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. 2020 Jun 26;111(3):222–231. doi: 10.23749/mdl.v111i3.9742

Silicosi severa da terre di diatomee nella produzione di alginato ad uso odontoiatrico: uno studio necroscopico

Pietro Gino Barbieri 1,, Anna Somigliana 2, Giorgio Carradori 3
PMCID: PMC7809946  PMID: 32624564

Abstract

«Severe silicosis due to diatomaceous earth in dental alginate: a necropsy study»

Background:

Severe silicosis from occupational exposure to calcined diatomaceous earth has been observed in the past, due to the high-temperature transformation of amorphous silica in crystalline phases, mainly cristobalite. In dental alginate production and use a silica exposure may be underestimated. Objectives: To describe the clinical picture, the scenario and pattern of occupational exposure to silica and the corresponding necroscopic findings of a case of silicosis in a worker engaged in the production of alginates for dental use.

Methods:

A commercial sample of calcinated diatomaceous earth and necroscopic lung samples were analysed by scanning electron microscopy (SEM-EDS) and X-ray diffraction (XRD) for the quali-quantitative determination of crystalline silica. Material safety data sheets (MSDSs) of diatomaceous earth produced in 2002 and 2018 were examined to assess the information content on silicosis risk. Clinical findings and post-mortem examinations of the worker are evaluated.

Results:

A cristobalite concentration of 36% (wt/wt) was determined in the diatomaceous earth sample and a large amount of diatom fragments were observed in lung samples. The DRX spectra indicated the presence of cristobalite either in the bulk sample or in the lung tissues. The MSDS dated 2002 reported the presence of SLC up to 63% with cristobalite concentrations <60%, and the resulting risk of silicosis, while the MSDS dated 2018 and referred to a commercial product currently on the market indicated a concentration of cristobalite <1% and no risk of silicosis. The worker was suffering from a severe silicosis, histologically confirmed by necropsy.

Conclusion:

The present case-study revealed that the risk of silicosis from calcined diatomaceous earths used to produce dental alginates has been ignored. The lack of engineering controls and personal protection measures led to a high cristobalite lung burden, consistent with the development of a severe silicosis that were a contributing factor of death. A MSDS of a commercial product currently on the market does not report this serious hazard.

Key words: Silicosis, diatomaceous earth, dental alginate

Introduzione

L’esposizione umana a silice libera cristallina (SLC) è ancora ampiamente presente in svariati contesti produttivi e costituisce un rischio di insorgenza di silicosi che può essere rilevante. In Italia, si è stimato in circa 30.000 il numero di lavoratori esposti a SLC in manifatture di minerali non metalliferi (27). La silicosi rappresenta un modello paradigmatico di “evento sentinella” in medicina del lavoro (25) tanto da essere stata oggetto di programmi di rilevazione attiva dei casi a fini preventivi (1). Benché le statistiche dell’INAIL suggeriscano un netto declino delle denunce di silicosi, nel recente decennio in Italia sono stati ancora segnalati casi di silicosi ad insorgenza acuta, suggestivi di esposizioni cumulative rilevanti e non così remote, occorse in settori lavorativi meno tradizionali (2, 4, 14, 30). Tra questi possono essere inclusi gli ambiti in cui si sono prodotte e utilizzate le terre di diatomee, o farine fossili, per svariati impieghi e manufatti, tra cui coibenti, refrattari e filtri. Queste terre in origine contengono essenzialmente silice amorfa e solo tracce di SLC (17); tuttavia la prolungata esposizione alle polveri durante l’estrazione e la macinazione ha causato silicosi, descritte dagli anni ’30 in California (13), negli anni ’50 in Giappone (7) e negli anni ’60 anche in Italia (21). Ma certamente il rischio più consistente di silicosi, anche per esposizioni di durata relativamente contenuta, è rappresentato dall’utilizzo di terre di diatomee trattate ad elevate temperature. La farina fossile, costituita da scheletri di diatomee e di radiolari, il cui componente essenziale allo stato naturale è la silice vetrosa (silice amorfa), dopo l’estrazione viene essiccata e calcinata a 800-1.000 °C; durante la calcinazione un percentuale elevata della silice amorfa si trasforma in cristobalite (26). L’utilizzo dopo calcinazione comporta quindi un grave rischio di silicosi, come venne segnalato nel 1948 da Vigliani e Mottura in lavoratori che utilizzavano terre di diatomee del Monte Amiata nella produzione di filtri a candela (29); segnalazione successivamente confermata, per altri contesti lavorativi, da Franzinelli et al. nel 1971 (9) e da Beskow nel 1978 (3). L’esposizione a SLC tra gli odontotecnici è documentata nella letteratura scientifica (22); la SLC è tradizionalmente usata per la finitura delle protesi e scheletrati dentali. Uno studio necroscopico sul carico polmonare di SLC in odontotecnico con quadro clinico di silicosi e fibrosi da metalli duri (19) ha evidenziato alti livelli dei tre polimorfi della SLC (quarzo, tridimite e cristobalite).

Scopo di questo contributo è presentare un caso di silicosi severa contratta da una elevata, quanto ignorata, esposizione a SLC contenuta nella terra di diatomee usata per la produzione di alginato ad uso dentale il cui impiego è ancora attuale.

Descrizione del caso

G.C., deceduto a 63 anni.

Anamnesi lavorativa

Nel settembre 2017 il sig. G.C. riferiva la seguente attività lavorativa. Dal 1970 al 1971 apprendista addetto al rivestimento di motori elettrici. Dal 1972 al 1986 operaio addetto alla preparazione della miscela di alginato prelevando i vari componenti dai sacchi con paletta, riempiendone un recipiente il cui contenuto veniva poi versato manualmente nel miscelatore. Terminata la miscelazione veniva estratto il prodotto in polvere riempiendo sacchi, dai quali il composto veniva infine prelevato per preparare le singole confezioni ad uso odontoiatrico. Il lavoro si svolgeva in un locale di circa 30 mq. Dal 1981 al 1986 il lavoro proseguiva in un ambiente più ampio (circa 60 mq) dotato di un miscelatore di maggiori dimensioni a ciclo chiuso, con caricamento pneumatico delle polveri componenti la miscela che tuttavia continuavano ad essere dosati manualmente riempiendo un contenitore aperto. A miscelazione finita il prodotto veniva versato in contenitori per essere confezionato in altro locale. In questa nuova sede di lavoro si producevano, mediamente, circa 800 kg di polvere di alginato al giorno; la terra di diatomee era contenuta in sacchi da 25 kg.

In ambedue i siti produttivi non era presente alcun impianto di aspirazione localizzata delle polveri, che si disperdevano sui macchinari e sui pavimenti. I lavoratori non avevano ricevuto alcuna informazione sul potenziale rischio di inalazione delle polveri utilizzate, non avevano a disposizione alcuna protezione individuale e non erano sottoposti a sorveglianza sanitaria preventiva e periodica.

Le attività lavorative svolte successivamente al 1986 non avevano ulteriormente esposto il sig. G.C. a polveri pneumoconiogene. Veniva inoltre esclusa una possibile esposizione extra professionale a polveri silicotigene.

Successivamente il sig. G.C. era stato negoziante addetto alle vendite (1986-1987), operaio addetto alla produzione di cavi elettrici (1987-1990), allo stampaggio di materie plastiche (1990-1991), ed infine autotrasportatore (1991-2014).

Anamnesi patologica

L’anamnesi patologica remota è negativa per importanti patologie pneumologiche. Per la comparsa, nel 2007, di dispnea ingravescente anche a riposo, si sottoponeva ad esame spirometrico che evidenziava un “deficit ventilatorio ostruttivo di grado severo con test di broncodilatazione non significativo”. La Tomografia Computerizzata (TC) del torace eseguita nel dicembre 2007 mostrava la presenza di opacità nodulari con grossolane calcificazioni interne a livello perilare, al polmone dx e al segmento apicale-posteriore di quello sinistro, raccordate da ispessimenti pleurici con note di fibrosi del parenchima adiacente, oltre a numerosi linfonodi ingranditi e in parte calcifici diffusi in sede ilo-mediastinica. Una radiografia standard del torace eseguita nel gennaio 2011 collimava con il quadro precedente, confermando la presenza di grossolane opacità nodulari disomogenee con inclusi micro calcifici, disseminati su tutto l’ambito parenchimale; veniva segnalato che il disegno interstizio vasale era accentuato a “vetro smerigliato”. La visita pneumologica effettuata nel marzo 2012 concludeva per un “Quadro di silicosi a grossi nodi polmonare bilaterale in grave BPCO”. Diagnosi parzialmente confermata presso il Servizio di Medicina del Lavoro della Azienda Ospedaliera di Verona, inizialmente come “Broncopneumopatia cronica ostruttiva e sospetta silicosi polmonare” e, tre mesi dopo, come “Probabile silicosi polmonare associata a bronco pneumopatia cronica ostruttiva”. Una nuova TC del torace eseguita nell’aprile 2016 evidenziava una progressione delle note alterazioni polmonari, con tendenza delle nodulazioni a componente calcifica alla confluenza in placche più voluminose; venivano inoltre segnalate estese chiazze di iperdensità caratterizzate da ispessimento interstiziale ad aspetto reticolo-nodulare ed aree con aspetto a “vetro smerigliato”. Il quadro clinico si presentava in progressivo peggioramento; nel ricovero pneumologico dell’ottobre 2017 veniva posta la diagnosi di “Insufficienza respiratoria acuta su cronica in addensamento broncopneumonico sinistro, silicosi polmonare a grandi nodi e linfoma non Hodgkin”. Nel marzo 2019 il paziente cessava di vivere e veniva sottoposto ad autopsia giudiziaria. L’esame istologico del tessuto polmonare consentiva di rilevare la presenza di “… ampie aree caratterizzate da sovvertimento parenchimale con noduli ialini disseminati, organizzati in lamine e presenza di macrofagi disposti alla periferia. La componente fibrosa è ubiquitaria. … Massiva componente calcifica a livello dei linfonodi prelevati …”. Veniva posta la seguente diagnosi autoptica: “Insufficienza respiratoria in soggetto con emorragia intraparenchimale polmonare, gravissima fibrosi polmonare e noduli silicotici calcifici …”. L’insieme della documentazione clinica ed istopatologica aveva consentito ragionevolmente di escludere altre possibili cause di fibrosi polmonare.

Il paziente aveva fumato circa 15 sig/die dall’età di 15 anni fino a 46 anni.

Indagini effettuate e risultati

Scheda dati di sicurezza

Le informazioni ottenute dalla testimonianza del lavoratore, che aveva recuperato la composizione della miscela prodotta nel laboratorio, permettevano di conoscere che i prodotti denominati “Alginati per impronte di classe A” contenevano circa il 70-80% di farina di diatomee addizionata ad altre sostanze, tra cui solfato di calcio, carbonato di calcio, ossido di magnesio, ossido di zinco, tetraborato di sodio, potassio di sodio, pirofosfato di sodio, fluosilicato di sodio, aerosil, essenze e coloranti. Una scheda tecnica della polvere di diatomee utilizzata negli anni ’70 non era stata reperita. Tuttavia, l’azienda aveva riferito che le farine di diatomee utilizzate come filler erano acquistate come prodotto commerciale denominato “Hyflo super cel ”, marchio registrato costituito da farine di diatomee flusso calcinate.

E’ stata recuperata dal web una Scheda Dati di Sicurezza (SDS) - edita nel 2002 - della stessa tipologia di prodotto, dalla quale si possono ricavare i dati di interesse descritti in Tabella 1a. Viene chiaramente segnalato il rischio di silicosi, oltre che di cancro, indicando le due forme mineralogiche della silice contenute, nonché le loro percentuali. Tuttavia, nella Revisione 2018 di questa SDS i dati di interesse, descritti in Tabella 1b, risultano modificati. E’ qui evidente l’assenza di qualsiasi riferimento al rischio silice e la negazione del rischio cancerogeno; viene inoltre riferita una concentrazione di cristobalite <1% e non sono fornite specifiche informazioni sulla protezione individuale respiratoria.

Tabella 1.

Schede Dati di Sicurezza (SDS) di due prodotti commerciali di alginati ad uso odontoiatrico. Selezione dei dati di interesse

Table 1 - Material Safety Data Sheet (MSDS) of two commercial dental alginates. Selection of relevant information

Tabella 1a - Data di compilazione: 26.11.2002

Table 1a - Issue date: 26/11/2002

Sostanza. Farina fossile (Diatomea, Kieselgur)
1 Identificazione Biossido di Silicio, SiO2.
2 Composizione chimica Questo prodotto contiene silice cristallina ad una concentrazione che può arrivare fino al 63% come segue: quarzo <3%, cristobalite <60%. Frasi di rischio: R48, R10, S22
3 Informazioni di rischio Questo prodotto contiene silice cristallina (SC) che è considerata nociva per inalazione. Lo IARC ha classificato la silice cristallina (SC) come cancerogeno per gli esseri umani (Gruppo 1). L’inalazione della silice cristallina (SC) è conosciuta come causa della silicosi, una malattia non cancerogenica del polmone.
8 Precauzioni per il personale Protezione personale respiratoria. Indossare maschera protettiva - Semimaschera monouso Tipo P3 - Norm EN 149.
Tabella 1b - Revisione del 14.03.2018
Table 1b - Revision date: 14/03/2018
2.1 Identificazione dei pericoli Pericoli per la salute: in base ai dati disponibili, i criteri per la classificazione non sono soddisfatti.
2.3 Altri pericoli Nessun informazioni disponibili.
3 Composizione 3.1. Sostanze: Kieselguhr, soda ash flux-calcined. Percentuale in peso >95. Nota. Contiene <1% Cristobalite. CAS 68855-54-9
8.1 Parametri di controllo Valori limite biologici. Questo prodotto, così come fornito, non contiene alcun materiale pericoloso con valori limite biologici fissati dagli organi di regolamentazione specifici della regione.
8.2 Protezione respiratoria Quando i lavoratori sono esposti a concentrazioni superiori ai limiti di esposizione devono utilizzare respiratori certificati idonei. Al fine di proteggere l’operatore, gli apparecchi di protezione delle vie respiratorie devono essere della misura adeguata e sottoposti a manutenzione e a uso corretti. Controlli dell’esposizione. Nessun informazioni disponibili.
11.1 Informazioni sugli effetti tossicologici f) cancerogenicità. In base ai dati disponibili, i criteri per la classificazione non sono soddisfatti. Questo prodotto non contiene sostanze chimiche cancerogene note. i) tossicità specifica per organi bersaglio: in base ai dati disponibili, i criteri per la classificazione non sono soddisfatti. Organi bersaglio: nessuno noto.

Indagini post-mortem

Nell’ambito delle ulteriori indagini promosse dai congiunti della vittima, finalizzate ad approfondire la natura e l’entità dell’esposizione a SLC, nonché la causa del decesso, è stata fatta l’analisi mineralogica i) di un prodotto della stessa denominazione e dello stesso marchio di quello commercializzato dal laboratorio in cui era stato addetto il lavoratore e ii) del contenuto polmonare di silice cristallina in campioni di tessuto ottenuti dalla autopsia. Le analisi sono state realizzate dalla UOS Centro Regionale di Microscopia Elettronica dell’ARPA Lombardia e dalla S.C. Medicina del Lavoro, Igiene e Tossicologia Industriale e Ambientale della ASST di Monza.

Contenuto di silice libera cristallina in prodotto commerciale e nel tessuto polmonare

Un campione, in confezione chiusa e sigillata, del corrispettivo prodotto attualmente disponibile in commercio (al quale si riferisce la SDS Revisione 2018) è stato fornito per l’analisi mineralogica. Un’aliquota di 52 mg è stata sospesa in 100 ml di acqua deionizzata; 1 ml di sospensione è stata filtrata su membrana in policarbonato con pori da 0,8 µm per l’analisi in microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS – ZEISS EVO40) e la restante sospensione è stata filtrata su membrana in polietersulfone (PESU) per l’analisi qualitativa in diffrattometria a raggi X (DRX Miniflex 600 Rigaku).

Il prodotto commerciale è stato inoltre analizzato in diffrattometria a raggi X (DRX) presso la S.C. di Medicina del Lavoro della ASST di Monza per la determinazione quantitativa della SLC in campione massivo del prodotto. Il campione è stato omogeneizzato per macinazione ed analizzato con strumento Bruker D8 Advance, dotato di tubo ad anodo di Rame alimentato a 40KV X 40 mA.

Un agglomerato nodulare, di consistenza estremamente compatta, è stato macinato con mulino a biglie ed analizzato sia in SEM-EDS che in DRX. L’agglomerato nodulare è risultato composto prevalentemente da P, Ca, Na, Mg e la DRX ha evidenziato una struttura cristallina compatibile con fosfato di sodio, magnesio e calcio (idrossiapatite- fase biominerale riscontrabile nel tessuto polmonare) (5).

Diversi frammenti di tessuto polmonare prelevati in vari punti di entrambi i polmoni del soggetto sono stati analizzati in SEM-EDS, per l’analisi morfologica ed elementare del particolato inorganico contenuto nei polmoni, e con DRX, per la specifica determinazione qualitativa delle fasi cristalline (5). Un quantitativo complessivo di 2.444 g di tessuto polmonare liofilizzato è stato incenerito per 20 ore a 100 W con inceneritore al plasma di ossigeno (Quorum Technologies K1050X) e la cenere dispersa in circa 250 ml di acqua bidistillata filtrata. Dalla soluzione, trattata con 10 ml di acido ossalico all’8%, si sono ottenuti 2 filtri, uno di policarbonato con un quantitativo di cenere corrispondente a 18,6 mg di tessuto polmonare secco per l’analisi in SEM-EDS e un secondo in PESU con un carico equivalente di cenere corrispondente a 1.863,5 mg per l’analisi con DRX.

Risultati delle analisi

L’analisi al SEM-EDS ha evidenziato frustole di diatomee con particelle di silice di diametro inferiore a 10 µm (Fotografia 1); l’analisi qualitativa con DRX ha evidenziato la presenza di cristobalite (Figura 1 – linea continua) e l’analisi quantitativa ha evidenziato un tenore di cristobalite pari al 36% in peso.

Fotografia 1.

Fotografia 1

Analisi del campione commerciale in SEM-EDS: presenza di diatomee

Photograph 1 - SEM-EDS image of the commercial sample, composed by diatoms

Figura 1.

Figura 1

Diffrattogramma (DRX) del campione commerciale (terra di diatomea-linea continua) in cui si evidenzia il contenuto di cristobalite e piccole quantità di quarzo.

DRX del particolato contenuto nel tessuto polmonare (particolato polmonare – linea punteggiata) in cui si evidenzia cristobalite, piccole quantità di quarzo e ossalato di calcio (Weddellite) – fase biominerale (5)

Figure 1 - X-ray powder spectrum of the commercial sample (continuous line): bragg reflections of quartz and cristobalite.

X-ray powder spectrum of the lung tissue sample (dotted line): Cristobalite, small amounts of quartz and Ca-oxalate were identified.

L’analisi in SEM-EDS del tessuto polmonare ha evidenziato un quantitativo importante di particolato inorganico composto prevalentemente da silicio e frammenti di diatomee compatibili con il campione commerciale (Fotografia 2). La concentrazione di frammenti di diatomee nel tessuto polmonare può essere stimata tra i 50 e i 200 milioni per grammo di tessuto polmonare secco. L’analisi qualitativa in DRX mostra un diffrattogramma con una presenza importate di cristobalite, quarzo in piccole quantità e ossalato di calcio (weddellite – fase biominerale (5) (Figura 1 – linea punteggiata). L’analisi in DRX del residuo inorganico del polmone ha evidenziato un diffrattogramma sovrapponibile a quello ottenuto sul materiale del campione di prodotto commerciale (Figura 1).

Fotografia 2.

Fotografia 2

Immagine SEM del particolato contenuto nel tessuto polmonare: numerosi frammenti di diatomea

Photograph 2 - Particles in the lung tissue sample, with many diatomaceous fragments clearly visible

Discussione

Il sig. G.C. in vita è risultato affetto da silicosi, documentata dal 2007 con ripetute indagini radiologiche suggestive della presenza di importanti nodularità parenchimali, anche calcifiche, nel contesto di una fibrosi polmonare di grado avanzato; lesioni nodulari prevalentemente grossolane e tendenzialmente confluenti in un quadro evolutivo, caratterizzato anche dalla presenza di linfonodi ilo-mediastinici ingranditi e in parte calcifici nonché da ispessimenti pleurici ed enfisema. Il quadro radiologico, suffragato da due esami TC, è coerente con lesioni parenchimali tipicamente descritte nei gradi avanzati di silicosi (16, 18, 28). Il deficit ventilatorio di tipo ostruttivo, piuttosto che restrittivo o misto, è compatibile con l’abitudine al fumo di sigaretta ed è comune nei silicotici fumatori (12, 15, 23). Possibili cause alternative di fibrosi polmonari sono state escluse, con particolare riguardo a fibrosi polmonare idiopatica, sarcoidosi, tubercolosi miliare. Il paziente era affetto anche da BPCO, patologia non infrequentemente associata a silicosi, indipendentemente dal fattore fumo di sigaretta (8, 20, 24). In assenza di una adeguata sorveglianza sanitaria periodica del lavoratore non è stato possibile stabilire l’anno di insorgenza della silicosi, posto che il quadro radiologico osservato nel 2007 era compatibile con una patologia già evoluta, che sarebbe stato possibile diagnosticare anni prima permettendo di stimare una latenza certamente inferiore a 35 anni. L’autopsia ha permesso di confermare istologicamente la silicosi parenchimale evoluta, con gravissima fibrosi diffusa; questa patologia, associata a insufficienza respiratoria cronica e a una crisi acuta con emorragia parenchimale, ha rappresentato una concausa del decesso, anticipato rispetto all’attesa media di vita.

L’INAIL aveva riconosciuto la malattia professionale nel 2012, con un grado di menomazione dell’integrità psico-fisica del 50% per “Silicosi polmonare a grossi nodi con associata BPCO e grave insufficienza respiratoria”.

Nel 1948 Vigliani e Mottura descrivevano 15 casi di silicosi, di cui uno con autopsia, insorti in addetti alla produzione di filtri a candela con terre di diatomee calcinate (29). Si trattava di silicosi a rapida insorgenza e severa gravità, caratterizzate da un quadro radiologico non tipico, per l’assenza o la scarsità delle consuete lesioni micro-nodulari a favore di una fibrosi più diffusa che nodulare. La reticolazione appariva più grossolana negli stadi più avanzati, con lesioni a maggior presenza di conglomerati; nel caso sottoposto ad autopsia era presente un tessuto granulomatoso esuberante, con scarsa crescita micro-nodulare. Per queste caratteristiche cliniche, radiologiche e patologiche gli autori ritenevano appropriato usare il termine di “diatomite silicosis”. Osservazione analoga è stata riferita da Harber et al. nel 1998 da una coorte di lavoratori addetti alla estrazione e lavorazione delle terre di diatomee; il pattern radiologico osservato non era tipico della silicosi classica e la pneumoconiosi da diatomee su base radiologica veniva considerata come entità distinta dalla silicosi (10). Le evidenze radiologiche e istologiche riguardanti il caso di silicosi da noi osservato sono coerenti con quanto segnalato da questi autori.

L’analisi dei tessuti polmonari del lavoratore ha consentito di evidenziare la presenza di un residuo di particolato inorganico compatibile con una importante esposizione al prodotto commerciale. Il diffrattogramma ottenuto dall’analisi dei tessuti rappresenta una sorta di “impronta” di quello evidenziato sul prodotto tal quale. In questo prodotto commerciale è stata dimostrata la consistente presenza di cristobalite, con una concentrazione di circa il 36% sul peso. Il lavoratore era stato addetto per complessivi 14 anni alla produzione di alginati di sodio per uso odontoiatrico, a partire dalle farine di diatomee. L’International Diatomite Producers Association (11) nel 2009 segnala che nelle farine di diatomee flusso calcinate, prodotte mediante calcinazione a temperature elevate, dalla trasformazione di parte della silice amorfa si genera SLC in concentrazioni di circa il 60%. Malgrado il processo di flusso calcinazione aumenti il diametro delle particelle, la frazione respirabile rimane significativa; nel lavoro di Checkoway questa veniva stimata in circa il 20% (6).

Non è stato possibile analizzare il contenuto di SLC nel materiale manipolato dal lavoratore. Tuttavia, la SDS del prodotto corrispondente a quello utilizzato dall’impresa in cui aveva lavorato il sig. G. C. e risalente al 2002, evidenziava la presenza nelle farine di diatomee di cristobalite in concentrazioni fino al 60%, segnalando la necessità di adottare misure di prevenzione e protezione individuale per il rischio di silicosi, oltre che di neoplasia. Al contrario, la SDS (Revisione 2018) del corrispettivo prodotto tutt’ora disponibile sul mercato, non contiene alcun riferimento al rischio di silicosi e segnala la presenza di cristobalite <1%, contrariamente al 36% evidenziato in questa indagine.

La silicosi qui descritta risulta di grave entità, indicativa di una consistente esposizione cumulativa a SLC. La durata complessiva dell’esposizione a farine di diatomee calcinate è significativa; le modalità di lavoro e le condizioni ambientali riferite dal lavoratore suggeriscono una esposizione cumulativa di livello elevato, non contenuta tramite presidi di aspirazione localizzata delle polveri e adeguata protezione con maschera antipolvere.

La composizione chimica del prodotto commerciale descritto nella SDS del 2002 è compatibile con la presenza un grave pericolo di silicosi, che in questo caso si è tradotto in un rischio concreto. Desta stupore il riscontro, nella SDS redatta, come revisione, nel 2018 per lo stesso prodotto commerciale, della dichiarata presenza di una concentrazione di cristobalite <1%; elemento che, aggiungendosi al mancato richiamo esplicito al rischio di silicosi, configura una grave disinformazione, tenuto conto che il prodotto è tutt’ora disponibile e può così rappresentare un grave rischio potenziale per coloro che ne facciano utilizzo, come nel caso della preparazione degli alginati per impronte dentarie.

In conclusione, il caso di silicosi severa qui descritto sembra suggerire quanto segue:

  1. il grave rischio silicotigeno dovuto all’uso di farine fossili, o terre diatomee, flusso calcinate nella produzione di alginati è stato ignorato;

  2. l’esposizione a terre di diatomee contenenti elevate concentrazioni di cristobalite nella produzione di alginati ha causato una silicosi di severa gravità, che poteva essere prevenuta nel rispetto nelle norme di igiene del lavoro fissate nel 1956 (D.P.R. 303);

  3. le informazioni contenute in una Scheda Dati di Sicurezza del prodotto attualmente commercializzato non includono il rischio di silicosi, non mettendo gli utilizzatori nelle condizioni di realizzare rigorose misure di prevenzione della patologia nella eventuale impossibilità di sostituire questi alginati con prodotti esenti da silice libera cristallina;

  4. la valutazione del rischio da utilizzo di alginati, in ottemperanza al dettato del D. Lgs 81/2008, non dovrebbe basarsi solo sulle informazioni reperibili nella Scheda di Sicurezza ma dovrebbe prevedere l’effettuazione di un monitoraggio ambientale finalizzato alla eventuale conferma e quantificazione dell’esposizione. Valutazione del rischio che risulta indispensabile per l’adozione integrata di tutte le misure di prevenzione, se appare impraticabile la sostituzione del prodotto con altri esenti da silice libera cristallina: informazione e formazione dei lavoratori, misure tecniche, organizzative e procedurali, protezione respiratoria individuale e sorveglianza sanitaria.

Ringraziamenti:

Si ringrazia l’avvocato Adriano Caretta per la cortese collaborazione.

Fonte dei dati che ne autorizzano la pubblicazione

  • - Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, ULSS N. 3 Serenissima, Venezia, lavoratore e azienda.

  • - U.O.S. Centro di Microscopia Elettronica, UO Laboratorio Regionale Aria Ovest, Settore Laboratori, ARPA Lombardia.

  • - Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia, Università degli Studi dell’Insubria.

Conflitto di interessi:

P.G.B. ha svolto e svolge consulenze tecniche e perizie per la magistratura e ha svolto consulenze tecniche di parte offesa. A.S. e G.C. nessun conflitto di interessi

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Articles from La Medicina del Lavoro are provided here courtesy of Mattioli 1885

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