altri canali non convenzionali (come i social media): il vaccino anti-influenzale risulterebbe quindi solo un ulteriore vaccino da fare rispetto a quelli già raccomandati e presi in considerazione. Per i genitori non esitanti o contrari, l’accettazione di questa vaccinazione potrebbe risultare più facile.

Inoltre, i bambini presentano elevate (anche se non ottimali) coperture vaccinali per le principali vaccinazioni raccomandate dal PNPV 2017-2019. Questo aspetto può costituire un buon presupposto per il raggiungimento di idonee e veloci coperture vaccinali anche contro l’influenza, con un importante effetto trascinamento.

Dal punto di vista organizzativo, i bambini (e di conseguenza i loro familiari) sono già rientrati in un processo di offerta vaccinale, a cui si aggiungerebbe il vaccino anti-influenzale annuale. Resterebbe solo da valutare la modalità di offerta più idonea: tramite i centri vaccinali, i PdF oppure mediante altre modalità di offerta (ad esempio in ambito scolastico).

Infine, la vaccinazione universale anti-influenzale dei bambini ha già dimostrato nelle Nazioni che l’hanno adottata (ad esempio in Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) un importantissimo impatto positivo sui soggetti vaccinati, ma anche sulle altre fasce di popolazione non vaccinate (vedi capitolo 7). Infatti, sono disponibili evidenze dell’impatto diretto e indiretto di tale strategia, in termini di riduzione di visite mediche, accessi al Pronto Soccorso, ospedalizzazioni per complicanze respiratorie e mortalità. Questa riduzione del burden dell’influenza, se da una parte per gli operatori sanitari è un impegno e un aggravio di lavoro al momento della vaccinazione, dall’altra determina una nuova disponibilità di risorse umane ed economiche durante la stagione influenzale altrimenti impegnate nel trattamento clinico dell’influenza. Basti considerare che nell’ultima stagione influenzale 2017-2018, alla quarta settimana del 2018, è stato raggiunto il picco di incidenza settimanale di 41,03 casi di ILI per 1.000 assistiti nella fascia 0-4 anni, pari a circa 100.000 bambini ammalati in una settimana [17]: in caso di vaccinazione le risorse utilizzare per visitare e curare questi bambini sarebbero potute essere utilizzate per altre priorità sanitarie.

Condivisione di obiettivi e attività tra la Sanità Pubblica e la Pediatria

Se l’obiettivo principale è vaccinare il maggior numero possibile di bambini per proteggerli dall’influenza e dalle sue complicanze e ridurre la trasmissione del virus nella popolazione, è indispensabile che tutti gli operatori sanitari siano coinvolti nella campagna di vaccinazione. In particolare, risulta importante il ruolo del Pediatra di Famiglia.

Già nel Calendario Vaccinale per la Vita 2016 viene suggerito quanto segue: “Per la realizzazione di queste raccomandazioni si ritiene necessario il coinvolgimento dei pediatri di famiglia curanti per la somministrazione del vaccino stagionale secondo accordi regionali” [18].

Il PdF ha un ruolo fondamentale nel couselling per tutte le vaccinazioni, ha frequenti opportunità di incontro e confronto con i familiari dei bambini e può effettuare esso stesso le vaccinazioni (con relativa registrazione dei dati relativi all’immunizzazione). Questo ultimo aspetto è, tuttavia, vincolato ai diversi accordi regionali che vengono stipulati e al conseguente onere economico che questo determina per il Servizio Sanitario Nazionale e Regionale.

Tuttavia, nell’ottica di una strategia vaccinale efficace, è necessario che il PdF agisca in stretta condivisione di obiettivi e strategie con gli operatori sanitari della Sanità Pubblica. Infatti, i PdF e gli operatori sanitari della Sanità Pubblica dovrebbero essere inclusi in un’unica rete di comunicazione che permetta la condivisione degli obiettivi da raggiungere, l’elaborazione e la condivisione dei protocolli operativi e degli strumenti di promozione delle vaccinazioni e la gestione del dissenso vaccinale. Inoltre, dovrebbero essere coinvolti in un’efficace formazione congiunta e in incontri di monitoraggio, analisi e valutazione critica di quanto fatto e dei risultati ottenuti in termini di coperture vaccinali raggiunte e farmacovigilanza.

D’altra parte, gli operatori della Sanità Pubblica hanno un ruolo fondamentale nel garantire la governance della rete attraverso l’organizzazione delle campagne vaccinali anti-influenzali annuali, la fornitura dei diversi tipi di vaccino, l’organizzazione della formazione continua in tema vaccinale e, infine, la raccolta dei dati di copertura vaccinale e la loro elaborazione informatica in forma aggregata. È quindi fondamentale la creazione di un rapporto di fiducia e di un dialogo diretto tra gli operatori della Sanità Pubblica e i PdF.

Quale fascia pediatrica dovrebbe essere vaccinata e chi la dovrebbe/potrebbe vaccinare?

Stabiliti gli obiettivi, le criticità ma anche le opportunità organizzative e, infine, il ruolo congiunto fondamentale degli operatori della Sanità Pubblica e dei PdF, possono essere sviluppate ulteriori considerazioni di opportunità organizzativa della vaccinazione anti-influenzale per specifiche fasce di età.

I bambini di 6-18 mesi di età sono di difficile inserimento in un programma di vaccinazione universale anti-influenzale per le numerose vaccinazioni già previste dal PNPV 2017-2019 nei primi due anni di vita [3]. Pertanto, considerate le attuali criticità organizzative conseguenti all’estensione dell’offerta vaccinale prevista dal PNPV 2017-2019, in una prima fase di adozione dell’immunizzazione universale, la vaccinazione anti-influenzale potrebbe essere presa in considerazione dopo la prima dose del vaccino MPRV (quindi dai 15-18 mesi). Essa potrebbe essere successivamente estesa ai bambini più piccoli (> 6 mesi di vita), una volta verificata la fattibilità sui soggetti al di sopra dell’anno di vita. Tuttavia, a confronto con queste considerazioni puramente organizzative, occorre tener presente che sono proprio i bambini più piccoli (< 24 mesi di vita) a essere a maggior rischio di ospedalizzazione e decesso per influenza.

La vaccinazione dei bambini fino ai 10 anni di età potrebbe essere affidata ai PdF (come già avviene in alcune Regioni Italiane, come Toscana e Puglia): i pediatri, infatti, hanno molte opportunità di contatto con i bambini e i loro familiari per i diversi appuntamenti di valutazione della crescita o per visite mediche per patologie varie o certificati. Inoltre, nel recente Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i Medici Pediatri del 28 marzo 2018, tra gli “Obiettivi prioritari di Politica Sanitaria Nazionale”, è prevista la partecipazione attiva dei PdF nelle vaccinazioni e nelle relative attività collegate, ovviamente nell’ambito degli Accordi Integrativi Regionali [19].

I soggetti più grandi, dagli 11 ai 16 anni, invece, hanno generalmente meno opportunità di contatto e visite mediche dal pediatra. Infatti, il PdF prevede solo due bilanci di salute a 10 e 14 anni: questi incontri potrebbero essere dei momenti utili per somministrare la vaccinazione anti-influenzale se fissati nel periodo idoneo per l’immunizzazione. Altrimenti è necessario che il PdF organizzi e solleciti la partecipazione a specifiche sessioni vaccinali anti-influenzali. Per gli adolescenti potrebbe essere ipotizzato il coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale (MMG): tuttavia questa strategia potrebbe essere di difficile realizzazione ed efficacia per il loro saltuario contatto. Inoltre, i MMG dovrebbero avere l’obiettivo prioritario di concentrare tutti i loro sforzi nella vaccinazione dei soggetti anziani e dei soggetti appartenenti ai gruppi a rischio. Per questa fascia di età, quindi, potrebbe essere ipotizzata e valutata anche una vaccinazione in ambito scolastico.

La vaccinazione anti-influenzale nelle scuole

La vaccinazione anti-influenzale in ambito scolastico è già stata adottata con successo in alcune Nazioni (Giappone e Regno Unito). Ormai sono riconosciuti i benefici clinici diretti e indiretti di tale strategia (vedi capitolo 7).

Da un punto di vista organizzativo la vaccinazione anti-influenzale effettuata in luoghi non tradizionali, come le scuole, può avere un ruolo fondamentale nella decisione vaccinale incrementando le coperture vaccinali, specialmente nelle aree metropolitane, soprattutto per problemi di accessibilità [20]. Infatti, da una recente revisione sistematica, le difficoltà di accesso all’ambiente medico, insieme alla limitazione del tempo a disposizione, sono risultate costituire uno dei principali fattori facilitatori per la vaccinazione scolastica contro l’influenza. L’accettazione di questa strategia vaccinale è favorita specialmente se i genitori possono essere presenti durante la vaccinazione. Infatti, i genitori preferiscono generalmente un setting medico per la vaccinazione a causa di problemi di fiducia e sicurezza riguardanti il benessere del proprio figlio, per il pericolo di potenziali effetti collaterali e la corretta somministrazione del vaccino. La presenza dei genitori in ambito scolastico durante l’immunizzazione, tuttavia, potrebbe implicare una programmazione flessibile delle vaccinazioni, come durante la sera o nel fine settimana per permettere ai genitori di avere una consulenza e una discussione positiva sulla vaccinazione con gli operatori sanitari e, quindi, far crescere la fiducia nel personale sanitario che somministra i vaccini. Tuttavia, organizzare la sessione vaccinale con la presenza dei genitori in ambito scolastico potrebbe essere talvolta problematica. È inoltre fondamentale che venga garantita la disponibilità di vaccini anti-influenzali per tutti gli studenti. Possibili ostacoli alla vaccinazione in ambito scolastico sono, invece, le percezioni negative relative alla sterilità delle attrezzature utilizzate per l’immunizzazione, alla competenza della persona che somministra il vaccino, il lungo processo di consenso, la disorganizzazione della scuola e l’incapacità di affrontare potenziali problemi medici. Altro possibile ostacolo alla vaccinazione in ambito scolastico è l’incertezza dei genitori sull’uso appropriato delle informazioni sanitarie raccolte dalle cartelle cliniche dei propri figli in questo ambiente non medico [21].

Per adottare un’efficace strategia di vaccinazione anti-influenzare in ambito scolastico occorrerebbe creare una rete collaborativa di fiducia tra gli operatori della Sanità Pubblica, i dirigenti scolastici e i docenti delle scuole. Anche i PdF potrebbero essere coinvolti in modo da consigliare adeguatamente i genitori (se consultati in merito).

Fig. 2.

Fig. 2.

Coperture vaccinali per 100 abitanti in Italia per fascia di età e Regione nella stagione 2016-2017 [2].

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CAPITOLO 10: Aspetti etici e sociali della vaccinazione anti-influenzale nei bambini

F ZANGRILLO 1, E RIZZITELLI 1, M IOVINE 1, D AMICIZIA 1,2, D PANATTO 1,2

Introduzione

L’obiettivo delle valutazioni di Health Technology Assessment (HTA) nel campo della prevenzione vaccinale è di supportare, sulla base di evidenze scientifiche e accurati criteri di appropriatezza, l’introduzione di nuovi vaccini nei programmi di immunizzazione nazionali o regionali o di valutare, ogniqualvolta nuovi dati siano disponibili, un miglioramento dell’offerta vaccinale.

All’interno delle valutazioni di HTA, insieme ai dati relativi alla sicurezza, all’efficacia, all’impatto economico e organizzativo di una strategia vaccinale, è essenziale valutare l’implicazione etica, che i decision-makers e gli stakeholders devono considerare per poter prendere decisioni consapevoli [1-3]. Nel caso dell’estensione dell’offerta gratuita della vaccinazione anti-influenzale ai bambini sani, il ruolo etico si rivela particolarmente importante in quanto il target dell’immunizzazione è una fascia di popolazione di per sé vulnerabile.

Per la valutazione etica si fa riferimento al cosiddetto “modello triangolare” riconosciuto in ambito nazionale e internazionale nel campo dell’HTA [4]. Il modello triangolare pone al centro della riflessione la persona nella sua integrità corpo-spirito quale fondamento della scelta e prevede uno schema di analisi suddiviso in tre fasi:

  1. raccolta e analisi dei dati relativi alla tecnologia in studio (fase conoscitiva);

  2. valutazione di come la tecnologia in studio si rapporti con il bene integrale della persona (tutela della vita e della salute, qualità di vita, rispetto dell’autonomia, ricerca del bene comune) (fase valutativa);

  3. elaborazione del parere etico conclusivo, in cui devono emergere anche le eventuali criticità di tipo etico (fase prescrittiva e conclusiva) [4].

La domanda etica

Avere a disposizione un vaccino per difendersi da un’infezione e dalle sue possibili complicanze determina una serie di vantaggi: in termini di salute e qualità della vita; economici diretti (riduzione dei costi per l’assistenza sanitaria, trattamenti farmacologici, eventuale ricovero ospedaliero), indiretti (perdita di giornate lavorative o di scuola) e intangibili (sofferenza, dolore, dipendenza) e sociali attraverso il meccanismo dell’immunità di gregge (la vaccinazione a tutela della restante popolazione non vaccinata).

Per il grande impatto in termini di ospedalizzazioni e di mortalità in alcune categorie di persone (anziani, soggetti a rischio per patologia), le attuali azioni di prevenzione contro l’influenza in Italia sono mirate alla riduzione di questi indicatori e, quindi, si concentrano prevalentemente su una popolazione target di adulti a rischio e anziani [5, 6]. Analizzando l’epidemiologia della malattia, però, la maggiore frequenza di casi si riscontra in età pediatrica, per cui i bambini devono essere considerati un’importante fonte di trasmissione e di diffusione dell’infezione all’interno dell’intera comunità [7, 8]. Alcuni studi epidemiologici e di simulazione hanno dimostrato che indirizzare la campagna anti-influenzale anche al target pediatrico potrebbe ridurre drasticamente la circolazione virale, portando benefici anche alla popolazione adulta e anziana [9-11].

Questa possibilità apre il dibattito per una discussione a livello etico che interessa specialmente i decision-makers che devono decidere sulla possibilità di estendere la raccomandazione dell’offerta gratuita della vaccinazione anti-influenzale a tutti i bambini.

È giusto vaccinare i bambini per proteggerli e proteggere indirettamente anche gli adulti e gli anziani?

Alla base delle considerazioni etiche deve esserci una conoscenza approfondita delle dinamiche epidemiologiche, del burden della malattia e dell’efficacia e sicurezza dei vaccini anti-influenzali a disposizione.

Partendo da queste premesse, si può ragionare sui benefici diretti e indiretti che la vaccinazione anti-influenzale pediatrica potrebbe apportare e sui relativi aspetti etici.

Valutazione etica in base al modello triangolare

FASE CONOSCITIVA

Vaxigrip Tetra® è un vaccino anti-influenzale quadrivalente preparato con virus frammentati split inattivati, approvato in Europa nel 2016 con indicazione a partire dai 3 anni d’età e recentemente estesa > 6 mesi di vita. Una dose da 0,5 ml contiene gli antigeni dei ceppi virali A/H1N1, A/H3N2, lineage B Yamagata e lineage B Victoria, come da indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (variazione annuale in base alle raccomandazioni per i vaccini stagionali dell’emisfero nord) [12]. Può contenere tracce di uovo (esempio ovalbumina) e di neomicina, formaldeide e 9-ottoxinolo, che sono utilizzati durante i processi di produzione. La forma farmaceutica è una sospensione iniettabile in siringa pre-riempita e la modalità di somministrazione avviene mediante iniezione intramuscolo o sottocutanea.

Per l’immunizzazione è necessaria una dose da 0,5 ml. Per i bambini di età inferiore a 9 anni che non sono stati precedentemente vaccinati (primo anno di vaccinazione) deve essere somministrata una seconda dose da 0,5 ml dopo un intervallo di almeno 4 settimane [13].

Nel 2018 è stata autorizzata a livello europeo l’estensione delle indicazioni per l’utilizzo nei bambini a partire dai 6 mesi e a marzo 2018 la raccomandazione è stata recepita a livello italiano (stagione 2018/2019).

Fase valutativa

EPIDEMIOLOGIA E BURDEN CLINICO

Nei capitoli 2 e 3 è stato ampiamente spiegato come l’incidenza dell’influenza sia maggiore nella fascia pediatrica, rispetto alla popolazione adulta e anziana, sebbene le complicanze più gravi siano rilevate con maggiore frequenza in quest’ultima categoria. Occorre però sottolineare che i bambini fino a 5 anni sono anch’essi a rischio di complicanze che potrebbero richiedere il ricovero ospedaliero e, talvolta, causare la morte [14-16].

L’incidenza di Influenza-Like Illness (ILI) varia da stagione a stagione per intensità, inizio e durata del periodo epidemico. Le ILI hanno caratteristiche età-dipendenti: l’incidenza decresce all’aumentare dell’età. In Italia, in media ogni anno sono colpiti da ILI il 23,3% dei bambini da 0 a 4 anni e il 17% dei soggetti appartenenti alla classe d’età 5-14 anni [7]. I sistemi di sorveglianza evidenziano che i bambini da 0 a 5 anni si ammalano d’influenza circa 10 volte di più rispetto all’anziano e circa 5 volte di più rispetto all’adulto. I soggetti da 6 a 14 anni si ammalano d’influenza circa 8 volte di più rispetto all’anziano e circa 4 volte di più rispetto all’adulto [7, 17, 18]. La complicanza grave più frequente è la polmonite, che si presenta in circa 10 casi su 1.000 casi di influenza in età pediatrica. Inoltre, il 10% circa delle polmoniti ospedalizzate ha come eziologia un virus influenzale (vedi capitolo 3).

EFFICACIA DI VAXIGRIP TETRA®

Per valutare i benefici prodotti da un vaccino si considerano l’immunogenicità, l’efficacia teorica (efficacy) e l’efficacia sul campo (effectiveness). L’immunogenicità è la capacità dei vaccini di stimolare la risposta immune, l’efficacy e l’effectiveness si riferiscono alla riduzione proporzionale dei casi di malattia rispettivamente nelle condizioni ideali (sperimentazione clinica randomizzata controllata - efficacy) e nelle condizioni di “vita reale” (effectiveness). Ciascuno dei tre parametri può essere quantificato su scala assoluta (confronto con la non vaccinazione o con il placebo) o relativa (confronto con un altro vaccino).

Il piano di sviluppo clinico di Vaxigrip Tetra® ha incluso cinque trial clinici di fase III per la popolazione ≥ 3 anni e uno per la fascia d’età 6-35 mesi, la cui analisi dei dati si è conclusa nel 2017 e questo risultato ha determinato l’estensione dell’indicazione a partire dai 6 mesi di vita dal 2018 [12] (vedi capitolo 5).

Per la valutazione dell’immunogenicità del vaccino tre sono stati i trial clinici considerati principali per i soggetti d’età ≥ 3 anni e uno per gli infanti di 6 mesi-3 anni. Gli obiettivi erano valutare la non inferiorità di Vaxigrip Tetra® rispetto al vaccino trivalente inattivato per i tre ceppi comuni e la superiorità verso il ceppo B aggiuntivo [12].

Come descritto nel capitolo 5, Vaxigrip Tetra® è risultato immunogeno nei bambini ≥ 3 anni ed è stata dimostrata la non inferiorità rispetto al vaccino trivalente inattivato per i tre ceppi comuni e la superiorità verso il ceppo B aggiuntivo [12, 19, 20].

L’efficacia clinica in infanti da 6 a 35 mesi mai vaccinati prima è stata studiata in un trial multicentrico, su larga scala, controllato con placebo. L’obiettivo principale era dimostrare l’efficacia rispetto al placebo di due dosi di vaccino nel prevenire almeno una delle seguenti condizioni: sindrome influenzale confermata in laboratorio causata da qualsiasi ceppo circolante (tipo A o B) e sindrome influenzale confermata in laboratorio causata da ceppi influenzali simili a quelli contenuti nel vaccino [21]. Vaxigrip Tetra® si è dimostrato efficace nel prevenire dal 52% al 70% circa delle ILI confermate in laboratorio [22].

SICUREZZA DI VAXIGRIP TETRA®

Il profilo di sicurezza di Vaxigrip Tetra® è stato valutato in tutti i trial clinici controllati e per tutti i gruppi d’età (vedi capitolo 5). È stato dimostrato che il profilo di sicurezza di Vaxigrip Tetra® è comparabile con quello dei vaccini trivalenti inattivati, per cui l’aggiunta del secondo lineage B non influisce sulla sicurezza e tollerabilità del vaccino. Il dolore nel sito di iniezione è stata la reazione sollecitata più comune, seguito da mal di testa, malessere e mialgia. Le reazioni diventano meno frequenti con l’aumentare dell’età dei soggetti [12].

Negli infanti da 6 a 35 mesi la valutazione della sicurezza è stata analizzata attraverso le reazioni sollecitate, nel sito di iniezione o sistemiche, dopo 7 giorni dalla vaccinazione (dopo entrambe le dosi). L’analisi è stata effettuata su soggetti vaccinati con Varigrip Tetra®, soggetti del gruppo placebo e infanti vaccinati con il vaccino trivalente inattivato. L’analisi ha mostrato che i sintomi più comuni erano l’irritabilità, il pianto, la perdita di appetito e il dolore, ma in nessun caso si è osservata una differenza significativa tra i gruppi in studio. Gli eventi avversi non sollecitati non-gravi sono stati raccolti fino al giorno 28 e gli eventi avversi gravi durante tutto il periodo in studio. I risultati mostrano una percentuale di eventi avversi gravi inferiore al 5% per tutti e tre i gruppi in studio.

INFORMAZIONE E CONSENSO

Uno dei presupposti su cui si fonda l’eticità di utilizzo di un trattamento sanitario è che esso rappresenti l’esito di una scelta responsabile da parte del soggetto o, nel caso di un minore, del genitore o del tutore.

Il consenso è strettamente associato all’informazione. Il soggetto o il genitore/tutore esprime il consenso a ricevere un determinato trattamento preventivo, diagnostico o terapeutico, dopo aver ricevuto un’adeguata informazione e dopo averla compresa. Dal punto di vista etico, il consenso informato deve essere specifico, libero e consapevole. In particolare, il soggetto o il genitore/tutore deve conoscere il trattamento, i rischi che esso comporta e le eventuali alternative. Al diritto del paziente o del genitore/tutore a essere informato corrisponde l’obbligo del sanitario di informare.

Nel caso delle vaccinazioni, gli aspetti da considerare per il consenso informato sono riconducibili alle norme generali utilizzate per tutti i trattamenti sanitari, anche se vanno considerati alcuni aspetti specifici. Innanzitutto, le vaccinazioni sono rivolte a soggetti sani e sono accompagnate da raccomandazioni di massa. Ciò non deve indurre il personale sanitario a fornire informazioni sbrigative e superficiali, ad acquisire il consenso in modo approssimativo e a somministrare i vaccini in maniera poco attenta, senza valutare con estrema attenzione tutte le possibili controindicazioni. È, pertanto, opportuno che la somministrazione del vaccino anti-influenzale nel bambino sia preceduta da un colloquio che preveda di chiarire gli eventuali dubbi del genitore e spieghi tutti i benefici individuali e collettivi.

Un aspetto etico e morale legato alla vaccinazione anti-influenzale nei bambini è che questi ultimi sono di fatto una classe vulnerabile [23] poiché non sono autonomi e, quindi, subiscono la scelta della vaccinazione senza esprimere una volontà diretta. Nello studio condotto da Bambery et al. [23] è emersa la preoccupazione che i bambini diventino un mezzo per apportare benefici a un’altra fascia di popolazione (protezione indiretta degli adulti a rischio e anziani). Queste obiezioni però sono state contestate. Anche se è vero che i bambini chiaramente non sono autonomi e, quindi, ogni scelta riguardante la loro salute è delegata alla volontà dei genitori, questi ultimi dovrebbero scegliere con il supporto del medico che, per la sua professione, deve decidere per il meglio relativamente alla salute del proprio assistito. In questo senso, è importante che si instauri un rapporto di fiducia tra medico e genitori, basato su un buon livello di comunicazione, affinché i genitori possano comprendere i rischi legati alla malattia, i benefici derivanti dalla vaccinazione e prendere una conseguente decisione nella più totale consapevolezza. Inoltre, si evidenzia che, proprio perché i bambini non possono esprimere una propria volontà, ogni scelta o atto medico rivolto verso di loro deve essere necessariamente ispirato in base alla scelta migliore per i bambini stessi.

Uno studio australiano ha valutato l’accettabilità della vaccinazione anti-influenzale da parte dei genitori [24]. Gli autori hanno dimostrato che i genitori erano riluttanti alla vaccinazione dei bambini, nonostante le evidenze scientifiche ne confermassero la validità. Le motivazioni che inducevano a questo comportamento erano la mancanza di conoscenza dell’infezione e delle possibili conseguenze gravi, l’incertezza sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini, la pubblicità negativa e i costi che dovevano essere sostenuti dalla famiglia (in Australia la vaccinazione anti-influenzale non è compresa nel programma di immunizzazione nazionale) e la riluttanza ad aggiungere un’ulteriore seduta vaccinale alle già numerose presenti in calendario. Lo studio ha anche dimostrato che, nonostante la riluttanza dei genitori verso la vaccinazione, essi vedevano nel medico o nel pediatra di riferimento una fonte affidabile di informazioni. Pertanto, la fiducia riposta negli operatori sanitari deve essere la chiave per raggiungere buone coperture vaccinali in questa particolare fascia d’età [24].

Come è stato precedentemente sottolineato, uno dei presupposti su cui si fonda l’eticità di impiego di un determinato vaccino è che esso rappresenti l’esito di una scelta responsabile da parte del soggetto e ciò è possibile solo grazie a una corretta informazione che avviene tramite una comunicazione efficace. Questo concetto è ancora più importante quando la scelta del trattamento non può essere presa dalla persona stessa, ad esempio i bambini, ma deve essere delegata. In questo caso la responsabilità è ancora maggiore, perché si compie una scelta che non influenzerà la propria vita ma quella di un altro individuo. In uno studio australiano condotto da Witteman et al. [25] sono stati valutati vari approcci comunicativi per indirizzare le decisioni dei genitori in riferimento alla vaccinazione anti-influenzale nei bambini. Lo studio ha dimostrato che l’approccio migliore è un’integrazione tra l’informazione dei rischi della malattia e dei benefici della vaccinazione considerando i valori in cui credono i genitori. Questi ultimi dovrebbero compiere la scelta in linea con i loro valori ma tenendo in considerazione le evidenze scientifiche a disposizione [25].

IL BENE COMUNE: EQUITÀ E DIFFERENZA

La possibilità di disporre di un vaccino quadrivalente con un profilo di efficacia e sicurezza favorevole in grado di risparmiare casi e complicanze dovrebbe comportare, come logica conseguenza, la possibilità di fornirlo a tutti coloro che ne possano beneficiare. La limitatezza delle risorse disponibili in Sanità pone il problema se sia possibile garantire questa vaccinazione a tutti. Pertanto, è necessario fornire criteri per guidare la scelta. Quali sono i criteri che dovrebbero guidare la scelta?

Assicurare giustizia in Sanità significa sia rispettare l’uguaglianza tra tutti gli esseri umani sia rispondere alle necessità specifiche di ciascun soggetto in relazione al proprio stato di salute/malattia. La protezione della salute e della vita è il valore fondamentale. Pertanto, la valutazione dell’impatto economico dell’influenza nella popolazione in generale e, nello specifico, nei bambini dovrebbe considerare non solo i costi diretti (visite mediche, farmaci, ospedalizzazione) e indiretti (es. perdita di giorni di lavoro), ma anche i costi intangibili (dolore e sofferenza generati dalla condizione di malattia).

Lo studio italiano di Lai et al. [26, 27] ha valutato l’impatto economico globale delle epidemie stagionali tra il 1999 e il 2008 stimando un costo complessivo delle 9 stagioni di circa 15 miliardi di Euro, pari a un costo medio stagionale di oltre 1,3 miliardi di Euro. A questi elevati costi occorre aggiungere i relativi costi intangibili causati dall’influenza ma che sono difficilmente quantificabili.

L’analisi di impatto clinico ed economico della vaccinazione anti-influenzale dei bambini contenuta in questo report (vedi capitolo 6), dall’altra parte, mette in evidenza che la vaccinazione anti-influenzale dei bambini dai 6 mesi ai 6 anni permette di evitare un notevole numero di casi di influenza, consultazioni mediche, accessi al Pronto Soccorso e ospedalizzazioni con un guadagno in QALYs e riduzione della spesa sanitaria. Inoltre, l’utilizzo del vaccino quadrivalente mostra un profilo economico favorevole rispetto l’immunizzazione con il vaccino trivalente e la non vaccinazione, tanto da dover essere considerato il vaccino di scelta per la popolazione pediatrica.

L’offerta universale della vaccinazione anti-influenzale per i bambini potrebbe far sorgere un problema riguardo all’equità dell’accesso alle cure in quanto i gruppi maggiormente colpiti dalle complicanze sono gli anziani. Le politiche di vaccinazione della fascia pediatrica non hanno come obiettivo quello di escludere dall’offerta gli anziani, anzi uno degli obiettivi è raggiungere buone coperture vaccinali nei bambini per instaurare un’immunità di gregge che possa proteggere anche gli anziani, gli adulti e i bambini a rischio e tutte quelle categorie di persone che per gravi problemi di salute non possono usufruire della vaccinazione. Dato che le precedenti politiche di vaccinazione delle sole classi a rischio non hanno condotto ai risultati auspicati, negli ultimi anni è stata ripensata la strategia ottimale per garantire la massima immunizzazione per l’intera popolazione. La vaccinazione per tutti i soggetti appartenenti a una fascia d’età (nel nostro caso i bambini) può contribuire al raggiungimento di coperture vaccinali maggiori anche per i soggetti a rischio al fine di ottimizzare i benefici della vaccinazione.

Nel Regno Unito, vista l’esperienza acquisita con gli studi pilota, è stata condotta un’analisi di equità al fine di capire se vi erano minoranze che rimanevano escluse dall’offerta vaccinale e di valutare l’eventuale necessità di migliorare le politiche vaccinali [28]. Le informazioni sulla vaccinazione erano fornite tramite materiale di divulgazione, in diverse lingue, per garantire la comprensione alle famiglie di ogni etnia, razza e nazionalità. I risultati dell’analisi hanno dimostrato che vi erano categorie di bambini che rimanevano escluse per motivi culturali e religiosi poiché nel Regno Unito è utilizzato il vaccino vivo attenuato a somministrazione intra-nasale (LAIV) che contiene gelatina di origine suina. Pertanto, i bambini di religione ebraica o musulmana e i bambini appartenenti a famiglie vegane non erano vaccinati.

Ruolo della vaccinazione anti-influenzale universale nei bambini

Bambery et al. hanno condotto uno studio con l’obiettivo di valutare l’estensione della campagna di vaccinazione a un target pediatrico analizzando: l’efficacia e la sicurezza della vaccinazione dei bambini e il vantaggio che può offrire nei confronti della comunità; i potenziali costi morali correlati e gli aspetti pratici organizzativi. L’efficacia e la sicurezza della vaccinazione sono state valutate analizzando i dati provenienti da revisioni sistematiche [29, 30]. Inoltre, gli autori [23] hanno analizzato anche i risultati di studi condotti con l’obiettivo di valutare non solo il benefico clinico della vaccinazione ma anche gli aspetti sociali. Ad esempio, King et al. hanno dimostrato che la vaccinazione dei bambini contribuisce a diminuire l’assenteismo scolastico e anche l’assenteismo lavorativo dei genitori [31].

Infine, è stato valutato il possibile beneficio della vaccinazione dei bambini verso la popolazione anziana. Alcuni studi matematici [32, 33] hanno stimato che la vaccinazione del 20% dei bambini in età scolastica consentirebbe una riduzione della mortalità adulta in maggior misura rispetto alla vaccinazione del 90% dei soggetti di età superiore ai 65 anni. Questo dato è di fondamentale importanza anche in una prospettiva logistica e gestionale, in quanto coperture vaccinali così elevate negli anziani non sono state mai raggiunte e difficilmente lo saranno in Italia; invece il target del 20% della popolazione pediatrica è un obiettivo più facilmente perseguibile. Gli studi condotti in Giappone durante il periodo di obbligo vaccinale hanno dimostrato che la mortalità per tutte le cause era diminuita di almeno 37.000 casi (principalmente anziani) per ogni anno in cui è stato eseguito il programma, con conseguente riduzione di due terzi dei decessi correlati all’influenza [32]. Anche uno studio americano ha confermato questo dato: in Texas un incremento dei tassi di copertura (20-25%) è stato correlato a una riduzione dell’assistenza medica per malattie respiratorie acute del 18% tra gli adulti [33].

Per quanto riguarda l’aspetto discusso precedentemente riguardante il fatto che i bambini possano essere usati solo come strumento per apportare benefici ad adulti e anziani, questa affermazione non è corretta in quanto è stato dimostrato che il vaccino serve prioritariamente a immunizzare i bambini. Nonostante il rischio di complicanze sia più elevato negli anziani, è necessario ricordare che anche i bambini piccoli sono a rischio di sviluppare complicanze gravi. Ad esempio, durante la stagione 2016-2017 in USA si sono verificati 101 decessi associati all’influenza in bambini e che quelli con età inferiore a 5 anni (specialmente gli infanti < 6 mesi, che non possono essere vaccinati) erano a più alto rischio di sviluppare complicanze [34]. Per questo motivo, la vaccinazione ha come obiettivo la riduzione del rischio di morte e morbosità nei bambini, con il vantaggio che le alte coperture in questa fascia d’età possano contribuire a un’immunità di gregge di cui beneficiano non solo gli anziani ma anche gli adulti e gli stessi bambini con età inferiore a 6 mesi o con condizioni patologiche.

Considerazioni conclusive

Le prospettive future per la società dovrebbero essere ripensate in base alle nuove sfide che ci attendono e che riguardano soprattutto l’incalzante globalizzazione e l’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione. Questi due fattori sono alla base di problematiche non solo di razionalizzazione delle risorse ma anche etiche. Per affrontare nel modo migliore questi temi è necessario, oggi ancor più di qualche anno fa, compiere delle scelte ragionate e che abbiano una prospettiva a lungo termine.

Riguardo alla vaccinazione anti-influenzale universale nei bambini, è stato ampiamente dimostrato in questo report di HTA come essa si possa considerare la scelta migliore per il futuro, per garantire la protezione diretta e indiretta di tutta la popolazione attraverso misure efficaci e efficienti e che assicurino l’equità dell’offerta vaccinale.

Dal momento che l’immunizzazione dei bambini sani consentirebbe di ridurre la trasmissione e la circolazione del virus influenzale anche nelle altre fasce di popolazione (compresi gli anziani), essa diverrebbe un esempio di solidarietà e di buona pratica di Salute Pubblica, avvicinando due generazioni, unite tra loro dalla comune alleanza contro la diffusione di una malattia infettiva prevenibile.

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CAPITOLO 11: Punti chiave per i decisori

S BOCCALINI 1, D PANATTO 2,3, F S MENNINI 4,5, A MARCELLUSI 4,5, D AMICIZIA 2,3, A BECHINI 1, PL LAI 2,3, M INNOCENTI 6, G SARTOR 6, F MANZI 6, F ZANGRILLO 2, E RIZZITELLI 2, M IOVINE 2, C BINI 4, A RINALDI 7, F TRIPPI 7, AM FERRIERO 7, G CHECCUCCI LISI 7, P BONANNI 1

Epidemiologia dell’influenza stagionale nei bambini e negli adolescenti: un’analisi dei dati italiani

  • I virus influenzali sono classificati sulla base delle caratteristiche delle proteine interne, della proteina di matrice e della nucleoproteina e si distinguono in virus di tipo A, B, C e D.

  • I virus di tipo A e di tipo B sono la causa delle epidemie stagionali invernali.

  • I virus di tipo A circolano mediamente con maggiore frequenza rispetto ai virus di tipo B.

  • I virus di tipo B, anche se difficilmente rappresentano più del 50% dei casi di influenza, nei periodi interpandemici possono rappresentare una porzione importante di casi e colpiscono principalmente i bambini in età scolare.

  • Dal 1985 circolano due lineages di virus B (Victoria e Yamagata) e dal 2002 vi è un notevole grado di co-circolazione di entrambi i lineages.

  • La prevalenza del virus B in Europa e in Italia è molto variabile come dimostrato dalle ultime stagioni influenzali.

  • In Italia è attivo dal 1999 un Sistema di Sorveglianza dell’Influenza (InfluNet) suddiviso in sorveglianza epidemiologica e sorveglianza virologica. InfluNet monitora, tramite la rete dei medici sentinella (Medici di Medicina Generale e Pediatri di Famiglia), circa il 2% della popolazione residente in Italia. Ogni anno il periodo di sorveglianza inizia alla 42a settimana e termina alla 17a settimana dell’anno seguente (generalmente l’ultima settimana di aprile).

  • In Italia, annualmente circa il 5-10% della popolazione adulta e il 20% della popolazione pediatrica sono colpiti da sindrome “sindrome simil-influenzale” (Influenza-Like Illness – ILI).

  • L’incidenza di ILI varia da stagione a stagione per intensità, inizio e durata del periodo epidemico.

  • Le ILI hanno caratteristiche età-dipendenti: l’incidenza decresce all’aumentare dell’età. In media ogni anno sono colpiti da ILI il 23,3% dei bambini da 0 a 4 anni e il 17% dei soggetti appartenenti alla classe d’età 5-14 anni.

  • La sorveglianza virologica evidenzia che mediamente circa il 32% dei tamponi oro-faringei prelevati da soggetti con ILI sono positivi per influenza.

  • La classe pediatrica ha un ruolo preminente nella diffusione dei virus influenzali tanto che è stato ipotizzato che i bambini siano i driver della malattia.

Il disease burden dell’influenza nella popolazione pediatrica

  • I bambini di età inferiore ai 5 anni, soprattutto se affetti da patologie croniche, hanno un rischio maggiore rispetto alla popolazione pediatrica generale di sviluppare complicanze influenzali, che potrebbero richiedere il ricovero ospedaliero e talvolta causare la morte.

  • Complicanze moderate dell’influenza sono le sinusiti, le otiti medie e le convulsioni febbrili. Complicanze gravi dell’influenza sono, invece, la polmonite, la miocardite, l’encefalite, la miosite/rabdomiolisi e l’insufficienza renale acuta da disidratazione grave.

  • La complicanza grave più frequente è la polmonite, che si presenta in circa 10 casi su 1.000 casi di influenza in età pediatrica. Inoltre, il 10% circa delle polmoniti ospedalizzate ha come eziologia un virus influenzale.

  • L’influenza risulta essere associata al 10% dei ricoveri per cause respiratorie in bambini e giovani di età inferiore ai 18 anni. Nella popolazione pediatrica i più elevati tassi di ospedalizzazione per complicanze dell’influenza si riscontrano nei bambini con età inferiore a sei mesi. Il ricovero ospedaliero è più frequente nei bambini con condizioni pre-esistenti, quali asma, prematurità e ritardo nello sviluppo.

  • Il tasso annuale di morti dovute all’influenza nei bambini varia di stagione in stagione in relazione ai diversi tipi e sottotipi di virus dell’influenza in circolazione. A livello mondiale, nei bambini di età inferiore ai 5 anni sono stimati 28.000-111.500 morti all’anno a causa delle infezioni acute delle basse vie respiratorie associate all’influenza.

Vaccini anti-influenzali attualmente disponibili in Italia per la prevenzione dell’influenza nei bambini

  • In Italia sono disponibili per l’immunizzazione attiva contro l’influenza degli infanti e dei bambini vaccini trivalenti inattivati a subunità o split (TIV) e vaccini quadrivalenti split.

  • I vaccini trivalenti contengono gli antigeni di due sottotipi di virus A e a un solo lineage di tipo B.

  • I TIV sono da lungo tempo disponibili e numerosi sono gli studi pubblicati sull’effectiveness, sulla sicurezza e tollerabilità. L’effectiveness dei TIV è condizionata dalla corrispondenza dei ceppi contenuti nel vaccino e i ceppi circolanti nella stagione considerata, ovvero dal livello di matching del virus B.

  • Le revisioni sistematiche pubblicate riportano un’effectiveness dei TIV tra il 59% e il 65%.

  • I TIV attualmente disponibili sono sicuri e ben tollerati nei bambini. Gli eventi severi sono rari. Tra gli eventi avversi più frequenti figurano sintomi locali al sito di inoculo, dolore, rossore, gonfiore o indurimento. Tra i sintomi sistemici sono segnalati più frequentemente mal di testa, mialgia, malessere e affaticamento così come irritabilità e sonnolenza specialmente nei bambini più piccoli.

  • I vaccini quadrivalenti, contenenti entrambi i lineage B, conferiscono una maggiore protezione contro i virus influenzali di tipo B perché il ceppo B circolante in una stagione potrebbe essere quello non contenuto nel vaccino trivalente (mismatch o mancata corrispondenza tra ceppi vaccinali e virus circolanti) come successo anche nella stagione influenzale in corso 2017-2018.

  • Negli studi clinici controllati Fluarix Tetra® ha dimostrato la non inferiorità immunogenica nei confronti dei ceppi in comune con il TIV di confronto e la superiorità rispetto al ceppo B aggiuntivo nei bambini d’età ≥ 3 anni. Il profilo di sicurezza è risultato sovrapponibile con quello dei TIV.

  • Nei soggetti di 6-35 mesi l’efficacia di Fluarix Tetra® è stata stimata al 63% per i casi di influenza moderata/severa e al 50% per tutti i casi di influenza.

Il vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra®

  • Negli studi registrativi il vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra® ha dimostrato la non inferiorità immunogenica nei confronti dei ceppi in comune con il vaccino trivalente di confronto e la superiorità rispetto al ceppo B aggiuntivo nelle popolazioni > 3 anni.

  • Nella popolazione pediatrica di 6-35 mesi il vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra® ha dimostrato di essere efficace nella prevenzione delle sindromi influenzali confermate in laboratorio.

  • ll vaccino anti-influenzale quadrivalente Vaxigrip Tetra® ha un profilo clinico di sicurezza e reattogenicità sovrapponibile ai vaccini trivalenti con i quali è stato confrontato negli studi clinici controllati.

La vaccinazione anti-influenzale con vaccino quadrivalente in Italia: una analisi di costo-utilità nella popolazione pediatrica

  • Al fine di valutare, a livello nazionale, l’impatto in termini di costo-efficacia della vaccinazione anti-influenzale con vaccino quadrivalente nei bambini appartenenti alla classe di età 6 mesi-6 anni, rispetto a una strategia di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino trivalente (TIV) e rispetto all’assenza di vaccinazione, è stato sviluppato un modello statico di costo-utilità considerando come misura di outcome principale gli anni di vita guadagnati aggiustati per la qualità della vita (Quality Adjusted Life Years - QALYs).

  • L’analisi di costo-utilità è stata effettuata secondo la prospettiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ed è stata condotta considerando due coorti di bambini che, nella stessa stagione influenzale, abbiano avuto la possibilità di usufruire del solo vaccino quadrivalente, del solo vaccino trivalente o che non abbiano avuto la possibilità di usufruire di alcuna vaccinazione anti-influenzale.

  • Una strategia di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente rispetto a quella con il vaccino trivalente nei bambini di età 6 mesi-6 anni con l’attuale copertura vaccinale (91.787 pazienti vaccinati in Italia) permetterebbe di evitare 850 casi di influenza (di cui 225 non ricorreranno a visite), 530 consultazioni mediche, 65 accessi al Pronto Soccorso e 3 ospedalizzazioni; tali riduzioni si tradurrebbero in un guadagno pari a 12,8 QALYs.

  • Una strategia di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente rispetto all’assenza di vaccinazione permetterebbe di evitare 7.057 casi di influenza (di cui 2.117 non ricorreranno a visite), 4.367 consultazioni mediche, 573 accessi al Pronto Soccorso e 26 ospedalizzazioni; tali riduzioni si tradurrebbero in un guadagno pari a 107 QALYs.

  • L’utilizzo del vaccino quadrivalente potrebbe generare una riduzione di spesa in termini di accessi al Pronto Soccorso pari a € 19.306 rispetto al vaccino trivalente e pari a € 169.666 rispetto all’assenza di vaccinazione anti-influenzale, mentre in termini di consultazioni mediche potrebbe generare una riduzione di spesa rispettivamente pari a € 10.874 (vs TIV) e pari a € 89.589 (vs no-vaccinazione).

  • Combinando costi ed efficacia, il modello di valutazione economica ha stimato un rapporto incrementale di costo-efficacia (ICER) pari a € 27.538/QALY per il vaccino anti-influenzale quadrivalente rispetto a una strategia di vaccinazione con il vaccino trivalente e un ICER pari a € 21.194/QALY per il vaccino anti-influenzale quadrivalente rispetto all’assenza di vaccinazione.

  • Ipotizzando coperture vaccinali più alte (40%), a fronte dello stesso valore di ICER, il numero di eventi evitati potrebbe aumentare notevolmente (13.367 casi di influenza, 8.332 consultazioni mediche, 4.010 non consultazioni mediche, 1.024 accessi al Pronto Soccorso e 53 ospedalizzazioni per QIV vs TIV e 110.931 casi di influenza, 68.649 consultazioni mediche, 33.279 non consultazioni mediche, 9.003 accessi al Pronto Soccorso, 408 ospedalizzazioni e 2 morti per QIV vs nessuna vaccinazione), generando un guadagno rispettivamente pari a 201.9 QALYs e pari a 1.681,6 QALYs.

  • Le curve di accettabilità di costo-efficacia ottenute mediante 1.000 simulazioni Monte Carlo mostrano come, con una disponibilità a pagare per QALY guadagnato pari a € 35.000, la probabilità che il vaccino quadrivalente sia costo-efficace rispetto al vaccino trivalente è pari al 60%, mentre la probabilità che il vaccino quadrivalente sia costo-efficace rispetto all’assenza di vaccinazione risulta > 88%.

  • Il modello di costo-utilità ha dimostrato come la vaccinazione anti-influenzale quadrivalente sia un’alternativa costo-efficace rispetto a una strategia di prevenzione con vaccino trivalente e rispetto all’assenza di vaccinazione anti-influenzale.

Strategie di vaccinazione anti-influenzale nei bambini

  • Nel Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (PNPV 2017-2019) la vaccinazione anti-influenzale è raccomandata ai soggetti di età pari o superiore ai 65 anni e a quelli appartenenti alle categorie a maggiore rischio di patologia complicata. La vaccinazione non è raccomandata per i bambini non a rischio per patologia.

  • Nelle Circolari annuali per la prevenzione e il controllo dell’influenza stagionale del Ministero della Salute la vaccinazione universale anti-influenzale per i bambini sani continua a non essere raccomandata per mancanza di prove scientifiche di efficacia sul campo (effectiveness), anche se alcune Nazioni hanno già iniziato ad adottarla con evidenze positive di impatto.

  • Il Calendario Vaccinale per la Vita 2016, stilato in accordo con le principali società scientifiche e federazioni (SItI, SIP, FIMP, FIMMG), suggerisce che i bambini dai 6 mesi ai 6 anni di età dovrebbero essere considerati una fascia prioritaria a cui offrire annualmente la vaccinazione universale per l’elevata frequenza di influenza in questa fascia d’età e il loro ruolo di principali responsabili della trasmissione del virus nella popolazione.

  • Secondo l’OMS i bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni hanno un elevato disease burden associato all’influenza e per questo motivo dovrebbero essere presi in considerazione per la vaccinazione anti-influenzale. In particolare, i bambini di età inferiore ai 2 anni sono da considerarsi un target prioritario per la vaccinazione, in quanto hanno un elevato rischio di sviluppare un’influenza severa (con maggiori complicanze e ospedalizzazioni). I bambini di età inferiore ai 6 mesi, pur rappresentando una classe a rischio, tuttavia non sono eleggibili per la vaccinazione, ma possono essere protetti con l’immunizzazione materna e con la vaccinazione dei contatti stretti.

  • In alcuni Paesi la vaccinazione universale contro l’influenza nei primi anni di vita è già stata introdotta, seppur con diverse strategie.

  • Laddove la vaccinazione anti-influenzale universale in età pediatrica è stata raccomandata sono disponibili evidenze dell’impatto diretto e indiretto di tale strategia, in termini di riduzione di visite mediche, accessi al Pronto Soccorso, ospedalizzazioni per complicanze respiratorie, mortalità e assenteismo scolastico.

Il ruolo della comunicazione nell’accettabilità della vaccinazione anti-influenzale

  • Comunicazione, health literacy, empowerment: la prevenzione e la promozione della salute non possono prescindere dal coinvolgimento della popolazione generale attraverso una corretta informazione.

  • La percezione del rischio è uno dei fattori fondamentali per l’accettazione di un programma di immunizzazione e sotto questo aspetto la vaccinazione anti-influenzale è particolarmente vulnerabile. L’influenza è percepita dalla popolazione come una malattia non grave e, pertanto, non è avvertita la necessità di proteggersi attraverso la vaccinazione.

  • L’errata percezione del rischio condiziona la capacità degli individui di comprendere le reali potenzialità protettive della vaccinazione. Per quanto riguarda la vaccinazione anti-influenzale nell’età pediatrica molti genitori non comprendono che il rischio di complicanze associate all’influenza è molto più alto rispetto al rischio minimo di effetti collaterali dovuti al vaccino.

  • I “professionisti della salute” sono ancora considerati la fonte di informazioni più importante e affidabile sulle malattie prevenibili con le vaccinazioni.

  • Imparare l’arte della comunicazione è una necessità urgente per tutti gli operatori sanitari.

  • Il counselling vaccinale è un ponte tra il professionista e il “cliente”, l’opportunità di creare un rapporto di fiducia, basato sulla comprensione e l’empatia, con l’obiettivo di permettere al “cliente” di affrontare in modo autonomo e consapevole i problemi di salute; un modo per favorire il cambiamento, comprendendo i bisogni e le richieste dell’altro.

  • Accanto alla relazione tra operatore sanitario e assistito/paziente, dove la fiducia e il rapporto umano hanno un ruolo preponderante, la diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione, social network in primis, pone tutti, dagli operatori sanitari agli stakeholders, davanti a una sfida, a un mondo nuovo, con infinite possibilità per raggiungere il singolo cittadino e aiutarlo a migliorare il proprio stato di salute attraverso scelte corrette e consapevoli.

  • I social network hanno un’enorme potenzialità nel veicolare informazioni in modo capillare, con costi inferiori rispetto ai sistemi tradizionali.

  • È impossibile parlare di strategie di prevenzione senza tenere nella giusta considerazione l’health literacy: essa, infatti, è un aspetto fondamentale dell’empowerment e comprende le capacità cognitive e sociali dell’individuo che lo rendono capace di accedere alle informazioni, comprenderle e utilizzarle in modo da promuovere e mantenere un buon livello di salute.

  • Ancora una volta, si afferma l’urgenza di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della protezione data dai vaccini: questo deve essere un processo dove gli operatori sul campo (medici vaccinatori, ma anche personale infermieristico e ostetrico, assistenti sanitari, …) collaborino con il mondo delle istituzioni e del giornalismo scientifico nell’ottica di una comunicazione chiara, efficace e pertanto non improvvisata, ma sostenuta da un’adeguata formazione per rafforzare la fiducia delle famiglie sulle vaccinazioni e nei confronti dell’intera comunità scientifica.

Impatto organizzativo: il ruolo del pediatra e dell’igienista

  • In Italia, le coperture vaccinali contro l’influenza nei soggetti più giovani sono bassissime, con valori più alti (ma sempre insoddisfacenti) in alcune Regioni Italiane (Puglia, Toscana e Campania).

  • L’adozione di una vaccinazione anti-influenzale universale per l’età pediatrica presenta alcune criticità organizzative: molti vaccini sono previsti per i primi anni di vita dal PNPV 2017-2019; vaccinazione da ripetere a ogni stagione influenzale in un periodo di tempo molto ristretto; doppia dose per i bambini mai vaccinati in precedenza; ulteriore sovraccarico di lavoro per gli operatori sanitari coinvolti nel recupero dei soggetti inadempienti a seguito della legge sull’obbligo vaccinale per l’ammissione a scuola; problemi di compliance alla vaccinazione per iniezioni ripetute e scarsa percezione del burden dell’influenza nei bambini da parte dei genitori e degli stessi operatori sanitari.

  • La vaccinazione universale anti-influenzale per l’età pediatrica presenta anche delle opportunità organizzative: le coperture vaccinali elevate (anche se non ottimali) per le principali vaccinazioni potrebbero avere un effetto trascinamento per la vaccinazione anti-influenzale.

  • Per raggiungere idonei obiettivi di copertura vaccinale è fondamentale la creazione di un rapporto di fiducia, un dialogo diretto e una grande collaborazione tra gli operatori della Sanità Pubblica e i Pediatri di Famiglia, con condivisione degli obiettivi e delle strategie.

  • La vaccinazione dei bambini fino ai 10 anni di età potrebbe essere affidata ai Pediatri di Famiglia mentre per i soggetti di 11-16 anni potrebbe essere anche ipotizzata una vaccinazione in ambito scolastico. Inoltre, nel recente Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i Medici Pediatri del 28 marzo 2018, tra gli “Obiettivi prioritari di Politica Sanitaria Nazionale”, è prevista la partecipazione attiva dei PdF nelle vaccinazioni e nelle relative attività collegate, ovviamente nell’ambito degli Accordi Integrativi Regionali.

Aspetti etici e sociali della vaccinazione anti-influenzale nei bambini

  • All’interno delle valutazioni di HTA, insieme ai dati relativi alla sicurezza, all’efficacia, all’impatto economico e organizzativo di una strategia vaccinale, è essenziale valutare l’implicazione etica, che i decision-makers e gli stakeholders devono considerare per poter prendere decisioni consapevoli.

  • Avere a disposizione un vaccino per difendersi da un’infezione e dalle sue possibili complicanze determina una serie di vantaggi: in termini di salute e qualità della vita; economici diretti (riduzione dei costi per l’assistenza sanitaria, trattamenti farmacologici, eventuale ricovero ospedaliero), indiretti (perdita di giornate lavorative o di scuola) e intangibili (sofferenza, dolore, dipendenza) e sociali attraverso il meccanismo dell’immunità di gregge (la vaccinazione a tutela della restante popolazione non vaccinata).

  • Alla base delle considerazioni etiche deve esserci una conoscenza approfondita delle dinamiche epidemiologiche, del burden della malattia e dell’efficacia e sicurezza dei vaccini anti-influenzali a disposizione.

  • Uno dei presupposti su cui si fonda l’eticità di utilizzo di un vaccino è che esso rappresenti l’esito di una scelta responsabile da parte del soggetto o, nel caso di un minore, del genitore o del tutore. La scelta consapevole è possibile solo grazie a una corretta informazione che avviene tramite una comunicazione efficace.

  • Varigrip Tetra® si è dimostrato sicuro, ben tollerato ed efficace nei bambini.

  • La strategia di immunizzazione universale dei bambini con il vaccino quadrivalente ha mostrato un profilo economico favorevole, pertanto essa si può considerare la scelta migliore per garantire la protezione diretta nei bambini e indiretta di tutta la popolazione.

J Prev Med Hyg. 2018 May 30;59(1 Suppl 1):E85–E86.

L’Health Technology Assessment della vaccinazione universale contro l’influenza per i bambini: un’opportunità per il futuro

S BOCCALINI 1, D PANATTO 2,3, FS MENNINI 4,5, A MARCELLUSI 4,5, P BONANNI 1

In Italia, in base ai dati dell’ultimo decennio, l’influenza stagionale risulta avere un’ampia variabilità di incidenza, inizio della stagione epidemica e durata. Di fatto, le sindromi influenzali (Influenza-like illness - ILI) colpiscono ogni anno il 4-12% della popolazione italiana [1]. Le caratteristiche epidemiologiche e virologiche dell’influenza sono età-dipendenti: l’incidenza di ILI è massima nei bambini di 0-4 anni, seguita dalla fascia 5-14 anni [1]. L’incidenza decresce al crescere dell’età. Infatti, la sorveglianza InfluNet conferma i risultati di altri studi/sorveglianze da cui si evidenzia che i bambini da 0 a 5 anni si ammalano d’influenza circa 10 volte di più rispetto all’anziano e circa 5 volte di più rispetto all’adulto.

L’influenza può determinare complicanze a carico dell’apparato respiratorio, del sistema nervoso centrale, del cuore e dei reni. Queste complicanze possono richiedere anche l’ospedalizzazione. Il tasso di ospedalizzazione per influenza varia in funzione dell’età (sono a maggior rischio gli anziani e i bambini sotto i 2 anni di vita) e per patologie croniche pre-esistenti. L’influenza, inoltre, si rende responsabile ogni anno di un eccesso di mortalità.

La sorveglianza virologica mostra che il virus dell’influenza A circola più frequentemente del virus B. Dagli anni ’80 è stata osservata una progressiva diversificazione del tipo B in due lineages distinti: B/Victoria e B/Yamagata. Attualmente i due lineage co-circolano nel mondo con variabilità stagionale. Il virus B colpisce più frequentemente i bambini e gli adolescenti rispetto agli anziani.

Attualmente sono disponibili diversi tipi di vaccini anti-influenzali: vaccini split e a subunità, con composizione trivalente o quadrivalente, con o senza adiuvante. Tuttavia, ognuno dei vaccini a disposizione ha una sua specifica appropriatezza di utilizzo e somministrazione [2].

Vaxigrip Tetra® è un vaccino anti-influenzale split a virus inattivati [3] indicato per l’immunizzazione attiva di soggetti adulti e bambini a partire dai 6 mesi di età per la prevenzione della malattia influenzale causata da due sottotipi di virus di tipo A e due tipi di virus di tipo B. Il 18 dicembre 2017 a livello europeo è stata approvata l’estensione dell’indicazione per i soggetti più giovani (6-36 mesi). A marzo 2018 è stata recepita l’estensione anche a livello italiano e, pertanto, il vaccino sarà utilizzabile per tutti i soggetti dai 6 mesi dalla prossima stagione influenzale 2018-2019.

In base alle circolari annuali del Ministero della Salute, la vaccinazione anti-influenzale ogni anno è raccomandata per i soggetti ≥ 65 anni di età e per i soggetti a rischio di complicanze. Nonostante la disponibilità di vaccini efficaci e sicuri, tuttavia, a oggi non sono stati raggiunti gli obiettivi minimi (75%) e ottimali (95%) di copertura vaccinale nei soggetti anziani e nei gruppi a rischio, come previsto dal PNPV 2017-19 e dall’ultima circolare del Ministero della Salute. Al momento, in Italia la vaccinazione anti-influenzale nella fascia pediatria è raccomandata solo per i soggetti a rischio [4, 5]. Nel Calendario Vaccinale per la Vita 2016 [6] della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, della Società Italiana di Pediatria, della Federazione Italiana Medici Pediatri e della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, tuttavia, sono evidenziati numerosi aspetti per considerare il bambino, anche quello sano, come target di interesse per la vaccinazione contro l’influenza.

Negli ultimi anni, anche a livello scientifico, è molto dibattuta la possibilità di adottare un programma di vaccinazione universale anti-influenzale per i bambini (fascia di età maggiormente coinvolta dalle epidemie stagionali di influenza), oltre che per i soggetti anziani e le persone a rischio per condizione patologica sottostante o per attività lavorativa di interesse collettivo. Alcuni paesi (a esempio, Regno Unito, USA, Giappone, Austria, Finlandia, Lituania, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia) hanno già adottato questa strategia di prevenzione, con evidenze di impatto clinico del programma vaccinale non solo nei bambini ma anche nei soggetti anziani.

È possibile ipotizzare che la strategia di vaccinazione universale dei bambini permetterebbe di superare il problema delle basse coperture vaccinali nella fascia pediatrica andando a proteggere direttamente i bambini a rischio per patologia (asmatici, ecc.) ma anche proteggendo indirettamente le altre fasce d’età (adulti a rischio e anziani) tramite la riduzione della trasmissione del virus nella popolazione.

Se da una parte questa vaccinazione estensiva determina un impegno economico (anche se i vaccini anti-influenzali non sono particolarmente costosi) e organizzativo, dall’altra parte permetterebbe di ridurre notevolmente i costi associati alla malattia stessa e alle sue complicanze per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e Regionale.

L’analisi di costo-utilità ha dimostrato come l’utilizzo di un programma di vaccinazione anti-influenzale con il vaccino quadrivalente nei bambini con età 6 mesi-6 anni possa tradursi in un aumento della qualità della vita e in un investimento costo-efficace dal punto di vista del SSN. Infatti, il modello di valutazione economica ha stimato un rapporto incrementale di costo-efficacia (ICER) pari a € 27.538/QALY per il vaccino anti-influenzale quadrivalente rispetto a una strategia di vaccinazione con il vaccino trivalente e un ICER pari a € 21.194/QALY per il vaccino anti-influenzale quadrivalente rispetto all’assenza di vaccinazione anti-influenzale.

L’introduzione di questa nuova strategia di vaccinazione, tuttavia, non può prescindere dal coinvolgimento della popolazione generale attraverso una corretta informazione. Infatti, la percezione del rischio di malattia è uno dei fattori fondamentali per l’accettazione di un programma di immunizzazione e sotto questo aspetto la vaccinazione anti-influenzale risulta particolarmente vulnerabile: l’influenza, infatti, è percepita dalla popolazione come una malattia non grave e, pertanto, non è avvertita la necessità di proteggersi attraverso la vaccinazione. Per questo motivo gli operatori sanitari avranno il ruolo fondamentale di fonte di informazioni affidabile per poter rendere questa strategia di immunizzazione efficace. Tuttavia, gli operatori sanitari dovranno migliorare le proprie capacità comunicative per permettere ai genitori/tutori di affrontare in modo autonomo e consapevole la scelta vaccinale e per contrastare la sempre maggiore diffusione di informazioni non corrette sulle vaccinazioni attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, come i social network.

L’adozione di una vaccinazione anti-influenzale universale per l’età pediatrica presenta alcune criticità organizzative (molti vaccini sono previsti per i primi anni di vita, ripetizione annuale, sovraccarico di lavoro degli operatori sanitari per recupero degli inadempienti). È quindi fondamentale che si crei un rapporto di fiducia, un dialogo diretto e una grande collaborazione tra gli operatori della Sanità Pubblica e i Pediatri di Famiglia, con condivisione degli obiettivi e delle strategie. In particolare, la vaccinazione dei bambini fino ai 10 anni di età potrebbe essere affidata ai Pediatri di Famiglia mentre per i soggetti di 11-16 anni potrebbe essere anche ipotizzata una vaccinazione in ambito scolastico.

Da un punto di vista etico, avere a disposizione un vaccino sicuro, ben tollerato ed efficace per difendersi da un’infezione e dalle sue possibili complicanze determina una serie di vantaggi: in termini di salute e qualità della vita; economici diretti (riduzione dei costi per l’assistenza sanitaria, trattamenti farmacologici, eventuale ricovero ospedaliero), indiretti (perdita di giornate lavorative o di scuola) e intangibili (sofferenza, dolore, dipendenza) e sociali attraverso il meccanismo dell’immunità di gregge (la vaccinazione a tutela della restante popolazione non vaccinata). La scelta responsabile da parte del soggetto o, nel caso di un minore, del genitore o del tutore, tramite una comunicazione efficace è il presupposto su cui si fonda l’eticità di utilizzo di qualsiasi vaccino, come quello anti-influenzale per una popolazione particolarmente vulnerabile come quella pediatrica.

Si fa presente, tuttavia, che in questo lavoro non è stato considerato il beneficio che la vaccinazione anti-influenzale apporterebbe alla lotta all’antibiotico resistenza (AMR). È, infatti, noto che anche i vaccini che prevengono infezioni virali come l’influenza sono in grado di contrastare l’AMR dal momento che riducono il numero di malattie a eziologia virale evitando quindi terapie antibiotiche inappropriate o necessarie a trattare sovra-infezioni batteriche [7]. I suddetti meccanismi sono stati documentati in seguito all’introduzione di vaccini anti-influenzali [8]. Tali evidenze sono state riprese, recentemente, anche dal “Decalogo per il corretto uso degli antibiotici e per il contenimento delle resistenze batteriche in Italia” pubblicato dal Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica (GISA) [9]. Il documento del GISA riporta che “l’utilizzo non appropriato dell’antimicrobico è molto presente durante la stagione influenzale. In uno studio condotto negli Stati Uniti, gli antibiotici sono stati prescritti nel 21,6% di un esteso campione di pazienti con diagnosi di influenza. Il trattamento non appropriato con antibiotici è stato confermato nel 79% di questi pazienti”. Pertanto, i risultati ottenuti in questo report di HTA potrebbero sottostimare i benefici della vaccinazione.

In conclusione, la revisione dei dati di letteratura scientifica disponibili a livello nazionale e internazionale sull’epidemiologia dell’influenza, sul disease burden, sull’efficacia e sicurezza dei vaccini oggi disponibili in Italia, sulla valutazione delle possibili modalità di offerta della vaccinazione nei bambini, sugli aspetti etici e organizzativi e, infine, la valutazione economica della vaccinazione universale in età pediatrica hanno dimostrato i rilevanti benefici (sia sanitari che economici) legati all’uso del vaccino anti-influenzale Vaxigrip Tetra® per la vaccinazione universale rispetto alla non vaccinazione e alla vaccinazione con i vaccini trivalenti. Pertanto, l’immunizzazione universale dei bambini, con il vaccino anti-influenzale quadrivalente, risulta la scelta migliore per garantire la protezione diretta dei bambini e indiretta di tutta la popolazione.

Bibliografia


Articles from Journal of Preventive Medicine and Hygiene are provided here courtesy of Pacini Editore

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