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. 2018 May 25;20(2):1–7. [Article in Italian] doi: 10.1016/S1634-7358(18)90432-8

Febbre al ritorno da un viaggio in un paese tropicale

M Hentzien a, V Pourcher b
PMCID: PMC7164800

Abstract

La febbre è una causa frequente di visita al ritorno da un viaggio in un paese tropicale. Il punto chiave è interrogare il paziente circa i dettagli del suo viaggio e caratterizzare al meglio i segni clinici, tra cui la febbre. Le principali cause di febbre al ritorno da un viaggio in un paese tropicale sono la malaria, le infezioni gastrointestinali, le infezioni respiratorie e urinarie e le patologie cutanee. È fondamentale e urgente escludere la malaria, a prescindere dai sintomi associati. Le altre possibili eziologie devono essere considerate in funzione del ritardo di comparsa della febbre rispetto al tempo di incubazione, dei segni associati e dei risultati degli esami di laboratorio iniziali. Infine, non si deve trascurare un’infezione comunitaria o cosmopolita a potenziale evolutivo grave.

Parole chiave: Febbre, Viaggio in un paese tropicale, Malaria

Introduzione

I francesi viaggiano: nel 2015, si contavano circa 24 milioni di visite a un paese straniero, di cui 5,5 milioni al di fuori dell’Europa, con una durata media di viaggio di nove notti [1]. Si nota un costante aumento di questi viaggi nel corso degli ultimi 20 anni [1].

I viaggiatori, a prescindere dalla loro destinazione, sono spesso vittime di problemi di salute, durante o dopo un viaggio in zona tropicale, dove le condizioni sanitarie e di igiene alimentare sono, il più delle volte, precarie. Il tasso di viaggiatori malati varia dal 15% al 70% a seconda degli studi, dipendendo dal tipo di viaggiatore, dalla destinazione e dalle condizioni igieniche durante il soggiorno [2]. Gli incidenti e le malattie cardiovascolari restano, tuttavia, le principali cause di morte o di rimpatrio sanitario del viaggiatore [2]. Le infezioni sono responsabili solo dell’1-3% dei decessi [2].

Circa l’8% dei viaggiatori consulta un medico al ritorno da un viaggio [3]. In Francia, le principali cause di visita al ritorno da un viaggio sono i disturbi digestivi, le infezioni respiratorie, le dermatosi e la febbre [4].

La malaria da Plasmodium falciparum rappresenta la principale causa di febbre al ritorno da un viaggio in Francia e anche di patologia al ritorno da un viaggio [5]. Pertanto, e a causa della sua potenziale gravità, ogni febbre al ritorno da una zona endemica per la malaria è una malaria, fino a prova contraria. Questa diagnosi deve essere sistematicamente ipotizzata, in quanto è un’urgenza medica. Le altre cause di febbre al ritorno da un viaggio sono, in primo luogo, le infezioni cosmopolite (infezioni delle basse vie respiratorie, infezioni urinarie e oto-rino-laringoiatriche [ORL]), ma anche le infezioni da arbovirus, le rickettsiosi, le salmonellosi, la leptospirosi, l’amebiasi epatica e le epatiti virali, variando in funzione del luogo e delle condizioni del soggiorno. La diagnosi resta indeterminata nell’8 [6]-55% dei casi [7], a seconda delle casistiche.

L’interrogatorio principalmente e l’esame fisico permettono di valutare la gravità iniziale e di sviluppare l’elenco delle principali ipotesi diagnostiche che è necessario esplorare.

Condotta da tenere iniziale

Nell’approccio diagnostico iniziale, tre elementi sono di fondamentale importanza: l’interrogatorio, l’esame fisico e il bilancio laboratoristico di prima intenzione (Fig. 1 ).

Figura 1.

Figura 1

Algoritmo decisionale. Condotta da tenere davanti a una febbre al ritorno da un viaggio in un paese tropicale. EMS: esame emocromocitometrico; PCR: proteina C-reattiva; ECBU: esame citobatteriologico delle urine; ß-hCG: beta-human chorionic gonadotrophin.

Interrogatorio

Fondamentale, rende più o meno plausibile la possibilità di una malattia tropicale sulla base di dati specifici del viaggio e del viaggiatore. A volte, è ostacolato da ragioni linguistiche o culturali:

  • la destinazione del viaggio o dei viaggi con le date di arrivo e ritorno, senza dimenticare eventuali scali, e il tempo trascorso tra la data di ritorno e la comparsa dei sintomi. Questi primi elementi, in particolare il ritardo di comparsa dei sintomi rispetto alle date del viaggio, permettono già di orientare la diagnosi, poiché le durate di incubazione variano a seconda del patogeno (Tabella 1 ). È utile informarsi, in questa occasione, sugli eventi sanitari in corso nella zona di viaggio (per esempio, www.who.int/countries/fr/);

  • l’itinerario, specificando il soggiorno o i soggiorni in zone rurali;

  • le condizioni del soggiorno in termini di salubrità, accesso all’acqua minerale, tipo di alimentazione, climatizzazione, esposizione agli insetti, ecc.;

  • paziente originario o meno della regione del viaggio;

  • la ricerca di attività a rischio (nuoto, camminata a piedi nudi, sesso non protetto, ecc.);

  • la nozione di esposizione vettoriale, punture di zanzare, morsi di zecche, e il rispetto delle misure di profilassi antivettoriale (repellenti, zanzariere, ecc.);

  • la ricerca di contatto con gli animali domestici o selvatici (ratti, pipistrelli, ecc.);

  • l’uso di una chemioprofilassi antimalarica e la sua eventuale interruzione, volontaria o meno (vomito), e verifica che la profilassi scelta fosse adeguata al paese visitato [2] e della sua prosecuzione al ritorno dal viaggio, secondo la durata consigliata per la molecola utilizzata;

  • i trattamenti assunti (antipiretici, antidiarroici, antinfettivi, ecc.);

  • le vaccinazioni:
    • º
      la validità del calendario vaccinale francese [8] (difterite, tetano, poliomielite, pertosse, morbillo)
    • º
      le vaccinazioni consigliate in caso di viaggio in un paese con un basso livello di igiene (epatite A, epatite B, colera, febbre tifoide) [2]
    • º
      le vaccinazioni obbligatorie o a rischio specifico (febbre gialla, rabbia, influenza, encefalite giapponese, encefalite da zecche, meningite) [2];
  • la conoscenza di un possibile contagio durante il viaggio o al ritorno;

  • i precedenti del paziente (in particolare deficit immunitario), i trattamenti abituali e quelli di recente introduzione (antibiotici, antinfiammatori, ecc.);

  • per le giovani donne, occorre assicurarsi delle modalità di contraccezione e dell’eventualità di una gravidanza in corso (soprattutto in caso di viaggio in zona endemica per il virus Zika);

  • il contatto con il sistema sanitario (valutazione del rischio di contrarre batteri multiresistenti).

Tabella 1.

Durata di incubazione delle principali malattie di importazione.

Incubazione breve (sotto i 7 giorni)
Shigellosi 1-4 giorni
Salmonellosi minori 1-4 giorni
Colera 2-7 giorni
Peste 2-5 giorni
Principali infezioni da arbovirus
Febbre gialla 3-6 giorni
Dengue 5-8 giorni
Encefalite giapponese 5-10 giorni
Chikungunya 3-12 giorni
Zika 3-10 giorni
Incubazione lunga (più di 7 giorni)
Rickettsiosi 5-14 giorni
Malaria da Plasmodium falciparum 7 giorni-2 mesi
Malaria da Plasmodium vivax, Plasmodium ovale, Plasmodium malariae, Plasmodium knowlesi 7 giorni-10 mesi (possibili revivescenze tardive, fino a 20 anni per Plasmodium malariae)
Trichinosi 2 giorni-1 mese
Bilharziosi invasiva 15-65 giorni
Istoplasmosi 7-21 giorni
Febbre tifoide 7-21 giorni
Borreliosi 4-15 giorni
Sifilide 10-90 giorni
Leptospirosi 7-15 giorni
Febbri emorragiche virali 7-21 giorni
Tripanosomiasi africana 7-21 giorni
Brucellosi 7-21 giorni
Epatite A 15-45 giorni
Epatite E 21-65 giorni
Epatite B 45-120 giorni
Primoinfezione da HIV 15-45 giorni
Leishmaniosi viscerale Più di 1 mese
Ascesso amebico epatico Più di 1 mese

HIV: virus dell’immunodeficienza umana.

L’interrogatorio ricerca dei segni funzionali associati alla febbre: algie, segni generali, digestivi, neurologici, urinari, respiratori, ORL e cutanei. È importante precisare l’evoluzione della febbre, la sua eventuale periodicità, la tolleranza e l’effetto dei trattamenti già somministrati.

Esame fisico

I segni clinici permettono di orientare la diagnosi verso uno o più patogeni, ma nessun segno clinico è patognomonico (Tabella 2 ).

Tabella 2.

Principali cause di febbre al ritorno da un viaggio in funzione dei segni associati.

Segni associati Batteri Virus Parassiti e funghi
Sindrome settica Infezioni batteriche a punto d’ingresso urinario, polmonare e cutaneo Malaria, elmintiasi invasiva, amebiasi epatica
Sindrome emorragica Leptospirosi, meningococcemia Febbre gialla, febbri emorragiche virali trasmissibili (Crimea-Congo, Lassa, Marburg, Ebola), dengue, chikungunya, epatite fulminante Malaria
Pneumopatia Pneumococco, Legionella, melioidosi Influenza Funghi dimorfici (tra cui istoplasmosi)
Diarrea Salmonella, Shigella, Campylobacter, Yersinia, E. coli (ETEC, EAEC, EHEC) Epatite virale, rotavirus Malaria (bambino), Entamoeba histolytica
Linfoadenopatia Peste, rickettsiosi Primoinfezione da HIV, dengue e altri arbovirus Tripanosomiasi africana, leishmaniosi viscerale, filariasi linfatica
Algie Epatite virale, febbri emorragiche, arbovirus (dengue ++) Trichinosi
Epatomegalia Epatite virale Leishmaniosi viscerale, malaria, amebiasi epatica
Splenomegalia Tifo, brucellosi, borreliosi Tripanosomiasi africana, leishmaniosi viscerale, malaria
Ittero e/o epatite Tifoide, rickettsiosi, leptospirosi, pneumococco, micoplasma (emolisi) Epatiti virali, infezioni da arbovirus (soprattutto febbre gialla), EBV, CMV Malaria (emolisi), amebiasi epatica (a seconda della localizzazione)
Eruzione cutanea Tifoide, sifilide secondaria, rickettsiosi, leptospirosi Dengue, Zika, chikungunya e altri arbovirus, primoinfezione da HIV primaria Tripanosomiasi africana e sudamericana, elmintiasi invasive, toxoplasmosi, trichinosi
Segni neurologici Tifo, meningite batterica Infezioni da arbovirus, febbri emorragiche Malaria grave

E. coliEscherichia coli; E. coli ETEC: E. coli enterotossigena; E. coli EAEC: E. coli enteroaggregativa; E. coli EHEC: E. coli enteroemorragica; HIV: virus dell’immunodeficienza umana; EBV: virus di Epstein-Barr; CMV: citomegalovirus.

L’esame fisico deve essere completo, con ricerca prioritaria dei segni di gravità. Deve sistematicamente essere associato alla rilevazione dei parametri vitali (polso, temperatura, pressione arteriosa, frequenza respiratoria, frequenza cardiaca, saturazione in ossigeno), alla ricerca di marmorizzazioni, di porpora vascolare, di sindrome meningea e di segni di insufficienza d’organo, compresi quelli neurologici, e alla realizzazione di uno stick urinario. Il resto dell’esame fisico si dedica alla ricerca di un punto di richiamo infettivo, di un’eruzione cutanea e di un’escara da inoculazione e a escludere una patologia tromboembolica.

Situazioni di rischio infettivo - rischio di malattia contagiosa e trasmissione di batteri multiresistenti

Negli ultimi anni, alcune epidemie hanno reso necessaria l’introduzione di misure specifiche di salute pubblica in caso di ritorno da viaggi in queste aree. È il caso, per esempio delle epidemie da virus Ebola in Africa occidentale dal 2013 al 2015 o da Middle East Respiratory Syndrome (MERS)-coronavirus in Medio Oriente dal 2012, per esempio. In situazione di ritorno da un viaggio in una zona interessata da un allarme epidemiologico, è necessario valutare questo rischio, isolare il paziente prima di qualsiasi prelievo e comunicare immediatamente la situazione clinica alle Agenzie sanitarie regionali, secondo le procedure ufficiali, per classificare il caso sospetto come possibile o meno, consentendo l’implementazione di misure profilattiche volte a limitare la comparsa di casi secondari di una malattia contagiosa grave, e per ottimizzare la gestione del paziente.

Peraltro, c’è un alto rischio di essere portatori di batteri multiresistenti al ritorno da un viaggio, soprattutto in caso di ricovero in ospedale, di prescrizione di antibiotici o di diarrea durante il soggiorno. Pertanto, i pazienti che hanno avuto, negli ultimi 12 mesi, un’ospedalizzazione per più di 24 ore, a prescindere dal settore, o una gestione in una filiera di cure specifica (dialisi) all’estero sono considerati sospetti di essere portatori di batteri altamente resistenti emergenti [9]. Questo vale anche per i rimpatri sanitari. Delle misure complementari “di contatto” devono essere anch’esse instaurate per questi pazienti, in caso di ospedalizzazione [9].

Queste varie misure devono essere instaurate fin dal momento del ricovero, per limitare il rischio di trasmissione interumana, e i casi sospetti devono essere segnalati alle Agenzie sanitarie regionali quando indicato.

È, inoltre, necessario implementare un isolamento di tipo “enterico” davanti ad ogni diarrea del viaggiatore.

Infine, non bisogna dimenticare che alcune patologie del viaggiatore sono, a tutt’oggi, a denuncia obbligatoria per mettere in atto le adeguate misure profilattiche (virus Zika, dengue, chikungunya, febbre gialla, febbri emorragiche africane, febbre tifoide, peste, malaria autoctona o di importazione nei paesi d’oltremare, ecc.).

Prelievi laboratoristici iniziali

Oltre alla clinica, semplici esami di laboratorio devono essere eseguiti rapidamente per orientare la diagnosi e confermare o meno le eziologie sospettate in base all’interrogatorio e all’esame fisico.

Esame emocromocitometrico

Esso può avere un buon valore di orientamento diagnostico, ma le sue anomalie sono, il più delle volte, aspecifiche e poco sensibili.

  • Un’iperleucocitosi con neutrofilia orienta verso una malattia batterica, una leptospirosi o un ascesso epatico amebico.

  • Una neutropenia orienta verso la malaria, la febbre tifoide, gli arbovirus e la leishmaniosi viscerale.

  • Un’eosinofilia è abitualmente dovuta a un’elmintiasi invasiva.

  • Una monocitosi suggerisce un’infezione virale.

  • Una plasmocitosi suggerisce una tripanosomiasi africana.

  • Un’anemia può essere osservata nella malaria, nella leishmaniosi viscerale e in alcune infezioni batteriche.

Conta piastrinica

Essa ricerca una trombocitopenia. Questa è frequente nella malaria e si osserva anche nelle infezioni da arbovirus, in particolare il dengue, nella leishmaniosi viscerale e nelle febbri emorragiche virali.

Procalcitonina e/o proteina C-reattiva (PCR)

I dosaggi della PCR e/o della procalcitonina permettono la ricerca di una sindrome infiammatoria. Con il loro limite in termini di sensibilità e specificità, permettono di orientarsi verso malattie batteriche o parassitarie piuttosto che virali all’origine della febbre. Consentono un monitoraggio evolutivo laboratoristico dell’infezione.

Ricerca di malaria

Si raccomanda la realizzazione di uno striscio ematico (che permette la diagnosi di specie e la misurazione della parassitemia) e di una tecnica sensibile (goccia spessa, QBC-Malaria Test® o una tecnica di biologia molecolare a risposta rapida), con un risultato entro due ore. Questi esami devono essere realizzati in urgenza senza attendere un brivido o un picco termico.

Oltre ai parassiti della malaria, lo striscio ematico può evidenziare dei tripanosomi nella tripanosomiasi umana africana in fase linfaticoematica, delle leishmanie e delle Borrelia nelle febbri ricorrenti da pidocchi o zecche.

Uno striscio ematico a goccia spessa negativo non esclude la malaria e deve essere ripetuto entro poche ore, in caso di forte sospetto diagnostico.

Esistono anche test diagnostici più rapidi, come l’uso di arancio acridina e la rilevazione dell’antigene HRP2 o di antigeni “panspecifici”.

Emocolture

Idealmente, si devono realizzare almeno tre coppie di emocolture. Esse possono consentire l’identificazione di un batterio piogeno all’origine di una setticemia nel quadro di un’infezione comunitaria (respiratoria, urinaria, cutanea, ORL) o di una salmonellosi ma anche la ricerca di leptospire o Borrelia (prelievi specifici).

Esame citobatteriologico delle urine

Esso deve essere realizzato alla ricerca di un’infezione delle vie urinarie, soprattutto se il paziente è sintomatico.

Bilancio epatico completo

Esso permette di orientare la diagnosi eziologica. L’aumento preferenziale delle alanina aminotransferasi (ALT) orienta verso un’epatite virale, una febbre gialla, un’infezione da arbovirus, una tifoide, una malaria, un ascesso epatico o una febbre emorragica virale.

Radiografia del torace

Essa può evidenziare una pneumopatia. Una risalita della cupola diaframmatica destra, un’atelettasia della base destra e un riempimento dello sfondato costodiaframmatico sono elementi indiretti che possono far sospettare un’amebiasi epatica.

Altri esami complementari

I dati dell’esame clinico e i risultati del bilancio laboratoristico sistematico possono portare a prescrivere altri esami complementari di orientamento diagnostico:

  • beta-human chorionic gonadotrophin (B-hCG): è indispensabile escludere una gravidanza in corso in ogni donna in età fertile;

  • coprocoltura in caso di disturbi del transito intestinale;

  • esame parassitologico delle feci (esame da ripetere almeno tre volte a qualche giorno di intervallo a causa dell’emissione intermittente di parassiti), da realizzare ugualmente, ma la probabilità che un parassita digestivo sia la causa di una diarrea febbrile è bassa, eccezion fatta per Isospora belli e Cyclospora cayetanensis;

  • puntura lombare, diagnostica per immagini cerebrale (TC o risonanza magnetica [RM]) ed elettroencefalogramma, in caso di segni neuromeningei, a seconda della situazione clinica;

  • ecografia epatica e diagnosi sierologica di amebiasi, in caso di sospetto di amebiasi epatica;

  • sierodiagnosi di infezioni virali in caso di malattia virale: virus dell’immunodeficienza umana (HIV), epatite A, B, C, E, arbovirus e così via. L’antigene NS1 e/o la PCR dengue possono essere realizzati nella fase acuta di un sospetto di dengue (fino al 5o giorno).

Altri esami possono essere richiesti in funzione dell’orientamento clinico.

Punto importante.

Esami paraclinici di prima intenzione: EMS, PCR, striscio ematico a goccia spessa, emocolture, esame citobatteriologico delle urine (ECBU), transaminasi, β-hCG, radiografia del torace.

Orientamento diagnostico

Se non sono presenti criteri di gravità che giustifichino un ricovero d’urgenza, la ricerca eziologica dipende dai segni funzionali riscontrati durante l’interrogatorio, dai dati dell’esame fisico e dal risultato dei prelievi di laboratorio. Noi prenderemo, quindi, in considerazione le varie diagnosi in funzione di questi dati (Tabella 2).

Febbre associata a un ittero

Le principali diagnosi da ipotizzare sono la malaria grave, un’epatite virale, una leptospirosi itteroemorragica, una distomatosi epatobiliare e una febbre gialla.

Il meccanismo dell’ittero (emolisi o colestasi, intra- o extraepatica) permette di orientare la diagnosi. In caso di emolisi, occorre diffidare delle emoglobinopatie e dei deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD).

A favore di una malaria, l’esame fisico riscontra una splenomegalia. Non c’è iperleucocitosi all’EMS. L’anemia riflette l’emolisi. La trombocitopenia è quasi costante.

A favore di un’epatite virale (il più delle volte di tipo A e, a volte, B per contagio sessuale, ma non si devono dimenticare le altre epatiti, in particolare E), l’esame obiettivo è normale a parte l’ittero e, sul piano laboratoristico, si riscontra un significativo aumento delle transaminasi (ALT).

A favore di una distomatosi epatobiliare (Fasciola hepatica o Fasciola gigantica), l’esame fisico riscontra un’epatomegalia dolorosa o, più tardi, un quadro di colangite febbrile. Sul piano laboratoristico, è presente una franca ipereosinofilia (superiore a 1 000/mm3).

A favore di una febbre gialla, l’esame fisico riscontra un viaggio in un paese a rischio, l’assenza di vaccinazione, un’alterazione dello stato generale e l’esistenza di una sindrome emorragica e di un’insufficienza renale.

A favore di una leptospirosi, si riscontrano la nozione di balneazione in acqua dolce, un’eruzione maculare al tronco, delle cefalee, delle mialgie, una sindrome emorragica e un’insufficienza renale.

Febbre associata a una diarrea

Le principali diagnosi da ipotizzare sono la malaria (specialmente nei bambini), una salmonellosi minore, una tifoide (salmonella maggiore), una shigellosi, una yersiniosi, una diarrea invasiva da Escherichia coli (E. coli enteroemorragica o enteroinvasiva), un’amebiasi (complicata da una lesione epatica in caso di febbre) e un’epatite virale nella fase iniziale.

A favore di una tifoide, all’esame fisico, si riscontrano delle cefalee, un’eruzione maculare del tronco, una diarrea “a succo di melone” (incostante), dei segni neurologici (stato tifoide) alla fase di stato e, sul piano laboratoristico, l’assenza di iperleucocitosi, una citolisi discreta e la positività delle emocolture e/o della coprocoltura. La frequenza dei diversi segni è molto variabile, a seconda delle casistiche [10].

A favore di un’epatite, all’esame fisico si ritrova l’ittero e, sul piano laboratoristico, l’innalzamento delle transaminasi.

A favore di una shigellosi, di una yersiniosi o di un’infezione da E. coli, si ritrovano l’aspetto delle feci mucosanguinolente, testimonianza di una diarrea enteroinvasiva, uno stato generale alterato, un’iperleucocitosi all’EMS e la positività delle coprocolture.

Febbre associata a dolore all’ipocondrio destro

Le diagnosi da ipotizzare sono la malaria, un ascesso epatico, tra cui l’amebiasi epatica, e una distomatosi epatobiliare.

A favore di un’amebiasi, l’esame fisico riscontra una diarrea mucosanguinolenta, un’alterazione dello stato generale, dei dolori spontanei nell’ipocondrio destro esacerbati dalla palpazione e una franca iperleucocitosi all’EMS associata a una sindrome infiammatoria laboratoristica franca. Le coprocolture riscontrano la presenza di cisti di Entamoeba histolytica (raramente nelle forme extraintestinali), l’ecografia addominale mostra una o più immagini ascessuali e la sierologia conferma la diagnosi entro 48 ore.

Febbre associata a una splenomegalia

Le principali diagnosi da ipotizzare sono la malaria, la febbre tifoide, la leishmaniosi viscerale, una borreliosi (febbre ricorrente) e la brucellosi.

A favore di una leishmaniosi viscerale, si riscontrano una febbre irregolare resistente agli antipiretici, un’epatosplenomegalia, delle linfoadenopatie, un’alterazione dello stato generale, una pancitopenia e un innalzamento policlonale delle gammaglobuline.

A favore di una borreliosi si riscontrano una febbre intervallata da periodi di apiressia, la nozione di punture di zecche, un’eruzione maculare localizzata o generalizzata e la positività degli strisci ematici, della sierologia o della PCR.

A favore di una brucellosi, si riscontrano la nozione di consumo di prodotti caseari non pastorizzati o di contatto con ruminanti domestici, una febbre ondulante e l’assenza di iperleucocitosi all’EMS. La diagnosi è confermata dalla positività delle emocolture (coltura lunga) e della sierologia.

Febbre associata a linfoadenopatie

La diagnosi è guidata dal carattere localizzato o meno, doloroso o meno, e dalla presenza di una lesione di inoculazione.

Le diagnosi da ipotizzare di fronte a una poliadenopatia sono, oltre alle cause classiche da sospettare sistematicamente (HIV, EBV, citomegalovirus [CMV], toxoplasmosi, tubercolosi, linfoma, ecc.), la tripanosomiasi e le filariosi linfatiche.

A favore di una tripanosomiasi africana, o malattia del sonno, si riscontrano un soggiorno in Africa nera o in paesi a rischio, l’esistenza di una porta di ingresso cutanea (aspetto di foruncolo sulle parti esposte), l’esistenza di linfoadenopatie essenzialmente cervicali o sopraclavicolari non suppurate, un’alterazione dello stato generale e dei disturbi del comportamento (letargia, confusione). In una fase più avanzata, la febbre tende a scomparire e il quadro neurologico diviene predominante.

A favore di una filariosi, è possibile, inizialmente, riscontrare un quadro febbrile con linfoadenite e linfangite, nonché un’importante eosinofilia.

Le diagnosi da ipotizzare di fronte a delle adenopatie localizzate sono la peste, le bartonellosi, la tularemia, la sifilide, le micobatteriosi e l’istoplasmosi. A favore di una peste, la presenza di un bubbone e della sua linfoadenopatia satellite e un marcato deterioramento dello stato generale (segni tossici).

Febbre associata a segni cutanei

I segni cutanei possono consistere in un’eruzione maculare, tipo orticaria, morbilliforme o purpurica, o in un’eruzione cutanea localizzata.

Occorre, prima di tutto, escludere una porpora fulminante. Quando l’eruzione è generalizzata, è possibile ipotizzare una rickettsiosi (nozione di punture di zecche), un’epatite virale (triade di Caroli), una tifoide allo stadio iniziale, una borreliosi, una primoinfezione da HIV, un morbillo, una sifilide, una leptospirosi, un’infezione da arbovirus (in particolare dengue, Zika, chikungunya) e le febbri emorragiche virali. Quando l’eruzione è localizzata o singola, si può ipotizzare una malattia di Lyme o qualsiasi altra complicanza legata a punture, graffi o morsi.

Il dengue è un’infezione da arbovirus e rappresenta la seconda causa tropicale di febbre al ritorno da un’area endemica dopo la malaria. Un esantema maculare febbrile associato a una sindrome artromialgica, un’iniezione congiuntivale e delle cefalee retro-orbitarie intense e, sul piano laboratoristico, una neutropenia e una trombocitopenia fanno sospettare la diagnosi. In genere benigno, il dengue è complicato da forme gravi in circa un caso su 1 000 (sindrome da shock e/o dengue emorragico).

Febbre associata a un’eosinofilia

L’eosinofilia è significativa quando è superiore a 500/mm3. La principale diagnosi da ipotizzare è un’elmintiasi nella fase di invasione tissutale: bilharziosi, filariasi, trichinosi, larva migrans cutanea e gnatostomiasi e distomatosi.

A favore di una bilharziosi, si riscontra la nozione di balneazione in acqua dolce o di deambulazione in acque stagnanti. La forma febbrile è la forma acuta (febbre di Katayama) che associa astenia, cefalee e, in grado variabile, diarrea, tosse secca asmatiforme, dispnea, orticaria, artralgie e mialgie. Essa può durare 2-3 mesi ed evolve per accessi. L’eosinofilia è importante. Sono possibili lesioni cardiache, polmonari o neurologiche gravi. La diagnosi è difficile e si basa sulla positività della sierologia (spesso in errore nella fase acuta) perché le uova si ritrovano nelle feci o nelle urine solo due mesi dopo l’infestazione. Il trattamento antiparassitario è inefficace o, addirittura, pericoloso in fase acuta.

A favore di una filariosi, si riscontrano la linfadenite e la linfangite, nonché la positività della sierologia.

A favore di una trichinosi, si riscontrano il consumo di carne poco cotta, delle mialgie e un edema facciale. L’eosinofilia è spesso superiore a 2 500/mm3 e gli enzimi muscolari sono elevati. La sierologia è positiva.

A favore di una larva migrans (infezione da Toxocara canis), si riscontrano una moderata alterazione dello stato generale, una tosse, un’eruzione maculare o orticarioide e la positività della sierologia.

La diagnosi di un’elmintiasi intestinale (ascaridiosi, ankilostomiasi, strongiloidiasi) è confermata solo a posteriori, all’esame parassitologico delle feci.

Febbre associata a segni emorragici

Le diagnosi da ipotizzare sono quelle di infezioni da arbovirus complicate, di malaria, di leptospirosi itteroemorragica, di febbri emorragiche (Ebola, Lassa, Marburg, Crimea-Congo, che impongono un isolamento rigoroso immediato), di dengue emorragico o di un’epatite fulminante. È chiaro che la presenza di segni emorragici costituisce un criterio di gravità e che occorre ricoverare i pazienti in urgenza rispettando le raccomandazioni di isolamento. I criteri diagnostici e i segni clinici non sono, quindi, dettagliati qui.

Febbre isolata

L’accesso di malaria è la prima diagnosi da ipotizzare e da escludere a causa della sua potenziale gravità.

Altre cause

Occorre sistematicamente ricercare le cause infettive cosmopolite e comunitarie: pneumopatia e infezioni urinarie, ORL e cutanee, che restano, in termini statistici, più frequenti delle malattie tropicali. Non vanno dimenticare le malattie a trasmissione sessuale (attenzione al turismo sessuale), tra cui l’infezione da HIV, che occorre sempre escludere in linea di principio.

Le pneumopatie del viaggiatore sono una causa non trascurabile di infezioni al ritorno da un paese tropicale e sono responsabili di circa l’1% dei decessi. Tra le pneumopatie batteriche, la legionellosi è quella più frequentemente segnalata, soprattutto dopo crociere in nave, così come le infezioni da pneumococco [11]. Esistono dei casi di trasmissione di tubercolosi durante viaggi aerei. Gli altri casi di infezioni respiratorie batteriche da ipotizzare in questo contesto sono il carbonchio, l’ehrlichiosi, la tularemia, la peste polmonare e la melioidosi. Le cause virali sono l’influenza, le infezioni da hantavirus, il morbillo e il dengue. Le cause fungine sono le infezioni da Histoplasma capsulatum, Blastomyces dermatitidis e Coccidioides immitis.

Le infezioni delle vie urinarie possono rappresentare il 15% delle febbri al ritorno da un viaggio in un paese tropicale nelle donne [12].

Punto importante.

Occorre ricercare sistematicamente le cause infettive cosmopolite e comunitarie: pneumopatie e infezioni urinarie, ORL e cutanee, che restano, in termini statistici, più frequenti delle malattie tropicali, così come le malattie a trasmissione sessuale, tra cui l’infezione da HIV.

Gestione iniziale

Senza ricovero

In attesa dei risultati dei prelievi (cfr. supra), la prescrizione iniziale si basa sui sintomi clinici:

  • antipiretici (paracetamolo), in caso di febbre mal tollerata, mialgie e cefalee;

  • antispasmodici, in caso di dolori addominali e diarrea;

  • antidiarroici antisecretori (acetorfano = racecadotril), in caso di diarrea liquida, e rallentatori del transito (loperamide), solo in caso di diarrea non ematica, non febbrile e dopo prelievi a scopo diagnostico.

Le misure dietetiche sono adattate: riposo, assunzione di liquidi per evitare la disidratazione dovuta alle perdite digestive e dieta priva di scorie in caso di diarrea.

In un secondo tempo, è prescritto un trattamento specifico in funzione dell’eziologia (infezione del tratto urinario, salmonellosi, parassitosi, ecc.).

La gestione terapeutica della malaria dipende dalla presentazione clinica iniziale. Le ultime raccomandazioni per la gestione della malaria di importazione da P. falciparum risalgono al 2017 [13].

La gestione ambulatoriale integrale da parte del medico generico è possibile a determinate condizioni [13]:

  • diagnosi parassitologica affidabile, assenza di insuccesso di un primo trattamento;

  • assenza di fattori di rischio di scarsa osservanza;

  • assenza di fattori di rischio associati (isolamento, gravidanza, splenectomia, immunodepressione);

  • disponibilità dell’antimalarico (farmacia ospedaliera o servizio);

  • vicinanza a un ospedale, numero di telefono fornito;

  • monitoraggio possibile a 3 e a 7 giorni;

  • piastrine superiori a 50 000/mm3, emoglobina superiore a 10 g/dl, creatinina inferiore a 150 μmol/l;

  • parassitemia inferiore al 2%.

La diagnosi di malaria deve immediatamente portare a un trattamento curativo, in quanto il trattamento precoce migliora la prognosi. La constatazione di segni di gravità impone di indirizzare il paziente in rianimazione.

Gli schemi di trattamento da privilegiare si basano, in prima linea, sui derivati dell’artemisina (dosaggi negli adulti):

  • 1a linea: artemetere + lumefantrina (Riamet®): quattro compresse orali a 0, 8, 24, 36, 48 e 60 ore, nel corso di un pasto o con una bevanda con latte;

  • 1a linea: diidroartemisinina + piperachina (Eurartesim®): un’assunzione al giorno a orario fisso per tre giorni, con acqua, senza cibo, a distanza di almeno tre ore da un pasto. Dose adattata al peso (per esempio, per un paziente da 36 a meno di 75 kg, 3 compresse per assunzione e, per un paziente da 75 a 100 kg, 4 compresse per assunzione).

Possono anche essere proposti i seguenti trattamenti:

  • 2a linea: associazione atovaquone-proguanile (Malarone®): quattro compresse dosate a 250 mg di atovaquone e 100 mg di proguanile, una volta al giorno, durante i pasti, per tre giorni;

  • 2a linea (nel bambino): meflochina (Lariam®): per via orale 25 mg/kg di trattamento in un giorno, suddiviso in due o tre dosi, non utilizzare in caso di profilassi con meflochina;

  • 3a linea: chinino (Quinimax®): per via orale 8 mg/kg di chinino tre volte al giorno, per sette giorni.

Nelle donne in gravidanza, la malaria non complicata da P. falciparum giustifica un ricovero in ospedale e può essere trattata con il chinino o l’atovaquone-proguanile al 1o trimestre. A partire dal 2o trimestre, si deve preferire l’artemether-lumefantrina [13].

Ricovero d’urgenza

In attesa del trasporto in ospedale, occorre essenzialmente spiegare la situazione e rassicurare il paziente e le persone a lui vicine. In caso di crisi comiziali, iniettare una fiala di diazepam per via intramuscolare, assicurare la libertà delle vie aeree superiori e mettere il paziente in posizione laterale di sicurezza.

La gestione di una malaria grave è un’urgenza. La gestione della malaria grave è stata aggiornata nel 2013 dal parere del Consiglio superiore della sanità pubblica sul ruolo dell’artesunato iniettabile nel trattamento della malaria grave negli adulti e nei bambini [14] e dall’aggiornamento delle raccomandazioni di pratica clinica del 2017 [13]. Ogni malaria grave deve essere ricoverata in rianimazione o in unità di terapia intensiva. Il trattamento con artesunato endovenoso (2,4 mg/kg per via endovenosa a 0, 12 e 24 ore e, successivamente, ogni 24 ore fino a 7 giorni) è, ormai, il trattamento di riferimento e deve essere iniziato non appena si ipotizza la diagnosi di malaria grave. Un passaggio orale con un trattamento completo di prima linea della malaria semplice va ipotizzato dopo la 3a iniezione, in caso di miglioramento. In caso di difficoltà di accesso rapido all’artesunato, deve essere iniziato un trattamento con chinino per via endovenosa alla dose di carico.

Conclusioni

La febbre è un motivo frequente di visita medica al ritorno da un viaggio. In Francia, la malaria da P. falciparum rappresenta la prima causa. Questa diagnosi deve essere sistematicamente sospettata ed esclusa, perché è un’urgenza medica.

Le altre principali cause di febbre legata al viaggio sono le diarree invasive, le epatiti virali, le infezioni da arbovirus, le salmonellosi, l’amebiasi epatica e le infezioni comunitarie.

Una recente storia di viaggio in un paese tropicale può essere fuorviante e occorre insistere sull’alta frequenza delle infezioni cosmopolite: urinarie, broncopolmonari, cutanee e ORL. La comparsa di una febbre al ritorno da un viaggio deve anche fare ipotizzare sistematicamente la possibilità di una malattia di importazione, perché alcune di esse sono da sorvegliare più strettamente, dato il loro potenziale rischio epidemico.

L’approccio diagnostico si basa su un interrogatorio preciso, un esame fisico rigoroso e alcuni semplici esami complementari di orientamento diagnostico, che non permettono sempre di porre la diagnosi.

Punti importanti.

  • Qualsiasi febbre al ritorno da un paese tropicale è un accesso di malaria fino a prova contraria, a prescindere dalla presentazione clinica.

  • L’esame fisico deve ricercare dei segni di gravità che richiederebbero un ricovero in urgenza.

  • I prelievi laboratoristici semplici devono essere realizzati in urgenza e recuperati nel giro di poche ore.

  • Sospettare, in linea di principio, un’infezione batterica comunitaria.

  • Sospettare, in linea di principio, una trombosi venosa favorita da un lungo viaggio. Una duplice infezione è sempre possibile.

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Riferimenti bibliografici

Pour en savoir plus

Société de pathologie infectieuse de langue française (SPILF) : www.infectiologie.com.

Ministère des Affaires étrangères : www.diplomatie.gouv.fr/fr/conseils-aux-voyageurs/.

Institut Pasteur : www.pasteur.fr/fr/centre-medical.

Organisation mondiale de la santé (OMS) : www.who.int/ith/fr/.

Center for Disease Control (CDC) : www.cdc.gov/travel/.

Institut de veille sanitaire (InVS) : http://invs.santepubliquefrance.fr/.

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