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. 2020 Oct 16;111(6):478–492. doi: 10.23749/mdl.v111i6.9737

Job crafting e benessere lavorativo: un’indagine esplorativa nel periodo dell’emergenza sanitaria

Fulvio Signore 1, Claudio Giovanni Cortese 2,, Sara Parisi 1, Vincenzo Russo 3, Margherita Zito 3, Emanuela Ingusci 1
PMCID: PMC7809983  PMID: 33311423

Abstract

«Job crafting and well-being at work: an exploratory analysis during health emergency period».

Introduction:

During the health emergency in 2020, in order not to interrupt production processes and at the same time to protect the health of citizens and workers, alternative working methods were adopted different from the traditional ones, to which workers were directed without any previous notice or specific training.

Aims:

The purpose of the research is to explore the relationships between meaning of work, job crafting and emotional exhaustion during the first month of lockdown in the Italian territory. The study therefore aims to identify possible strengthening factors related to working well-being.

Methods:

The different constructs were detected through an online questionnaire from 11 March to 2 April 2020, involving 405 subjects. After verifying the reliability of the constructs, a mediation model was performed using nonparametric structural equations (PLS-SEM).

Results:

Model’s constructs show adequate reliabilities. The study highlights the total mediation of job crafting in the relationship between the meaning of work and emotional exhaustion. In particular, the regression relationship between meaning of work and emotional exhaustion is equal to c’=-0.04, p=0.480. On the contrary, the relationship between the meaning of work and job crafting is a=0.44 (p<0.001), and the one between job crafting and emotional exhaustion is b=-0.14, p=0.014.

Conclusions:

The results suggest that job crafting can be considered a factor able to buffer workers’ emotional exhaustion and can guide new lines of intervention, in particular in relation to post-emergency reactivation.

Key words: Work, health emergency; Italy; JD-R model; job crafting; well-being at work; meaning of work; mediation; PLS-SEM

Introduzione

I primi mesi del 2020 hanno visto l’insorgenza e l’aumento progressivo delle conseguenze della pandemia dovuta al COVID-19. Tra i paesi più colpiti, nonché il primo a livello europeo, figura l’Italia, che dal 21 Febbraio 2020 è stata costretta a fronteggiare un contesto di estremo cambiamento. Le misure emergenziali che sono state adottate (sia per i lavoratori privati sia per i dipendenti della Pubblica Amministrazine), hanno riguardato principalmente il ricorso alle modalità di lavoro agile, alla Cassa Integrazione Straordinaria, alle ferie forzate e, in qualche caso, si è assistito anche alla chiusura di aziende.

L’emergenza COVID-19 ha determinato effetti del tutto differenziati sul mondo produttivo. Da un lato, molte imprese hanno ridotto o addirittura cessato l’attività, con conseguenze negative come la perdita di posti di lavoro; dall’altro lato, si è assistito ad un cambiamento radicale e inaspettato del modo di vivere e di concepire la propria esistenza personale, lavorativa e sociale. Tale periodo ha mutato profondamente la vita di tutti i cittadini e lavoratori: è stato necessario limitare i contatti sociali, mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro e soprattutto rimanere in casa, limitando gli spostamenti al di fuori della propria abitazione. La necessità di continuare a mantenere attivi tutti i processi produttivi, limitando il superfluo e garantendo il necessario, con un’attenzione alla tutela della salute dei lavoratori, ha fatto da catalizzatore nell’utilizzo del lavoro da remoto e allo smart working (o lavoro agile). In poco tempo, infatti, migliaia di lavoratori sono stati costretti a scegliere una modalità di lavoro alternativa a quella tradizionale, senza alcun preavviso o sperimentazione.

Data l’eccezionalità della situazione, non esistono ricerche di ampio respiro sull’impatto psicologico che la pandemia da COVID-19 ha sulle dimensioni psicologiche, individuali e lavorative (68). Da un punto di vista sociale e organizzativo Brooks e Webstar (8) sostengono che durante le epidemie di malattie infettive, il supporto organizzativo e l’aumento di feedback da colleghi o superiori, possono diventare un fattore protettivo della psiche dei lavoratori, e risulta fondamentale soprattutto per il personale sanitario in prima linea: dal momento che anche gli operatori sanitari vengono messi in quarantena, è importante che i loro colleghi li sostengano, in quanto essere separati dal proprio team di lavoro comporterebbe un ulteriore senso di isolamento per gli operatori stessi. Studi recenti hanno (2) dimostrato come le situazioni di emergenza siano collegate ad alti livelli di psicopatologia, sintomi post-traumatici ma soprattutto al burnout.

In generale, quindi, nella situazione contingente che si sta vivendo in questo periodo, si è osservato come la situazione economica nazionale possa essere in grado di influenzare notevolmente le condizioni di lavoro, con conseguenze spesso irreversibili per i lavoratori e per le organizzazioni (6). L’attuale scenario di emergenza sanitaria e la crisi che ne deriva ha cambiato le priorità dei lavoratori e lo stile di vita così come il significato che le persone danno del lavoro che svolgono. Al significato del lavoro, dunque, si attribuisce una nuova immagine e una rappresentazione che viene utilizzata per ricostruire la nuova realtà lavorativa e sociale. La crisi attuale ha inevitabilmente condotto ad una consapevolezza da parte di lavoratori e datori di lavoro, della necessità di sviluppare comportamenti responsabili e nuovi stili di conciliazione tra modalità nuove di concepire il lavoro (come lo smart working), situazione lavorativa (contratti atipici, casa integrazione, etc.) e professioni tradizionalmente note, che potrebbero essere operazionalizzati nello sviluppo di nuove abilità e di nuovi significati del lavoro.

La cornice teorica di riferimento

Il presente contributo nasce da una riflessione teorica sullo scenario attuale, e dallo studio e dall’analisi delle variabili individuali e organizzative che compongono il modello teorico Job Demands-Resources (JD-R), alla base del quale vi è l’interazione tra richieste e risorse del lavoro (4). In generale, le richieste lavorative sono definite come “aspetti stressanti, fisici, psicologici, sociali o organizzativi di un lavoro che richiedono uno sforzo e possono provocare un esaurimento energetico” mentre le risorse sono gli “aspetti, fisici, psicologici o sociali di un lavoro che stimolano la crescita e aiutano le persone a raggiungere i loro obiettivi” (4, p.2). Le risorse possono essere lavorative e personali, come ad esempio, il significato del lavoro, il supporto sociale di colleghi e superiori, l’autoefficacia e la stima nei confronti delle proprie capacità. I lavoratori sono quindi considerati come soggetti attivi nel contesto professionale poiché ottimizzano le richieste e le risorse di lavoro per raggiungere i propri obiettivi lavorativi (5). I due processi fondanti e che sottostanno al modello JD-R (processo motivazionale e di indebolimento della salute), conducono ad esiti individuali ed organizzativi diametralmente opposti: lo sviluppo di burnout da un lato e l’aumento della soddisfazione lavorativa e della performance al lavoro dall’altro. Mentre da un lato lo sviluppo di burnout danneggia la salute del lavoratore nel momento in cui un sovraccarico di richieste lavorative non viene bilanciato dalle risorse fisiche e mentali (perché insufficienti o non utilizzate efficacemente), favorendo l’insorgenza di esiti negativi per la salute dell’individuo (3), dall’altro lato, il processo motivazionale prevede che le risorse lavorative non solo rappresentino una spinta per il lavoratore, ma proteggano e bilancino le richieste, risultando funzionali al raggiungimento di un preciso obiettivo lavorativo.

Job crafting

Tra le risorse personali, essere intraprendenti e proattivi può evitare il deterioramento dei livelli delle proprie prestazioni e ridurre, di conseguenza, situazioni di burnout (44). Il modello JD-R è largamente utilizzato, poiché applicabile trasversalmente a differenti contesti lavorativi, e un suo costrutto chiave è il job crafting, definito come un processo attraverso cui i lavoratori “modellano” il proprio lavoro (24) apportando dei cambiamenti. In questo modo l’individuo riesce ad adattarsi proattivamente alle richieste dell’ambiente di lavoro e alle proprie esigenze personali, fino ad avere un maggior controllo delle proprie attività lavorative (18). Alla luce della cornice teorica del modello JD-R, Tims, Bakker e Derks (2010) hanno operazionalizzato quantitativamente il costrutto del job crafting identificandone quattro dimensioni fondamentali (24):

a) l’incremento delle risorse strutturali del lavoro, ovvero le opportunità di sviluppo e autonomia che l’individuo ha facendo leva sullo sviluppo di competenze, tecniche e conoscenze;

b) l’incremento delle risorse sociali del lavoro, ovvero il supporto sociale ricevuto, la supervisione da parte del capo o dei colleghi e tutto ciò che concerne la condivisione sociale;

c) la ricerca di sfide (o aumento delle richieste sfidanti), che include tutti quei comportamenti proattivi messi in atto per raggiungere specifiche risorse, ad esempio partecipare a nuove iniziative o impegnarsi in nuove attività anche quando il proprio ruolo lavorativo non lo prevede;

d) la riduzione di richieste ostacolanti, ovvero i comportamenti che riducono al minimo gli aspetti del lavoro esigenti dal punto di vista emotivo, fisico e mentale o che possono avere un impatto sul carico lavorativo (34).

Le più recenti meta-analisi sul tema del Job Crafting (41) sottolineano una duplice prospettiva dei modelli teorici esistenti: una fondata sul ruolo (47), dove i lavoratori riducono o sviluppano i loro compiti e le loro percezioni cognitive del lavoro, e una sulle risorse (46), che differiscono tra loro per i tipi di job crafting e le motivazioni sottese, le quali risiedono nella volontà che i lavoratori hanno di acquisire maggiore controllo, immagine di sé positiva e relazioni sociali migliori nei contesti lavorativi. In quest’ottica il job crafting è inteso come una strategia di soddisfacimento di questi bisogni e soprattutto come una strategia proattiva per far fronte a situazioni negative, come il burnout (44). Inoltre, il job crafting è largamente utilizzato, nella letteratura organizzativa, come variabile di mediazione nella relazione tra fattori che incidono sui processi motivazionali e sui processi di indebolimento della salute, nella cornice teorica del modello JD-R (10, 22, 24, 40).

Significato del lavoro

Una delle prime definizioni del significato del lavoro è quella di Hackman e Oldham (19), secondo i quali il significato del lavoro rappresenta “il grado con cui il dipendente percepisce il proprio lavoro come generalmente significativo, prezioso e meritevole” (p.162). Nel 2013, Blustein definisce il significato del lavoro come un potenziale che dovrebbe soddisfare tre bisogni umani: il bisogno di sopravvivenza e potere; l’esigenza di una connessione sociale; e la necessità di autodeterminazione (7). Definirsi un lavoratore ha un’importanza molto rilevante sia nella dimensione soggettiva sia nella costruzione dell’immagine di sé. Lavorare permette all’individuo di sviluppare un certo grado di empowerment e prestigio sociale, contribuendo alla creazione della propria identità professionale e sociale. In questa accezione, il significato del lavoro permette di percepire sé stessi come competenti nei confronti di un determinato campo e di creare delle relazioni e dei legami affettivi soddisfacenti (30, 46). Diversi studi hanno evidenziato che i lavoratori che percepiscono un alto significato del lavoro riescono a sperimentare alti livelli di fiducia e impegno lavorativo (35). Inoltre, il significato del lavoro è uno stato psicologico che dipende anche dal senso di appartenenza, ed è proprio la possibilità di sviluppare un forte sentimento di appartenenza e di unione nei confronti di colleghi e superiori che consente di percepire un significato del lavoro positivo. Pertanto, il significato del lavoro può essere considerato un importante fattore protettivo nei confronti del burnout (35). Secondo Yeoman (52) il significato del lavoro è una necessità fondamentale per l’essere umano. Tale affermazione è in linea anche con il modello di deprivazione latente di Marie Jahoda (26), nel quale viene suggerito che il lavoro non ha una funzione meramente economica, quindi di sostentamento materiale per la sopravvivenza dell’individuo, ma assolve a funzioni latenti e non intenzionali, che sono finalizzate a sostenere invece il benessere e la salute mentale. Tra queste la strutturazione del tempo quotidiano, la possibilità di aumentare i contatti sociali, l’incremento dell’autostima, la costante attività fisica e mentale e la condivisione di obiettivi. L’importanza ed il significato del lavoro divengono emblematiche soprattutto nei contesti della disoccupazione, dove quindi avviene concretamente la deprivazione latente, la quale ha importanti effetti sulla salute psicologica dei soggetti. In questa cornice teorica, il significato del lavoro assume un’importanza strategica per la salute mentale. Pertanto il lavoro è un mezzo estremamente importante per la salute mentale e la soddisfazione (26).

Esaurimento emotivo e burnout

La terza variabile approfondita dal presente studio è il burnout, una condizione di esaurimento emotivo dettata dalla sensazione di non avere le risorse necessarie per fronteggiare le richieste lavorative (13). Secondo Maslach, Jackson e Leiter (31) il burnout è “uno stato di esaurimento in cui si è cinici sul valore della propria occupazione e si hanno dei dubbi sulla propria capacità di fare” (p. 20). Esso si verifica a causa di una corrente sofferenza, dovuta a un vero e proprio esaurimento di risorse energetiche di un individuo (44). L’esaurimento lavorativo include gravi problemi psicologici e fisici che derivano da lunghi periodi di stress e frustrazione (31). Infatti, un elevato livello di burnout significa che le risorse per gestire una richiesta lavorativa sono insufficienti (44). In letteratura vengono individuate tre componenti del burnout (31):

  • - esaurimento emotivo, che implica un eccessivo carico lavorativo;

  • - depersonalizzazione, ossia la sensazione di essere estranei a sé stessi;

  • - riduzione dei risultati personali, che si riferisce al senso di inettitudine e mancanza di realizzazione di un individuo.

Le dimensioni che costituiscono il burnout sono, ancora oggi, oggetto di dibattito.

Obiettivi

È noto in letteratura il legame tra significato del lavoro e job crafting (51): fare esperienza di un lavoro pieno di significato riflette un legame personale e profondo tra il lavoratore e il tipo di attività che svolge e per cui viene riconosciuto; il significato del lavoro viene in tal senso messo in relazione a risultati positivi personali e lavorativi come ad esempio, una gestione efficace del cambiamento, la fidelizzazione ed il senso di appartenenza alla propria organizzazione, maggior impegno e coinvolgimento dei lavoratori verso gli obiettivi organizzativi. Inoltre, la letteratura evidenzia come il job crafting possa trasformare il significato che gli individui attribuiscono al lavoro, poiché crea opportunità per i lavoratori di sperimentare nuove forme di lavoro allineando i propri compiti e le proprie mansioni ai propri valori, motivazioni e credenze. Il significato del lavoro viene considerato, in sintesi, sia come conseguenza del job crafting (14), sia come antecedente di esso (49).

Tims, Bakker e Derks (47) hanno inoltre evidenziato come il job crafting riduca gli elevati tassi di burnout: creare un lavoro stimolante o cercare di ridurre le richieste di lavoro porta a un aumento dei sentimenti di benessere.

Sulla base di quanto emerso dalla letteratura corrente, la domanda di ricerca si è dunque focalizzata sulle relazioni tra il significato del lavoro e l’esaurimento emotivo e sul ruolo di mediatore del job crafting tra le due variabili oggetto di studio.

L’ipotesi di ricerca, che intende indagare le relazioni tra le variabili in relazione al periodo di lockdown e di forzatura all’adattamento alle nuove dinamiche sociali e lavorative dettate dall’isolamento sociale imposto, è la seguente: i comportamenti proattivi di modifica del proprio lavoro (job crafting) mediano il rapporto tra il significato di lavoro ed esiti individuali negativi, in particolare l’esaurimento emotivo.

Nello specifico le ipotesi sono state così formulate:

H1: job crafting e significato del lavoro influenzano negativamente l’esaurimento emotivo;

H2: significato del lavoro e job crafting sono correlati positivamente;

H3: il job crafting media la relazione tra significato del lavoro ed esaurimento emotivo.

Metodo

Procedura

La ricerca è stata realizzata attraverso un questionario somministrato in via telematica, attraverso un link alla piattaforma Google moduli. Il tipo di campionamento della popolazione implicata nello studio è stato non probabilistico a valanga (snowball): i partecipanti sono stati contattati singolarmente e in maniera casuale e, successivamente, è stato chiesto loro di inviare il questionario ad altre unità della stessa popolazione. Prima di intraprendere la compilazione del questionario, i partecipanti hanno espresso la volontà di partecipare alla ricerca e il consenso al trattamento dei dati, previa garanzia che gli stessi sarebbero stati trattati ai soli fini della ricerca per garantirne la sicurezza e la riservatezza, nel rispetto di quanto previsto dalla nuova normativa in materia di protezione dei dati personali. I dati sono stati raccolti durante il lockdown italiano, tra l’11 marzo 2020 ed il 2 aprile 2020, quindi nel primo periodo in cui l’emergenza sanitaria dovuta a COVID-19 è stata estesa in tutto il paese.

Partecipanti

Le analisi sono state condotte su un campione finale di 405 individui. Dei soggetti partecipanti alla ricerca, 238 sono di genere femminile (58.8%) e 167 di genere maschile (41.2%). Il 61.7% non ha figli, mentre il 93.6% dei soggetti dichiara di avere un partner. Dal punto di vista dell’organizzazione lavorativa di provenienza, il 68.4% dei soggetti lavora all’interno di un’organizzazione privata, mentre il restante 31.6% in una pubblica. La maggioranza del campione riferisce di lavorare prevalentemente nelle regioni meridionali dell’Italia (65.0%), il 20.0% nelle regioni settentrionali, il 13.0% in quelle centrali e l’1.0% all’estero. Il settore lavorativo dei partecipanti è quasi interamente quello terziario e dei servizi (94.0%), seguito da quello secondario (4.0%) e quello primario (2.0%). L’età media è pari a 37.7 anni (Moda=25; Mediana=35; DS=11.5; minimo=19; massimo=67). L’età, successivamente codificata in classi, è così distribuita: agli under 35 appartiene il 48.9% dei rispondenti, alla classe di età da 35 a 50 anni il 34.8% e agli over 50 il 16.3%. Il 62.0% possiede un contratto a tempo indeterminato, il 22.2% è un lavoratore a tempo determinato e il 15.8% è un libero professionista. Il 48.4% degli individui è celibe/nubile, il 45.2% coniugato/convivente, il 5.7% separato/divorziato e lo 0.7% vedovo/a. Il livello di istruzione dei soggetti si caratterizza per un 8.6% da coloro che possiedono un diploma di scuola media inferiore o di avviamento professionale, il 30.1% ha un diploma di scuola superiore, il 15.3% è in possesso di un titolo di laurea triennale mentre il 27.9% di una laurea magistrale (o a ciclo unico), e infine il 18.0% ha frequentato un corso di perfezionamento post-laurea (master, specializzazione o un dottorato di ricerca). Il 49% dei partecipanti al momento della compilazione del questionario dichiarava di trovarsi in una situazione di smart working o lavoro agile, mentre il 51% no. Di coloro che sono in smart working o lavoro agile, il 63.3% ha affermato di non aver avuto cambiamenti nella mansione da quando è iniziato il periodo di cambiamento dovuto all’emergenza COVID-19. Al contrario, il 36.7% sostiene di aver dovuto subire delle modifiche. Nello specifico, i cambiamenti riguardano prevalentemente il rapporto con i colleghi e superiori (66.7%) o solo con i colleghi (21.2%). Infine, la percezione della produttività lavorativa in chi stava svolgendo smart working o lavoro agile risulta invariata nel 45.2% dei casi, diminuita nel 31.0% e aumentata nel 23.9% dei casi.

Strumento

I dati estratti sono stati trattati ai soli fini della ricerca, in forma anonima e aggregata, in modo da garantire la sicurezza e riservatezza dei soggetti, nel rispetto di quanto previsto dalla nuova normativa in materia di protezione dei dati personali. Lo strumento utilizzato è un questionario costruito ad hoc per gli scopi della ricerca e suddiviso in due parti: una prima parte comprende le scale di misura delle variabili indagate, mentre la seconda parte riguarda i dati socio-anagrafici dei partecipanti. Ai soggetti è stato chiesto di rispondere alle domande facendo riferimento esplicito al periodo di emergenza sanitaria sviluppatasi in Italia1. Di seguito vengono elencate le scale presenti all’interno del questionario:

1. Significato del lavoro (MW - Meaning of Work) (28), ovvero la rappresentazione in termini di importanza che scaturisce dal proprio lavoro. Esempio di item è “Penso di svolgere un lavoro importante”. La scala di risposta va da “1 – Del tutto in disaccordo” a “6 – Del tutto d’accordo”. Sono stati utilizzati due item per misurare tale costrutto.

2. Job Crafting (JC) (24), definito come la capacità proattiva di un lavoratore di modificare i confini tangibili e intangibili del proprio lavoro al fine di renderlo più gestibile sul piano delle richieste. La scala di risposta va da “1 – Del tutto in disaccordo” a “6 – Del tutto d’accordo”. Sono state utilizzate le dimensioni positive che caratterizzano il costrutto, secondo quanto suggerito da Cenciotti, Borgogni, Callea et al (10):

  • Aumento risorse strutturali (increasing structural resources) (STR): si riferisce alla volontà di migliorare le proprie competenze e apprendere a usare nuovi strumenti. Un esempio di item è “Provo a perfezionare le mie competenze”;

  • Aumento delle risorse lavorative sociali (increasing social resources) (SOC), cioè la ricerca di supporto da parte di colleghi o superiori per migliorare il proprio lavoro. Un esempio di item è “Chiedo ai colleghi dei gruppi di cui faccio parte di darmi indicazioni e suggerimenti per migliorare il mio lavoro”;

  • Aumento delle risorse sfidanti (increasing challenging demands) (CHAL): si riferisce alla predisposizione a essere proattivi, a ricercare ulteriori progetti, occasioni e iniziative per collaborare a nuove idee. Un esempio di item è “Quando viene proposto un progetto interessante, mi propongo attivamente per collaborare all’idea presentata”. Ciascuna dimensione è stata misurata tramite tre item, per cui la scala del Job Crafting è stata valutata tramite nove item totali.

3. Burnout, (BO) (45) ovvero la sensazione che il proprio lavoro produca esaurimento emotivo o stanchezza fisica e mentale. Un esempio di item è “Sento che ogni ora di lavoro è per me stancante”. I soggetti hanno risposto in base ad una scala che va da “0 – Mai” a “6 – Ogni giorno”. Sono stati utilizzati due item per rilevare tale costrutto, nello specifico riguardanti la dimensione esaurimento emotivo.

La parte finale del questionario ha raccolto le informazioni riguardanti i dati anagrafici: genere, presenza di figli, presenza di partner (situazione lavorativa dell’eventuale partner), tipologia di organizzazione, età, tipo di contratto, stato civile, titolo di studio.

Analisi dei dati

Per esplorare le ipotesi di ricerca è stata utilizzata una tecnica non parametrica di Equazioni Strutturali, ovvero il Partial Least Squares Path Modeling (PLS-PM o PLS-SEM). Tutte le analisi sono state svolte tramite il software Jamovi, versione 1.2.2 ed R Studio, Versione 1.2.5033, nello specifico utilizzando i pacchetti psych (39) e plspm (42).

Il modello di mediazione ipotizzato è stato testato tramite la proposizione di tre variabili latenti misurate in maniera riflessiva (12) da 13 indicatori totali. In questo tipo di legame la variabile latente è considerata causa delle manifeste, e ogni variazione della prima corrisponde a una modifica degli indicatori. Prima di procedere con la fattorializzazione, sono stati eseguiti i test di adeguatezza campionaria KMO e il test di sfericità di Bartlett. I risultati indicano una buona adeguatezza campionaria (KMO=0.847) ed una sfericità significativa (p<0.001) (11, 27).

Le distribuzioni delle variabili utilizzate nel modello non seguono una forma normale, soprattutto il significato del lavoro, che possiede degli indici abbondantemente fuori il range accettabile di ±1.96 (17). Inoltre, a giudicare dai risultati del test di Shapiro-Wilk, il p.value non ha un valore maggiore di 0.05, per cui viene rifiutata l’ipotesi di normalità. Per questo motivo, per esplorare le relazioni di mediazione del modello, è stata adoperata una tecnica non parametrica di Equazioni Strutturali che, come affermato in Hair, Hult, Ringle, Sarstedt (20) possiede dei vantaggi, come il focus esplorativo sulle relazioni predittive, lo studio delle associazioni causali tra variabili latenti endogene ed esogene, la non presenza di ipotesi sulla dimensione del campione, l’indipendenza dalla distribuzione e misurazione delle variabili e la mancanza di soluzioni non accettabili. L’utilizzo di tale tecnica nelle scienze sociali, soprattutto in psicologia (43, 29), vede un aumento negli ultimi anni proprio in virtù della presenza di costrutti non immediatamente osservabili e la difficoltà di avere dati con distribuzioni normali o con dimensione campionaria predefinita.

Risultati

L’analisi di mediazione consente di evidenziare il ruolo di una variabile interveniente nella relazione statistica tra una variabile indipendente e una dipendente (16, 21), permettendo di comprendere un eventuale suo effetto migliorativo o ostacolante sul rapporto considerato (9). Gli effetti di mediazione possono essere misurati grazie a tre modelli di equazioni di regressione: dapprima tra una variabile predittrice (o indipendente - X) e una variabile risultato (o dipendente - Y). Successivamente viene esplorata la relazione tra la variabile predittrice (X) e la variabile mediatrice (M), infine la relazione tra il mediatore (M) e la variabile outcome (Y). Per testare un’ipotesi di mediazione occorre innanzitutto testare sia l’effetto indiretto (a × b) che l’effetto diretto (c’), analizzare la forza dell’effetto indiretto (a × b) per determinare la dimensione della mediazione, e infine validare i risultati tramite specifici test, come il bootstrap (38, 53). Nel nostro studio, la variabile indipendente X è rappresentata dal significato del lavoro, la variabile che da essa viene influenzata, o dipendente (Y) è l’esaurimento emotivo, mentre il job crafting, nelle sue dimensioni di aumento risorse strutturali e sociali e aumento richieste sfidanti funge da variabile mediatrice. Nell’ambito di tale ricerca l’ipotesi di mediazione è stata approfondita tramite PLS-SEM (Figura 1). Il modello PLS-SEM intende testare l’efficacia di due modelli fondamentali: il primo concentra l’attenzione nella relazione tra le variabili latenti e i loro indicatori (outer model), mentre il secondo sui legami tra le variabili latenti (inner model), che nel caso di questo studio rappresentano una mediazione.

Figura 1.

Figura 1

Il modello generale di mediazione

Figure 1 - The overall model of mediation

Per testare la coerenza interna delle variabili latenti, sono state eseguite le analisi di affidabilità attraverso l’alfa di Cronbach, l’Omega di McDonald, il Rho di Dillon-Goldstein e il criterio degli autovalori. Mentre l’alfa di Cronbach è generalmente impiegato quando si suppone una struttura fattoriale comune tra variabili, il vantaggio dell’Omega di McDonald è che si tratta una generica misura di attendibilità che non è influenzata dalla fattorializzazione sottostante (32).

L’attendibilità dei costrutti risulta avvalorata. Come rappresentato nella Tabella 2, infatti, tutti i costrutti possiedono alfa di Cronbach, omega di McDonald e rho di Dillon-Goldstein maggiori del cutoff di 0.70. A conferma di questo, anche il criterio degli autovalori appare verificato. Tutti i primi autovalori risultano maggiori del valore soglia di 1. In base ai nostri risultati è possibile affermare che i costrutti sono attendibili e presentano un’elevata coerenza interna rispetto agli indicatori che li misurano.

Tabella 2.

Misure di attendibilità per le variabili latenti del modello

Table 2 - Reliability measures for latent variables of the model

α Cronbach Ω McDonald ρ Dillon-Goldstein 1st eigenvalue 2nd eigenvalue
MW 0.90 0.90 0.95 1.82 0.179
Job crafting 0.92 0.92 0.94 5.58 1.02
Esaurimento emotivo 0.81 0.87 0.91 1.69 0.31

Tabella 1.

Analisi descrittive delle variabili del modello nel campione

Table 1 - Descriptive analyses of model’s variables

Significato del lavoro Job crafting Esaurimento emotivo
Media 5.14 4.67 2.43
Deviazione standard 1.04 0.94 1.64
Minimo 1.00 1.00 0.00
Massimo 6.00 6.00 6.00
Asimmetria -2.17 -1.01 0.26
Errore standard asimmetria 0.12 0.12 0.12
Curtosi 5.54 1.21 -0.92
Errore standard curtosi 0.24 0.24 0.24
Test di Shapiro-Wilk (normalità) <0.001 <0.001 <0.001

Le saturazioni degli indicatori sulle variabili latenti sono tutte maggiori di 0.70, la quale, secondo le linee guida proposte da Hair, Hult, Ringle, Sarstedt (20) sulla bontà del modello di misurazione PLS-SEM, è la saturazione minima di una variabile manifesta per poter essere considerata accettabile. La Tabella 3 mostra come solo un item della dimensione aumento risorse sociali evidenzia un loading leggermente minore del cutoff prima menzionato, ma anche in virtù delle analisi di attendibilità in tale studio è stato deciso di ritenerlo adeguato (la misura 0.68 di SOC2 è estremamente vicina al valore di 0.70). La saturazione elevata al quadrato indica la comunalità, ovvero la parte di varianza spiegata comune alla dimensione latente ed all’indicatore. Un indicatore che spiega bene una variabile latente necessita di un indice di comunalità (33) pari almeno al 50%: anche secondo questo criterio gli indicatori presenti nel nostro studio sono tutti accettabili.

Tabella 3.

Modello di misura con saturazioni e comunalità degli indicatori

Table 3 - Outer model with loadings and communalities of indicators

Indicatori Variabili latenti Saturazioni Comunalità
MW1 Significato del lavoro 0.95 0.91
MW2 Significato del lavoro 0.95 0.91
STR1 Job crafting 0.85 0.73
STR2 Job crafting 0.86 0.74
STR3 Job crafting 0.83 0.69
SOC1 Job crafting 0.75 0.57
SOC2 Job crafting 0.68 0.47
SOC3 Job crafting 0.77 0.59
CHAL1 Job crafting 0.78 0.61
CHAL2 Job crafting 0.75 0.56
CHAL3 Job crafting 0.78 0.60
BO1 Esaurimento emotivo 0.81 0.66
BO2 Esaurimento emotivo 0.98 0.96

Per calcolare la quota media di varianza di una variabile latente spiegata dai suoi indicatori è stato analizzato l’indice di Varianza Media Estratta (Average Variance Extracted), che permette di comprendere anche la restante quota dovuta all’errore di misurazione. Un AVE maggiore di 0.50 è considerato accettabile. La nostra analisi ha mostrato che AVE MW=0.91, AVE JC=0.62 e AVE BO=0.81. Tali risultati attestano come la varianza delle dimensioni latenti dovuta ad errore di misurazione è estremamente più bassa di quella spiegata dagli indicatori.

Per poter stabilire il ruolo di mediazione del job crafting sulla relazione tra significato del lavoro e l’esaurimento emotivo, abbiamo dapprima eseguito un modello di regressione semplice tra la variabile indipendente e la variabile dipendente, ovvero tra significato del lavoro e l’esaurimento emotivo. Dalle stime ottenute il coefficiente di regressione β1 MWBO=-0.10 e risulta non significativo, in quanto la validazione bootstrap non ha consentito di generalizzare il risultato poiché con 200 campionamenti l’intervallo di confidenza relativo prodotto è -0.19; 0.14. In ogni modo, l’effetto diretto veicolato dalla relazione è -0.10, con p.value relativo ai dati della ricerca pari a 0.044. Tale risultato, tuttavia, non risulta validato oltre ai dati contingenti in quanto ricampionando il dataset con 200 osservazioni l’intervallo di confidenza non risulta significativo.

Inserendo il job crafting come mediatore, i risultati ottenuti evidenziano come la relazione di regressione tra le variabili latenti significato del lavoro e l’esaurimento emotivo non risulti significativa (c’=-0.04, p.value=0.480). Al contrario, invece, la relazione tra significato del lavoro e job crafting è significativa (a=0.44, p.value=0.000), così come quella tra job crafting ed esaurimento emotivo (b=-0.14, p.value=0.014). L’effetto diretto c’ veicolato dal significato del lavoro all’esaurimento emotivo si riduce così a -0.04. Così come suggerito da Preacher e Hayes (50), quando gli effetti indiretti a e b risultano significativi, mentre non lo è l’effetto diretto c’, la mediazione è totale (33). In tale situazione l’effetto della variabile da X a Y è completamente trasmesso con l’aiuto di una terza variabile, il mediatore. In altre parole, quindi, nel periodo di emergenza sanitaria, il significato attribuito al proprio lavoro, in termini di importanza e utilità, non risulta avere una relazione nei confronti di esiti individuali negativi, come l’esaurimento emotivo. La strategia proattiva del job crafting, invece, diventa una modalità importante di gestione e rimodulazione delle dinamiche lavorative.

Per fornire una validazione più attendibile e generalizzare i risultati, è stato effettuato un ricampionamento bootstrap con n pari a 200. I coefficienti di regressione tra le variabili latenti sono risultati tutti coerenti con il modello di mediazione totale ottenuto, in quanto nell’effetto diretto c’ (MW → BO) la stima risulta contenuta tra gli intervalli di confidenza superiori ed inferiori di -0.132 e 0.195 (lo 0 è contenuto), mentre per gli effetti indiretti a (MW → JC) e b (JC → BO) lo 0 non è presente negli intervalli di confidenza, che rispettivamente sono per a tra 0.346 e 0.565 e per b tra -0.255 e -0.060.

Il ricampionamento tramite bootstrap ha consentito di validare anche le saturazioni degli indicatori sulle variabili latenti in quanto nessuno degli intervalli di confidenza contiene lo zero come valore.

Figura 2.

Figura 2

Modello di mediazione finale: il job crafting media interamente la relazione tra significato del lavoro ed esaurimento emotivo

Figure 2 - Mediation model through PLS-SEM: job crafting fully mediates the relation between meaning of work and emotional exhaustion

Discussione

La ricerca qui presentata contribuisce a estendere la letteratura sul job crafting in diversi modi. In primo luogo, secondo il modello JD-R, l’ipotesi H2 viene confermata, in quanto significato del lavoro e job crafting sono strettamente collegati tra di loro. Tale risultato suggerisce che l’attribuzione di significato e di valore al proprio lavoro può attivare, da parte dei soggetti, la capacità di sperimentare nuove modalità di svolgimento dei compiti e delle mansioni, poiché attuano determinazione e flessibilità. Quando un lavoratore si sente impegnato al lavoro e attribuisce valore alla propria attività, sarà più propenso ad aumentare le risorse a disposizione e ad attivarne altre, per fronteggiare le richieste lavorative e per creare un ambiente più adatto e più stimolante. Questo comportamento proattivo con cui i lavoratori creano cambiamenti è noto come job crafting. Ulteriori studi evidenziano come il significato attribuito al proprio operato, in presenza di strategie proattive come il job crafting, possa fungere da fattore di protezione dall’insorgenza di fenomeni di burnout ed esaurimento emotivo. Lo studio quindi, evidenziando il meccanismo di mediazione del job crafting tra significato del lavoro ed esaurimento emotivo, conferma l’ipotesi H3, e aggiunge un importante tassello alla comprensione del modello JD-R in scenari economici e sociali di crisi e di gestione dell’emergenza (37). L’indagine, se da un lato conferma la robustezza del modello teorico JD-R ed il ruolo del job crafting come mediatore, dall’altro lato contribuisce alla letteratura del tema, poiché sottolinea come il job crafting rappresenti un catalizzatore positivo di protezione dall’esaurimento emotivo. Il significato del lavoro di per sé non ha influenza sull’esaurimento emotivo (confermando parzialmente l’ipotesi H1), ma diventa un fattore di protezione per il benessere psicologico, grazie al job crafting che ha un ruolo strategico nell’attivazione di comportamenti necessari per evitare conseguenze negative sull’individuo derivanti da un eccesso di richieste.

Nello scenario descritto di isolamento e di lavoro agile imposto dall’emergenza sanitaria, il job crafting può assumere il ruolo di strategia di fronteggiamento per la gestione della nuova situazione lavorativa, e di protezione dal malessere lavorativo, considerando sia il suo impatto nella diminuzione dell’esaurimento emotivo, sia il suo ruolo di mediatore tra il significato del lavoro e l’esaurimento emotivo. Infatti, è da notare che la relazione diretta tra il significato del lavoro e l’esaurimento emotivo non risulta essere significativa, mentre con la mediazione del job crafting, tale relazione assume significatività. Questo risultato è oltremodo interessante in quanto la funzione di mediatore del job crafting è stata esplorata solo di recente e mette in evidenza il suo ruolo nel potenziare la relazione tra significato del lavoro e l’esaurimento emotivo, nonché i suoi effetti protettivi dall’esaurimento al lavoro. Inoltre, il risultato è in linea con gli studi che suggeriscono il ruolo del job crafting in quanto elemento chiave nel decodificare le risorse in elementi di benessere (1).

Le misure di contenimento sociale possono avere un impatto negativo sulla salute psicologica. In particolare, la riduzione delle relazioni sociali (anche quelle instaurate nei luoghi di lavoro) sono notoriamente fattori di rischio per l’insorgenza di patologie quali la depressione e il burnout. Inoltre, la preoccupazione per la salute propria e dei propri cari, in aggiunta all’incertezza del futuro lavorativo, può generare depressione e ansia, e, se prolungata, può aumentare il rischio di peggiorare le condizioni di salute psicologica. Molte delle conseguenze psicosociali della pandemia, sono state finora sottovalutate, dando priorità ai problemi di salute fisica. È invece fondamentale approfondire i fattori di rischio e di protezione rispetto ai problemi di salute mentale. Il lavoro qui presentato, oltre a sviluppi teorici di rilievo, può fornire importanti implicazioni operative per le organizzazioni. Il sostegno al lavoratore attraverso azioni migliorative per garantire livelli di benessere e contenere lo stress correlato al lavoro, è un importante contributo alla sperimentazione di vissuti positivi e al miglioramento in termini di qualità di vita lavorativa (54). Infine, in questa lettura, è importante monitorare la presenza di strategie proattive e di job crafting.

conclusioni

Lo studio, se pur nella sua originalità, presenta alcune limitazioni. Tra i limiti si segnala l’uso di uno strumento online e self-report, che espone al rischio di desiderabilità sociale nelle risposte. Inoltre, la valutazione delle misure, come ad esempio l’esaurimento emotivo, riflette una percezione propria dell’individuo e non è soggetta a una valutazione oggettiva proveniente, per esempio, dall’esterno. Le misurazioni descritte tramite variabili latenti, e nello specifico esaurimento emotivo e significato del lavoro, sebbene rispecchino concetti estremamente ampi e complessi, sono stati rilevati tramite due soli item. Ulteriori studi potrebbero utilizzare strumenti, metodi più completi e adatti a cogliere maggiori specificità di tali costrutti latenti. Un altro aspetto da tenere in considerazione riguarda l’eterogeneità del campione coinvolto, soprattutto in quelle caratteristiche per cui non risulta esserci un bilanciamento, come il tipo di contratto lavorativo, l’organizzazione di provenienza e il settore professionale. In questo senso, la ricerca coinvolge quasi del tutto lavoratori del settore terziario, pertanto futuri studi potrebbero provare a equilibrare eventuali variabili di disaggregazione. Sebbene il campione non sia particolarmente ampio, la validazione tramite bootstrap può consentire di generalizzare maggiormente le conclusioni. In aggiunta, l’orizzonte temporale della ricerca riguarda il primo periodo di lockdown totale italiano, un intervallo in cui l’eccezionalità della situazione ha costretto numerosi lavoratori a confrontarsi con circostanze nuove. Un arco temporale diverso potrebbe condurre a conclusioni diverse. Infine, sebbene il modello JD-R consideri la presenza di numerosi fattori psico-sociali che possano influenzare l’espressione di risorse personali, risorse lavorative e richieste lavorative, l’obiettivo specifico dello studio in questione è l’esplorazione, prendendo come cornice teorica di riferimento e come lettura dei contesti professionali il modello JD-R, della relazione tra una risorsa lavorativa (significato del lavoro) ed un esito negativo correlato al processo di indebolimento della salute (esaurimento emotivo), oltre all’indagine dell’eventuale ruolo di mediazione del job crafting nel periodo dell’emergenza sanitaria in generale, senza considerare variabili di disaggregazione relative alla condizione lavorativa (smart working o no), al contratto lavorativo (tempo determinato vs tempo indeterminato), all’organizzazione lavorativa (pubblica, privata, privata sociale) o ad aspetti sociodemografici (genere, età). In definitiva, le variabili prese in considerazione in questo modello sono prevalentemente worker-oriented, ma ulteriori studi potrebbero concentrarsi maggiormente su fattori work-oriented. Nonostante i diversi limiti, lo studio ha come punto di forza il periodo di somministrazione del questionario che, come descritto, riguarda un momento storico, caratterizzato da profondi cambiamenti e da vissuti del tutto sconosciuti, utile per una prima indagine ed esplorazione del fenomeno nel nostro territorio.

Alla luce dei risultati ottenuti e dei limiti qui descritti, è possibile trarre alcune riflessioni utili sia per gli sviluppi futuri del lavoro che per le implicazioni pratiche volte a una migliore gestione dei processi lavorativi e i vissuti associati e, quindi, volte a migliorare e a proteggere il benessere dei lavoratori.

Un primo aspetto riguarda la possibilità di implementare nel prosieguo dello studio un disegno di ricerca di tipo longitudinale, in modo tale da considerare le variabili individuali e organizzative e la loro sostenibilità nel tempo, con un’attenzione particolare alle capacità di adattamento dei lavoratori in relazione ai cambiamenti economico-sociali (25, 48). Un ulteriore elemento di interesse e di attenzione che deriva dall’analisi dei risultati emersi riguarda le strategie di job crafting, e in particolare il potenziamento delle risorse sociali (reti e contatti di colleghi e di superiori), delle risorse strutturali (aggiornamento delle proprie competenze), della ricerca di nuove sfide e di nuove modalità di gestire il cambiamento al lavoro (54). Sempre tra gli sviluppi futuri, un’ottica di riguardo potrebbe essere riferita alla sperimentazione di interventi per la promozione del job crafting nelle organizzazioni (15, 48, 50), non solo come attività di supporto del benessere in tempi ordinari, ma come azioni di prevenzione dello stress e della gestione dei rischi e delle emergenze. Infine, l’analisi potrebbe essere svolta considerando nel modello ipotizzato alcune variabili psico-sociali e lavorative (smart working, contratto, età, genere, tipo di organizzazione), in modo da esplorare eventuali differenze in ottica di ruolo del job crafting sugli esiti negativi.

Precedenti studi sul tema (54) hanno evidenziato come le azioni di welfare intraprese dalle aziende (compreso lo smart working) riflettano gli attuali bisogni sociali e personali: i lavoratori supportati da servizi di welfare, migliorano i loro comportamenti di job crafting e trovano nuove strategie per ridurre gli esiti negativi derivanti dal lavoro. Tali aspetti meritano un approfondimento, considerati gli scenari sociali e lavorativi instaurati durante la pandemia da COVID-19, e gli sviluppi che questi avranno. Se è vero che per molti soggetti lo smart working è stato imposto, la previsione che tale modalità si consolidi è da tenere in considerazione ed è necessaria una sensibilizzazione del tema, in particolare verso le organizzazioni, che dovranno tenere conto dei bisogni personali dei soggetti che vorranno o non vorranno aderirvi, e dovranno pensare ad azioni di sensibilizzazione e consapevolizzazione dei lavoratori delle dinamiche legate al job crafting. Nell’ottica delle conseguenze positive sul benessere dei lavoratori, le organizzazioni dovrebbero offrire una formazione specifica per comprendere cosa accade quando il job crafting è attivato, ma anche per riconoscere le conseguenze derivanti da una appropriata gestione delle risorse lavorative, come l’autonomia. Inoltre, la formazione potrebbe essere funzionale per ridurre gli errori e le criticità derivanti da una organizzazione autogestita del lavoro, come, ad esempio, una distribuzione degli orari lavorativi disfunzionale protratta alla sera o nei giorni di riposo, con conseguenze negative come l’alterazione del ritmo sonno-veglia, l’ansia, la difficoltà di gestire la vita privata e con esiti di burnout e malessere in generale. Promuovere il job crafting come fattore protettivo, in particolare nella attuale situazione di emergenza sanitaria (in cui le preoccupazioni di salute, di lavoro, economiche e sociali legate al benessere si sovrappongono), può consentire di rendere i lavoratori consapevoli delle potenzialità, diventando quindi un fattore chiave.

Diversi studi hanno permesso di constatare come tali interventi possano avere un impatto sia immediato che a lungo termine sul benessere individuale e organizzativo, dal punto di vista di autoefficacia, performance lavorativa e riduzione di richieste lavorative (15, 48, 50). Nello specifico questi interventi, caratterizzati da un giorno di formazione, quattro settimane di sperimentazione e una sessione di riflessione di mezza giornata, offrono ai lavoratori la possibilità di riconsiderare il proprio ambiente di lavoro come una costellazione di richieste e risorse che possono essere modificate utilizzando processi di elaborazione del proprio lavoro. Come esplicitato anche in precedenza, l’intervento si basa sul ruolo del job crafting nel modello JD-R, il quale svolge un duplice ruolo. Ai partecipanti viene insegnato come le richieste e le risorse possono essere correlate ai processi motivazionali e di benessere, sottolineando come il job crafting sia il processo attraverso il quale è possibile modellare e bilanciare le loro richieste e risorse. I comportamenti di job crafting, quindi, possono influire sul livello di richieste e risorse. La giornata di formazione riguarda l’approfondimento del modello JD-R e del job crafting ai lavoratori. I partecipanti vengono facilitati nella mappatura dei loro compiti, richieste e risorse lavorative. La riflessione successiva aiuta ad identificare quelle situazioni sul lavoro che sarebbero auspicabili per migliorare il benessere (1, 3).

I dati emersi dalla ricerca evidenziano come il job crafting possa essere considerato uno strumento protettivo nei confronti di esiti legati al benessere lavorativo, confermando quindi il suo ruolo nel contribuire nei processi positivi per il lavoratore. La situazione di emergenza sanitaria avrà sicuramente un impatto sul modo di vivere e agire il contesto professionale, per questo interventi di job crafting a più ampio raggio potrebbero essere utili anche a categorie più “a rischio” (23) per affrontare i cambiamenti repentini con pesanti ricadute sul piano economico, sociale e personale (36).

Gli autori non hanno dichiarato alcun potenziale conflitto di interesse in relazione alle materie trattate nell’articolo

Footnotes

1 Ogni sezione riferita ai costrutti psicologici da esplorare riportava la dicitura “Si prega di rispondere ripensando alla recente situazione di emergenza sanitaria che si sta sviluppando in Italia”.

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Articles from La Medicina del Lavoro are provided here courtesy of Mattioli 1885

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