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. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128. [Article in Italian] doi: 10.15167/2421-4248/jpmh2021.62.1s1

Health Technology Assessment (HTA) sull’introduzione di coorti aggiuntive per la vaccinazione contro il meningococco con vaccini quadrivalenti coniugati in Italia

Health Technology Assessment (HTA) of the introduction of additional cohorts for anti-meningococcal vaccination with quadrivalent conjugate vaccines in Italy

SARA BOCCALINI 1,, DONATELLA PANATTO 2, FRANCESCO SAVERIO MENNINI 3,4, ANDREA MARCELLUSI 3, CHIARA BINI 3, DANIELA AMICIZIA 2, PIERO LUIGI LAI 2, ROSANNA TINDARA MICALE 2, DAVIDE FRUMENTO 2, CHIARA AZZARI 5, SILVIA RICCI 5, BENEDETTA BONITO 1, GIULIA DI PISA 1, MARIASILVIA IOVINE 2, LORENZO LODI 5, MATTIA GIOVANNINI 5, ANDREA MOSCADELLI 1, SONIA PAOLI 1, BEATRICE MARINA PENNATI 2, LAURA PISANO 5, ANGELA BECHINI 1, PAOLO BONANNI 1
PMCID: PMC8452280  PMID: 34622076
J Prev Med Hyg. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128.

Razionale dell’Health Technology Assessment sull’estensione a coorti aggiuntive della vaccinazione contro il meningococco con vaccino quadrivalente coniugato in Italia

SARA BOCCALINI 1, PAOLO BONANNI 1

Introduzione

Nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2012-2014 (PNPV 2012-2014) [1], l’Health Technology Assessment (HTA) è stata identificata come l’approccio migliore per valutare l’introduzione di nuove vaccinazioni nei programmi di prevenzione. Infatti, l’HTA stabilisce criteri chiari, solidi e condivisi per guidare i processi decisionali relativi all’introduzione di un nuovo vaccino o di una nuova strategia vaccinale nei programmi di prevenzione. L’applicazione di questa metodologia diventa oggi sempre più importante vista la crescente disponibilità di nuovi vaccini e la necessità di fare scelte per razionalizzare le limitate risorse disponibili e massimizzare i risultati sanitari. Anche il PNPV 2017-2019 conferma il ruolo rilevante dell’HTA ai fini della valutazione delle potenzialità e dei limiti di un vaccino e auspica un sempre maggiore utilizzo di questa metodologia per favorire le decisioni basate sulle evidenze in un’ottica di un corretto utilizzo delle risorse disponibili [2].

Secondo l’approccio HTA, in ambito vaccinale, l’epidemiologia della specifica infezione e delle malattie correlate, il disease burden della patologia, le attuali misure preventive e terapeutiche disponibili contro le infezioni e le malattie esaminate, l’efficacia e la sicurezza del vaccino oggetto di studio, le valutazioni economiche, gli aspetti etici, legali, sociali e organizzativi sono argomenti che dovrebbero essere valutati attentamente prima di prendere decisioni relative all’introduzione di ogni nuovo vaccino o ogni nuova strategia vaccinale [3]. Pertanto, tutte le evidenze scientifiche disponibili su questi aspetti dovrebbero essere raccolte ed esaminate criticamente all’interno di un rapporto di HTA al fine di eseguire una valutazione completa. Particolare attenzione va posta sul fatto che questa metodologia si applica, non solo per la valutazione dell’introduzione di nuovi vaccini, ma anche nella valutazione dell’adozione di nuove strategie di immunizzazione rispetto a quelle già in essere.

Pertanto, un rapporto di HTA rappresenta oggi lo strumento più utile per i decision makers per prendere decisioni basate su prove scientifiche e garantire le misure più appropriate nel processo decisionale e la sostenibilità per il sistema sanitario.

In questo contesto, oggi in Italia può essere utile valutare con un HTA l’estensione della vaccinazione contro il meningococco con il vaccino quadrivalente coniugato a coorti di nascita aggiuntive (soggetti al 6° e 19° anno di vita) rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019. Infatti, i giovani risultano la fascia di popolazione maggiormente colpita, rispetto al resto della popolazione, dalle malattie invasive meningococciche, sia come incidenza di casi che come portatori. Sebbene l’incidenza della malattia da meningococco non sia particolarmente elevata, la gravità dei sintomi, l’alta probabilità di sequele e la rilevante letalità, sono a sostegno della raccomandazione della vaccinazione antimeningococcica ai giovani.

In particolare, l’attuale PNPV 2017-2019 raccomanda la vaccinazione contro il meningococco C tra il 13° e il 15° mese di vita. Tuttavia, tale piano prevede, in alternativa al vaccino anti-meningococco C, la possibilità di utilizzo del vaccino tetravalente coniugato contro i sierogruppi A, C, W e Y (ACWY) per offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, sebbene sporadici in Italia, sembrano mostrare un incremento di diffusione in conseguenza ai cambiamenti climatici, ai viaggi, e ai movimenti migratori. Inoltre, nell’adolescenza ovvero tra il 12° e il 18° anno di vita (fase di massima prevalenza dei portatori di N. meningitidis) è raccomandata la somministrazione di una dose di vaccino anti-meningococco quadrivalente coniugato ACWY sia a chi non ha mai effettuato nell’infanzia la vaccinazione con il vaccino anti-meningococco C o con il vaccino quadrivalente, sia a chi ha già ricevuto una dose poiché la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida che diminuisce nel tempo. Infine, nel PNPV 2017-2019 è previsto che, nel caso permangano situazioni epidemiologiche di rischio, anche per l’età adulta (19-64 anni) deve essere somministrata una dose di vaccino quadrivalente ACWY [2].

La Regione Toscana, in base alla situazione epidemiologica registrata negli ultimi anni, con la Delibera della Giunta regionale n. 85 del 16/02/2016 e con il calendario regionale delle vaccinazioni aggiornato con delibera della Giunta regionale n. 193 del 18/02/2019, raccomanda la somministrazione di una prima dose di vaccino coniugato monovalente C dopo il compimento dell’anno di età, dal 13° al 15° mese (preferibilmente al 15° mese); una seconda dose dai 6 anni compiuti ai 9 non compiuti con vaccino coniugato monovalente C; una terza dose a 13 anni (13 anni compiuti) con vaccino coniugato tetravalente ACWY. Inoltre, ai ragazzi appartenenti alla fascia di età 9-20 anni (dai 9 anni compiuti ai 20 anni non compiuti), già vaccinati con una o due dosi di vaccino da più di cinque anni, è offerto gratuitamente ed attivamente il richiamo della seconda o della terza dose, con vaccino coniugato tetravalente ACWY [4].

Nel Calendario Vaccinale per la Vita 4° Edizione 2019 è raccomandata l’immunizzazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY (o con vaccino monovalente anti-meningococco C ove ancora utilizzato) con una sola dose dopo il compimento del primo anno di vita. Poiché la protezione verso la malattia è correlata a titoli anticorpali specifici che diminuiscono nel tempo, una dose booster con vaccino quadrivalente coniugato ACWY dovrebbe essere introdotta nel periodo tra 6-9 anni di età, oltre a quella nell’età adolescenziale già prevista dal PNPV 2017-2019. In particolare, è evidenziato come dopo 5 anni dall’immunizzazione una rilevante quota di vaccinati non risulti protetta con certezza e, pertanto, è necessario monitorare attentamente la situazione epidemiologica per verificare se sia opportuno raccomandare l’effettuazione di successive dosi singole di vaccino quadrivalente coniugato in sincronia con la suddetta cadenza temporale. Inoltre, in diversi Paesi europei, tra cui anche l’Italia, si sta registrando un recente cambiamento del trend epidemiologico delle infezioni da N. meningitidis, con aumento dei casi di infezione da sierogruppi W e Y, soprattutto in età adulta: ciò indica chiaramente che il vaccino quadrivalente coniugato ACWY è il vaccino di elezione sia per la dose dopo il compimento del primo anno di vita, sia per il richiamo a tutte le età. Infine, come dimostrato a livello internazionale e nazionale, è possibile lo switch capsulare di ceppi ipervirulenti (es. ST11), per cui una ampia copertura contro il meningococco è un’opportunità importante per evitare fenomeni di escape che possono presentarsi in caso di sola copertura nei confronti del meningococco C [5].

In base a quanto scritto e alle nuove evidenze scientifiche, situazioni epidemiologiche e raccomandazioni, è quindi ora il momento di valutare attentamente con criteri chiari e condivisi, seguendo l’approccio dell’HTA, l’opportunità di estendere la vaccinazione contro il meningococco con vaccino quadrivalente coniugato ACWY a coorti di nascita aggiuntive (6° e 19° anno di vita) oltre a quelle già previste dal PNPV 2017-19 in Italia per contrastare il fisiologico calo del titolo anticorpale protettivo e garantire una adeguata protezione costante nel tempo contro la patologia meningococcica invasiva nelle fasce di popolazione più vulnerabili.

Per fornire supporto ai decisori e alle autorità istituzionali è stata quindi effettuata una revisione sistematica approfondita della letteratura scientifica nazionale e internazionale e dei database dei sistemi di sorveglianza delle malattie batteriche invasive sui principali domini indicati da EUnetHTA [6]: epidemiologia della patologia invasiva da N. meningitidis, disease burden, sequele e relativi costi, efficacia e sicurezza dei vaccini disponibili, attuali misure preventive raccomandate e adottate in Italia e nel mondo, valutazione economica della malattia e del possibile impatto dell’introduzione della vaccinazione in coorti aggiuntive rispetto a quelle ad oggi individuate, aspetti etici, legali, sociali e organizzativi.

Nei seguenti capitoli è quindi riportata l’analisi critica delle evidenze scientifiche raccolte, i punti chiave e le indicazioni per i decisori.

Bibliografia

J Prev Med Hyg. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128.

Epidemiologia della malattia invasiva da N. meningitidis nelle diverse fasce di età e per sierogruppo in Italia

SILVIA RICCI 1, LORENZO LODI 1, MATTIA GIOVANNINI 1, LAURA PISANO 1, CHIARA AZZARI 1

Introduzione

La malattia meningococcica è una patologia batterica invasiva causata da Neisseria meningitidis. I due quadri clinici più gravi sono la meningite e la sepsi. Il batterio può causare anche altre forme cliniche invasive come, per esempio, la polmonite (5-15% di casi), l’otite media (1%) o l’artrite (2%) [1, 2].

Il meningococco si trasmette tramite goccioline (droplets) e secrezioni nasofaringee di portatori sani. La malattia ha un decorso rapidamente ingravescente: dai primi sintomi aspecifici e spesso non riconosciuti può portare alla morte in 24 ore a causa dell’alto potere replicativo del batterio nel corpo umano. Uno studio inglese pubblicato recentemente ha sottolineato che, nell’85% dei casi di malattia meningococcica confermata, la morte è avvenuta entro il primo giorno dall’inizio dei sintomi [2, 3].

Nelle prime 8 ore la maggior parte dei soggetti presenta sintomi non specifici come febbre, disappetenza, irritabilità, dolori agli arti, nausea/vomito, che possono essere comuni a molte infezioni virali. Circa 12-15 ore dopo l’inizio dei sintomi possono comparire i segni tipici della malattia meningococcica, sia che si tratti di una localizzazione meningea (rigidità, fotofobia, fontanella bombata nel lattante) sia che si tratti di un quadro settico (presenza di petecchie e/o porpora, vasocostrizione periferica). Dopo circa 15-24 ore dall’esordio si riscontrano i segni e i sintomi tipici delle ultime fasi [alterazione dello stato di coscienza fino a convulsioni e coma, shock settico ipotensivo, multiple organ failure (MOF)]. Anche se la diagnosi viene effettuata precocemente e la terapia antibiotica è iniziata in modo adeguato e tempestivo, circa il 5-10% dei soggetti muore nelle prime 24-48 ore dall’inizio dei sintomi. Inoltre, una percentuale elevata di sopravvissuti sviluppa gravi sequele permanenti fisiche, neurologiche e psicologiche [1, 3] (vedi Capitolo 3).

La rapidità con cui il meningococco può condurre a stadi di malattia irreversibili, sottolinea l’importanza della prevenzione attraverso la vaccinazione. Risulta pertanto fondamentale continuare a monitorare strettamente l’epidemiologia della malattia meningococcica per garantire nel futuro, attraverso la vaccinazione, la migliore strategia di prevenzione possibile contro questa patologia.

Incidenza della malattia meningococcica in Europa

Ad oggi sono noti 13 sierogruppi di N. meningitidis, dei quali 6 sono considerati patogeni nell’uomo (A, B, C, W, Y e X). Il tasso di notifica in Europa nel 2017 è stato di 0,6 casi per 100.000 abitanti ed è in linea con i dati degli anni precedenti. I casi confermati in Europa nel 2017 sono stati 3.221 con un tasso di letalità dell’8,7% [4]. Sorprendentemente, quasi i due terzi dei casi (58%) sono relativi a soli tre Paesi: Inghilterra, Francia e Germania e tale dato suggerisce probabilmente la disomogeneità dell’efficacia diagnostica e di notifica nei differenti Paesi europei.

In Europa, nel 2017, i lattanti (< 1 anno di vita), i soggetti in età prescolare (1-4 anni) e i soggetti giovani adulti (15-24 anni) hanno presentato i maggiori tassi di incidenza, rispettivamente pari a 8,5 casi per 100.000 lattanti, 2,5 casi per 100.000 bambini di età pre-scolare e 1,0 caso per 100.000 soggetti tra 15 e 24 anni. Il tasso di notifica maggiore è stato registrato per le patologie causate dal sierogruppo B. Tuttavia, occorre sottolineare come dal 2014 risultino in aumento i casi causati dal sierogruppo Y e W. Nel 2017 il sierogruppo Y ha causato il 12% dei casi confermati e il sierogruppo W il 17%, una percentuale pressoché uguale a quella dei casi da sierogruppo C, 16% [4].

I sistemi di sorveglianza della malattia meningococcica in Italia

In Italia la sorveglianza della malattia meningococcica è condotta dal 1994 dall’Istituto Superiore di Sanità, insieme alla sorveglianza delle altre malattie batteriche invasive (MaBI, S. pneumoniae, H. influenzae type B). Uno studio di Martinelli et al., considerando 3 differenti sistemi di sorveglianza a livello nazionale (Sistema di notifica obbligatoria, MaBI, e consultazione DRG) ha evidenziato nel periodo tra il 2001 e il 2013 una sottostima di malattia meningococcica pari a circa 28 casi/anno [5]. Parallelamente, ha sottolineato un miglioramento nel processo di sierotipizzazione negli anni [5]. Al fine di ottenere dati epidemiologici che permettano una reale valutazione dell’impatto della malattia nella popolazione, alcune regioni italiane, tra cui la Toscana hanno implementato sistemi attivi di sorveglianza molecolare.

Incidenza della malattia meningococcica in Italia

La malattia meningococcica in Italia ha un’incidenza bassa rispetto agli altri Paesi europei e apparentemente in lieve calo nell’arco degli ultimi due anni. Nel 2016, 2017 e 2018 sono stati segnalati rispettivamente 227 (incidenza pari a 0,37 casi/100.000), 198 casi (incidenza pari a 0,33 casi/100.000 abitanti) e 170 casi (incidenza pari a 0,28 casi/100.000 abitanti) [6]. L’Italia presenta un’incidenza minore di quella riportata a livello europeo di 0,6 casi su 100.000 abitanti (Fig. 1).

Fig 1.

Fig 1.

Incidenza della malattia meningococcica in Italia, negli ultimi 10 anni. La linea tratteggiata blu indica il tasso di notifica in Europa nel 2017, la linea tratteggiata rossa indica il tasso di notifica medio in Italia negli anni 1998-2018 [6].

Considerando i dati dal 2016 al 2018, si evidenzia un numero maggiore di casi nei lattanti (0-12 mesi) con un’incidenza che varia da 4,59 a 2,63 casi per 100.000 soggetti, pari a circa dieci volte l’incidenza calcolata sulla popolazione generale. Nel gruppo 1-4 anni l’incidenza varia tra 1,05 e 0,91 casi per 100.000 soggetti, valori di circa il triplo rispetto all’incidenza nella popolazione generale. Infine, negli adolescenti/giovani adulti (15-24 anni) si registrano valori di incidenza di 0,86-0,51 casi per 100.000 soggetti, circa il doppio rispetto all’incidenza nella popolazione generale (Fig. 2) [6].

Fig. 2.

Fig. 2.

Incidenza della malattia meningococcica in Italia nelle differenti fasce di età nel triennio 2016-2018 su 100.000 soggetti [6].

I sierogruppi maggiormente responsabili di malattia meningococcica invasiva sono stati il sierogruppo C (in calo negli ultimi due anni) e il meningococco B (con incidenza in aumento negli ultimi due anni) (Fig. 3) [6]. Similmente a quanto visto per l’Europa, anche in Italia negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dei casi dovuti al sierogruppo W e Y [6].

Fig. 3.

Fig. 3.

Casi di malattia meningococcica nel triennio 2016-2018: rappresentazione percentuale dei sierogruppi causa di malattia nei tre anni [6].

In Italia negli ultimi tre anni è stato possibile sierotipizzare un numero sempre maggiore di casi, passando dall’83,7% nel 2016 al 89,8% nel 2018 (invariato rispetto al 2017): questi dati evidenziano la migliorata capacità di ottenere la diagnosi eziologica, comprensiva di sierotipizzazione (Fig. 3) [6].

Per quanto riguarda le differenti forme cliniche della malattia meningococcica, nell’ultimo triennio i dati sono pressoché sovrapponibili: considerando i dati medi nel periodo 2016-2018, circa il 40% dei soggetti ha presentato una meningite isolata, il 31% una sepsi con altra localizzazione (es. meningite o polmonite), il 29% una sepsi senza altra localizzazione. Relativamente alle infezioni invasive da meningococco con presentazione clinica atipica, tra il 2016 e il 2018 sono stati riportati 4 casi di artrite settica di cui tre causati dal sierogruppo Y in soggetti di età 5-9 anni. I casi di polmonite (con o senza sepsi associata) sono stati 11, di cui 9 si sono verificati in soggetti adulti-anziani.

Infine, l’analisi interregionale sottolinea la significativa differenza nel numero di casi riportati nelle differenti regioni italiane, sinonimo di disomogeneità di sensibilità di diagnosi e di notifica (Tab. I).

Tab. I.

Numero di casi di malattia meningococcica notificati nel triennio 2016-2018 nelle differenti regioni italiane [6].

2016 2017 2018
Abruzzo 3 3 3
Basilicata 2 1 1
Calabria 3 0 0
Campania 32 21 21
Emilia-Romagna 18 24 8
Friuli Venezia Giulia 7 4 2
Lazio 14 18 14
Liguria 5 9 18
Lombardia 45 32 35
Marche 8 3 3
Molise 0 1 0
P.A. Bolzano 1 5 2
P.A. Trento 1 0 2
Piemonte 16 14 5
Puglia 5 8 5
Sardegna 5 4 9
Sicilia 8 12 6
Toscana 41 17 17
Umbria 0 4 6
Valle d’Aosta 1 0 0
Veneto 12 18 13
Totale 227 198 170

Incidenza della malattia meningococcica causata dai sierogruppi ACWY in Italia

Il sierogruppo C è stato responsabile del 42% dei casi nel 2016, di circa il 32% nel 2017 e del 27,2% nel 2018. L’incidenza della malattia meningococcica da meningococco C è stata pari a 0,13 casi/100.000 abitanti nel 2016, 0,09/100.000 abitanti nel 2017 e 0,07/100.000 abitanti nel 2018.

Come in Europa, anche in Italia si è assistito ad un aumento dei casi dovuti al sierogruppo W che è passato dal 2016 al 2018 dal 6,8% al 9,5%. Considerando, complessivamente i casi associati ai sierogruppi ACWY nel triennio 2016-2018, questi hanno causato il 58,3% dei casi di malattia (valori medi – Fig. 4). Nel 2018 sono stati 87 i casi confermati da sierogruppi ACWY con un’incidenza di 0,14/100.000 [6]. Come mostrato in Figura 5 il numero assoluto dei casi risulta in calo nel triennio 2016-2018; da segnalare che il numero di casi complessivamente dovuti ad uno dei sierogruppi ACWY è maggiore rispetto al numero di casi da sierogruppo B.

Fig. 4.

Fig. 4.

Rappresentazione dei casi di malattia meningococcica suddivisi per sierogruppo B vs sierogruppi ACWY tra il 2016 il 2018 in Italia [6].

Fig. 5.

Fig. 5.

Rappresentazione del numero assoluto dei casi da sierogruppi ACWY (linea azzurra), da sierogruppo B (linea arancione) e da sierogruppo X e non tipizzabili (linea grigia) negli anni 2016-2018 in Italia.

Incidenza della malattia meningococcica causata dai sierogruppi ACWY in età prescolare e in età scolare

Nei soggetti in età prescolare (1-4 anni) e scolare (5-9 anni) i casi di meningococco C sono stati 9/28 (32%) nel 2016, 5/31 (16%) nel 2017 e 4/26 (15,4%) nel 2018. L’incidenza è stata di 0,79 casi/100.000 soggetti di età 1-9 anni nel 2016, 0,44/100.000 nel 2017 e 0,35/100.000 nel 2018 pari a circa 5 volte l’incidenza calcolata nella popolazione generale. La forma clinica più frequente è stata la meningite isolata o associata a sepsi. Inoltre, considerando complessivamente i casi determinati da un sierogruppo non-B (ovvero ACWY + X), questi hanno rappresentato nella classe di età 1-4 e 5-9 anni il 64,3% (18/28) dei casi nel 2016, il 51,6% (16/31) nel 2017 e il 38,4% (10/26) nel 2018 [6].

Incidenza della malattia meningococcica nell’adolescente e nel giovane adulto

Come è noto dalla letteratura, gli adolescenti rappresentano i soggetti con la più alta prevalenza di stato di portatore, pari a circa 1,8-5,3 volte superiore rispetto alla frequenza nelle altre classi di età. In una recente analisi condotta in un College americano la prevalenza dello stato di portatore era di 12,7-14,6%, con 1,8-2,6% per il sierogruppo B, seguito dallo 0,9-1,0% per il sierogruppo C, W o Y e dal 9,9-10,8% per sierogruppi non tipizzabili. Un altro recente studio ha sottolineato le differenze epidemiologiche dello stato di portatore nei diversi Paesi del mondo: in Europa i soggetti tra 18 e 24 anni sono risultati portatori molto più frequentemente rispetto ai soggetti di 11-17 anni. Il sierogruppo B e il sierogruppo Y sono stati i sierogruppi più frequentemente riscontrati (5% e 3,9%, rispettivamente) [7]. Lo stile di vita degli adolescenti è caratterizzato da un’alta socialità che comporta contatti stretti e prolungati con potenziali portatori del batterio. In questo gruppo di età è alta la frequenza di luoghi di aggregazione sociale come le scuole, l’università, le mense, i dormitori, la coabitazione, la condivisione di bevande, di sigarette. Insieme all’esposizione al fumo attivo e passivo e ai viaggi intercontinentali, questi rappresentano i principali fattori di rischio per la malattia meningococcica per questa fascia di età [8].

In Italia l’incidenza di malattia meningococcica da meningococco C in questa fascia di età (15-24 anni) nel 2016 è stata pari a 0,29/100.000 soggetti, nel 2017 a 0,08/100.000 e nel 2018 a 0,17/100.000, valore superiore al doppio rispetto all’incidenza di malattia meningococcica da sierogruppo C calcolata sulla popolazione generale [6].

Infine, se anche in questa classe di età si considerano complessivamente quanti casi sono stati causati da uno dei sierogruppi ACWY, questi nel 2018 hanno rappresentato quasi la metà dei casi complessivi, con un’incidenza di 0,24 casi per 100.000 soggetti tra 15 e 24 anni, pari quasi al doppio del tasso di incidenza calcolato sulla popolazione generale.

Inoltre, considerando la fascia d’età adulta (25 ai 64 anni), tra il 2016 e il 2018, possiamo evidenziare che il numero assoluto di casi dovuti al sierogruppo C si è progressivamente ridotto ma sono aumentati i casi dovuti al sierogruppo Y e W. Complessivamente se si considerano i casi dovuti ad uno dei sierogruppi ACWY questi nel periodo 2016-2018 hanno rappresentato oltre la metà della totalità dei casi (66,7% dei casi tipizzati nel 2016, 69% nel 2017, 55,2% nel 2018) [6].

Conclusioni

Il tasso di incidenza di malattia meningococcica in Italia è minore rispetto a quello riportato in Europa. Tuttavia, il limitato uso delle tecniche molecolari in Italia, come ci suggerisce la letteratura [9-13], potrebbe portare ad una sottostima del reale numero di casi di malattia meningococcica di circa tre volte. Inoltre, come si può desumere dalla disomogeneità dei dati tra le differenti regioni italiane, si può ipotizzare che la sottostima sia anche dovuta al basso tasso di notifica, che si verifica in particolare in alcune regioni [5]. Il sierogruppo B è quello più frequentemente responsabile di malattia invasiva, mentre i sierogruppi C, W, Y e X soprattutto in alcune fasce di età, causano la maggior parte dei casi, confermando i dati già noti in letteratura per gli anni 2011-2017 [14]. Da sottolineare come negli ultimi anni, in particolare nell’età scolare e adolescenziale/giovani adulti, i sierogruppi Y e W siano in aumento con forme cliniche anche atipiche. Tale analisi è stata condotta sulla base di dati epidemiologici fino al 2018 e, pertanto non è ancora chiaro l’effetto delle strategie vaccinali introdotte con il piano vaccinale nazionale 2017-2019.

La sorveglianza delle malattie invasive da meningococco è essenziale per comprendere l’andamento della malattia, le resistenze alle molecole antibiotiche utilizzate per la terapia e la profilassi e l’impatto delle strategie vaccinali. Per quanto riguarda l’utilizzo del vaccino tetravalente coniugato nei differenti calendari proposti a livello nazionale e internazionale, la sorveglianza è utile per valutare l’efficacia delle diverse strategie e, se necessario, rimodulare l’offerta vaccinale in base ai cambiamenti epidemiologici.

Figure e tabelle

Bibliografia

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Burden della malattia invasiva da N. meningitidis e sequele nelle diverse fasce di età e per sierogruppo

ROSANNA TINDARA MICALE 1, DAVIDE FRUMENTO 1, DONATELLA PANATTO 1

Introduzione

Neisseria meningitidis (N. meningitidis) è un batterio Gram-negativo aerobio, principale causa di malattia batterica invasiva nel mondo [1]. L’uomo rappresenta l’unico ospite naturale del microrganismo.

Essendo commensali, i meningococchi non inducono necessariamente la malattia: circa il 10% della popolazione europea è colonizzata in modo asintomatico da N. meningitidis e la maggior parte dei sierogruppi isolati nei portatori sono classificati come non patogeni e non invasivi [2]. La prevalenza di portatori sani varia in rapporto a diversi fattori, quali l’area geografica, l’età dei soggetti, le condizioni socio-economiche e la densità di popolazione [2]. La percentuale di portatori sani può oscillare entro limiti ampi, dall’1-2% fino al 15-20%, limite massimo che può essere raggiunto in comunità chiuse, come ad esempio nei college e nelle caserme [3,4]. Solo occasionalmente e, in particolari condizioni di fragilità dell’ospite, il microrganismo è in grado di penetrare nella mucosa, entrare nel flusso sanguigno e causare grave malattia invasiva. Studi riportano che il maggior rischio è associato al primo episodio di infezione [5-7].

N. meningitidis è circondata da una capsula polisaccaridica e, sulla base delle differenze antigeniche dei polisaccaridi capsulari, il microrganismo è suddiviso in 13 sierogruppi; tra questi, più del 99% dei casi di malattia è provocato da ceppi appartenenti ai sierogruppi A, B, C, W e Y [3,6], la cui distribuzione varia tra le diverse aree geografiche [8-9]. Il sierogruppo X è responsabile di casi di malattia invasiva nell’Africa subsahariana, raro nel resto del mondo [8-10]. La capsula è il principale fattore di virulenza del patogeno.

Il tasso di letalità della malattia invasiva da meningococco (IMD) è variabile e un trattamento precoce con antibiotici è fondamentale per determinare un buon esito della malattia. La gravità della malattia è associata, non solo alla sua letalità, ma anche all’alta probabilità di sviluppo di sequele temporanee o permanenti, singole o multiple, che impattano pesantemente sulla qualità di vita del paziente e dei familiari. Le complicanze della IMD sono di varia natura e comprendono sequele fisiche, neurologiche e psichiatriche/psicologiche [11].

In questo capitolo è analizzato il burden della malattia meningococcica suddiviso per fasce di età e per sierogruppi con riferimento alla fase acuta, alla letalità e alle complicanze. Poiché il presente report HTA ha l’obiettivo di valutare una strategia di vaccinazione gratuita multi-coorte con il vaccino quadrivalente coniugato, particolare attenzione è data alla malattia e alle sue complicanze causate dai sierogruppi N. meningitidis A (MenA), N. meningitidis C (MenC), N. meningitidis W (MenW) e N. meningitidis Y (MenY). Inoltre, nel capitolo è anche analizzato l’impatto sociale della malattia correlato alla perdita di qualità di vita dei pazienti e dei familiari [12].

Clinica della malattia meningococcica

La IMD è caratterizzata da un’evoluzione rapida e, talvolta, difficile da diagnosticare. Le manifestazioni cliniche più comuni dell’infezione sono la meningite e la setticemia, anche se in alcuni casi sono presenti entrambi i quadri clinici [11, 13-16]. I sintomi iniziali della malattia, come febbre ad esordio improvviso, mal di testa e mal di gola, possono essere confusi con una moltitudine di altre comuni infezioni respiratorie, compresa l’influenza. Il periodo di incubazione varia da 1 a 14 giorni, anche se solitamente dura meno di 2 giorni [11]. L’esordio dei sintomi specifici di meningite avviene in media dopo 12-15 ore dall’insorgenza della malattia, mentre i sintomi tardivi si presentano in media dopo 15 ore negli infanti e 24 ore nei bambini.

Il pattern clinico può variare a seconda dell’età e le manifestazioni cliniche possono essere più severe e caratterizzate da segni non specifici negli infanti: irritabilità e letargia sono caratteristiche comuni in questa fascia di età. In alcuni casi, all’inizio della malattia possono verificarsi convulsioni con esordio focale [13-16]. In generale, gli infanti mostrano una progressione più rapida della malattia rispetto ai bambini [16].

Come negli adulti, i sintomi più comuni nei bambini sono febbre, nausea, vomito, fotofobia, mal di testa, agitazione, diminuzione del livello di coscienza e rigidità del collo (rara nei bambini di età inferiore ai 2 anni): meno comuni sono le convulsioni e i segni neurologici focali [13-16]. Lo shock settico è più comune nei bambini e progredisce rapidamente, con insufficienza multiorgano e morte entro 24 ore, se non trattato adeguatamente. Uno dei sintomi più comuni associati alla sepsi è la rapida e progressiva eruzione emorragica che di solito inizia agli arti inferiori. Le lesioni cutanee comprendono macule, maculo-papule, orticaria, petecchie, porpora ed ecchimosi. L’eruzione cutanea purpurica può progredire in porpora fulminante, una manifestazione cutanea caratterizzata da coagulazione intravascolare disseminata. Questi casi sono spesso associati a shock settico e necrosi cutanea, ischemia, infarto delle dita o degli arti che di solito richiedono l’amputazione [13-16].

Secondo l’ultimo rapporto di sorveglianza delle malattie batteriche invasive in Italia [17], nel triennio 2017-2019 (ultimi dati disponibili) la presentazione clinica più frequente è stata la meningite (tra il 35% ed il 41 dei casi), seguita da sepsi/batteriemia non associata ad altro quadro clinico (tra il 26 e il 35% dei casi) e da meningite associata a sepsi/batteriemia (tra il 26% e il 30% dei casi). Quadri clinici di polmonite e artrite settica, con isolamento da siti sterili diversi dal sangue, sono stati segnalati raramente. Nei report dell’ISS non sono riportati, attualmente, dati sui quadri clinici associati ai vari sierogruppi, né l’associazione tra il quadro clinico della fase acuta e la probabilità di sviluppare sequele.

Ad oggi, sono pochi i dati in letteratura sia nazionale che internazionale che riportano il quadro clinico della fase acuta suddiviso per fasce di età e sierogruppo, oltre che la durata della degenza correlata alla gravità e al tipo di sintomo.

Al fine di fornire un quadro maggiormente approfondito della problematica sono stati analizzati gli studi condotti nei Paesi ad alto tenore socio-economico, nei quali è stato valutato il quadro clinico della malattia meningococcica suddiviso per gruppi di età e per sierogruppi, considerando un arco temporale successivo al 2000.

Nello studio di Sadarangani et al. [18] è stata valutata l’associazione tra presentazione clinica e decesso/complicanze stratificato per fasce età (0-18 anni e > 18 anni). Gli autori hanno riportato tassi di letalità più elevati negli adulti che avevano una presentazione clinica di shock settico senza meningite (33%) rispetto a quelli che presentavano solo meningite (2,2%). Nella fascia di età < 18 anni, il tasso di sequele era più elevato rispetto alla fascia di età > 18 anni, in particolare negli individui che presentavano nella fase acuta shock settico senza meningite (38%) [18].

Kaplan et al. [19] hanno esaminato dati provenienti da 10 centri ospedalieri dal 2001 al 2005, con l’obiettivo di analizzare i casi di malattia invasiva meningococcica in età pediatrica. Durante il periodo di sorveglianza di 51,5 mesi, si sono verificati 159 episodi di infezioni sistemiche da meningococco. La manifestazione clinica più comune era la meningite, presente nel 70% dei pazienti (112 casi). Complessivamente, 42 bambini (26%) necessitarono di ventilazione meccanica e 52 (33%) ricevettero terapia con vasopressori [19].

Nello studio di Elrod et al. [20] è stata osservata una coorte di 165 pazienti affetti da IMD (sierogruppo non specificato) di età media di 3,6 anni. La degenza variava da 1 a 170 giorni (media 18,9 ± 27,4 giorni). 84 pazienti (50,9%) sono stati ricoverati in terapia intensiva e di questi 11 (6,7%) hanno necessitato di un supporto respiratorio, 14 (8,5%) di un supporto cardiovascolare e 59 (35,8%) di un supporto respiratorio e cardiovascolare. La permanenza complessiva in PICU (Pediatric Intensive Care Unit) variava da 1 a 36 giorni (media complessiva 5,4 ± 5,8 giorni).

Nello studio di Loenenbach et al. [21] sono stati analizzati i dati olandesi di sorveglianza delle IMD da gennaio 2015 a giugno 2018, al fine di confrontare le caratteristiche cliniche di pazienti con malattia da MenW rispetto ai quadri clinici causati da altri sierogruppi. I casi di malattia divisi per sierogruppo hanno riportato un quadro clinico di setticemia e meningite differente per ogni sierogruppo: 45,5% e 16,9% per MenW; 24,7% e 56,5% per MenB; 35,2% e 22,2% per MenY e 28% e 32% per MenC. Inoltre, i pazienti colpiti da MenW presentavano più spesso polmonite (12%) o artrite settica (4,8%) rispetto ai pazienti affetti da MenB (polmonite: 1,6%, artrite settica: 0,8%). I casi di MenY e MenW mostravano manifestazioni cliniche simili, mentre i soggetti con MenC riportavano quadri clinici paragonabili a quelli osservati nei pazienti con MenB. La proporzione di casi con sintomi tipici dell’IMD, come petecchie e rigidità nucale, era più elevata tra i casi di MenB (59%) rispetto ai casi da MenW (19%) e da MenY (20%). I pazienti con MenW e con MenY presentavano più spesso sintomi come diarrea o dolore addominale, tosse, dispnea, dolore durante la respirazione o mal di gola [21].

Fattori di rischio della malattia

Alcuni fattori individuali ed ambientali sono associati ad un maggior rischio di malattia [22-29].

Le condizioni patologiche che compromettono il sistema immunitario aumentano il rischio di contrarre la malattia. In particolare, soggetti affetti da deficit del complemento, da patologie croniche, da asplenia anatomica o funzionale e da immunodeficienze sono tra le categorie di individui per le quali la vaccinazione è fortemente raccomandata [30-35]. Alcuni studi riportano che i bambini e gli adulti HIV+ hanno una probabilità fino a cinque volte superiore rispetto alla popolazione generale di contrarre la malattia meningococcica [5].

Altro fattore associato ad un maggior rischio di malattia sono le precedenti infezioni virali del tratto respiratorio [36].

Alcuni fattori ambientali quali l’esposizione al fumo e la permanenza in spazi chiusi affollati concorrono nell’aumentare il livello di rischio. Infatti, i bambini esposti al fumo passivo risultano avere un maggiore rischio di sviluppare una malattia invasiva da meningococco [35].

Per quanto riguarda gli adolescenti ed i giovani, l’aumento dei casi in queste fasce di età è correlato al loro stile di vita: frequentazione di luoghi chiusi ed affollati (pub o locali), di College, di università, baci con partner differenti, ecc. Infatti, è in queste categorie di individui che si registra il maggior tasso di carriage e, di conseguenza, essi sono considerati i principali veicolatori del microrganismo [23, 24, 26-28].

Letalità della malattia meningococcica

Anche se rara nei Paesi industrializzati, la malattia meningococcica è ancora oggi la principale causa di decesso per malattia invasiva batterica nell’infanzia; la letalità della malattia è variabile da Paese a Paese (8-15%) e in caso di sepsi può raggiungere il 40% [35].

Attualmente il Sistema di Sorveglianza delle Malattie Invasive Batteriche italiano non riporta i dati relativi alla letalità per la malattia invasiva meningococcica [37]. Gli unici dati italiani reperibili dalla letteratura sono quelli provenienti da sorveglianze eseguite in alcune Regioni come Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto e derivanti dai report dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC).

Come descritto in un report del 2017 [38] in Emilia-Romagna, nel periodo 1999-2016, la letalità complessiva per IMD era del 9,7%. I tassi di letalità hanno mostrato una maggiore aggressività di MenC (15,1%) rispetto al MenB (8,6%). I tassi di letalità più elevati sono stati osservati nella fascia 5-9 anni e nei giovani adulti [38].

In Piemonte, il rapporto 2016 relativo al periodo 2008-2015 ha riportato un tasso di letalità del 12%. Nelle fasce di età maggiori di 5 anni la letalità era inferiore al 12%, mentre era pari al 20% nella fascia di età 0-4 anni [39]. Nel rapporto del 2019 relativo al periodo 2008-2019 è stato riportato un tasso di letalità per IMD del 12% [40].

Nello studio di Baldovin et al. è stata valutata l’effectiveness dei sistemi di sorveglianza della Regione Veneto nel periodo 2007-2014. Gli autori hanno riportato una letalità globale del 14% con un incremento associato all’età dall’8,7% negli infanti (< 1 anno) al 18,4% nei soggetti > 45 anni [41].

Come precedentemente detto, i dati italiani disponibili non sono esaustivi e, pertanto, sono stati analizzati i dati provenienti da Paesi ad alto tenore socio-economico e, in particolare, quelli derivanti da studi europei, canadesi, australiani e americani.

Relativamente all’Europa, l’ultimo rapporto dell’ECDC riporta i dati aggiornati al 2017 ed indica un tasso di letalità globale del 10%. Dei quattro sierogruppi più comuni, la letalità più elevata è stata riscontrata tra i casi di MenW (14%) e MenC (15%), seguiti dai MenY (8%). Sebbene non sia riportato alcun dato per fascia di età, il report riporta un tasso di letalità maggiore nei soggetti di età pari o superiore a 65 anni (18%), seguito dalla fascia di età 50-64 anni (10%) [42].

Nello studio di Garrido-Estepa et al. [43], condotto in Spagna nel periodo 2006-2012, sono riportati i tassi di letalità per fasce di età dovuti al MenC: 0% (< 1 anno), 5,9% (1-4 anni), 20% (5-14 anni), 26,4% (15-24 anni), 24,2% (25-44 anni), 31,5% (45-64 anni) e 23,1% (> 65 anni).

In uno studio olandese, condotto dal 1999 al 2011, gli autori hanno riportato i tassi di letalità per IMD suddivisi per fasce di età ma non per sierogruppo: 0-6 mesi: 2%; 6-24 mesi: 7%; 2-4 anni: 5%; 5-9 anni: 4%; 10-19 anni: 4%; 20-64 anni: 8% e ≥ 65 anni: 39% [44].

Nello studio di Loenenbach et al. [21], condotto in Olanda, nel periodo 2015-2018 è stato riportato il tasso di letalità stratificato per sierogruppo e per fasce di età. La letalità globale era del 4,8% per i bambini < 10 anni; 12,2% nella fascia di età 10-19 anni; 10,2% nella fascia di età 20-64 anni e 8,2% nei pazienti di età > 65 anni. Stratificando per sierogruppo, i tassi di letalità erano: 11,1% nella fascia di età < 10 anni, 24,1 nella fascia di età 10-19 anni, 17,3% nella fascia di età 20-64 anni, 13,8% nella fascia di età ≥ 65 anni per MenW; 0% (< 10 anni), 28,6% (10-19 anni), 7,7% (20-64 anni), 2,7% (≥ 65 anni) per MenY, 0% (< 10 anni), 0% (10-19 anni), 0% (20-64 anni), 90,0% (≥ 65 anni) per MenC. Per tutti i sierogruppi, i tassi di letalità erano maggiori tra i pazienti con setticemia/shock settico. Inoltre, i pazienti che presentavano diarrea senza sintomi specifici avevano tassi di letalità superiori (34%) rispetto a quelli con diarrea e sintomi specifici (18%) e ai pazienti senza diarrea (7,5%). Il tasso di letalità era più alto nei pazienti adulti, in particolare nei pazienti di età ≥ 65 anni [21].

Nello studio di Sadarangani et al. [18] condotto in Canada tra il 2002 e il 2011, è stata riportata la letalità per IMD suddivisa per sierogruppo in due fasce di età: 0-18 anni e > 18 anni. Gli autori hanno riportato un tasso di letalità globale pari all’8,4%: 4,1% nei bambini e adolescenti e 12,5% negli adulti. Le percentuali di letalità, per sierogruppo e per fascia di età, sono state calcolate dagli autori considerando i casi di malattia specifici per sierogruppo e non sul totale dei casi. Stratificando per sierogruppo, il tasso di letalità era 0% per MenA, 5,3% per MenC, 0% per W e 2% per MenY nei bambini/adolescenti e 50% per MenA, 15,1% per MenC, 18,2% per MenW e 13,1% per MenY negli adulti.

Nella revisione di Martinón-Torres [23] del 2016 sono riportati i dati di letalità provenienti da studi olandesi e statunitensi. I dati olandesi indicano una letalità globale per sierogruppo del 9% per MenC, 13% per MenW e 13% per MenY. Stratificando per età, la letalità globale era del 2% negli infanti < 1 anno, 5-7% nella fascia di età 1-5 anni, 4% nella fascia di età 5-10 anni, 4% nella fascia di età 10-19 anni, 8% nella fascia di età 20-65 e 39% in soggetti di età ≥ 65 anni. Stratificando il dato per i sierogruppi C/Y e per fasce di età il tasso di letalità era del 4,9% negli individui di età < 1 anno, del 6,9% nella fascia di età 1-5 anni, del 10,4% nella fascia di età 5-10 anni, del 4% nella fascia di età 10-19 anni, del 13,9% nel gruppo 20-65 anni e del 21,3 nei pazienti di età ≥ 65 anni [23].

Nei bambini statunitensi tra il 2001 e il 2005 il tasso di letalità era del 3,8% nella fascia di età < 5 anni, del 9,5% nel gruppo 6-10 anni e del 21,2% nella fascia di età > 11 anni.

Nella revisione sistematica di Wang et al. [45], sono stati raccolti i dati provenienti da database europei, statunitensi, canadesi ed australiani tra il 2000 ed il 2018 che includevano 163.758 pazienti con IMD. I tassi di letalità variavano dal 4,1% al 20,0%, con un dato complessivo aggregato dell’8,3%. Stratificando per sierogruppi, i tassi di letalità globali erano: 12,8% per il MenW, 12,0% per MenC e 10,8% per MenY.

Sequele associate alla malattia meningococcica

L’impatto sanitario della malattia invasiva meningococcica è rilevante, principalmente a causa delle sequele permanenti che colpiscono un’elevata percentuale di pazienti sopravvissuti, specialmente bambini ed adolescenti, costretti a convivere con sequele singole o multiple di tipo fisico, neurologico e/o psicologico. Le sequele incidono negativamente sulla qualità di vita del paziente, non solo nella fase post-acuta ma in molti casi per l’intero arco di vita. Inoltre, l’impatto negativo delle complicanze della malattia è evidente anche sulla famiglia.

Al fine di reperire gli articoli scientifici utili per il presente report di HTA, sono state condotte ricerche bibliografiche sul motore di ricerca PubMed (www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed).

È stato fissato un limite temporale compreso tra il 2000 e il 2020. Tale scelta è stata determinata dal fatto che i dati provenienti da studi condotti prima del 2000 si riferivano all’impatto globale delle sequele, senza riportare indicazioni sulla tipologia (sequele fisiche, neurologiche, psichiatriche/psicologiche) e, pertanto, non idonei per il presente report.

Sono stati inclusi articoli originali e revisioni sistematiche italiani e internazionali in lingua inglese limitando l’area geografica di riferimento e i dati associati alle sequele causate da MenA, MenC, MenW e MenY.

In riferimento agli articoli internazionali sono stati esclusi i manoscritti con dati riferiti a Paesi con elevata incidenza di malattia (es. cintura africana della meningite) e incluse ricerche condotte in Paesi ad alto tenore socio-economico (Europa, Nord-America e Australia).

Al termine della ricerca automatica sono stati eliminati i duplicati e valutati i titoli e i riassunti. Successivamente sono stati esaminati i testi in extenso. Per individuare eventuali fonti non rilevate attraverso la ricerca automatica, si è proceduto alla ricerca manuale attraverso il controllo della bibliografia dei manoscritti inclusi nella presente overview.

In totale sono stati inclusi nella presente overview 7 articoli originali e 2 revisioni sistematiche.

Le sequele sono state suddivise in tre differenti categorie: fisiche, neurologiche e psichiatriche/psicologiche.

Inizialmente sono state valutate le revisioni sistematiche e successivamente sono stati analizzati i risultati dei singoli studi e suddivisi, ove possibile, per fasce di età e per sierogruppi. Gli studi originali sono riportati per data di pubblicazione (dal meno recente al più recente).

Nella revisione sistematica di Olbrich del 2018 [1] condotta nei Paesi ad alto reddito, sono riportati i dati di 31 studi condotti nel periodo 2001-2016 sulle sequele da IMD, classificati in base alle manifestazioni cliniche e quando possibile per fascia di età. La maggior parte degli studi includeva principalmente casi di IMD in bambini e adolescenti e riportava la probabilità di sviluppare sequele, indipendentemente dal sierogruppo. Tra le sequele fisiche sono state segnalate le amputazioni (sino all’8% nei bambini e al 3% negli adolescenti/adulti) e le cicatrici cutanee (sino al 55% nei bambini, al 18% negli adolescenti e al 2% negli adulti), entrambe riportate più frequentemente nei sopravvissuti alla setticemia rispetto ai sopravvissuti alla meningite. Altre sequele fisiche sono state riportate: deformazione degli arti, danni cutanei e danni renali. Tra le sequele neurologiche la più frequente era la sordità: 19% negli infanti, 13% nei bambini, 12% negli adolescenti e l’8% negli adulti. Sono state, inoltre, considerate anche altre sequele come convulsioni, problemi cognitivi, deficit motori e deficit visivi [1]. Le principali sequele psicologiche riportate erano l’ansia, la difficoltà di apprendimento e i disturbi di comportamento che colpivano una percentuale significativa dei sopravvissuti alla malattia invasiva meningococcica. Inoltre, anche in una percentuale rilevante di familiari e di caregivers erano osservate problematiche di carattere psicologico sia nel breve che nel lungo termine [1].

Nella revisione pubblicata nel 2016 di Martinón-Torres [23], sono state valutate le conseguenze devastanti provocate dalla malattia meningococcica e l’impatto a carico dei familiari e della società, aspetti che frequentemente sono sottostimati. Globalmente le percentuali di sequele stratificate per sierogruppo erano: dal 22,2-34,0% per MenC, 15% per MenW e 54% per MenY. Riguardo alle sequele fisiche, le più frequenti erano le cicatrici cutanee (6,4-48%) e le amputazioni (0,8-14%) riportate con frequenze diverse in base all’età e alla severità della fase acuta della malattia. Altre sequele fisiche segnalate erano l’artrite e le vasculiti (4,7%), le disfunzioni renali (2-8,7%) e i disordini della crescita (6-13,1%). Tra le sequele neurologiche le più comuni erano i deficit della memoria, la sordità unilaterale e bilaterale, le convulsioni e il dolore cronico. Gli autori hanno riportato per la sordità range compresi tra 2-9,3%, per le convulsioni 1,4-13,9%, per i danni cognitivi 2,9-7,5%, per le disabilità neuromotorie 1,2-8,1% e per i danni neurologici generici 3,6%. Per quanto riguarda le sequele psichiatriche la revisione sistematica riporta che il 62% dei bambini manifestava sintomi associati a stress post-traumatico.

Sequele fisiche

Le sequele fisiche correlate alla malattia invasiva meningococcica sono molteplici e comprendono: esiti dermatologici (cicatrici cutanee, necrosi, psoriasi ed eczema), esiti/condizioni muscolo-scheletriche (amputazioni, deformazioni degli arti, artralgia ed artrite), patologie renali (ritenzione urinaria, insufficienza renale acuta e cronica), patologie cardiovascolari (vasculite, trombosi venose e fenomeno di Raynaud), insufficienza cardio-respiratoria, insufficienza surrenale, anemia, malattie polmonari, fatica cronica e malattie autoimmuni.

Nella Tabella I sono riportati gli articoli inclusi nella presente revisione con riferimenti ai dati relativi alle sequele fisiche. In Tabella, le sequele sono suddivise per tipologia e, per ciascuno studio, è riportata la probabilità di sequela, l’area geografica di riferimento, il periodo di studio, l’età media della popolazione studiata e, ove presente, la distribuzione dei diversi sierogruppi.

Tab. I.

Principali sequele fisiche e probabilità di sviluppare sequele.

Tipo di sequele Ref. Età Probabilità (%) Area geografica e periodo di studio Denominatore Follow-up Note
Amputazioni [20] Media alla diagnosi: 3,6 ± 4,4 9,1 Svizzera
1969-2008
165 arruolati 13 mesi - 17,8 anni (media 10.4 ± 4,8 anni) Sierogruppo non specificato
11* 136 sopravvissuti*
[19] 0-19 anni 1,4* USA
2001-2005
146 sopravvissuti 2001-2005 44% dovuto a MenB
26% dovuto a MenC
22% causato da MenY
[46] Media: 19,3 anni 3 UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB
39% causato da MenC
1% causato da MenY
[18] < 18 anni 36 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 20 69 pazienti con sequele
Cicatrici cutanee [46] Media: 19,3 anni 18 UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB
39% causato da MenC
1% causato da MenY
[48] Media alla diagnosi: 24,2 anni 3,7 Germania
2009-2015
164 pazienti totali 2009-2015 Sierogruppo non specificato
[18] < 18 anni 20 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 16 69 pazienti con sequele
Danni cutanei [20] Media alla diagnosi: 3, 6± 4,4 44,8 Svizzera
1969-2008
165 arruolati 13 mesi - 17,8 anni (media 10.4 ± 4,8 anni) Sierogruppo non specificato
54,4* 136 sopravvissuti*
[19] 0-19 anni 12,3* USA
2001-2005
146 sopravvissuti 2001-2005 44% dovuto a MenB
26% dovuto a MenC
22% causato da MenY
[47] Media: 17,6 anni 14 Islanda
2007-2008
50 pazienti Men C con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
Sequele ortopediche [20] Media alla diagnosi: 3,6 ± 4,4 6 Svizzera
1969-2008
165 arruolati 13 mesi - 17,8 anni (media 10.4 ± 4,8 anni) Sierogruppo non specificato
7,4* 136 sopravvissuti*
[18] < 18 anni 5 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da Men
≥ 18 anni 10 69 pazienti con sequele
[47] Media: 17,6 anni 18 Islanda
2007-2008
50 pazienti Men C con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
Insufficienza renale [48] Media alla diagnosi: 24,2 7,5 Germania
2009-2015
164 pazienti totali 2009-2015 Sierogruppo non specificato
[18] < 18 anni 7 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 23 69 pazienti con sequele

*valori calcolati dagli autori del presente HTA.

BAMBINI E ADOLESCENTI

La ricerca americana diretta da Kaplan et al. [19] ha raccolto i dati dei casi di malattia invasiva meningococcica di 10 centri ospedalieri dal 2001 al 2005. Sono stati accertati 159 casi, di cui il 44% dovuto a MenB, il 26% a MenC ed il 22% a MenY. Lo studio ha descritto la distribuzione della malattia per fasce di età: il 25,7% dei casi erano infanti < 12 mesi, il 13,8% erano bambini di 12-24 mesi, il 24,5% bambini dai 2 ai 4 anni e il 35,8% bambini/adolescenti dai 5 ai 19 anni. Lo studio ha riportato una sopravvivenza del 91,8% (146/159) e nei sopravvissuti, le sequele fisiche più frequenti erano le cicatrici (12,3%) e le amputazioni (1,4%). I ricercatori hanno evidenziato che le conseguenze muscolo-scheletriche e i danni renali, in alcuni casi, si manifestano anche diversi anni dopo la fase acuta [19].

In uno studio inglese [46] sono state valutate le sequele di una coorte di adolescenti e giovani, stratificata in due gruppi di età (16-18 anni e 19-22 anni; età media: 19,3 anni), tra il 1999 e il 2000. La valutazione è stata eseguita dopo 18-36 mesi dalla fase acuta. Sono stati analizzati 202 pazienti (101 casi e 101 controlli suddivisi per sesso ed età); 84 casi sono stati accertati in laboratorio come positivi al meningococco, di cui 47 (56%) identificati come MenB, 33 (39%) come MenC, 1 (1,2%) come MenY e 3 (3,6%) non identificati. Il 39,6% aveva sviluppato un quadro di meningite e sepsi, il 32,7% solo meningite e il 26,7% solo setticemia. Le principali sequele fisiche riportate erano le cicatrici cutanee (18%) e almeno un’amputazione (3%) [46].

Nello studio di follow-up di Gottfredsson et al. [47] sono stati intervistati 120 soggetti sopravvissuti alla malattia invasiva meningococcica, dei quali il 41,7% positivi per il MenC. Tra i casi di MenC, le principali sequele riportate erano i danni cutanei (14%) e le complicanze ortopediche (artrite) (18%).

Nello studio canadese di Sadarangani et al. [18] condotto tra il 2002 e il 2011 sono stati analizzati i dati clinici di 868 pazienti: il 55% dei casi era dovuto a MenB, il 18,9% causato da MenC, il 5,3% da MenW e il 17% associato a MenY. Il 48% dei casi erano soggetti di età < 18 anni (419). Considerando solo la fascia pediatrica, i soggetti con sequele erano globalmente il 21%, e stratificando per sierogruppo le percentuali erano: 0% per MenA, 21,8% per MenB, 34,2% per MenC, 16,7% per MenW e 14,3% per MenY. Il 33% dei bambini soffriva di sequele multiple. Considerando esclusivamente i pazienti pediatrici con sequele, le conseguenze fisiche più frequenti erano le amputazioni (36%), le cicatrici cutanee (20%), le disfunzioni renali (7%) e i problemi alle articolazioni (5%) [18].

Nello studio di Elrod et al. [20], sono state analizzate le sequele di 165 bambini colpiti da setticemia meningococcica di età media di 3,6 anni (sierogruppo non specificato). Il 9,1% dei casi aveva subito amputazioni, il 44,8% aveva cicatrici cutanee e il 6% aveva riportato conseguenze ortopediche.

ADULTI

Lo studio di Sadarangani et al. [18] ha analizzato, oltre che i dati riferiti alla popolazione pediatrica, anche quelli relativi alla popolazione adulta. La percentuale globale di individui con sequele nella fascia adulta era il 15,4% per tutti i sierogruppi. Stratificando per sierogruppo, le percentuali di individui con sequele erano: 0% per MenA, 14,6% per MenB, 19,8% per MenC, 9,1% per MenW e 14,1% per MenY. Considerando esclusivamente i soggetti con complicanze, le sequele fisiche più frequentemente riportate erano le disfunzioni renali (23%), le amputazioni (20%), le cicatrici cutanee (16%) e i problemi alle articolazioni (10%) [18].

Lo studio tedesco condotto da Huang et al. [48] tra il 2009 ed il 2015 ha considerato 164 casi di IMD (sierogruppo non specificato) in soggetti di età media pari a 24,2 anni. Le sequele fisiche più frequenti erano le cicatrici cutanee (3,7%) e l’insufficienza renale (7,5%).

Sequele neurologiche

Le sequele neurologiche associate alla malattia invasiva meningococcica comprendono: disfunzioni dell’apparato sensoriale (sordità, cecità, paralisi dei nervi cranici, esotropia, tinniti, intorpidimento, parestesia, sensibilità alla luce); disfunzioni motorie (paralisi, paralisi cerebrale, debolezza muscolare, monoparesi/emiparesi, spasticità, problemi di mobilità, severo deficit neuromotorio e di coordinazione); problemi di comunicazione (afasia, balbuzie, difficoltà nel linguaggio e nella comunicazione); deficit cognitivi (ritardo mentale con Quoziente Intellettivo (QI) < 70, ritardo mentale moderato con QI = 70-85, difficoltà di apprendimento, deficit cognitivi); alterazione delle attività cerebrali (convulsioni epilettiche e non epilettiche, cefalea cronica, emicrania, stato vegetativo, vertigini); altri disordini neurologici (danni ai nervi cranici, idrocefalo, convulsioni febbrili, radiculopatia, empiema subdurale, infarto multicerebrale, ritardo nello sviluppo, disturbi del sonno, letargia).

Nella Tabella II sono riportati gli articoli inclusi nella presente revisione con riferimenti ai dati relativi alle sequele neurologiche. In tabella, le sequele sono suddivise per tipologia e, per ogni studio, è riportata la probabilità di sequela, l’area geografica di riferimento, il periodo di studio, l’età media della popolazione studiata e, ove presente, la distribuzione dei diversi sierogruppi.

Tab. II.

Principali sequele neurologiche e probabilità di sviluppare sequele.

Tipo di sequele (Ref.) Età (anni) Probabilità (%) Area geografica e periodo di studio Denominatore Follow-up Note
Sequele neurologiche non definite [18] < 18 anni 7 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 14 69 pazienti con sequele
Emicrania [47] Media: 17,6 anni 30* Islanda
2007-2008
50 pazienti MenC con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
Sordità [47] Media: 17,6 anni 14* Islanda
2007-2008
50 pazienti MenC con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
[19] 0-19 anni 9,6* USA
2001-2005
146 sopravvissuti 2001-2005 44% dei casi dovuto a MenB
26% dovuto a MenC
22% causato da MenY
[46] Media: 19,3 anni 12 UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB
39% causato da MenC
1% causato da MenY
[48] Media alla diagnosi: 24,2 5,7 Germania
2009-2015
164 pazienti totali 2009-2015 Sierogruppo non specificato
[18] < 18 anni 35 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 22 69 pazienti con sequele
Disturbi della vista [18] < 18 anni 10 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 23 69 pazienti con sequele
Epilessia [19] 0-19 anni 6,2* USA
2001-2005
146 sopravvissuti 2001-2005 44% dovuto a MenB
26% dovuto a MenC
22% causato da MenY
[46] Media: 19,3 anni 2 UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB
39% causato da MenC
1% causato da MenY
[48] Media alla diagnosi: 24,2 6,8 Germania
2009-2015
164 pazienti totali 2009-2015 Sierogruppo non specificato
[18] < 18 anni 3 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 9 69 pazienti con sequele
Deficit cognitivi [47] Media: 17,6 anni 32* Islanda
2007-2008
50 pazienti Men C con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
[46] Media: 19,3 anni 13 UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB
39% causato da MenC
1% causato da MenY
[18] < 18 anni 1 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 6 69 pazienti con sequele
Deficit motori [19] 0-19 anni Atassia: 2,7
Emiplegia: 2
USA
2001-2005
146 sopravvissuti 2001-2005 44% dovuto a MenB
26% dovuto a MenC
22% causato da MenY
[46] Media: 19,3 anni 13 UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB.
39% causato da MenC
1% causato da MenY
[18] < 18 anni 19 Canada
2002-2011
88 pazienti con sequele 2002-2011 55% dei casi dovuto a MenB
19,9% causato da MenC
5,3% dovuto a MenW
17% causato da MenY
≥ 18 anni 6 69 pazienti con sequele

*valori calcolati dagli autori del presente HTA.

BAMBINI E ADOLESCENTI

Nello studio di Kaplan et al. [19] sono state descritte le sequele neurologiche per fasce di età. Gli autori hanno riportato che il 9,6% dei sopravvissuti era affetto da sordità (4,1% aveva sordità unilaterale e il 5,5% sordità bilaterale) e che la perdita di udito era più comune negli infanti e nei bambini piccoli rispetto a quelli di età > 2 anni. Inoltre, gli autori hanno osservato convulsioni nel 6,2% dei pazienti, atassia nel 2,7% e emiplegia nel 2% sopravvissuti [19].

Lo studio di Borg et al. [46] ha riportato che tra i pazienti con sequele, il 12% presentava problemi di udito, il 2% convulsioni, il 13% disturbi del linguaggio, il 17% vertigini ed il 13% deficit motori [46].

Nello studio di Gottfredsson et al. [47], considerando solo i casi di MenC le sequele più frequentemente riportate erano: emicrania nel 30% dei casi, deficit cognitivi 32% dei pazienti e sordità nel 14% dei soggetti sopravvissuti.

Lo studio di Sadarangani et al. [18], considerando esclusivamente i pazienti di età < 18 anni con sequele, ha riportato che il 35% dei soggetti soffriva di problemi all’udito, il 10% di disturbi della vista, il 3% aveva avuto episodi di epilessia, 1% mostrava deficit cognitivi e il 19% deficit motori.

ADULTI

Nello studio di Sadarangani et al. [18] nei pazienti con sequele di età ≥ 18 anni le complicanze maggiormente segnalate erano sordità (22%), disturbi della vista (23%), epilessia (9%), deficit cognitivi (6%) e deficit motori (6%).

Infine, lo studio di Huang et al. [48] ha riportato che il 5,7% dei pazienti presentava sordità ed il 6,8% epilessia.

Sequele psicologico/psichiatriche

Tipicamente, i sintomi psicologici e psichiatrici compaiono in seguito all’ospedalizzazione e sono spesso sottostimati nel medio e nel lungo periodo. La maggioranza dei sopravvissuti soffre di disturbi post-traumatici da stress e, a causa dei devastanti effetti dovuti alle sequele fisiche, spesso le conseguenze psicologiche sono considerate di minore rilievo [49].

Le sequele della sfera psicologica sono suddivise in: disordini da ansia (ansia generalizzata, ansia da separazione, disordine sociale, fobie specifiche); disordini comportamentali (negativismo sfidante, disturbi comportamentali); altri disturbi (depressione, deficit dell’attenzione, disordine dell’attenzione e iperattività, disturbo post-traumatico da stress, disturbo dello spettro autistico, disturbi alimentari).

Gli studi che riportano dati sulle sequele psicologiche/psichiatriche sono pochi e nella maggior parte dei casi non è fatta la suddivisione per sierogruppi e classi di età.

Nella Tabella III sono riportati i dati relativi alle sequele psicologiche/psichiatriche sulla base del tipo di sequela, della probabilità, dell’area geografica, del periodo di studio, dell’età e del sierogruppo, se disponibile.

Tab. III.

Principali sequele psicologiche/psichiatriche e probabilità di sviluppare sequele.

Tipo di sequele Ref. Età Probabilità (%) Area geografica e periodo di studio Denominatore Follow-up Note
Stress post-traumatico [50] Età media 5,7 anni 10 UK
1996-1997
29 pazienti totali Media:
8,9 mesi
Sierogruppo non specificato
Ansia [47] Età media 17,6 anni 4* Islanda
1975-2004
50 pazienti MenC con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
Depressione [47] Età media 17,6 anni 6* Islanda
1975-2004
50 pazienti MenC con sequele 2007-2008 Sierogruppo C
[46] Età media 19.3 anni 8* UK
1999-2000
101 pazienti Da 18 a 36 mesi 56% dovuto a MenB
39% causato da MenC
1% causato da MenY

*valori calcolati dagli autori del presente HTA.

BAMBINI E ADOLESCENTI

Nello studio condotto da Judge et al. [50] è stato valutato il rischio di disordini psichiatrici nei bambini sopravvissuti alla malattia meningococcica (sierogruppo non specificato) e nei genitori. Un totale di 29 bambini (età media di 5,7 anni) è stato seguito per un periodo di follow-up di 3-12 mesi e 27 coppie di genitori hanno accettato di essere intervistate. Il 62% dei pazienti ha riportato sintomi da stress dopo la dimissione, i più comuni dei quali erano incubi ed ipereccitazione. Il 10% dei soggetti presentava marcati disordini da stress post-traumatico al follow-up. Il rischio globale di danni psichiatrici era doppio nei pazienti, rispetto alla popolazione generale.

Gottfredsson et al., nello studio di follow-up (gennaio 2007-aprile 2008), hanno osservato che il 4% dei sopravvissuti a malattia meningococcica da MenC soffriva di ansia e il 6% di depressione. La probabilità di avere problemi psichiatrici e psicologici era significativamente più alta rispetto alla popolazione generale [47].

Borg et al. hanno valutato i sintomi depressivi in una coorte di individui di età 15-19 anni, 18-36 mesi dopo la fase acuta della malattia, tramite il test “Beck Depression Inventory II” (BDI-II) e confrontandoli con un gruppo di controllo. I pazienti presentavano segni depressivi in una percentuale maggiore rispetto ai controlli (20 vs 12) [46].

Problemi psico-sociali e qualità di vita dei genitori e dei caregivers

Judge et al. [50] hanno esaminato i disturbi psichiatrici nei genitori di bambini/adolescenti di età compresa tra i 2 e i 15 anni sopravvissuti a malattia meningococcica, che erano stati ricoverati in terapia intensiva. I soggetti sono stati seguiti per un periodo di 3-12 mesi (media 8,9 mesi) dopo la fase acuta. Il disagio psicologico nelle madri è stato valutato utilizzando il “General Health Questionnaire 28” (un punteggio ≥ 4 è indicativo di rischio psichiatrico). I ricercatori hanno riscontrato un incrementato rischio di disturbi psichiatrici nel 40% delle madri; disturbi da stress post-traumatico clinicamente significativi sono stati osservati nel 48% delle intervistate ed il 29% ha dichiarato di necessitare di supporto psicologico. I sintomi da stress nelle madri erano significativamente correlati alla gravità della malattia dei figli [50].

Nello studio di Shears et al. [51] sono stati valutati i problemi psico-sociali dei genitori. Lo studio ha incluso 60 madri, 45 padri e gli insegnanti dei bambini colpiti da IMD. Il disturbo da stress post-traumatico è stato misurato utilizzando l’Impact of Event Stress (IES), mentre il disturbo psichiatrico è stato valutato con il General Health Questionnaire (GHQ-28), strumento validato e ampiamente utilizzato per lo screening dei disturbi psichiatrici negli adulti. I questionari sono stati somministrati durante il ricovero del figlio e tre mesi dopo la dimissione. Nello studio è stato fissato un cut-off ≥ 5. Dalla valutazione dei questionari è emerso che le madri soffrivano di stress mentale sia al ricovero (59%) sia al follow-up (3 mesi dal ricovero) (43%); valori inferiori sono stati osservati nei padri (42% al ricovero e 24% al follow-up). È stato stimato un rischio di disturbo post-traumatico da stress pari a circa il 38% nelle madri e del 19% nei padri. Inoltre, è stata evidenziata una correlazione positiva tra la lunghezza della degenza in terapia intensiva del paziente ed il disturbo post-traumatico da stress dei genitori. Al fine di valutare l’impatto della malattia nel medio termine, è stato eseguito un follow-up a 12 mesi, al termine del quale il 24% delle madri e il 15% dei padri mostravano un rischio per disordine post-traumatico da stress. Inoltre, ai genitori è stato somministrato anche il “Parental Assessment Questionnaire”, che ha evidenziato una variazione del comportamento nei confronti dei figli, con una maggiore propensione ad essere permissivi ed un maggior timore per il loro stato di salute [51].

Lo studio di Ehrlich et al. [52] ha valutato il disagio psicologico nei genitori di bambini sopravvissuti alla malattia da meningococco, dopo la dimissione dall’unità di terapia intensiva. Al momento del ricovero, tutti i bambini sopravvissuti avevano un’età compresa tra 1 e 18 anni. Per individuare la presenza di disturbi psichiatrici è stato utilizzato il “Goldberg General Health Questionnaire-30” (GHQ-30). Punteggi > 5 erano indicativi di stress psicologico. Il punteggio medio GHQ per le madri è risultato pari a: 8,71 dopo 3 mesi dalla fase acuta; 10,7 dopo 6 mesi; 6,96 dopo 12 mesi; 7,17 dopo 2 anni e 4,9 dopo 3 anni. Inoltre, nello studio è riportata la percentuale di madri affette da stress psicologico: il 50% mostrava segni di stress psicologico dopo 3 mesi; il 69% dopo 6 mesi; il 39% dopo 12 mesi; il 33% dopo 2 anni e il 31% dopo 3 anni. Nei padri, il punteggio medio GHQ era pari a: 7,17 dopo 3 mesi; 6,69 dopo 6 mesi; 5,9 dopo 12 mesi; 6,25 dopo 2 anni e 5,43 dopo 3 anni. Le percentuali di padri con stress psicologico erano: il 41% dopo 3 mesi; il 58% dopo 6 mesi; il 45% dopo 12 mesi; il 50% dopo 2 anni e il 29% dopo 3 anni. Dai dati, si evince come la prevalenza del disagio psicologico fosse maggiore rispetto alla popolazione generale dopo 3 e 6 mesi per le madri e dopo 6, 12 e 24 mesi per i padri [52].

Perdita di qualità di vita associata alla malattia meningococcica

La qualità della vita (QoL) nei pazienti sopravvissuti alla malattia meningococcica si riduce in base al tipo e alla gravità delle sequele. Il concetto di “qualità della vita” è stato concepito negli anni ’80 del XX secolo, nel contesto degli studi sulle sequele delle malattie croniche nella popolazione adulta. Solo recentemente la valutazione della qualità di vita è stata applicata ai bambini ed alle malattie infantili in generale.

Nella valutazione della qualità di vita sono considerate le funzioni fisiche, cognitive, sociali ed emotive [12] e con la definizione “Health-related quality of life” (HRQoL) si intende lo specifico impatto della patologia e delle sue conseguenze sulla qualità di vita.

In letteratura sono pochi gli studi che riportano l’impatto a breve, medio e lungo termine delle sequele sulla qualità della vita dei pazienti e dei caregivers.

Nella revisione sistematica di Olbrich et al. [1] è sottolineato l’impatto negativo della malattia sulla qualità di vita di tutti i pazienti, compresi i soggetti senza sequele, e dei familiari per periodi di tempo molto lunghi [1]. Conclusioni simili sono riportate nella revisione pubblicata da Vyse et al. nel 2013, nella quale è riportato un livello di qualità di vita, nei sopravvissuti alla malattia meningococcica, inferiore rispetto alla popolazione generale, con effetti prolungati nel tempo [53].

Nello studio di Buysse et al. [54] è stata valutata la qualità di vita nei bambini sopravvissuti alla malattia meningococcica e nei loro genitori. Sulla base dei dati riportati dai genitori, l’11% dei pazienti mostrava problemi correlati alle abilità fisiche, il 37% difficoltà nella percezione della salute e il 16% disturbi emotivi. Lo studio ha riportato effetti negativi sulla salute e sulla qualità di vita dei bambini, soprattutto sul piano fisico, ad un follow-up di 2 anni. Inoltre, l’HRQoL era negativamente influenzato dalla gravità della malattia e dai disturbi cronici.

Koomen et al. [55], nel 2005 hanno pubblicato i risultati di uno studio con l’obiettivo di valutare la qualità di vita di bambini sopravvissuti a meningite batterica e di osservare la correlazione tra le limitazioni in ambito scolastico e gli aspetti comportamentali. Sono stati inclusi 182 bambini con età media di 9,7 anni (range 5,3-14,2) e comparati con un gruppo di controllo composto da bambini sani. Questi bambini non avevano avuto, nella fase acuta, una malattia “severa” e non riportavano sequele invalidanti gravi. A livello generale, la qualità di vita dei bambini sopravvissuti alla meningite batterica è risultata più bassa se confrontata con la popolazione pediatrica di controllo, in particolare per gli aspetti psicosociali, cognitivi e familiari. Gli effetti negativi sulla qualità di vita non sono risultati significativamente associati all’età, al sesso, al patogeno e alla presenza di sequele neurologiche.

Nello studio olandese di Grootenhuis et al. [56], è stata valutata la qualità di vita in 318 bambini di età compresa tra 8-11 anni con differenti malattie croniche, di cui 38 sopravvissuti ad una forma severa di malattia meningococcica. I bambini sono stati seguiti per 1-7 anni dopo il ricovero in terapia intensiva. Ai fini della valutazione è stato utilizzato il “TNO-AZL Children’s Quality of Life Questionnaire” (TACQoL) e sono state eseguite le analisi della varianza, per indagare le differenze nei punteggi medi dei bambini con condizioni croniche, rispetto al gruppo di controllo (bambini sani). Il questionario contiene sette domini che prendono in considerazione: difficoltà sul piano fisico; problemi di autonomia; difficoltà sul piano motorio; problemi cognitivi; aspetti sociali (ad es. ridotta capacità di giocare, parlare con altri bambini o di sentirsi a proprio agio con i coetanei); emozioni positive (ad es. sentimenti di gioia) ed emozioni negative (ad es. tristezza o aggressività). Dall’analisi dei dati, considerando esclusivamente i bambini sopravvissuti alla malattia meningococcica, è emerso che il 45% dei pazienti soffriva di disturbi motori, il 40% aveva problemi di autosufficienza, il 38% riportava problemi sociali ed il 22% provava emozioni negative. Gli outcomes sono risultati statisticamente significativi, se confrontati con quelli relativi al gruppo di controllo. I bambini con malattia meningococcica presentavano una maggiore dipendenza dai genitori e di conseguenza erano meno propensi a partecipare ad attività ricreative, scolastiche e sociali. Tale impatto negativo influiva negativamente sullo sviluppo cognitivo del paziente, compromettendo e riducendo la qualità di vita [56].

Vermunt et al. [57] hanno stimato il possibile effetto dello shock settico meningococcico sull’autostima di bambini e di adolescenti di età compresa tra 8 e 17 anni, a distanza di almeno 4 anni dalla fase acuta (le cicatrici erano la principale sequela). In funzione dell’età, sono stati utilizzati rispettivamente il questionario “Harter’s Self-Perception Profile for Children” (SPP-C) per i bambini tra gli 8 e gli 11 anni e il “Harter’s Self-Perception Profile for Adolescent” (SPP-A) per gli adolescenti tra i 12 e i 17 anni. Entrambi i questionari valutano ambiti specifici, quali la competenza scolastica, la socialità, la competenza atletica, l’aspetto fisico, il comportamento e l’autostima globale. Punteggi più elevati sono considerati migliori. Dall’analisi dei dati dell’SPP-C (soggetti di età 8-11 anni) è emerso che non vi erano differenze significative tra i bambini sopravvissuti alla malattia meningococcica e il gruppo di controllo. Per quanto riguarda gli adolescenti, è emerso che tra i maschi, i soggetti sopravvissuti alla malattia riportavano punteggi più bassi rispetto ai controlli per competenza scolastica (13,4 vs 14,5), accettazione sociale (13,1 vs 15,3), competenza atletica (12,3 vs 14,8), aspetto fisico (12,7 vs 14,7), socialità (12,1 vs 16,6) e autostima globale (12 vs 16). Le femmine avevano punteggi più bassi relativamente all’accettazione sociale (13,2 vs 15,4), all’amicizia (12,3 vs 17,7) e all’autostima globale (11,6 vs 14,9). È stata inoltre valutata la relazione tra il livello di autostima e la presenza di sequele fisiche gravi, evidenziando il fatto che i bambini con cicatrici cutanee avessero punteggi peggiori riguardo al dominio dell’accettazione sociale, mentre gli adolescenti con cicatrici riportavano punteggi più bassi riguardo la socializzazione. Globalmente, negli adolescenti sono stati osservati punteggi peggiori rispetto ai bambini. Questo risultato è probabilmente dovuto al fatto che essere colpiti da una malattia di tale gravità in fase adolescenziale determina stati di vulnerabilità psicologica ed emotiva, che incidono negativamente sull’autostima [57].

Un successivo studio dello stesso gruppo di ricerca [58] ha valutato i disturbi psicologici a lungo termine in giovani adulti sopravvissuti a shock settico da meningite. L’età dei pazienti era compresa tra 16 e 31 anni al momento del follow-up (età media: 21 anni) e l’intervallo mediano di follow-up era di 13 anni (da 4 a 16 anni). Per valutare le condizioni di vita, il livello d’istruzione, lo stato professionale, lo stato civile e le conseguenze fisiche e sociali legate alla malattia è stata effettuata un’intervista strutturata. Per valutare la funzionalità intellettiva dei pazienti è stato somministrato il “Groninger Intelligence Test 2 (GIT2)”, che consiste in test secondari su comprensione verbale, visualizzazione, ragionamento/deduzione e fluidità delle parole. Dall’elaborazione dei dati, è emerso il fatto che la maggior parte dei pazienti mostrava una buona ripresa delle attività quotidiane, inclusa la frequenza scolastica o lo svolgimento di un’attività lavorativa retribuita. Ciò nonostante, il 5-20% dei sopravvissuti riferiva di avere ancora difficoltà nella funzionalità intellettiva e problemi comportamentali associati agli esiti della malattia.

Borg et al. [46] esaminarono una coorte di adolescenti e giovani colpiti da malattia (età media: 19,3 anni), valutando anche la qualità di vita (Short Form 36 Health Survey – SF-36), la stanchezza quotidiana (11-item Chalder Fatigue Scale), lo stress (Family Inventory of Life Events), il livello scolastico raggiunto (General Certificate of Secondary Education) e le funzioni cognitive, a 18-36 mesi dalla fase acuta. La qualità di vita è stata valutata considerando i punteggi globali della componente fisica (48,4 nei casi vs 51,8 nei controlli) e di quella psicologica (46,6 dei casi vs 53,5 dei controlli); punteggi più elevati indicano un migliore stato di salute. Relativamente al livello di stanchezza, il test misurava variabili quali la stanchezza fisica (punteggio da 0 a 21), la fatica psicologica (punteggio da 0 a 12) e la fatica globale (punteggio da 0 a 33); punteggi più alti indicano una condizione peggiore. Nel gruppo dei pazienti la stanchezza fisica era pari a 9 vs 8,3 dei controlli e la fatica psicologica era 4,6 nei casi vs 4 nei controlli. Relativamente al punteggio assegnato alla fatica globale, il punteggio dei pazienti era 13,6 vs 12,4 nei controlli. Infine, è stato considerato l’ambito educativo e scolastico; è stato osservato il fatto che la percentuale di pazienti che non aveva conseguito un titolo di studio superiore alla scuola secondaria, era più alta (64%) rispetto a quella di controllo (50%).

Nel contesto della ricerca condotta nei Paesi Bassi (1988-2001) da Buysse et al. [59], è stata valutata la qualità di vita in 140 soggetti sopravvissuti alla malattia meningococcica. I pazienti erano stati colpiti dalla malattia in un’età compresa tra 1 mese e 18 anni, ed intervistati dopo 10 anni (54 bambini di 4-11 anni, 38 adolescenti di 12-17 anni e 48 soggetti con età ≥ 18 anni). Gli autori hanno misurato la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari, mediante l’utilizzo del “Child Health Questionnaire” (CHQ) per i soggetti di età < 18 anni e lo Short-Form Health Survey (SF-36) per i soggetti d’età > 18 anni. Il CHQ valuta il profilo di salute globale del soggetto, riferito ai domini fisici e psicosociali, inclusi quelli relativi alle abitudini di vita, all’autostima e agli effetti dello stato di salute sulla famiglia. La struttura è del tutto simile a quella dell’SF-36 utilizzato per gli adulti. Per i soggetti ≥ 18 anni, il questionario SF- 36 era compilato sia dai pazienti che dai familiari. I punteggi dei pazienti sono stati confrontati con quelli di un gruppo di controllo, composto da bambini e adolescenti sani. I punteggi relativi ai soggetti di età compresa tra i 4 e i 17 anni (questionari compilati dai genitori) erano più bassi se confrontati a quelli dei controlli della stessa età, specificamente riguardo ai domini fisici (92/100 vs 99/100), psico-sociali (76/100 vs 79/100) e alla percezione globale dello stato di salute (64/100 vs 83/100). I pazienti tra i 12 e i 17 anni avevano invece punteggi più bassi rispetto ai loro coetanei sani relativamente alla percezione dello stato di salute generale (66/100 vs 74/100). Per i soggetti di età ≥ 18 anni i punteggi erano più bassi relativamente alla vitalità (63/100 vs 71/100) ed allo stato di salute fisica globale (49/100 vs 55/100). Nei soggetti d’età < 18 anni la percezione dello stato di salute globale era più bassa, tenendo conto sia dei punteggi assegnati dai pazienti stessi, sia di quelli attribuiti dai familiari; questo outcome può essere associato, non solo all’esperienza di salute associata alla fase acuta, ma anche alla preoccupazione per lo stato di salute futuro. I risultati dello studio, relativamente ai punteggi assegnati dai genitori, hanno evidenziato valori più elevati rispetto a quelli indicati dai figli. Una probabile motivazione potrebbe essere associata al fatto che, a seguito del grave stress causato dalla fase acuta della malattia, i genitori siano più propensi a sottovalutare l’entità delle sequele, specialmente se di lieve entità. Nel complesso, il livello di qualità di vita era più basso nei pazienti rispetto al gruppo di controllo in ogni fascia di età. Inoltre, gli autori riportarono il fatto che soggetti con gravi sequele fisiche (e.g. amputazioni e cicatrici estese) avevano un maggior rischio di peggioramento della qualità di vita a lungo termine.

Nella ricerca danese condotta da Pickering et al. [60], sono state valutate le conseguenze socio-economiche a lungo termine su 2.902 pazienti affetti da meningite meningococcica. Tra questi, 2.077 soggetti sono stati seguiti fino all’età di 20 anni e, di questi, 1.028 fino a 30 anni. I pazienti erano confrontati con un gruppo di controllo. I parametri osservati erano: il livello d’istruzione, il lavoro svolto e la sicurezza sociale ed economica. Al fine di valutare il livello educativo erano comparate le medie dei voti dell’ultimo anno di scuola primaria. I casi riportavano una votazione media di 5,7 vs 5,9 dei controlli (OR = 1,58, 95% CI = 0,90-0,99). All’età di 20 anni, una percentuale minore dei pazienti (37,5%) aveva completato la scuola secondaria rispetto ai controlli della stessa età (43,8%). All’età di 30 anni, il 33,4% dei pazienti aveva frequentato l’università, rispetto al 36% dei controlli. Relativamente all’ambito professionale, all’età di 20 anni i pazienti avevano maggiormente beneficiato dell’assistenza sociale (OR = 1,39, 95% CI = 1,00-1,93) e una percentuale più elevata di soggetti percepiva la pensione d’invalidità (OR = 2,52, 95% CI = 1,62-3,95). All’età di 30 anni le entrate finanziarie dei pazienti erano significativamente inferiori rispetto a quelle dei controlli.

Conclusioni

Sebbene rara nei Paesi ad elevato tenore socio-economico, a causa della sua gravità la malattia meningococcica determina un elevato impatto sanitario e sociale. L’incidenza della patologia è variabile in base all’età e al tempo.

La fase acuta della malattia è caratterizzata da una rapida evoluzione e, talvolta, difficile da diagnosticare. I sintomi iniziali, come febbre ad esordio improvviso, mal di testa e mal di gola, non sono specifici e possono essere confusi con altre comuni infezioni respiratorie, compresa l’influenza. Le manifestazioni cliniche più comuni sono la meningite e la setticemia e, in alcuni casi, sono presenti entrambi i quadri clinici. La letalità è alta e può raggiungere il 40% in caso di sepsi, determinando morti premature. La gravità della malattia è anche correlata all’alta percentuale di pazienti che sopravvivono con sequele permanenti, singole o multiple, che ne compromettono gravemente la qualità di vita.

Attualmente non sono disponibili dati italiani sulla stima delle sequele da meningococco e, di conseguenza, la valutazione dell’impatto delle complicanze della malattia è stata condotta considerando i dati provenienti da studi condotti in contesti internazionali riferiti a Paesi ad alto tenore socio-economico. Le sequele che impattano maggiormente sulla qualità di vita del paziente sono quelle neurologiche, ed in particolare la sordità (uni o bilaterale) (range: 5,7-35%), i deficit cognitivi (range: 1-32%), i deficit motori (range: 2-19%), i disturbi della vista (range: 10-23%) e l’epilessia (range: 2-9%). Molti sono anche i pazienti che riportano gravi sequele fisiche, come amputazioni singole o multiple (range: 3-36%), cicatrici e danni cutanei (range: 3,7-54,4%), deformazioni degli arti (range: 5-18%) e danni renali (range: 7-23%).

Non di secondaria importanza sono le sequele a carico della sfera psicologica che, spesso sono sottostimate in quando compaiono dopo l’ospedalizzazione. L’ansia e la depressione sono le sequele psichiatriche più comuni nei sopravvissuti, infatti numerosi studi riportano che fino al 60% dei pazienti segnala sintomi da stress post-traumatico a breve e medio termine.

La gravità della malattia determina un rilevante impatto sulla famiglia; numerose ricerche riportano un aumentato rischio di disturbi psichiatrici nei genitori: fino al 60% delle madri e il 40% dei padri segnalano disturbi da stress post-traumatico, di rilevanza tale da necessitare di un supporto specialistico.

Globalmente, il livello di qualità della vita dei pazienti sopravvissuti alla malattia meningococcica è inferiore rispetto a quello della popolazione generale e l’impatto negativo della malattia è evidente anche nei pazienti senza sequele, per periodi di tempo molto lunghi.

Figure e tabelle

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I costi della malattia invasiva da N. meningitidis nelle diverse fasce di età e per sierogruppo

DONATELLA PANATTO 1, ROSANNA TINDARA MICALE 1, BEATRICE MARINA PENNATI 1, PIERO LUIGI LAI 1, DANIELA AMICIZIA 1

Introduzione

Sebbene la malattia sia rara nei Paesi ad alto reddito, essa determina un elevato impatto clinico, sociale ed economico dovuto alla sua alta letalità (8-15%) [1-5] e alla rilevante percentuale di pazienti che sopravvivono con sequele transitorie e/o permanenti (fino al 60%) di diversa natura: fisiche, neurologiche e psichiatriche/psicologiche (vedi Capitolo 3) [2, 6, 7]. Inoltre, molti sopravvissuti presentano sequele multiple che condizionano pesantemente la loro qualità di vita e quella dei loro familiari. La percentuale di soggetti con complicanze varia a seconda dell’età, della gravità della fase acuta e del sierogruppo coinvolto [8-10].

I costi diretti comprendono i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e si suddividono in: costi della fase acuta [ospedalizzazione, riabilitazione e risposta di Sanità Pubblica (azioni messe in campo per evitare casi secondari di malattia)], costi relativi alla fase post-acuta (fino a 6 mesi dall’insorgenza della malattia) e costi sanitari associati alle sequele temporanee o permanenti (Fig. 1).

Fig. 1.

Fig. 1.

Costi diretti associati alla malattia invasiva da meningococco.

I costi indiretti (Fig. 2) comprendono:

Fig. 2.

Fig. 2.

Costi indiretti associati alla malattia invasiva da meningococco.

  • fase acuta: costo della morte, costi legati alla perdita di produttività del paziente, costi associati alla perdita di produttività dei familiari o caregiver e costi necessari per il supporto psichiatrico e psicologico della famiglia;

  • fase post-acuta: costi associati al paziente (perdita di produttività del paziente, supporto psichiatrico/psicologico del paziente) e costi associati alla gestione del paziente (perdita di produttività di un familiare o caregiver e supporto psichiatrico/psicologico dei familiari/ caregiver);

  • fase a lungo termine: dipendente dal tipo di sequela e dall’eventuale presenza di sequele multiple: perdita di produttività del paziente, educazione speciale, visite mediche private, pensione di inabilità, assegno di invalidità e indennità di accompagnamento, costi relativi al supporto psichiatrico e psicologico a lungo termine del paziente e dei familiari/caregiver.

Al fine di reperire i manoscritti utili per la stesura del presente report di HTA è stata effettuata una ricerca sui principali motori di ricerca (Pubmed, Embase, Scopus). Nella ricerca primaria l’obiettivo era individuare gli studi condotti in Italia relativi alla malattia meningococcica causata dai sierogruppi di Neisseria meningitidis A (MenA), Neisseria meningitidis C (MenC), Neisseria meningitidis W (MenW) e Neisseria meningitidis Y (MenY).

Ad oggi, non sono disponibili studi esaustivi che abbiano stimato tutti i costi della malattia meningococcica nel contesto italiano. Infatti, gli studi di valutazione economica riguardanti la prevenzione della malattia meningococcica applicati alla realtà italiana, riportano dati di costo estrapolati da contesti internazionali [11-14]. Pertanto, al fine di avere a disposizione dati utilizzabili per popolare il modello sviluppato per il presente report di HTA (vedi Capitolo 7), abbiamo analizzato studi primari condotti nel contesto internazionale riferiti a Paesi con alto tenore socio-economico e pubblicati dell’arco temporale 2000-2020 e studi di ricerca secondari (analisi di valutazione economica e revisioni sistematiche) italiani e internazionali.

Costi diretti

COSTI DELLA FASE ACUTA

I principali costi associati alla fase acuta di malattia sono: i costi di risposta di Sanità Pubblica, di ospedalizzazione e di riabilitazione.

COSTI DI RISPOSTA DI SANITÀ PUBBLICA

La gestione di un caso di malattia meningococcica genera notevoli costi a carico del SSN in capo alla Sanità Pubblica finalizzati alla riduzione degli effetti della malattia sia a livello individuale sia a livello di popolazione per la prevenzione dei possibili casi secondari.

I costi sono principalmente correlati all’individuazione e alla gestione dei contatti a cui offrire chemioprofilassi e vaccinazione. La notifica del caso di malattia è obbligatoria e la modulistica deve essere compilata ed inviata all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) di competenza entro 48 ore dall’osservazione del caso [15].

La segnalazione di un caso sospetto, determina l’attivazione immediata di misure di profilassi specifiche che consistono nell’individuazione dei soggetti venuti a contatto con il paziente nei 7 giorni precedenti la data di diagnosi e la valutazione del rischio per altri eventuali contatti [16]. Nello specifico, i contatti sono suddivisi in due gruppi: “alto rischio” e “basso rischio”. Al primo gruppo appartengono i conviventi del caso (particolare attenzione deve essere rivolta ai bambini di età inferiore ai 3 anni) e i “contatti scolastici” quando il paziente è un soggetto in età scolare. Nelle scuole dell’infanzia i “contatti scolastici” sono gli insegnanti, il personale di assistenza e i bambini della stessa classe e quelli che hanno condiviso con il caso aree comuni (mensa, palestra ecc.). Nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado i “contatti scolastici” sono i compagni di classe e gli insegnanti. Inoltre, sono considerati “contatti ad alto rischio” i soggetti esposti alle secrezioni del paziente (es. baci, spazzolini da denti, ecc.) e gli individui che hanno mangiato o dormito nella stessa abitazione. Occorre, invece, valutare il rischio per coloro che hanno condiviso con il paziente attività ludiche e/o permanenza in luoghi chiusi (es. ristoranti, piscine, palestre, discoteche, ecc.), per i colleghi di lavoro, per il personale sanitario e l’utenza eventualmente presente durante il ricovero (pronto soccorso, ambulatorio, ecc.).

Tra i “contatti a basso rischio” sono compresi i contatti casuali.

Il numero medio dei contatti per ogni singolo caso è molto variabile e dipende principalmente dall’età del paziente e dallo stile di vita.

Lo studio di Scholz et al. ha riportato un numero medio di contatti pari a 16,4 riferito al contesto tedesco [17]. Per la realtà italiana, questo numero potrebbe essere sottostimato poiché le classi scolastiche italiane sono più numerose di quelle tedesche. Il dato ISTAT aggiornato al 2020 riporta, in Italia, un numero di alunni frequentanti la scuola statale secondaria di primo grado pari a 1.612.116 studenti divisi in 77.901 classi. Ne consegue un numero medio di alunni pari a 20,7 per classe [18]. Inoltre, il numero medio di componenti di una famiglia italiana è di 2,3 soggetti per nucleo familiare (dati aggiornati al 2018-2019) [18]. Pertanto, nel contesto italiano, considerando anche i contatti esterni alla scuola e alla famiglia (tempo libero, sport, ecc.), il numero di contatti per ogni caso di malattia meningococcica potrebbe essere compreso tra 30 e 35 soggetti.

Le linee guida per la profilassi dei contatti non differiscono per età e sierogruppo; unica differenza riguarda la terapia, cioè il tipo di antibiotico da somministrare in base all’età e alla condizione (es. gravidanza) [14, 19]. Il costo medio per il trattamento antibiotico dei contatti è di circa € 4,24 a persona [20]. A completamento della chemioprofilassi può essere presa in considerazione la vaccinazione meningococcica con il vaccino tetravalente coniugato (MenACWY) e con il vaccino antimeningococco B (MenB). Il tipo di vaccino e la schedula vaccinale varia a seconda dell’età del soggetto [21, 22].

Nei costi relativi alla risposta di Sanità Pubblica occorre includere anche i costi associati al tempo medio di lavoro del personale sanitario afferente ai Dipartimenti di Prevenzione e Sanità Pubblica delle ASL per gestire l’emergenza.

Relativamente al costo diretto globale associato alla risposta di Sanità Pubblica, attualmente non sono disponibili dati italiani esaustivi provenienti da studi primari, pertanto, per il presente report HTA sono stati analizzati i dati provenienti da altri studi di valutazione economica italiani e da ricerche internazionali. Occorre precisare che nel contesto internazionale i costi riferiti alla prevenzione dei casi secondari sono molto differenti e associati al tipo di sistema sanitario di ogni Paese.

I costi finalizzati ad evitare i possibili casi secondari di malattia non differiscono in relazione al sierogruppo, pertanto, nel presente capitolo sono stati analizzati costi associati alla gestione di Sanità Pubblica di un caso di malattia invasiva da meningococco di qualsiasi sierogruppo.

Un recente report HTA italiano sulla vaccinazione antimeningococcica negli adolescenti con il vaccino MenB ha riportato un costo di risposta di Sanità Pubblica di € 3.284 per un caso di malattia contestualizzato al primo gennaio 2018 [14].

Lo studio italiano di Gasparini et al. ha quantificato il costo della Sanità Pubblica in € 3.223 (costi riferiti al 2013) [11]. Stesso valore è stato utilizzato nel report HTA sulla vaccinazione antimeningococco B negli infanti pubblicato da Di Pietro et. al. [13].

Lo studio tedesco di Scholz et al. ha analizzato i costi di Sanità Pubblica, tenendo in considerazione il costo del personale sanitario e della profilassi post-esposizione. Il costo corrispondeva per un caso di malattia a € 824 (contestualizzato al 2015) [17].

Uno studio canadese ha valutato strategie alternative in termini di costo-efficacia per l’immunizzazione dell’infanzia con il vaccino MenC e il vaccino MenACWY [23]. Relativamente al costo di risposta di Sanità Pubblica, gli autori hanno considerato come riferimento il valore riportato in una precedente analisi di costo-efficacia condotta negli Stati Uniti [24]. Il costo, riferito al 2014, ammontava a $CAN 4.250.

Anonychuk et al. [25] hanno pubblicato una revisione sistematica sui costi e sul burden di Sanità Pubblica associato alle epidemie causate da Neisseria meningitidis. Gli autori hanno analizzato i dati di diversi studi. Nello specifico, in uno studio canadese da loro analizzato, i costi per la chemioprofilassi dei contatti stretti e per la vaccinazione a scuola ammontavano a $ 5.014 contestualizzati al 2010.

Infine, uno studio americano pubblicato nel 2005 ha riportato un costo globale di Sanità Pubblica di $ 4.317 (riferito al 2003). Gli autori hanno considerato il numero medio di contatti, il costo medio di un ciclo di chemioprofilassi e il tempo medio di lavoro dedicato dagli operatori sanitari dei dipartimenti di Sanità Pubblica per la gestione di un singolo caso di malattia meningococcica [26].

COSTI DI OSPEDALIZZAZIONE

Nel presente report di HTA, i costi di ospedalizzazione sono calcolati utilizzando i Diagnosis Related Group (DRG) suddivisi per soggetti di età < 18 anni e ≥ 18 anni considerando i codici ICD-9-CM più frequentemente associati alla malattia meningococcica riferiti al 2020 (vedi capitolo 7 Tabella IV). Con la stessa modalità di analisi sono stati calcolati i costi di ospedalizzazione nel report HTA sulla vaccinazione antimeningococcica B negli adolescenti pubblicato da Boccalini et al. [14] e nei modelli economici relativi alla vaccinazione con MenB nella popolazione pediatrica pubblicati da Tirani et al. [12], da Gasparini et al. [11] e da Di Pietro et al. [13].

Tab. IV.

Costi diretti fase acuta.

Costi diretti fase acuta Costo unitario Note Fonte
Ospedalizzazione < 18 anni € 4.952,64 Media dei principali DRG associati a ICD9 036 [28]
€ 4.952,64 Media dei principali DRG associati a ICD9 0360
€ 4.529,00 Media dei principali DRG associati a ICD9 0362
€ 6.708,04 Media dei principali DRG associati a ICD9 036
Ospedalizzazione ≥ 18 anni € 6.542,06 Media dei principali DRG associati a ICD9 0360
€ 6.177,88 Media dei principali DRG associati a ICD9 0362
Risposta di Sanità Pubblica € 3.323,00 [18]
Ospedalizzazione in lungodegenza
(massimo 20 giorni)
€ 4.040,00 € 202,00/giorno [28]

Recentemente è stato pubblicato uno studio italiano che ha valutato i costi del ricovero nella popolazione pediatrica [27]. La ricerca ha analizzato le cartelle cliniche di 32 pazienti ricoverati all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma nel periodo 2006-2015. L’età media dei pazienti era di 5,3 anni (range 40 giorni-16,5 anni). 7 casi erano dovuti a MenC, 9 a MenB, 3 a MenY e 1 a MenW. In 12 pazienti il sierogruppo non è stato rilevato.

I costi diretti sono stati estratti dal Tariffario del Servizio Sanitario Regionale del Lazio e comprendevano: le spese di ricovero ospedaliero e di gestione del paziente presso l’unità di malattie infettive e/o presso l’unità di terapia intensiva. Il costo giornaliero è stato quantificato in € 626 per il reparto di terapia intensiva e in € 476 per il reparto di malattie infettive con evidenti differenze a causa della diversa complessità delle cure. La durata della degenza ospedaliera era mediamente di 17 giorni (range 11-25 giorni). A questi costi vanno sommati i costi relativi agli esami di laboratorio, agli esami strumentali, alle valutazioni mediche e paramediche e ad eventuali interventi chirurgici. Il costo mediano è risultato di € 12.604 (range € 9.203-35.050) e il costo medio di € 14.874. Stratificando il dato per fasce di età, il costo medio dei pazienti di età < 1 anno è risultato di € 17.306, valore superiore a quello riferito ai bambini di età 1-5 anni (€ 13.313), ai bambini 5-10 anni (€ 15.025) e ai pazienti di età > 10 anni (€ 14.059).

Poiché gli studi di ricerca primari italiani sono esigui al fine di ampliare l’evidenza scientifica sono stati analizzati i dati internazionali provenienti da studi recenti condotti in Paesi ad alto tenore socio-economico.

Uno studio australiano pubblicato nel 2014 [7] ha osservato 109 bambini ospedalizzati tra il 2000 e il 2011 con l’obiettivo di stimare i costi ospedalieri associati con la malattia invasiva meningococcica. Gli autori hanno considerato i costi di ospedalizzazione della fase acuta per tutti i pazienti e i costi associati alla riammissione ospedaliera per i soggetti con sequele. I costi di ospedalizzazione sono stati valutati in relazione al sierogruppo, all’età, al sesso, al quadro clinico, all’assenza o presenza di sequele. I costi di riammissione ospedaliera per i soggetti con sequele sono stati stimati considerando il sierogruppo, l’età, il sesso e il quadro clinico diagnosticato nella fase acuta. I costi sono riportati in AUD (dollari australiani) contestualizzati al 2011. Il costo di ospedalizzazione medio per paziente è stato stimato in AUD 12.31 e i valori erano significativamente più alti nei soggetti con sequele (con sequele: AUD 35.323; senza sequele: AUD 8.250). In particolare, il costo dell’ospedalizzazione è risultato dipendente dal quadro clinico: costi maggiori sono stati registrati nei soggetti con meningite e setticemia (AUD 24.076) rispetto ai pazienti con meningite (costo: AUD 18.701) e con setticemia (AUD 19.300) [7].

Uno studio americano [28] ha riportato i costi della fase acuta suddividendo i valori per le diverse classi di età. I costi ospedalieri includevano l’accesso al dipartimento di emergenza, il ricovero in diverse tipologie di reparto (es. unità di terapia intensiva), gli esami di laboratorio e strumentali, i servizi ausiliari (es. farmacia) e l’assistenza nell’unità di osservazione prima del ricovero. La durata media del ricovero era di 9 giorni. Il costo medio per ricovero è stato stimato in $ 23.294 per paziente. Il costo medio più basso è stato osservato negli infanti ($ 16.793) e il più alto negli adolescenti ($ 28.202). Il costo medio nei bambini è risultato di $ 20.284, nella fascia 22-49 anni di $ 27.100 e di $ 21.400 negli adulti di età ≥ 50 anni.

Un altro studio americano [29] ha valutato i costi ospedalieri e la durata della degenza stratificando i dati per fasce di età: neonati (< 1 anno), bambini (1-10 anni), adolescenti (11-18 anni) e giovani adulti (19-20 anni). Il costo medio complessivo ($ riferiti al 2009) di un ricovero era $ 21.891. Indipendentemente dall’età, il costo medio di ospedalizzazione era più alto per i casi di setticemia ($ 23.724). Stratificando il dato per età, il costo medio di ricovero era più alto per i bambini ($ 36.454) rispetto ai giovani adulti ($ 31.433) e agli adolescenti ($ 19.925). Il costo più alto era riferito ai neonati con setticemia ($ 49.626).

La revisione di Wang et al. del 2018 ha analizzato i costi della fase acuta di malattia in vari Paesi del mondo. Tutti i costi, riferiti al 2014, sono stati convertiti in stime ponderate per la parità del potere d’acquisto (dollari internazionali I$) utilizzando il metodo “Metodi di economia di Campbell e Cochrane” e il convertitore di costi. Il costo medio per ogni paziente era compreso in un range tra I$ 1.629 (Colombia) e I$ 50.796 (USA). La presenza di sequele è stata associata a costi di ospedalizzazione più elevati e ad una degenza più lunga [30].

COSTI DELLE SEQUELE TEMPORANEE E/O PERMANENTI

Come descritto nel capitolo 3, le sequele temporanee o permanenti associate con la malattia meningococcica si suddividono in: fisiche, neurologiche, psichiatriche/psicologiche. Inoltre, una percentuale significativa dei sopravvissuti sviluppa sequele multiple [2, 3, 6].

Attualmente, nessun studio primario italiano ha valutato l’impatto delle sequele né dal punto di vista clinico/sanitario né dal punto di vista di impatto economico. Pertanto, sono stati analizzati dati provenienti da studi secondari (valutazioni economiche e di HTA) o studi primari condotti in contesti internazionali in Paesi ad alto tenore socio-economico.

Lo studio inglese di Wright et al. del 2013 ha analizzato i costi relativi a casi gravi di meningite. Gli autori hanno riportato, per il primo anno dopo la dimissione ospedaliera, costi compresi tra 160.000 e 200.000 sterline britanniche (prezzi del 2008-2009 indicizzati al 2010-2011). Inoltre, lo studio ha sottolineato l’importanza della riabilitazione, non solo nei primi anni dopo la dimissione ospedaliera, ma per l’intero arco di vita. Di conseguenza, è importante considerare questi costi nelle valutazioni economiche [31]. Da questa analisi è emerso che le sequele più costose erano quelle neurologiche (in particolare la disabilità neurologica grave e le sequele a carico dell’apparato uditivo) seguite dalle sequele psicologiche e fisiche, come anche confermato da altri studi [11, 13, 14, 17, 26].

COSTI DELLE SEQUELE FISICHE

Le sequele fisiche associate alla malattia invasiva meningococcica sono numerose e di diverse gravità (vedi Capitolo 3).

I costi, attualmente disponibili, relativi alle singole sequele fisiche per il contesto italiano sono tutti provenienti da studi di valutazione economica o report di HTA che hanno valutato la vaccinazione con MenB in età pediatrica o adolescenziale.

Il recente report HTA di Boccalini et al. [14] ha riportato valori di costo annuali (riferiti al 2018) molto dettagliati per ogni singola sequela. Nel dettaglio: amputazioni con sostanziale disabilità: € 2.464; deformazioni degli arti: € 1.074 (in caso di intervento chirurgico: € 13.244); cicatrici cutanee: € 2.068 (primo anno) e € 543 (anni successivi); artrite: € 1.206; danno renale: € 10.394 (primo anno) e € 4.345 (anni successivi).

Lo studio di Gasparini et al. del 2016 ha quantificato il costo annuale (costi riferiti al 2013) di alcune sequele fisiche: € 7.339 per l’amputazione con disabilità sostanziale, € 1.184 per l’artrite, € 1.066 per le necrosi cutanee, € 533 per le cicatrici, € 56.126 per il danno renale. Al fine di effettuare una valutazione più accurata del dato occorre sottolineare che il costo per l’amputazione includeva anche il costo a lungo termine (manutenzione della protesi, riabilitazione, ecc.); il costo dell’artrite era riferita ad un solo anno in quanto è una complicanza che frequentemente si risolve nel breve termine; il costo per il danno renale includeva sia la dialisi sia il danno d’organo permanente con necessità di trapianto, assumendo come aspettativa di vita 5 anni [11].

Il report HTA di Di Pietro et. al. [13] (costi riferiti al 2012) ha riportato per le amputazioni con sostanziale disabilità un costo annuo pari a € 5.693, per l’artrite di € 1.090, per il danno renale di € 49.082 e per le cicatrici cutanee un costo pari a € 177.

Lo studio del 2005 di Shepard et al. ha considerato il costo totale ($ riferiti al 2003) per alcune sequele: $ 5.698 per le cicatrici cutanee, $ 166.317 per l’amputazione singola e $ 199.317 per le amputazioni multiple. Il costo dell’amputazione comprendeva l’intervento chirurgico e il costo a lungo termine (inclusa la riabilitazione) [26].

Wright et al. hanno riportato un costo pari a £ 21.793 (costi quantificati in sterline inglesi e riferiti al 2008-2009) per le cicatrici e gli innesti cutanei. Il calcolo era basato sulla valutazione di un caso clinico di un bambino di 12 mesi, con setticemia da meningococco, shock settico severo, grave sindrome respiratoria acuta e insufficienza renale. Il paziente aveva sviluppato gangrena degli arti a causa della purpura fulminans e necrosi cutanee importanti [31].

Uno studio canadese del 2017 ha valutato il costo (dollari canadesi riferiti al 2015) di alcune sequele fisiche a lungo termine: $ 6.827 per le cicatrici cutanee, $ 146.871 per le amputazioni, $ 1.001.960 per il danno renale. Occorre sottolineare che gli autori non hanno specificato se i costi includevano anche quelli indiretti [32].

Lo studio di Scholz et al. del 2019 ha analizzato i costi delle sequele nel tempo. Per non incorrere in errori di valutazione, occorre considerare che il Sistema Sanitario tedesco è strutturato in maniera diversa da quello italiano, basato su un obbligo di assicurazione sanitaria per tutti i residenti. In questo studio, sono stati considerati i costi delle diverse sequele nel primo anno e negli anni successivi. I costi del primo anno sono stati stimati in: € 13.023 per l’amputazione, € 2.026 per le cicatrici cutanee e € 10.181 per il danno renale. I costi annuali per gli anni successivi corrispondevano a: € 2.413 per l’amputazione, a € 20 per le cicatrici cutanee e a € 4.532 per il danno renale [17].

COSTI DELLE SEQUELE NEUROLOGICHE

Le sequele neurologiche sono le più numerose e le più complesse ed i costi diretti ad esse associati sono rilevanti soprattutto nel lungo termine. L’impatto delle singole sequele neurologiche è riportato nel Capitolo 3.

Il report HTA di Boccalini et al. [14] ha quantificato nel dettaglio anche i costi annuali relativi alle singole sequele neurologiche. In particolare, nel report sono stati riportati i seguenti valori: € 1.371 per la sordità uni/bilaterale, € 1.074 per i deficit motori, € 757 per i disturbi visivi, € 2.315 per l’epilessia/le convulsioni, € 96.682 per la disabilità neurologica severa (comprensiva di cure istituzionali), € 2.045 (primo anno) e € 1.206 (anni successivi) per i deficit cognitivi, € 1.961 (primo anno) e € 880 (anni successivi) per i deficit di comunicazione. Valori molto dettagliati sono stati riportati relativamente ai costi dell’impianto cocleare: € 19.308 (primo anno), € 9.420 (secondo anno), 6.425 (terzo anno), € 6.113 dopo il terzo anno fino a 18 anni e € 5.677 dal 18° anno.

Lo studio di Gasparini et al. ha quantificato il costo annuale delle sequele neurologiche in: € 7.682 per il deficit motorio, € 4.076 per la cecità, € 2.272 per l’epilessia/le convulsioni, € 94.880 per la disabilità neurologica severa, € 7.507 per il ritardo mentale, € 6.327 per la sordità con impianto cocleare, € 3.163 per la sordità moderata/severa bilaterale/unilaterale, € 9.796 per i disturbi comunicativi severi e € 892 per l’emicrania. Gli autori hanno sottolineato che il costo della sordità con impianto cocleare comprendeva, oltre al costo dell’impianto cocleare, anche quello relativo al mantenimento a lungo termine. Inoltre, per quanto riguarda il costo della disabilità neurologica severa era considerato anche il costo a lungo termine delle cure istituzionali [11].

Il report di HTA di Di Pietro et al. del 2013, considerando i dati pubblicati in letteratura, ha riportato € 23.679 per la disabilità neurologica severa, € 7.339 per il ritardo mentale (disturbi cognitivi), € 1.914 per l’epilessia/convulsioni, € 1.114 per la cecità, € 7.667 per il deficit motorio, € 9.585 per i disturbi comunicativi severi [13].

Lo studio del 2005 di Shepard et al. ha considerato il costo totale per alcune sequele: $ 68.640 per la sordità (comprendente il costo dell’impianto cocleare e della sua manutenzione), $ 2.503.677 per la disabilità neurologica includendo il costo della residential care [26].

Lo studio di De Wals ha valutato il costo totale a lungo termine di alcune sequele neurologiche tra cui: la sordità ($ 84.325) e la disabilità neurologica ($ 2.999.968). Occorre sottolineare che lo studio non specificava l’inclusione o meno dei costi indiretti [32].

Lo studio tedesco di Scholz et al. del 2019 ha analizzato i costi delle sequele neurologiche per ogni caso di malattia al primo anno e negli anni successivi. I costi al primo anno per le sequele neurologiche erano: € 48.046 per la sordità con impianto cocleare, € 2.986 per la sordità moderata bilaterale, € 2.986 per la sordità moderata unilaterale; € 2.277 per la disabilità neurologica severa, € 2.003 per il ritardo mentale/basso quoziente intellettivo (QI), € 1.921 per i deficit comunicativi, € 486 per i deficit motori, € 4.532 per l’epilessia/convulsioni e € 742 per la cecità/disturbi visivi. I costi annuali per gli anni successivi al primo erano: € 1.269 per la sordità con impianto cocleare, € 1.343 per la sordità moderata bilaterale/unilaterale; € 122 per la disabilità neurologica severa, € 82 per il ritardo mentale/basso QI, € 41 per i deficit comunicativi, € 41 per i deficit motori, € 4.532 per l’epilessia/convulsioni e € 742 per la cecità/disturbi visivi [17].

COSTI DELLE SEQUELE PSICOLOGICHE/PSICHIATRICHE

Le sequele psichiatriche/psicologiche sono, in percentuale, le più frequenti e spesso sono associate ad altre tipologie di sequele. Come descritto nel Capitolo 3, spesso sono sottostimate per la loro insorgenza dopo il ricovero.

Il report HTA di Boccalini et al. [14] ha riportato valori di costo annuali per depressione (€ 3.252) e ansia (€ 1.167) (riferiti al 2018).

Il report HTA di Di Pietro et al. ha riportato un costo annuale di € 2.923 per la depressione e € 1.065 per l’ansia (riferiti al 2012) [13].

La valutazione economica di Gasparini et al. ha riportato un costo annuale per l’ansia pari a € 1.146 e per la depressione corrispondente a € 3.192 (riferiti al 2013) [11].

Scholz et al. hanno condotto un’analisi sui costi delle sequele psicologiche per ogni caso di malattia. Nel dettaglio, gli autori hanno riportato per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività un costo corrispondente a € 1.538, per la depressione a € 464, per l’ansia a € 269 e per l’ansia da separazione a € 2.487 [17].

Costi indiretti

I costi indiretti hanno un impatto differente in base alla fase di malattia.

Relativamente alla fase acuta i costi comprendono: il costo della morte, i costi legati alla perdita di produttività del paziente e dei familiari e i costi associati al supporto psichiatrico e psicologico per la famiglia/caregiver, nonché i costi a carico del sistema di sicurezza sociale. (Fig. 2).

Nella fase post-acuta i costi indiretti si riferiscono alla gestione del paziente e comprendono: i costi associati al supporto psichiatrico/psicologico dei familiari, i costi relativi alla perdita di produttività del paziente e di un genitore/caregiver.

Nella fase a lungo termine i costi indiretti si riferiscono ai pazienti con sequele e sono significativamente associati alla tipologia e alla gravità delle complicanze (Fig. 2).

Attualmente pochissimi studi hanno valutato i costi indiretti della malattia nel dettaglio. Ad esempio, Scholz et al. [17] hanno indicato un costo indiretto globale medio per ogni singolo caso pari a € 1.322. Gli autori hanno considerato la perdita di produttività nella fase acuta di malattia del paziente e di un familiare, i costi attribuiti alla morte prematura e la riduzione di produttività nei soggetti con sequele a lungo termine. I costi indiretti variavano in base all’età del paziente con un costo massimo di € 2523 per i soggetti di età compresa tra 50 e 54 anni [17]. Occorre precisare i costi relativi all’educazione speciale per il supporto educazionale durante il percorso scolastico per i soggetti con sequele è stato considerato come un costo diretto della malattia.

COSTO SOCIALE DELLA MORTE

Per valutare i costi sociali della morte provocata da una determinata malattia, gli approcci che solitamente si utilizzano sono: “willingness to pay” e lo “Human Standard Capital”. Relativamente alla malattia meningococcica pochi studi riportano una quantificazione del danno economico associato alla morte [11, 17].

In Tabella I è riportato il costo sociale della morte estrapolato dallo studio di Gasparini et al. [11]. Il costo è stato calcolato considerando il valore riferito al 2018 e l’età a cui è sopraggiunta la morte.

Tab. I.

Costo sociale della morte in € (dati pubblicati nello studio di Gasparini et al. [11].

Età Willingness to pay (WTP) Human Standard Capital (HSC)
10-14 1.961.403,81 232.730,43
15-24 2.162.446,39 375.007,29
25-64 1.284.407,72 343.070,81
> 64 98.005,38 41.144,16

Nello studio di Scholz et al. [17] il costo della morte è calcolato secondo lo “Human Standard Capital”. Gli autori hanno riportato costi molto variabili in funzione dell’età di decesso: valori più alti nelle fasce di età 1-4 e 10-14 anni con un successivo decremento significativo con l’avanzare dell’età. Globalmente, il capitale medio perso nell’arco della vita è risultato pari a € 36.583 per ogni individuo (costi aggiornati al 2015).

COSTO DELLA TERAPIA PER IL DANNO PSICOLOGICO/PSICHIATRICO

Attualmente solo il report di HTA di Boccalini et al. [14] ha valutato il costo indiretto delle sedute psicologiche/psichiatriche e dell’eventuale terapia farmacologica necessaria ai soggetti e ai loro familiari/caregiver per affrontare le complicanze a carico della sfera psicologica. Gli autori hanno quantificato in € 80 il costo medio per una seduta di psicoterapia e in € 100 il costo per una seduta psichiatrica.

COSTO DELL’EDUCAZIONE SPECIALE

I soggetti colpiti da malattia invasiva che riportano gravi sequele fisiche, neurologiche e psicologiche/psichiatriche, spesso necessitano di un supporto educazionale specifico durante il percorso scolastico. In Italia, l’onere economico associato a questa problematica è di rilievo perché lo Stato mette a disposizione, per coloro che presentano deficit fisici, di apprendimento, deficit comunicativi e problemi comportamentali, insegnanti di sostegno allo scopo di facilitare il raggiungimento degli obiettivi minimi definiti dal percorso scolastico dell’obbligo. Il costo complessivo dipende dall’età del paziente, dal tipo di sequela e dalla sua gravità.

Il report HTA di Boccalini et al. [14] ha quantificato in € 14.842 (riferito al 2018) il costo annuale per l’educazione speciale e tale valore è in accordo con lo studio di Gasparini et al. [11]. Nel report HTA di Di Pietro et al., è riportato un costo annuale per l’educazione speciale pari a € 9.736 (riferito al 2012).

Studi internazionali riportano valori relativi al supporto educazionale durante il percorso scolastico obbligatorio: ad esempio nello studio di Wright et al. [31], il costo annuale per l’educazione speciale ammontava a € 5.311 e quello per l’assunzione di un insegnante di sostegno dedicato era quantificato in € 17.640 (costi convertiti in € e aggiornati a gennaio 2018). Gli autori hanno considerato il supporto fino ai 19 anni di età.

Lo studio di De Wals [32] del 2017 ha valutato l’educazione speciale pari a CAN$ 166.008 per la fascia d’età 10-17 anni.

PERDITA DI PRODUTTIVITÀ DEL SOGGETTO E DI UNO DEI GENITORI

I costi associati alla perdita di produttività del paziente e uno dei genitori dipendono dall’età di esordio della malattia, dalla gravità della malattia e dal sistema assistenziale e previdenziale dei diversi Paesi. Nel report HTA di Boccalini et al. [14], gli autori hanno quantificato la perdita di produttività di un genitore durante la fase acuta della malattia in € 2.133 e una perdita di produttività annuale di € 25.200.

Gasparini et al. [11] hanno ipotizzato una perdita di produttività di uno dei genitori pari a € 870 per la fase acuta e € 24.500 annuali per gli anni successivi (differente in base alla gravità della sequela). La perdita di produttività del paziente per la fase acuta era quantificata in € 1.426 e il costo annuale corrispondeva a quello dei genitori (costi riferiti a gennaio 2013).

Scholz et al. [17] hanno riportato come numero medio di giornate di lavoro perse 92 giorni per il caso-base. Lo studio ha anche valutato la perdita di produttività suddivisa per sesso e per età: per i soggetti di sesso maschile il guadagno pro-capite medio era pari a € 16.728 nella fascia 10-24 anni, € 43.070 nella fascia 25-64 anni e € 14.394 negli over 65; per le femmine il guadagno pro-capite medio corrispondeva a € 14.107 nella fascia 10-24 anni, € 25.984 nei soggetti di età 25-64 anni e € 8.382 nel gruppo di età ≥ 65 anni.

SISTEMA PREVIDENZIALE ITALIANO

Gli Enti Pubblici Previdenziali italiani, basati sull’art. 38 della Costituzione Italiana, si occupano di previdenza e di assistenza e comprendono una serie di prestazioni previdenziali quali Pensione di Inabilità (PI) e Assegni Ordinari di Invalidità (AOI) ed assistenziali quali pensioni, indennità di accompagnamento e assegni. Il principale ente previdenziale italiano è l’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale).

Per ottenere la PI è necessario che venga accertata una incapacità assoluta e permanente al lavoro, cioè una invalidità al 100%. Ciò è causato da situazioni di particolare gravità, come le patologie in stadio avanzato, che determinano condizioni di salute gravi ed irreversibili. In questi casi il beneficiario di PI cessa la propria attività lavorativa, pertanto una volta accettata la domanda, la PI viene riconosciuta per il resto della vita, salvo eventuali revisioni. [33].

L’assegno ordinario di invalidità, invece, è corrisposto per lavoratori con grado di invalidità tra il 67% e il 99%. L’AOI è riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile per periodi della stessa durata; dopo tre premi consecutivi, l’indennità è confermata automaticamente. Coloro che beneficiano di tale prestazione non cessano la propria attività lavorativa. L’importo è variabile in base ad un calcolo che considera il sistema contributivo e quello retributivo [33].

L’assistenza sociale, prevista dalla Costituzione (art. 38) si esprime per mezzo di provvidenze di natura economica (pensioni, assegni e indennità) e non economica (agevolazioni fiscali, assistenza sanitaria, permessi ex legge 104/1992, collocamento obbligatorio al lavoro legge 68/99), in favore di coloro ai quali viene riconosciuta l’invalidità civile.

Si considerano invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (l.118/1971).

A differenza delle valutazioni relative alle prestazioni previdenziali, per quanto riguarda le prestazioni a carattere assistenziale esistono dei riferimenti tabellari, in base ai quali per ciascun grado di invalidità civile corrisponde il diritto all’accesso a specifici benefici.

I benefici di natura economici sono:

  • l’assegno mensile per gli invalidi civili parziali, ovvero coloro ai quali viene riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa in misura non inferiore al 74%;

  • la pensione per gli invalidi civili totali, ovvero coloro ai quali viene riconosciuta un totale incapacità lavorativa (invalidità pari al 100%);

  • l’indennità di Accompagnamento, in favore di coloro ai quali è riconosciuta una inabilità totale (100%), insieme all’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita e la conseguente necessità di un’assistenza continua (l.118/1980).

Attualmente non sono pubblicati studi che riportino la quantificazione dei costi previdenziali associati alla malattia meningococcica e alle relative sequele.

Riuscire a correlare il costo a carico dell’ente previdenziale italiano con la malattia meningococcica è molto difficile e complesso, pertanto tale voce di costo non è stata considerata nel nostro modello, parte integrante del presente report HTA. Occorre però sottolineare che questi costi potrebbero assumere grande rilevanza per i soggetti con sequele gravi (danni neurologici gravi, sordità, amputazioni, cecità ecc.) che necessitano di supporto per svolgere autonomamente le attività quotidiane e incapaci di svolgere attività lavorativa autonoma.

Conclusioni

Sebbene rara nei Paesi ad alto reddito, la malattia invasiva da meningococco e le sue complicanze generano ingenti costi diretti e indiretti.

Al fine di fornire una valutazione dettagliata e approfondita dei costi della malattia sono stati considerati sia i costi diretti, ovvero a carico del SSN, sia i costi indiretti a carico della società e di altri comparti dello Stato. Per effettuare una valutazione dettagliata, ogni categoria di costo (diretta e indiretta) è stata suddivisa per le tre fasi di malattia: fase acuta; post-acuta e a lungo termine con sequele. L’impatto economico principale è generato dai costi diretti e indiretti associati alle sequele. Nello specifico, le sequele con un maggior impatto economico sono quelle neurologiche a carico dell’apparato uditivo o che determinano un deficit cognitivo. Tra i costi indiretti è necessario evidenziare i costi associati all’educazione speciale (sempre a carico dello Stato) per il supporto del paziente durante il percorso scolastico dell’obbligo. Inoltre, non di secondaria importanza sono i costi per il supporto psichiatrico/psicologico del paziente e dei caregiver e i costi associati alla perdita di produttività del paziente e dei genitori che, nei casi gravi, sono costretti a lasciare il lavoro.

Ancora, occorre sottolineare le probabili rilevanti sottostime dei costi dovute alla mancanza di dati sulle frequenze delle sequele multiple e le loro combinazioni e alla mancanza di dati di costo relativi al contesto italiano. Pertanto, sarebbe importante programmare studi italiani ad hoc per la valutazione dei costi diretti e indiretti della malattia meningococcica.

Figure e tabelle

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Efficacia e sicurezza dei vaccini quadrivalenti coniugati contro il meningococco disponibili in Italia (Nimenrix® e Menveo®)

ROSANNA TINDARA MICALE 1, PIERO LUIGI LAI 1, DAVIDE FRUMENTO 1, DONATELLA PANATTO 1

Introduzione

Attualmente, sul mercato globale sono disponibili quattro vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati. Tutti contengono polisaccaridi capsulari di Neisseria meningitidis sierogruppo A (MenA), Neisseria meningitidis sierogruppo C (MenC), Neisseria meningitidis sierogruppo W (MenW) e Neisseria meningitidis sierogruppo Y (MenY) ma differiscono nel tipo di proteina carrier: Menactra® (Sanofi Pasteur, MenACWY-DT coniugato con il tossoide difterico), Menveo® (GSK, MenACWY-CRM197 coniugato alla tossina mutante del batterio Corynebacterium diphtheriae - CRM197), Nimenrix® (Pfizer, MenACWY-TT coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico) e MenQuadfi® (Sanofi Pasteur, MenACWY-TT coniugato con il tossoide tetanico) [1].

MenACWY-DT è stato il primo vaccino meningococcico quadrivalente coniugato autorizzato. È disponibile dal 2005 negli Stati Uniti ed è attualmente approvato per bambini di età compresa tra 9 e 23 mesi in due dosi e per individui da 2 a 55 anni come dose singola. Attualmente non è approvato in Europa.

Nel presente capitolo sono analizzati solo i vaccini disponibili in Europa ad eccezione del MenQuadfi® trattato separatamente nel capitolo 6.

Immunogenicità: criteri di valutazione

A causa della relativa rarità della malattia invasiva da meningococco per valutare l’efficacia dei vaccini meningococcici si fa riferimento all’immunogenicità sviluppata dopo la somministrazione, valutata mediante il saggio dell’attività battericida sierica (SBA), usando siero umano (hSBA) o siero di coniglio (rSBA) come fonte di complemento esogeno [2, 3]. Poiché il siero umano privo di anticorpi battericidi anti-meningococco è difficile da ottenere, i sieri di coniglio, privi di attività battericida intrinseca, sono la fonte più facilmente reperibile. Tuttavia, la valutazione della risposta immunitaria ai vaccini meningococcici coniugati attraverso rSBA, porta a titoli battericidi più elevati e mostra vari livelli di correlazione con hSBA per i diversi sierogruppi. Questo potrebbe essere associato al fatto che i meningococchi non sono in grado di legarsi e inattivare il fattore proteico che regola il complemento H nei sieri di coniglio. Al momento non vi è consenso sull’uso preferenziale di rSBA o hSBA nel determinare la protezione a breve termine contro la malattia invasiva meningococcica.

In tutti gli studi di seguito riportati, la risposta immunitaria per MenA, MenC, MenW e MenY dopo somministrazione dei vaccini, è stata valutata analizzando i titoli geometrici medi SBA (GMT) che usano come fonte di complemento esogeno siero umano (h) o di coniglio (r); furono inoltre valutate la percentuale di soggetti con titoli hSBA o rSBA ≥ 4 o 8 e la percentuale di individui con un quadruplo aumento in caso di titolo basale ≥ 4 [4].

La quantificazione non funzionale degli anticorpi immunoglobulinici G (IgG), misurata utilizzando un test immunoassorbente enzimatico (ELISA) standard, fornisce informazioni supplementari ai risultati dei test SBA; tuttavia, questi non forniscono una correlazione diretta di protezione.

A causa della rapida insorgenza della malattia, la protezione dipende più dagli anticorpi circolanti che dalla memoria immunologica.

Sicurezza: criteri di valutazione

In tutti gli studi clinici controllati, la sicurezza e la tollerabilità sono state valutate considerando gli eventi avversi sollecitati dal giorno 1 al giorno 7 e quelli non sollecitati sino a 30 giorni alla somministrazione. Gli eventi avversi (AEs) locali e sistemici sollecitati sono stati classificati su una scala di gravità (da lieve a grave) di 3 punti (grado 1: nessuna interferenza con le attività giornaliere; grado 2: qualche interferenza; grado 3: interferenza significativa, impedisce l’attività giornaliera). Inoltre, gli eventi avversi significativi dal punto di vista medico e gli eventi avversi gravi (SAE) sono stati monitorati durante l’intero periodo degli studi. Nei bambini di età compresa tra 2 e 5 anni sono state raccolte informazioni relative a dolorabilità, eritema, indurimento nel sito di iniezione e reazioni sistemiche, come un cambiamento nelle abitudini alimentari, sonnolenza, irritabilità, vomito, diarrea ed eruzione cutanea. Nei bambini di età pari o superiore a 6 anni, sono state raccolte informazioni relative al dolore al sito di iniezione, eritema, indurimento del sito d’iniezione e reazioni sistemiche, tra cui brividi, nausea, malessere, mialgie, artralgie, mal di testa ed eruzione cutanea. Inoltre, per tutti i soggetti sono stati registrati la temperatura corporea e l’eventuale uso di farmaci antipiretici.

MenACWY-CRM197 (Menveo®)

MenACWY-CRM197 è stato autorizzato nel 2010 in USA e in Europa, ed è attualmente utilizzato in oltre 64 Paesi con più di 37 milioni di dosi distribuite. Nell’Unione Europea è approvata la somministrazione di una singola dose a partire dai 2 anni d’età, mentre negli Stati Uniti e in molti altri Paesi, tra cui Argentina, Australia e Arabia Saudita è autorizzato l’utilizzo dai 2 mesi ai 55 anni d’età [1].

MenACWY-CRM197: caratteristiche del prodotto

In Tabella I sono sintetizzate le principali caratteristiche di MenACWY-CRM197, estratte dal riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) [5].

Tab. I.

Principali caratteristiche del vaccino quadrivalente coniugato MenACWY-CRM197 [5].

Denominazione Vaccino coniugato meningococcico del gruppo A, C, W e Y
Nome commerciale Menveo®
Composizione antigenica
  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo A1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo C1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo Y1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo W1

1 coniugato alla proteina Corynebacterium diphtheriae CRM197
Eccipienti
  • Polvere: saccarosio, potassio fosfato monobasico

  • Soluzione: Sodio fosfato monobasico monoidrato, sodio fosfato dibasico diidrato, sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili

Forma farmaceutica
  • La polvere è un agglomerato di colore da bianco a bianco sporco

  • La soluzione è limpida e incolore

  • Una dose è composta da 1 flaconcino di componente coniugato liofilizzato MenA da ricostituire con un flaconcino di componente coniugato liquido MenCWY

  • Confezione da 1 dose o 5 dosi

Indicazioni terapeutiche Immunizzazione attiva contro la malattia meningococcica invasiva causata dai sierogruppi A, C, W e Y di Neisseria meningitidis di soggetti di età pari o superiore ai 2 anni, adolescenti e adulti a rischio
Posologia e modo di somministrazione
  • Immunizzazione primaria:

    una singola dose da 0,5 ml può essere somministrata in soggetti di età pari o superiore ai 2 anni mediante iniezione intramuscolare, preferibilmente nel muscolo deltoide. Non deve essere somministrato per via intravascolare, sottocutanea o intradermica

  • Dose di richiamo:

    può essere somministrato come dose di richiamo in soggetti che hanno ricevuto in precedenza la vaccinazione primaria con MenACWY-CRM197, o con un altro vaccino meningococcico coniugato o con un vaccino meningococcico polisaccaridico non coniugato

Co-somministrazione
  • In caso di somministrazione concomitante devono essere utilizzati siti di iniezione distinti (preferibilmente negli arti controlaterali)

  • MenACWY-CRM197 può essere co-somministrato con uno qualsiasi dei seguenti vaccini: vaccino antiepatite A e B monovalente e combinato, vaccino contro la febbre gialla, vaccino contro la febbre tifoide (polisaccaride Vi), vaccino contro l’encefalite giapponese, vaccino antirabbico e vaccino contro il meningococco sierogruppo B (Bexsero®)

  • Negli adolescenti (di età compresa tra 11 e 18 anni), MenACWY-CRM197 può essere somministrato contemporaneamente con vaccino adsorbito antitetanico e antidifterico, antipertossico acellulare a contenuto ridotto (Tdap) da solo oppure Tdap e vaccino quadrivalente ricombinante contro il papilloma virus (tipi 6, 11, 16 e 18)

Controindicazioni
  • Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti o al tossoide difterico (CRM197) o reazione con pericolo di vita in seguito a precedente somministrazione del vaccino o di un vaccino contenente componenti simili.

  • Nei soggetti immunocompromessi, è possibile che la vaccinazione non produca la risposta di anticorpi protettiva adeguata. L’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) non è una controindicazione, tuttavia MenACWY-CRM197 non è stato valutato nello specifico nelle persone immunocompromesse.

  • I soggetti con deficit del complemento e i soggetti con asplenia anatomica o funzionale possono non sviluppare una risposta immunitaria ai vaccini meningococcici coniugati. I soggetti con deficit familiari del complemento (ad esempio, deficit di C3 o di C5) e i soggetti che ricevono trattamenti che inibiscono l’attivazione terminale del complemento (ad es. eculizumab) sono a maggior rischio di malattia invasiva causata da Neisseria meningitidis sierogruppi A, C, W-135 e Y, anche se sviluppano anticorpi a seguito della vaccinazione con MenACWY-CRM197.

  • MenACWY-CRM197 deve essere somministrato con cautela in soggetti affetti da trombocitopenia, disturbi dell’emostasi o in corso di trattamento con terapia anticoagulante a causa del rischio di ematoma, a meno che il potenziale beneficio non superi chiaramente il rischio della somministrazione.

Effetti indesiderati La caratterizzazione del profilo di sicurezza di MenACWY-CRM197 si basa sui dati provenienti da 4 studi clinici, condotti su bambini di età compresa tra 2 e 10 anni e 5 studi clinici condotti su adolescenti e adulti (di età compresa tra 11 e 65 anni).
Il profilo di reattogenicità e le percentuali di eventi avversi nei soggetti di età compresa tra 56 e 65 anni che hanno ricevuto MenACWY-CRM197 erano simili a quelli osservati nei soggetti riceventi MenACWY-CRM197 di età compresa tra 11 e 55 anni.
Le reazioni avverse che si sono verificate più frequentemente erano generalmente di breve durata (uno o due giorni) e di entità non grave.
  • Reazioni avverse osservate durante gli studi clinici condotti nei bambini di età compresa tra 2 e 10 anni

    Le reazioni avverse erano:

    • disturbi del metabolismo e della nutrizione:

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): disordini alimentari

    • patologie del sistema nervoso:

      • molto comuni (≥ 1/10): sonnolenza e cefalea

    • patologie gastrointestinali:

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): nausea, vomito, diarrea e diarrea.

    • patologie della cute e del tessuto sottocutaneo:

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): rash

    • patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo:

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): mialgia, artralgia

    • patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione:

      • molto comuni (≥ 1/10): irritabilità, malessere, dolore della sede di iniezione, eritema nella sede di iniezione (≤ 50 mm), indurimento della sede di iniezione (≤ 50 mm);

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): eritema nella sede di iniezione (> 50 mm), indurimento della sede di iniezione (> 50 mm), brividi, febbre ≥ 38°c;

      • non comune (≥ 1/1.000, < 1/100): prurito nella sede di iniezione

  • Reazioni avverse osservate durante gli studi clinici condotti in soggetti di età compresa tra 11 e 65 anni

    • patologie del sistema nervoso:

      • molto comuni (≥ 1/10): cefalea ;

      • non comuni (≥ 1/1.000, < 1/100): capogiro

    • patologie gastrointestinali:

      • molto comuni (≥ 1/10): nausea

    • patologie della cute e del tessuto sottocutaneo:

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): rash

    • patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo:

      • molto comuni (≥ 1/10): mialgia;

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): artralgia

    • patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione:

      • molto comuni (≥ 1/10): dolore della sede d’iniezione, eritema nella sede d’iniezione (≤50 mm), indurimento della sede d’iniezione (≤50 mm), malessere;

      • comuni (≥ 1/100, < 1/10): eritema nella sede d’iniezione (> 50 mm), indurimento della sede d’iniezione (> 50 mm), febbre ≥ 38°c, brividi;

      • non comuni (≥ 1/1.000, < 1/100): prurito nella sede d’iniezione

        Le reazioni avverse più comuni a livello sistemico e locale osservate nelle sperimentazioni cliniche erano: dolore nella sede d’iniezione e cefalea.

  • Esperienza post-marketing (tutti i gruppi di età)

    • patologie del sistema emolinfopoietico:

      • raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000): linfoadenopatia

    • disturbi del sistema immunitario:

      • non nota: ipersensibilità, inclusa anafilassi

    • patologie del sistema nervoso:

      • non nota: convulsione tonica, convulsione febbrile, sincope

    • patologie dell’orecchio e del labirinto:

      • non nota: vertigine

    • patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione:

      • non nota: cellulite in sede di iniezione, gonfiore in sede di iniezione, compreso gonfiore esteso dell’arto sede di iniezione

La formulazione della dose da 0,5 mL di MenACWY-CRM197 contiene:

  • 10 μg del polisaccaride di capsula MenA liofilizzato coniugato a CRM197;

  • 5 μg ciascuno di polisaccaride di capsula di MenC, MenW e MenY coniugati a CRM197 in 0.5 mL di buffer salino fosfato;

  • 47 μg di CRM197.

La quantità di CRM197 varia per ciascun polisaccaride: 16,7-33,3 μg per MenA; 7,1-12,5 μg per MenC; 3,3-8,3 μg per MenW e 5,6-10 μg per MenY.

La tossina mutante del batterio Corynebacterium diphtheriae (CRM197) [5], che contribuisce al miglioramento della risposta immunitaria, è atossica, e di conseguenza non richiede l’uso di formaldeide o di altra denaturazione prima della coniugazione. La coniugazione del polisaccaride/oligosaccaride capsulare batterico con una proteina carrier determina una risposta immunitaria T-dipendente, che consente la produzione di anticorpi ad alta affinità e la formazione di cellule B memoria, specifiche per gli antigeni [4].

Sviluppo clinico

IMMUNOGENICITÀ

L’immunogenicità di MenACWY-CRM197 è stata valutata in studi clinici randomizzati, multicentrici e controllati, che hanno arruolato infanti, bambini (2-10 anni), adolescenti (11-18 anni) e adulti (19-65 anni) [5].

In Tabella II sono riportati gli studi clinici di Fase II, III e IV.

Tab. II.

Studi clinici controllati per la valutazione della sicurezza e dell’immunogenicità di MenACWY-CRM197.

Studi Obiettivo dello studio Soggetti reclutati (n, età) Paese di svolgimento dello studio clinico Dosaggio e schedula del vaccino
Klein et al. 2012 [12]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini (co-somministrazione) 479: 2 mesi USA, Colombia, Argentina Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (4 dosi a 2, 4, 6 e 12-13 mesi) + MMRV (4 dosi a 2, 4, 6 e 12-13 mesi)
Gruppo 2: MMRV + MenACWY-CRM197 (1 o 2 dosi a 13-15 mesi)
Tregnaghi et al. 2014 [8]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 3037: 2 mesi Argentina, Colombia, USA Gruppo 1 (immunogenicità): vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (a 2, 6 e 12-13 mesi)
Gruppo 2 (immunogenicità): vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (2, 4, 6 e 16-17 mesi)
Gruppo 3 (immunogenicità): vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (dose pediatrica)
Gruppo 4 (sicurezza): vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (2, 4, 6 e 12 mesi)
Gruppo 5 (sicurezza): vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (dose pediatrica)
Klein et al. 2012 [7]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini (co-somministrazione) 1014: 7-9 mesi
(co-somministrazione)
616: 12 mesi
(solo MMRV)
USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 + MMRV
Gruppo 2: MenACWY-CRM197+ MMRV
Gruppo 3: MMRV
Nolan et al. 2014 [9]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 529: 2 mesi USA, Australia, Canada Gruppo 1: MenACWY-CRM197 + vaccini di routine
Gruppo 2: vaccini di routine
Block et al. 2016 [10]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 751: 2-3 mesi USA, Canada Gruppo 1: vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (3 dosi a tempo 0, 2 e 10 mesi)
Gruppo 2: vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (4 dosi a tempo 0, 2, 6 e 10 mesi)
Gruppo 3: vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (4 dosi a tempo 0, 2, 6 e 10 mesi)
Gruppo 4: vaccini di routine
Klein et al. 2019 [11]
Fase III
Persistenza e risposta booster nei bambini 270: 5 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (4 dosi)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197(1 dose)
Gruppo 3: MenACWY-CRM197 (2 dosi)
Gruppo 4: soggetti naive
Halperin et al. [13]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 2907: 2-10 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (2 dosi, 2-5 anni)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197 (1 dose, 2-5 anni)
Gruppo 3: MenACWY-DT (1 dose, 2-5 anni)
Gruppo 4: MenACWY-CRM197 (1 dose, 6-10 anni)
Gruppo 5: MenACWY-DT (1 dose, 6-10 anni)
Black et al. [14] Immunogenicità e sicurezza nei bambini 619: 2-10 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Gruppo 2: MPSV4 (1 dose)
Johnston et al. 2016 [15]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 715: 2-10 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (2 dosi, a 2 mesi di distanza)
Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose placebo + 1 dose dopo 2 mesi)
Jackson et al. 2009 [16]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza negli adolescenti 2180: 11-18 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose, lotto 1)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197 (1 dose, lotto 2)
Gruppo 3: MenACWY-CRM197 (1 dose, lotto 3)
Gruppo 4: MenACWY-DT (1 dose)
Arguedas et al. 2010 [17]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza negli adolescenti (co-somministrazione) 1620: 11-18 anni Costa Rica Gruppo 1: MenACWY-CRM197 + Tdap + HPV (dose unica) + HPV (dopo 2 e 6 mesi)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197 (1 dose) + Tdap (dopo 1 mese) + HPV (dopo 2, 4 ed 8 mesi)
Gruppo 3: Tdap (1 dose) + MenACWY-CRM197 (dopo 1 mese) + HPV (dopo 2, 4 ed 8 mesi)
Gasparini et al. 2010 [18]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in adolescenti e giovani adulti (co-somministrazione) 1072: 11-25 anni Italia Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose) + Tdap (1 dose)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Gruppo 3: Tdap (1 dose)
Reisinger et al. 2009 [19]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza negli adulti 1359: 19-55 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose, lotto 1)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197 (1 dose, lotto 2)
Gruppo 3: MenACWY-CRM197 (1 dose, lotto 3)
Gruppo 4: MenACWY-DT (1 dose)
Stamboulian et al. [20]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza negli adulti 2831: 19-65 anni Argentina, Colombia Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Gruppo 2: MenACWY-DT (1 dose)
Gruppo 3: MPSV4 (1 dose)
Baxter et al. 2014 [22]
Fase III
Persistenza e risposta booster negli adolescenti 730: 11-18 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Gruppo 2: MenACWY-DT (1 dose)
Gruppo 3: Soggetti naive (controllo)
Gruppo 4: MenACWY-CRM197 (1 dose) + MenACWY-CRM197, (1 dose booster dopo 3 anni)
Gruppo 5: MenACWY-DT (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose booster dopo 3 anni)
Baxter et al. 2014 [23]
Fase III
Persistenza e risposta booster negli adolescenti 389: 17-21 anni USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Gruppo 2: MenACWY-DT (1 dose)
Gruppo 3: Soggetti naive (controllo)
Gruppo 4: MenACWY-CRM197 (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose booster dopo 3 anni)
Gruppo 5: MenACWY-DT (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose booster dopo 3 anni)
Block et al. 2015 [24]
Fase IV
Persistenza e risposta booster negli adolescenti 465: 7-15 USA Gruppo 1 (7-10 anni): MenACWY-CRM197 (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose booster, dopo 5 anni)
Gruppo 2 (7-10 anni): MenACWY-CRM197 (2 dosi) + MenACWY-CRM197 (1 dose booster, dopo 5 anni)
Gruppo 3 (7-10 anni): Soggetti naive (controllo) + MenACWY-CRM197, (1 dose, dopo 5 anni)
Gruppo 4 (11-15 anni): MenACWY-CRM197 (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose booster, dopo 5 anni)
Gruppo 5 (11-15 anni): Soggetti naive (controllo) + MenACWY-CRM197 (1 dose, dopo 5 anni)
Abdelnour et al. 2014 [26]
Fase III
Sicurezza nei bambini 7744: 2 mesi USA, Guatemala, Perù, Taiwan, Costa Rica, Panama Gruppo 1: vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (5 dosi a tempo 0, 2, 4 6 e 12 mesi)
Gruppo 2: vaccini di routine
Gruppo 3: vaccini di routine + MenACWY-CRM197 (5 dosi a tempo 0, 2, 4 6 e 12 mesi)
Gruppo 4: vaccini di routine
Huang et al. 2014 [27]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in bambini e adolescenti 341: 2-18 mesi Taiwan Gruppo unico: MenACWY-CRM197, 25 μg coniugati al carrier (1 dose)
Ilyina et al. 2014 [28]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in bambini, adolescenti e adulti 198: ≥ 2 anni Russia Gruppo unico: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Lalwani et al. 2015 [29]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in bambini, adolescenti e adulti 180: 2-75 anni India Gruppo unico: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Jacobson et al. 2013 [31]
Fase II
Persistenza e risposta booster negli adolescenti 155: 16-23 mesi USA Gruppo 1: MenACWY-CRM197 (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose, dopo 5 anni)
Gruppo 2: MenACWY-PS* (1 dose) + MenACWY-CRM197 (1 dose, dopo 5 anni)
Gruppo 3: soggetti naive + MenACWY-CRM197
(1 dose, dopo 5 anni)
Yoo et al. 2019 [32]
Post-marketing
Sicurezza in bambini, adolescenti e adulti 3939: 2 mesi-55 anni Corea del Sud Gruppo 1 (età 2-6 mesi): MenACWY-CRM197 (a tempo 0, e dopo 2 e 4 mesi + 1 dose nel secondo anno di vita)
Gruppo 2 (età 7-23 mesi): MenACWY-CRM197 (a tempo 0, e almeno 3 mesi dopo)
Gruppo 3 (età 2-55 anni): MenACWY-CRM197 (dose singola)

In una recente revisione di Keshavan et al. sono stati descritti i risultati di studi clinici sull’immunogenicità, sicurezza e persistenza di MenACWY-CRM197 somministrato in individui di età compresa tra i 2 mesi e i 75 anni [6].

Infanti

L’immunogenicità di MenACWY-CRM197 è stata valutata negli infanti di 2 mesi in 5 studi clinici principali [7-11]. In tutti gli studi, i soggetti arruolati erano randomizzati per ricevere le vaccinazioni infantili di routine (difterite-tetano-pertosse acellulare [DTaP], vaccino antipolio inattivato [IPV], epatite B [HBV], H. influenzae tipo b [Hib], vaccino coniugato pneumococcico 7-valente o 13-valente [PCV] e rotavirus) con MenACWY-CRM197 o i vaccini routinari dell’infanzia da soli. L’immunogenicità di MenACWY-CRM197 era valutata considerando diverse schedule vaccinali: a 4 dosi (2, 4, 6 e 12 mesi) co-somministrato con i vaccini di routine [12, 8-10]; a 3 dosi somministrate a 2, 4 (o 6 mesi) e 16 mesi [8, 10] e a 2 dosi a 7-9 e 12 mesi [7]. Nei soggetti vaccinati con la schedula a 4 e 3 dosi, i titoli hSBA erano valutati 1 mese dopo il ciclo primario (7 mesi) e 1 mese dopo la conclusione del ciclo vaccinale (13° o 17° mese) [8-10, 12]. Negli infanti vaccinati con due dosi, i titoli di hSBA erano valutati 1 mese dopo il completamento del ciclo vaccinale [7].

La somministrazione di 3 dosi primarie di MenACWY-CRM197 co-somministrate con i vaccini di routine, ha indotto titoli anticorpali sieroprotettivi per ciascun sierogruppo nella maggior parte degli infanti: le percentuali di neonati con titoli hSBA ≥ 1: 8 variavano dal 76% all’89% per MenA, dal 94% al 97% per MenC, dal 98% al 99% per MenW e dal 94% al 98% per MenY nei diversi studi [8, 9, 12]. Una quarta dose a 12 mesi induceva consistenti aumenti dei titoli hSBA per ogni sierogruppo. La percentuale di neonati con titoli hSBA ≥ 1: 8 era dell’89% per MenA e variava dal 95% al 100% per gli altri sierogruppi [8, 9, 12]. La risposta immunitaria indotta da MenACWY-CRM197 utilizzando uno schema a 3 dosi non era inferiore allo schema a 4 dosi [8, 10].

Uno studio sulla persistenza degli anticorpi 5 anni dopo il ciclo a 4 dosi ha evidenziato che circa la metà dei bambini aveva titoli sieroprotettivi hSBA ≥ 1:8 per MenW e MenY, il 26% per MenC, mentre i titoli diminuivano rapidamente per MenA (il 6% dei bambini con titoli hSBA ≥ 1:8 all’età di 5 anni) [11].

Risposte immunitarie simili sono state osservate negli studi che hanno valutato l’immunogenicità di MenACWY-CRM197 con una schedula a due dosi [7,8]. Le percentuali di bambini con titoli hSBA ≥ 1:8 dopo la seconda dose erano dell’88-97 % per MenA e del 96-100% per MenC, MenW e MenY.

Una dose di richiamo di MenACWY-CRM197, somministrata 5 anni dopo, ha indotto alti livelli di sieroprotezione (96-100%) [11].

Per quanto riguarda i bambini di età inferiore ai 2 anni, EMA ha valutato che i dati disponibili di sicurezza ed efficacia di MenACWY-CRM197 negli infanti non sono sufficienti per stabilire l’efficacia del vaccino e formulare una raccomandazione sulla posologia [5].

Bambini di età compresa tra 2 e 10 anni

L’immunogenicità di MenACWY197 in bambini di età compresa tra 2 e 10 anni è stata valutata in uno studio pivotale (NCT00616421) [13] randomizzato e controllato, nel quale i partecipanti di età compresa tra 2 e 5 anni sono stati assegnati in modo casuale per ricevere MenACWY-CRM197 con una schedula a una o due dosi o una singola dose di MenACWY-DT (Menactra®), ed i bambini di età compresa tra 6 e 10 anni sono stati assegnati in modo casuale per ricevere una singola dose di MenACWY-CRM197 o MenACWY-DT.

Nella fascia di età 2-5 anni, la percentuale di sierorisposta è stata più alta nel gruppo vaccinato con MenACWY-CRM197 rispetto al gruppo MenACWY-DT per MenW (72% vs 58%) e MenY (66% vs 45%) e comparabile per MenC (60% vs 56%); i criteri di non inferiorità sono stati soddisfatti per questi tre sierogruppi e la superiorità statistica di MenACWY-CRM197 è stata dimostrata per MenW e MenY. MenACWY-CRM197 non ha raggiunto il criterio di non inferiorità rispetto a MenACWY-DT per MenA (72% vs 77%). Nei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni, i criteri di non inferiorità e la superiorità statistica di MenACWY-CRM197 rispetto a MenACWY-DT sono stati dimostrati per il MenW (57% vs 44%) e MenY (58% vs 39%); i criteri di non inferiorità sono stati soddisfatti per MenC (63% vs 57%) ma non per MenA (77% vs 83%). Per la coorte di età combinata di 2-10 anni, i criteri di non inferiorità sono stati dimostrati per tutti e quattro i sierogruppi e la superiorità statistica è stata dimostrata per MenC, MenW e MenY.

L’immunogenicità di MenACWY-CRM197 in bambini di età compresa tra 2 e 10 anni è stata valutata in 3 studi di supporto [NCT00262028 (V59P8), NCT00329849 (V59P10) e NCT00310817] in cui il comparatore era un vaccino meningococcico quadrivalente polisaccaridico (MenACWY-PS) [5, 14]. I risultati di questi studi hanno dimostrato come in bambini di età compresa tra 2 e 10 anni, così come in ciascuna stratificazione per età (2-5 e 6-10 anni), le risposte immunitarie erano non inferiori al vaccino di confronto MenACWY-PS (61%-79% vs 37%-39% per MenA, 46%-73% vs 39%-54% per MenC, 78%-92% vs 59%-66% per MenW e 65%-88% vs 53%-57% per MenY), e statisticamente maggiori del comparatore, per tutti i sierogruppi un mese dopo la vaccinazione.

In uno studio randomizzato di Fase III, condotto negli Stati Uniti [15], è stata confrontata l’immunogenicità della schedula a due dosi con la dose singola, in bambini di età compresa tra 2 e 5 anni e 6 e 10 anni. Al basale, la percentuale di soggetti con hSBA ≥ 1:8 nei due gruppi di età era pari a 1%-5% per MenA, 13%-28% per MenC, 42%-64% per MenW e 6%-19% per MenY. Un mese dopo l’ultima vaccinazione, le percentuali di soggetti con hSBA ≥ 1:8 nel gruppo trattato con 2 dosi e nel gruppo trattato con dose singola, suddivisi per i due gruppi di età erano: 90%-95% vs 76%-80% per MenA, 98%-99% vs 76%-87% per MenC, 99% vs 93%-96% per MenW e 96% vs 65%-69% per MenY. Un mese dopo la vaccinazione, le GMT erano superiori nel gruppo trattato con 2 dosi rispetto a quello trattato con dose singola, in entrambe le stratificazioni per età; tuttavia, tale differenza era meno evidente nei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni. Un anno dopo l’ultima vaccinazione, le percentuali di soggetti con hSBA ≥ 1:8, dopo il trattamento con la schedula a due dosi e a dose singola, erano entrambe inferiori rispetto a quelle registrate 1 mese dopo la vaccinazione (30% nel gruppo vaccinato con 2 dosi, 11%-20% nel gruppo immunizzato con singola dose per MenA, 61%-81% e 41%-55% per MenC; 92%-94% e 90%-91% per MenW; 67%-75% e 57%-65% per MenY). Non è noto il beneficio clinico di uno schema posologico a 2 dosi nei bambini di età compresa tra 2 e 10 anni.

Adolescenti

In tutti gli studi condotti sugli adolescenti, MenACWY-CRM197 ha indotto una robusta risposta immunitaria verso tutti i sierogruppi.

In uno studio multicentrico di fase III, un totale di 2180 adolescenti (11-18 anni) è stato randomizzato per ricevere una singola dose di tre lotti di MenACWY-CRM197 o MenACWY-DT. Il confronto tra lotti ha soddisfatto i criteri pre-specificati di coerenza e quindi è stato possibile il confronto del gruppo degli immunizzati con MenACWY-CRM197 (lotti combinati) con il gruppo dei vaccinati con MenACWY-DT. Entrambi i vaccini hanno indotto immuno-risposta, tuttavia i titoli hSBA≥ 1:8 erano significativamente più alti tra i vaccinati con MenACWY-CRM197 rispetto a quelli rilevati negli immunizzati con MenACWY-DT per MenA (75% nei MenACWY-CRM197 vs 67% nei MenACWY-D), MenW (96% vs 88%) e MenY (88% vs 69%) e comparabili per MenC [16].

Lo studio di Fase III di Arguedas et al. [17] è stato condotto su 1620 adolescenti (11-18 anni), per valutare l’immunogenicità di MenACWY-CRM197 co-somministrato o somministrato in sequenza con il vaccino Tdap (tetano, difterite e pertosse acellulare) e con il vaccino quadrivalente HPV: Gruppo 1, MenACWY-CRM197 + Tdap + HPV; Gruppo 2, MenACWY-CRM197 → Tdap → HPV; Gruppo 3, Tdap → MenACWY-CRM197 → HPV). Le percentuali di soggetti con una sierorisposta nei gruppi 1 e 2, 1 mese dopo la vaccinazione, erano comparabili per tutti i sierogruppi (80% vs 82% per MenA, 83% vs 84% per MenC, 77% vs 81% per MenW e 83% vs 82% per MenY). Le GMT erano consistenti e comparabili per tutti i gruppi, tuttavia, erano inferiori per W e Y quando MenACWY-CRM197 era somministrato 1 mese dopo Tdap (gruppo 4). Analoghe conclusioni sono state riportate da Gasparini et al. in uno studio su adolescenti e giovani adulti, in cui MenACWY-CRM197 era somministrato da solo o in concomitanza con il vaccino dTpa. Il vaccino è risultato immunogeno nei confronti dei quattro sierogruppi, senza interferenze con la risposta immunitaria verso il vaccino dTpa [18].

Adulti

Anche gli studi clinici controllati, condotti su adulti, hanno confermato la buona immunogenicità indotta da MenACWY-CRM197. Nello specifico, nello studio multicentrico di Fase III condotto da Reisinger et al., 1359 adulti d’età compresa tra 19–55 anni sono stati randomizzati a ricevere MenACWY-CRM197 o MenACWY-DT [19]. I soggetti di entrambi i gruppi di vaccinazione hanno sviluppato robuste risposte immunitarie verso tutti i sierogruppi. In particolare, le percentuali di siero-risposta, 1 mese dopo la vaccinazione, erano più alte nel gruppo vaccinato con MenACWY-CRM197 rispetto al gruppo immunizzato con MenACWY-DT per MenC (67% vs 58%), MenW (50% vs 41%) e MenY (56% vs 40%), e comparabili per MenA (67% vs 68%) [19].

Nell’ambito di uno studio clinico di Fase III, condotto su adulti sani d’età < 65 anni (due gruppi d’età: 19-55 e 56-65), MenACWY-CRM197 è stato comparato con MenACWY-DT e con un vaccino quadrivalente polisaccaridico non coniugato (MenACWY-PS) [20]. I risultati ottenuti hanno evidenziato una risposta immunitaria indotta da MenACWY-CRM197 generalmente più elevata in entrambi i gruppi di età rispetto ai vaccini di confronto. Nella fascia di età 19-55 anni, la percentuale di sierorisposta era più alta per MenACWY-CRM197 rispetto a MenACWY-DT per tutti i sierogruppi (MenA: 78% vs 77%; MenC: 83% vs 81%; MenW: 66% vs 53%; MenY: 80% vs 58%). Nella fascia di età 56-65 anni, i soggetti valutati sono stati 84 per MenACWY-CRM197 e 41 per MenACWY-PS; la percentuale di sierorisposta è stata più alta nel gruppo vaccinato con MenACWY-CRM197 rispetto al gruppo MenACWY-PS (MenA: 86% vs 61%; MenC: 83% vs 73%; MenW: 61% vs 54%; MenY: 77% vs 54%) [20].

Il riassunto delle caratteristiche del prodotto di MenACWY-CRM197 riporta che i dati relativi ai soggetti di età compresa tra 56 e 65 anni sono limitati e che per i soggetti di età > 65 anni non sono disponibili dati [5].

PERSISTENZA DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA

Data la rapida insorgenza e progressione della malattia meningococcica, gli anticorpi battericidi circolanti potrebbero essere più importanti per la protezione contro le malattie invasive rispetto alla memoria immunologica, poiché le risposte anticorpali anamnestiche a seguito dell’esposizione meningococcica potrebbero non produrre in tempo titoli protettivi per prevenire la malattia invasiva. Pertanto, lo studio della persistenza a lungo termine dei titoli anticorpali protettivi diventa cruciale per definire la potenziale durata della protezione dopo la vaccinazione primaria e per valutare la necessità e la tempistica delle dosi di richiamo.

Nella revisione di Baxter et al. [21] sono riportati i risultati di 7 studi clinici di fase III e IV, in adolescenti (11-18 anni) [22-24], bambini di 6-10 anni e di 2-5 anni [11, 24] con l’obiettivo di fornire una panoramica sui dati acquisiti circa la persistenza degli anticorpi a seguito della vaccinazione primaria (con diverse schedule di somministrazione) con MenACWY-CRM197 e sulle risposte alle dosi di richiamo.

I risultati ottenuti dagli studi clinici evidenziano, nei soggetti vaccinati di tutte le età, titoli hSBA elevati immediatamente dopo la vaccinazione, con un declino specifico per età e sierogruppo a 1 anno dalla vaccinazione, seguiti da livelli relativamente stabili fino a 5 anni. Negli adolescenti e nei bambini di età ≥ 2 anni, il declino nel tempo dei titoli anticorpali battericidi era più pronunciato per MenA e, in misura minore, per MenC [21]. Ad un anno dalla vaccinazione primaria di una singola dose di MenACWY-CRM197, i titoli anticorpali hSBA ≥ 1:8 per MenW rimanevano sostanzialmente invariati (95% nel gruppo 11-18 anni; 90% nel gruppo 6-10 anni; 91% nel gruppo 2-5 anni), mentre quelli per MenC e MenY diminuivano in misura maggiore nelle fasce di età più giovani (86% nel gruppo 11-18 anni; 55% nel gruppo 6-10 anni; 41% nel gruppo 2-5 anni per MenC e 87% nel gruppo 11-18 anni; 65% nel gruppo 6-10 anni; 57% nel gruppo 2-5 anni per MenY rispettivamente). I titoli anticorpali per MenA diminuivano in tutte le fasce di età e con una persistenza più bassa nei soggetti più giovani (36% nel gruppo 11-18 anni; 20% nel gruppo 6-10 anni; 13% nel gruppo 2-5 anni). A 5 anni dalla vaccinazione, i titoli per MenC, MenW e MenY rimanevano abbastanza stabili (59% nel gruppo 11-18 anni; 56% nel gruppo 6-10 anni; 32% nel gruppo 2-5 anni per MenC; 82% nel gruppo 11-18 anni; 80% nel gruppo 6-10 anni; 74% nel gruppo 2-5 anni per MenW; 64% nel gruppo 11-18 anni; 53% nel gruppo 6-10 anni; 48% nel gruppo 2-5 anni per MenY). I titoli di anticorpi erano più bassi per MenA (32% nel gruppo 11-18 anni; 22% nel gruppo 6-10 anni; 14% nel gruppo 2-5 anni).

Nei bambini a cui era somministrato MenACWY-CRM197, con una schedula vaccinale a 2 dosi (6-8 mesi e 12 mesi), i livelli di anticorpi diminuivano 7 mesi dopo la vaccinazione e permanevano più alti per MenC, MenW e MenY (> 70% dei soggetti aveva titoli hSBA ≥ 1:8) rispetto a MenA (31% dei soggetti con titoli hSBA ≥ 1:8). Allo stesso modo, negli infanti vaccinati con la schedula a 3 dosi, dopo 6 mesi dalla vaccinazione i titoli anticorpali diminuivano in misura diversa in base al sierogruppo, con più della metà dei bambini con titoli hSBA ≥ 1:8 per MenC, MenW e MenY. Per MenA, solo il 12% dei bambini aveva titoli hSBA ≥ 1:8.

In 3 studi clinici [11, 21-25] una dose di richiamo con MenACWY-CRM197, somministrata da 3 a 5 anni dopo la vaccinazione primaria, induceva una robusta risposta anamnestica in tutte le fasce d’età. Negli adolescenti, una dose di richiamo somministrata 3 anni dopo la vaccinazione primaria, stimolava titoli anticorpali battericidi ≥ 1:8 in tutti i soggetti verso tutti i sierogruppi, le GMT hSBA erano da 18 a 121 volte più alte rispetto ai titoli pre-booster con il maggior guadagno in titoli per MenA [23]. La persistenza a lungo termine della risposta immunitaria a una dose di richiamo si è dimostrata robusta negli adolescenti con un declino minimo dei titoli anticorpali rispetto a MenC, MenW e MenY (95–100% dei soggetti con titoli hSBA ≥ 1:8) 2 anni dopo la dose di richiamo e con una modesta riduzione (71% dei soggetti con titoli hSBA ≥ 1:8) per MenA. Per tutti i sierogruppi, i titoli anticorpali battericidi 2 anni dopo una dose di richiamo [26] erano più alti di quelli osservati 2 anni dopo la dose primaria. Quando agli adolescenti era somministrata una dose booster di MenACWY-CRM197 5 anni dopo la vaccinazione primaria, quasi tutti i soggetti (98%-100%) avevano titoli hSBA ≥ 1:8 già 7 giorni dopo la dose di richiamo [22].

SICUREZZA E TOLLERABILITÀ

Nella maggior parte degli studi, MenACWY-CRM197 è stato associato con reazioni sistemiche locali di breve durata e nella maggioranza dei casi di intensità da lieve a moderata.

Infanti

In uno studio di fase III è stata valutata la sicurezza di MenACWY-CRM197 in 7744 neonati che hanno ricevuto vaccini di routine (DTaP, IPV, Hib, PCV7 a 2, 4 e 6 mesi e morbillo-parotite-rosolia [MMR] all’età di 12 mesi) con o senza MenACWY-CRM197 [6, 26]. Tutte le vaccinazioni sono state generalmente ben tollerate, con la maggior parte delle reazioni locali o sistemiche di gravità da lieve a moderata. Le percentuali di reazioni locali sollecitate erano simili nei soggetti immunizzati con MenACWY-CRM197 in combinazione con i vaccini di routine rispetto a quelli vaccinati unicamente con le vaccinazioni di routine. Le reazioni locali più comunemente riportate erano dolorabilità nel sito di iniezione, eritema e indurimento e quelle sistemiche irritabilità, sonnolenza e pianto persistente. Sono stati segnalati eventi avversi gravi in 354 (6%) soggetti vaccinati con MenACWY-CRM197 co-somministrato con le vaccinazioni di routine e in 114 (6%) dei soggetti immunizzati con i soli vaccini di routine [26].

Bambini

Nei bambini di 2-10 anni vaccinati con una singola dose di MenACWY-CRM197, la reazione locale più frequentemente segnalata era fastidio o dolore nel sito di iniezione riportata nel 29,9-43% dei bambini [6, 15, 27, 28]. Le reazioni sistemiche più frequentemente riportate nei bambini di 2-5 anni erano irritabilità (7-26%), sonnolenza (4-33%) e vomito (10%) e in quelli di 6-10 anni mialgia (13-28%). Nei diversi studi solo una piccola percentuale (3-8%) dei soggetti ha riportato febbre ≥ 38°C [27-30].

Il profilo di reattogenicità di una dose di richiamo somministrata 5 anni dopo la vaccinazione primaria era simile a quello osservato dopo la prima dose [24]. Le reazioni locali e sistemiche più frequentemente riportate dopo la dose di richiamo erano dolore (53% nei bambini di età 7-10 anni e 48% nei bambini di età 11-15 anni), malessere (14% e 17%, rispettivamente) e mal di testa (9% e 19% rispettivamente). La maggior parte dei sintomi era di gravità lieve o moderata.

Nello studio statunitense di Halperin et al. [13], condotto in bambini di età compresa tra i 2 ed i 10 anni, è stata valutata la sicurezza di MenACWY-CRM197 comparato con MenACWY-DT. Eventi avversi locali o sistemici erano riportati dal 60% e dal 51% degli individui dopo somministrazione di una singola dose di MenACWY-CRM197 o MenACWY-DT, rispettivamente. Le reazioni nel sito di iniezione più comunemente riportate in entrambi i gruppi di età erano l’eritema (28% nei trattati con MenACWY-CRM197 e 22% nei trattati con MenACWY-DT) e il dolore (39% e 45%). I tassi di eventi avversi sistemici erano simili in entrambe le coorti. Nei bambini di 2-5 anni, l’evento avverso più comune era l’irritabilità (21% nei riceventi MenACWY-CRM197 e 22% nei riceventi MenACWY-DT), seguito da sonnolenza (16% e 18%). L’evento avverso più comune nei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni è stato il mal di testa (18% e 13%).

Nello studio di Black et al. [14], condotto in bambini di età compresa tra i 2 ed i 10 anni, è stata valutata la sicurezza di MenACWY-CRM197 comparato con MenACWY-PS. Le reazioni sistemiche riportate più frequentemente sono state irritabilità e sonnolenza. La febbre (temperatura ≥ 38 ° C) è stata riportata nel 5% dei soggetti, in entrambi i gruppi. La cefalea è stata la reazione sistemica più frequentemente riportata nei bambini di 6-10 anni.

Adolescenti e adulti

L’incidenza di reazioni locali e sistemiche tra adolescenti e adulti, vaccinati con una singola dose di MenACWY-CRM197, erano coerenti con il profilo di reattogenicità descritto nelle “Informazioni sul prodotto” [6, 30]. Il dolore nel sito di iniezione è stata la reazione locale sollecitata più frequentemente segnalata in tutti gli studi, mentre le mialgie, il mal di testa e la nausea erano i sintomi sistemici più frequentemente riportati. MenACWY-CRM197 era ben tollerato come dose di richiamo durante l’adolescenza, 3 e 5 anni dopo la vaccinazione, con un profilo di reattogenicità simile rispetto alla dose primaria [22, 31].

Nell’ambito di una valutazione post-marketing condotta nella Repubblica Coreana da Yoo et al. [32], è stata valutata la sicurezza di MenACWY-CRM197 in 3939 individui di età compresa tra 2 mesi e 55 anni. Nel 21,38% dei partecipanti sono stati registrati AE sollecitati al sito di iniezione, con dolorabilità (nel 16,78% dei vaccinati d’età < 6 anni) e fastidio (nel 21,61% degli immunizzati di età ≥ 6 anni) più frequentemente riportati. Gli eventi avversi sistemici sollecitati segnalati più frequentemente sono stati irritabilità (nel 21,10% dei bambini di età < 6 anni), cefalea e mialgia (rispettivamente nel 2,61% e nel 2,28% dei vaccinati d’età ≥ 6 anni). Gli eventi avversi non sollecitati sono stati segnalati nel 4,74% dei bambini, con una più alta percentuale osservata nella fascia di età compresa tra 2 e 23 mesi (12,56%), rispetto alla fascia di età tra 2 e 55 anni (3,18%). Nella fascia di età compresa tra 2 e 23 mesi, gli eventi avversi non sollecitati più frequentemente riportati sono stati nasofaringite (nel 3,22%), bronchite (nel 2,14%), faringite e bronchiolite (ciascuna nell’1,07%). Negli individui d’età compresa tra 2 e 55 anni, gli eventi avversi più frequenti sono stati bronchite (nell’1,04% dei partecipanti), nasofaringite (nello 0,70% dei partecipanti), faringite (0,64% dei partecipanti) e gastroenterite (0,55% dei partecipanti).

La maggior parte degli eventi avversi non sollecitati era di natura lieve (89,18%) o moderata (10,07%), con solo lo 0,75% segnalato come grave. In totale, il 21,65% degli eventi avversi non sollecitati (verificatisi in 47 [1,20%] partecipanti di tutte le età) sono stati considerati come possibilmente o probabilmente correlati al vaccino in studio. Nei 29 giorni di sorveglianza, sono stati segnalati un totale di 8 eventi avversi gravi: 3 (bronchiolite, polmonite e tonsillite) nel gruppo d’età compresa tra 2 e 23 mesi e 5 nel gruppo d’età compresa tra 2 e 55 anni (2 casi di polmonite e 1 di piressia nella fascia d’età 2-10 anni e 1 caso di polmonite e 1 di vertigini nella fascia d’età 11-18 anni). Nessuno degli eventi avversi gravi è stato considerato correlato al vaccino in studio. Non sono stati segnalati eventi fatali [32].

Nello studio di Stamboulian et al. [20], condotto su adulti sani di età ≤ 65 anni, è stata valutata la sicurezza di MenACWY-CRM197 comparato con MenACWY-DT e con un vaccino quadrivalente polisaccaridico non coniugato (MenACWY-PS) [20]. In particolare, 2505 soggetti di età compresa tra 19 e 55 anni hanno ricevuto MenACWY-CRM197 o MenACWY-DT, mentre 326 soggetti di età compresa tra 56 e 65 anni hanno ricevuto MenACWY-CRM197 o MenACWY-PS. Le frequenze dei soggetti che hanno riportato reazioni locali erano simili in entrambi i gruppi d’età. In particolare, il 46% dei partecipanti a cui era stato somministrato MenACWY-CRM197, il 50% dei vaccinati con MenACWY-DT nella fascia d’età 19-55 anni, il 43% di vaccinati con MenACWY-CRM197 e il 40% degli immunizzati con MenACWY-PS nella fascia d’età 56-65 anni hanno manifestato reazioni locali. La reazione locale più frequentemente segnalata è stata il dolore al sito di iniezione, riportato dal 40% dei vaccinati con MenACWY-CRM197 e dal 44% degli immunizzati con MenACWY-DT nella fascia d’età 19-55 anni; dal 32% dei vaccinati con MenACWY-CRM197 e dal 31% degli immunizzati con MenACWY-PS nella fascia d’età tra 56-65 anni. Le percentuali di soggetti che hanno segnalato eritema e indurimento erano simili tra i due gruppi e nelle due classi d’età (eritema: 19-55 anni - MenACWY-CRM197 13%, MenACWY-DT 12%; 56-65 anni - MenACWY-CRM197 19%, MenACWY-PS 12%; indurimento: 19-55 anni - MenACWY-CRM197 11%, MenACWY-DT 13%; 56-65 anni - MenACWY-CRM197 18%, MenACWY-PS 16%). Anche le percentuali di soggetti che hanno segnalato una reazione sistemica erano simili tra i gruppi di vaccinati e nelle diverse fasce di età (19-55 anni: MenACWY-CRM197 39%, MenACWY-DT 43%; 56-65 anni: MenACWY-CRM197 39%, MenACWY-PS 40%). Le reazioni più comunemente riportate erano cefalea, malessere e mialgia. Nella fascia d’età 19-55 anni, queste erano riportate rispettivamente dal 27%, 19% e 12% dei riceventi MenACWY-CRM197 e dal 29%, 21% e 15%, dei riceventi MenACWY-DT. Nella fascia d’età compresa tra 56 e 65 anni, la cefalea, il malessere e la mialgia erano rispettivamente riportate dal 24%, 23% e 18% dei riceventi MenACWY-CRM197 e dal 28%, 18% e 10%, dei riceventi MenACWY-PS.

La percentuale di soggetti che hanno riportato eventi avversi non sollecitati era simile tra il gruppo dei vaccinati con MenACWY-CRM197 (19%) e quello dei vaccinati con MenACWY-DT (21%), nella fascia d’età 19-55 anni. Nella fascia d’età compresa tra 56 e 65 anni, la percentuale era leggermente superiore per i riceventi MenACWY-CRM197 (25%) rispetto ai riceventi MenACWY-PS (15%). Come ricordato in precedenza, in merito a quest’ultima fascia di età, il riassunto delle caratteristiche del prodotto di MenACWY-CRM197 riporta che i dati relativi a soggetti di età compresa tra 56 e 65 anni sono limitati, e i dati relativi a soggetti di età > 65 non sono disponibili [5].

MenACWY-TT (Nimenrix®)

MenACWY-TT è stato approvato nel 2012, in Europa, per l’uso in soggetti d’età ≥ 6 settimane senza limiti superiori di età [1].

MenACWY-TT contiene 5 μg di ciascun polisaccaride capsulare purificato di MenA, MenC, MenW e MenY coniugato a 44 μg di tossina tetanica (TT).

Il vaccino: caratteristiche del prodotto

In Tabella III sono sintetizzate le principali caratteristiche di MenACWY-TT estratte dal riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) [33].

Tab. III.

Principali caratteristiche del vaccino MenACWY-TT [33].

Denominazione Vaccino coniugato meningococcico gruppo A, C, W e Y
Nome commerciale Nimenrix®
Composizione antigenica
  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo A1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo C1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo Y1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo W1

1 coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico
Eccipienti Sodio cloruro, saccarosio, trometamolo e acqua per preparazioni iniettabili
Forma farmaceutica
  • Polvere contenente la componente polisaccaridica e solvente per soluzione iniettabile

  • La polvere è bianca, la soluzione è trasparente ed incolore

Indicazioni terapeutiche MenACWY-TT è indicato per l’immunizzazione attiva di soggetti dell’età minima di 6 settimane, contro la malattia invasiva meningococcica causata da Neisseria meningitidis (sierogruppi A, C, W-135 e Y)
Posologia e modo di somministrazione
  • Immunizzazione primaria:

    • neonati a partire da 6 settimane a meno di 6 mesi di età: due dosi, ciascuna da 0,5 ml con un intervallo di 2 mesi tra le dosi;

    • neonati a partire dai 6 mesi di età, bambini, adolescenti e adulti: una singola dose da 0,5 ml

  • Dose di richiamo:

    dopo il completamento dell’immunizzazione primaria, nei bambini da 6 settimane a meno di 12 mesi di età, una dose di richiamo deve essere somministrata a 12 mesi di età, con un intervallo di almeno 2 mesi dopo l’ultima vaccinazione con MenACWY-TT

Co-somministrazione
  • In caso di somministrazione concomitante devono essere utilizzati siti di iniezione distinti (preferibilmente negli arti controlaterali)

  • Nei neonati, MenACWY-TT può essere somministrato in concomitanza con vaccini combinati DTaP-HBV-IPV/Hib e con vaccino coniugato pneumococcico 10-valente

  • Dall’età di 1 anno, MenACWY-TT può essere somministrato in concomitanza con uno qualsiasi dei seguenti vaccini: vaccini contro l’epatite A (HAV) e l’epatite B (HBV), vaccino contro morbillo-parotite-rosolia (MMR), vaccino morbillo-parotite-rosolia- varicella (MMRV), vaccino coniugato pneumococcico 10-valente o vaccino contro l’influenza stagionale non adiuvato

  • Nel secondo anno di vita, MenACWY-TT può essere somministrato in concomitanza con il vaccino contro tetano-pertosse acellulare (DTaP), compresi i vaccini combinati DTaP con epatite B, poliovirus inattivato o Haemophilus influenzae di tipo b (HBV, IPV o Hib) come il vaccino DTaP-HBVIPV/Hib e il vaccino coniugato pneumococcico 13-valente

  • In soggetti di età compresa tra 9 e 25 anni, MenACWY-TT può essere somministrato in concomitanza con il vaccino anti-papillomavirus umano bivalente (Tipo 16 e 18). Nel caso della co-somministrazione di MenACWY-TT con il vaccino Tdap in soggetti di età compresa tra 9 e 25 anni, il mese successivo alla somministrazione sono stati osservati GMC inferiori per ciascun antigene della pertosse. Oltre il 98% dei soggetti aveva concentrazioni di anti-PT, anti-FHA o anti-PRN superiori alle soglie del saggio. La rilevanza clinica di queste osservazioni non è nota. La somministrazione concomitante non ha mostrato effetti sulle risposte immunitarie a MenACWY-TT, agli antigeni del tetano e della difterite

Controindicazioni
  • Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti o in seguito a precedente somministrazione del vaccino o di un vaccino contenente componenti simili

  • MenACWY-TT deve essere somministrato con cautela in soggetti con trombocitopenia o qualsiasi disturbo della coagulazione, vale a dire controindicazioni all’iniezione intramuscolare, a meno che il potenziale beneficio non superi chiaramente il rischio della somministrazione

Effetti indesiderati La sicurezza di una singola dose di MenACWY-TT in soggetti di età pari o superiore a 6 settimane è stata valutata in 3 studi registrativi randomizzati, multicentrici con controllo attivo.
  • Reazioni avverse osservate durante gli studi clinici condotti in soggetti con età pari o superiore a 6 settimane

    • molto comuni (≥ 1/10): perdita di appetito, irritabilità, sonnolenza, cefalea febbre, astenia ed in sede di iniezione dolorabilità/dolore, eritema e tumefazione;

    • comuni (≥ 1/100, < 1/10): vomito, diarrea, nausea, ematoma al sito di iniezione;

    • non comuni (≥ 1/10.000, < 1/1000): insonnia, pianto, vertigini, ipoestesia, mialgia, dolore alle estremità, eruzioni cutanee, prurito, malessere ed in sede d’iniezione indurimento, prurito, riscaldamento e perdita di sensibilità

Immunogenicità

Nella Tabella IV sono riportati i principali studi di immunogenicità di MenACWY-TT.

Tab. IV.

Studi clinici controllati per la valutazione della sicurezza e dell’immunogenicità di MenACWY-TT.

Studio Obiettivo dello studio Soggetti reclutati (n, età) Paese di svolgimento dello studio clinico Dosaggio e schedula del vaccino
Klein et al. 2013 [48]
Fase II
Immunogenicità nei bambini 349: 9-12 mesi USA Gruppo 1: MenACWY-TT, 1 dose a 12 mesi
Gruppo 2: MenACWY-TT, 2 dosi a 9 e 12 mesi
Klein et al. 2016 [37]
Fase II
Persistenza nei bambini 349: 6 anni USA Gruppo 1: MenACWY-TT, 1 dose a 12 mesi
Gruppo 2: MenACWY-TT, 2 dosi a 9 e 12 mesi
Merrino Arribas et al. 2017 [35]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 2095: 6-12 settimane Estonia, Germania e Spagna Gruppo 1: MenACWY-TT a 2, 3 e 4 mesi, booster a 12 mesi
Gruppo 2: MenACWY-TT a 2 e 4 mesi, booster a 12 mesi
Gruppo 3: MenC-CRM197, a 2 e 4 mesi, booster a 12 mesi
Gruppo 4: MenC-TT a 2 e 4 mesi, booster a 12 mesi
Dbaibo et al. 2018 [36]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 753: 6-12 settimane Libano e Messico Gruppo 1: MenACWY-TT a 2, 4 e 6 mesi, booster a 15-18 mesi
Gruppo 2: MenACWY-TT a 6 mesi, booster a 15-18 mesi
Gruppo 3: MenACWY-TT, a 15-18 mesi
Knuf et al. 2013 [43]
Phase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 414: 2-10 anni Francia Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MenC-CRM197, dose singola
Leonardi et al. 2015 [38]
Co-somministrazione
Immunogenicità e reattogenicità nei bambini (co-somministrazione) 1305: 12-15 mesi USA Gruppo 1: MenACWY-TT a 12-15 mesi, seguito da DTaP a 15-18 mesi
Gruppo 2: MenACWY-TT + DTaP a 15-18 mesi
Gruppo 3: HibMenCY-TT a 12-15 mesi, seguito da DTaP a 15-18 mesi
Leonardi et al. 2015 [39]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 1305: 12-15 mesi USA Gruppo 1: MenACWY-TT a 12-15 mesi, seguito da DTaP a 15-18 mesi
Gruppo 2: MenACWY-TT + DTaP a 15-18 mesi
Gruppo 3: HibMenCY-TT a 12-15 mesi, seguito da DTaP a 15-18 mesi
Ostengaard et al. 2012 [44]
Fase 3
Immunogenicità e sicurezza negli adolescenti (co-somministrazione) 611: 11-17 anni Svezia e Danimarca Gruppo 1: MenACWY-TT (dose singola) + HepA/B, 10-20 μg (mese 0, 1 e 6)
Gruppo 2: MenACWY-TT dose singola
Gruppo 3: HepA/B (mese 0, 1 e 6)
Knuf et al. 2011 [40]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini (co-somministrazione) 793: 12-23 mesi Austria, Germania e Grecia Gruppo 1: MenACWY-TT + DTaP-HPV-IPV/Hib
Gruppo 2: MenACWY-TT (mese 0) + DTaP-HPV-IPV/Hib (mese 1)
Gruppo 3: DTaP-HPV-IPV/Hib, (mese 0) + MenACWY-TT (mese 1)
Gruppo 4: MenC-TT
Vesikari et al. 2011 [41]
Fase III
Immunogenicità nei bambini (co-somministrazione) 1000: 12-23 mesi Finlandia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose) + MMRV (1 dose) e MMRV (1 dose dopo 6-12 settimane)
Gruppo 2: MenACWY-TT (1 dose), MMRV (1 dose dopo 6-12 settimane), MMRV (1 dose dopo 6-12 settimane)
Gruppo 3: MMRV (1 dose), MenC-CRM197 (1 dose), MMRV (1 dose)
Gruppo 4: MenC-CRM197 (1 dose), MMRV (1 dose dopo 6-12 settimane), MMRV (1 dose dopo 6-12 settimane)
Vesikari et al. 2015 [42]
Fase III
Immunogenicità, sicurezza e persistenza nei bambini 1000: 5-6 anni Finlandia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose)
Gruppo 2: MenC-CRM197 (1 dose)
Anez et al. 2020 [45]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in adolescenti e adulti 810: ≥ 15 anni USA e Porto Rico Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose booster)
Gruppo 2: MenACWY-DT (1 dose booster)
Van Ravenhorst et al. 2017 [46]
Fase IV
Immunogenicità negli adolescenti 501: 10-15 anni Olanda Gruppo 1: MenC-TT (1 dose booster), precedentemente MenC-TT
Gruppo 2: MenACWY-TT (1 dose), precedentemente MenC-TT
Dbaibo et al. 2013 [47]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza negli adulti 400: ≥ 56 anni Libano Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose)
Gruppo 2: MenACWY-PS (1 dose)
Vesikari et al. 2012 [49]
Fase II
Immunogenicità, sicurezza e persistenza nei bambini 304: 12-23 mesi Finlandia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose)
Gruppo 2: MenC-CRM197 (1 dose)
Nolan et al. 2019 [50]
Fase III
Immunogenicità, sicurezza nei bambini 156: 7-8 anni Australia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose), precedentemente HibMenC-TT
Gruppo 2: MenACWY-TT (1 dose), precedentemente Hib-TT + MCC-CRM197
Knuf et al. 2018 [51]
Fase III
Persistenza e risposta booster negli adolescenti 414: 2-10 anni Germania e Francia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose), precedentemente MenACWY-TT
Gruppo 2: MenACWY-TT (1 dose), precedentemente MenC-CRM197
Vesikari et al. 2020 [52]
Fase III
Persistenza del booster nei bambini 184: 11 anni Finlandia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose booster)
Gruppo 2: MenC-CRM197 (1 dose booster)
Vesikari et al. 2020
Fase IIIB [53-55]
Persistenza e risposta booster negli adolescenti 243: 11-21 anni Finlandia Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose + booster)
Gruppo 2: MenC-CRM197 (1 dose + booster)
Gruppo 3: MenACWY-PS (1 dose + booster)
Chang et al. 2020 [58]
Fase II
Immunogenicità e sicurezza negli adolescenti 1715: 10-17 anni USA Gruppo 1: MenACWY-TT (1 dose)
Gruppo 2: MenACWY-CRM197 (1 dose)
Gruppo 3: MenACWY-TT (1 dose) + Tdap (1 dose) + HPV4 (1 dose)
Gruppo 4: Tdap (1 dose) + HPV4 (1 dose)

Nella revisione di Martinón-Torres et al sono riportati i risultati di 4 studi clinici di fase II e III condotti su un totale di 3294 bambini [34].

INFANTI

Uno studio clinico di fase III [35] ha valutato l’immunogenicità di MenACWY-TT negli infanti, comparato con il vaccino coniugato MenC. Gli infanti erano randomizzati 1: 1: 1: 1 in 4 gruppi per ricevere: la vaccinazione primaria con MenACWY-TT con una schedula di 3 dosi somministrate a 2, 3 e 4 mesi seguita da una dose di richiamo a 12 mesi (gruppo MenACWY-TT_3); schedula di 2 dosi a 2 e 4 mesi seguita da una dose di richiamo a 12 mesi (gruppo MenACWY-TT_2); MenC-CRM197 con una schedula di 2 dosi a 2 e 4 mesi seguita da una dose di richiamo a 12 mesi (gruppo MenC-CRM197); o MenC-TT con una schedula di 2 dosi a 2 e 4 mesi seguita da una dose di richiamo a 12 mesi (gruppo MenC-TT). Inoltre, tutti i partecipanti hanno ricevuto il vaccino 10-valente pneumococcico e il vaccino combinato difterite-tetano-pertosse acellulare-epatite B, poliomielite inattivata e H. influenzae di tipo b (DTPa- HBV-IPV / Hib) a 2, 3, 4 e 12 mesi. Gli obiettivi primari erano dimostrare la non inferiorità delle schedule a 2 e 3 dosi di MenACWY-TT rispetto a MenC-CRM197 e a MenC-TT, per il sierogruppo C. L’obiettivo secondario era la valutazione dell’immunogenicità dei vaccini DTPa-HBV-IPV/Hib e PCV10 quando co-somministrati con MenACWY-TT. I risultati dello studio hanno dimostrato la non inferiorità delle schedule a 3 e 2 dosi di MenACWY-TT rispetto alla vaccinazione con MenC-CRM197 e con MenC-TT: più del 93,1% dei soggetti dei gruppi MenACWY_3 e MenACWY_2 avevano titoli rSBA ≥ 1:8 per ogni sierogruppo, con percentuale più elevata per il MenC 98,7%. Relativamente ai titoli anticorpali hSBA, più dell’88,5% dei soggetti immunizzati con MenACWY-TT avevano titoli ≥ 1:8 ad un mese dalla vaccinazione primaria; in particolare, le percentuali erano ≥ 98,6% per MenC. Le percentuali di soggetti con titoli hSBA ≥ 1:8 per il MenA diminuivano rapidamente dopo la vaccinazione primaria (≥ 58,3% a 12 mesi d’età) rispetto agli altri sierogruppi (≥ 91,1%). La dose di richiamo ha stimolato solide risposte immunitarie: più del 99,1% dei vaccinati con MenACWY-TT presentava titoli rSBA o hSBA ≥ 1:8 per ciascun sierogruppo ad un mese dal richiamo (i risultati della persistenza sono riportati nel paragrafo dedicato) [35].

Uno studio di fase IIIB [36] ha valutato l’immunogenicità e la sicurezza di diverse schedule di MenACWY-TT, quando co-somministrato con i vaccini dell’infanzia. I soggetti erano randomizzati 2:1:1 per ricevere 3 dosi di MenACWY-TT a 2, 4 e 6 mesi di età con una dose di richiamo, somministrata dai 15 ai 18 mesi (gruppo ACWY3+1); 1 dose primaria a 6 mesi seguita da una dose di richiamo dai 15 ai 18 mesi (gruppo ACWY1+1); una singola dose dai 15 ai 18 mesi (gruppo ACWY1). Tutti i soggetti hanno ricevuto anche i vaccini DTPa-HBV-IPV/Hib e PCV10. L’obiettivo primario era dimostrare l’immunogenicità della schedula a 3 dosi. Gli obiettivi secondari includevano la valutazione dell’immunogenicità a scadenze temporali addizionali misurate con rSBA e hSBA, così come la valutazione della risposta immunitaria indotta da DTPa-HBV-IPV/Hib e PCV10.

La percentuale dei bambini con titoli rSBA ≥ 1:8 era ≥ 99,4% nel gruppo ACWY3+1; ≥ 93,9% nel gruppo ACWY1+1 e ≥ 96,3% nel gruppo ACWY1. Relativamente alla dose booster a 15-18 mesi, il 99,3% dei vaccinati in tutti i gruppi aveva titoli rSBA ≥ 1:8, indipendentemente dal numero di dosi ricevute con la vaccinazione primaria. Le risposte immunitarie ai vaccini di routine DTPa-HBV-IPV/Hib e PCV10 non sono risultate influenzate dalla somministrazione concomitante con MenACWY-TT.

Un mese dopo la co-somministrazione con un vaccino coniugato pneumococcico 10-valente, sono state osservate delle Medie Geometriche di concentrazioni anticorpali (GMC) e delle GMT anticorpali valutate con il test degli opsonofagociti (OPA) inferiori per un sierotipo pneumococcico (18C coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico). La rilevanza clinica di questa osservazione non è nota. Non vi era impatto della co-somministrazione sulle risposte immunitarie agli altri nove sierotipi pneumococcici.

Lo studio di fase II condotto negli Stati Uniti su infanti d’età 9-12 mesi, aveva come obiettivo valutare l’immunogenicità e la sicurezza di MenACWY-TT e la persistenza anticorpale ad un anno dalla vaccinazione [37]. I soggetti erano randomizzati 1:1 al fine di ricevere una dose a 12 mesi o 2 dosi a 9 e 12 mesi di età. I bambini vaccinati con la schedula di due dosi ad un mese dalla seconda dose, riportavano valori anticorpali hSBA ≥ 1:8 dell’88,4% per MenA, 100% per MenC e 99,3% per MenW e MenY. Nel gruppo vaccinato con la singola dose, la percentuale di soggetti con titoli ≥ 1:8 era del 79,5% per MenA, 94,6% per MenC, 50,8% per MenW e 56,1% per MenY, dimostrando una maggiore risposta immunologica per la schedula di due dosi.

Nell’ambito degli studi di Leonardi et al. [38, 39], una coorte di neonati sottoposta a somministrazione primaria a 2, 4 e 6 mesi d’età con HibMenCY-TT e DTaP-HBV-IPV era randomizzata (2 : 2 : 1) per ricevere: MenACWY-TT a 12-15 mesi e DTaP a 15-18 mesi (gruppo MenACWY-TT); MenACWY-TT co-somministrato con DTaP a 15-18 mesi (gruppo Coad); o HibMenCY-TT a 12-15 mesi e DTaP a 15-18 mesi (gruppo HibMenCY-TT). L’immunogenicità e la reattogenicità sono state valutate un mese dopo la vaccinazione. La co-somministrazione di DTaP con MenACWY-TT è risultata immunogenica e con un profilo di sicurezza accettabile in bambini precedentemente trattati con HibMenCY-TT. I bambini vaccinati con tre dosi di HibMenCY-TT, che successivamente ricevettero una singola dose di MenACWY-TT o una quarta dose di HibMenCY-TT, riportarono una crescita robusta nei titoli di hSBA per MenC/Y. Dopo la vaccinazione con HibMenCY-TT o MenACWY-TT a 12-15 mesi d’età o con MenACWY-TT + DTaP a 15-18 mesi d’età, il 100% dei soggetti aveva titoli hSBA ≥ 1:8 per MenC/Y. Il 96,1% dei soggetti vaccinati con MenACWY-TT aveva anche titoli hSBA ≥ 1:8 per MenA/W. Pochissimi soggetti (≤ 7,8%) nel gruppo di controllo avevano titoli hSBA ≥ 1:8 per tutti i sierogruppi [38, 39].

La co-somministrazione di MenACWY-TT con DTaP-HBV-IPV/Hib è stata valutata in uno studio multicentrico randomizzato, su 793 bambini d’età compresa tra 12 e 23 mesi [40]. La co-somministrazione ha dimostrato la non inferiorità immunologica rispetto all’immunizzazione separata. Un mese dopo il trattamento, più del 97,3% dei vaccinati con MenACWY-TT aveva titoli rSBA ≥ 1:8 per tutti i sierogruppi. I tassi di sieroprotezione contro gli antigeni DTaP-HBV-IPV/Hib erano ≥ 98,2%. La co-somministrazione nel secondo anno di vita faciliterebbe l’introduzione di MenACWY-TT nei programmi di vaccinazione di routine dei bambini [40].

Vesikari et al. [41, 42] hanno valutato l’immunogenicità di MenACWY-TT co-somministrato con il vaccino MMRV, in 1000 bambini di 12-23 mesi rispetto ad un gruppo di bambini vaccinati con una singola dose di MenACWY-TT, MMRV o MenC-CRM197. Gli obiettivi primari erano: dimostrare la non inferiorità di MenACWY-TT rispetto a MenC-CRM197 in termini di percentuale di soggetti con titoli rSBA ≥ 8 per MenC; dimostrare l’immunogenicità di MenACWY-TT per MenA, MenW e MenY; dimostrare la non inferiorità di MenACWY-TT co-somministrato con MMRV rispetto a MenACWY-TT e MMRV somministrati da soli. Gli obiettivi primari sono stati dimostrati. Dopo la vaccinazione con MenACWY-TT, almeno il 99,7% dei soggetti aveva titoli rSBA ≥ 1:8 per ciascun sierogruppo. Per MenC, il 94,4% e il 95,8% dei soggetti nei gruppi MenACWY-TT + MMRV e MenACWY-TT avevano titoli rSBA ≥ 1:128, ed entrambi erano più alti rispetto al gruppo MenC-CRM197. Le GMT rSBA nei gruppi MenACWY-TT + MMRV e MenACWY-TT erano aumentate di almeno 47,8 volte per ciascuno dei quattro sierogruppi dopo la vaccinazione. Gli autori giunsero alla conclusione che MenACWY-TT può essere co-somministrato con MMRV senza influire sull’immunogenicità e sui profili di sicurezza di entrambi i vaccini [41, 42].

BAMBINI

Nel contesto di uno studio europeo [43] è stata valutata l’immunogenicità e la sicurezza di MenACWY-TT comparata con MenC-CRM197, in bambini d’età compresa tra 2 e 10 anni. I soggetti erano randomizzati 3 : 1 per ricevere una singola dose di MenACWY-TT o di MenC-CRM197. La non inferiorità dell’immunogenicità di MenACWY-TT, in termini di risposta anticorpale rSBA, è stata dimostrata. Le percentuali di bambini con titoli rSBA ≥ 1:8 erano 94,8 e 95,7% per MenC nei trattati con MenACWY-TT e MenC-CRM197, rispettivamente.

ADOLESCENTI E ADULTI

MenACWY-TT [44] è stato studiato in una coorte di adolescenti tra gli 11 e i 17 anni, i soggetti erano stratificati in base all’età per garantire un numero uguale di soggetti di età compresa tra 11 e 13 anni, 14-15 e 16-17. In ogni fascia di età sono stati randomizzati (3 : 1 : 1) per ricevere: il vaccino MenACWY-TT (gruppo ACWY-TT); il vaccino MenACWY-TT co-somministrato con il vaccino HepA/B (gruppo Coad) o il solo vaccino HepA/B (gruppo HepA/B). Gli obiettivi primari erano dimostrare la non inferiorità di MenACWY-TT in termini di sierorisposta a 30 giorni dalla somministrazione e la sierorisposta nei confronti di epatite A/B ad un mese dalla terza dose di HepA/B, quando i vaccini erano co-somministrati rispetto alla somministrazione separata. Gli obiettivi secondari includevano la valutazione della persistenza della risposta anticorpale 7 mesi dopo la vaccinazione nei soggetti riceventi MenACWY-TT, quando somministrato da solo o quando co-somministrato con HepA/B. La non inferiorità di MenACWY-TT co-somministrato con HepA/B rispetto a MenACWY-TT somministrato da solo è stata dimostrata per tutti e 4 i sierogruppi. A sette mesi dalla prima vaccinazione, il 99,4-100% dei soggetti riceventi entrambi i vaccini co-somministrati ha mostrato sieroprotezione contro tutti i sierogruppi, e almeno il 99,1% di loro era sieropositivo per epatite A e sieroprotetto per epatite B. Questo studio suggerisce che MenACWY-TT può essere co-somministrato con HepA/B senza influenzare negativamente l’immunogenicità, la sicurezza e la reattogenicità dei due vaccini.

Nello studio multicentrico randomizzato di fase III di Anez et al. [45], sono state valutate e comparate l’immunogenicità e la sicurezza di una dose di richiamo del vaccino MenACWY-TT rispetto a MenACWY-DT in adolescenti e adulti, precedentemente trattati con vaccino MenACWY-DT o MenACWY-CRM197, a 10 o tra i 4 e i 10 anni. I soggetti furono randomizzati in un rapporto 1:1, al fine di ricevere una singola dose di richiamo di MenACWY-TT o MenACWY-DT, somministrate al giorno 0. Gli obiettivi secondari includevano la valutazione della risposta hSBA per ognuno dei 4 sierogruppi, 6 giorni dopo la vaccinazione e tra i giorni 0 e 30 dopo il richiamo. Al giorno 30, la proporzione di soggetti con titoli hSBA ≥ 1:8 era maggiore rispetto alla baseline per tutti i sierogruppi e in entrambi i gruppi: 100% nei trattati con MenACWY-TT e 99% nei vaccinati con MenACWY-DT per MenA; 99,5% e 99% per MenC; 100% e 99,7% per MenW e 99,7% e 99,5% per MenY, rispettivamente [45].

Nello studio di Van Ravenhorst et al. [46], 501 bambini sani di 10, 12 e 15 anni, che avevano ricevuto una singola dose di MenC-TT nella prima infanzia, sono stati randomizzati per ricevere MenC-TT o MenACWY-TT. Ad un mese dalla vaccinazione, tutti i partecipanti avevano sviluppato elevati titoli rSBA per MenC. Ad un anno dal richiamo, la non inferiorità di MenACWY-TT rispetto a MenC-TT non era dimostrata, anche se il 99,6% dei soggetti manteneva titoli rSBA protettivi nei confronti di MenC [46].

In due studi clinici, condotti in adolescenti con età compresa tra 11 e 17 anni (Studio MenACWY-TT- 036) e in adulti di età compresa tra 18 e 55 anni (Studio MenACWY-TT-035), è stato somministrato MenACWY-TT o MenACWY-PS. MenACWY-TT ha dimostrato di essere immunologicamente non inferiore al vaccino MenACWY-PS in termini di risposta anticorpale [33].

Uno studio di fase III [47] ha valutato l’immunogenicità in 400 soggetti adulti d’età ≥ 56 anni randomizzati in rapporto 3:1: un gruppo ricevette una singola dose di Men-ACWY-TT e un gruppo fu immunizzato con una dose singola di MenACWY-PS. L’obiettivo primario era quello di valutare l’immunogenicità di MenACWY-TT rispetto a MenACWY-PS, in termini di attività battericida sierica (rSBA) e tassi di risposta al vaccino (VR) ad 1 mese dalla vaccinazione. I risultati di immunogenicità erano disponibili per 128 adulti tra i 56 e i 65 anni e per 60 soggetti > 65 anni che hanno ricevuto MenACWY-TT e fino a 41 soggetti tra i 56 e i 65 anni e 25 adulti over 65 che hanno ricevuto MenACWY-PS. Dopo una singola dose di MenACWY-TT, la VR risultò 76,6% per MenA, 80,3% per MenC, 77,5% per MenW e 81,9% per MenY. La VR nel gruppo vaccinato con MenACWY-PS si attestava al 91,7%, 84,8%, 87,1% e 89,1%, rispettivamente. Ad un mese dalla vaccinazione, almeno il 97,4% nel gruppo vaccinato con MenACWY-TT ed almeno il 95,5% nel gruppo immunizzato con MenACWY-PS aveva titoli rSBA > 1:8. In ciascun gruppo, i GMTs aumentavano di almeno 13 volte per ciascun sierogruppo. Le analisi esplorative non hanno rilevato differenze statisticamente significative tra i gruppi dopo la vaccinazione.

Persistenza della risposta immunitaria

La persistenza di anticorpi funzionali è fondamentale per il mantenimento della protezione contro la malattia invasiva da meningococco.

Il riassunto delle caratteristiche del prodotto riporta che negli studi clinici controllati è stata osservata una diminuzione dei titoli anticorpali nel tempo per tutti i sierogruppi. La rilevanza clinica di questa osservazione non è nota. Di conseguenza, deve essere presa in considerazione la somministrazione di una dose di richiamo in soggetti vaccinati nella prima infanzia che rimangano ad alto rischio di esposizione alla malattia meningococcica causata dai sierogruppi A, C, W e Y [33].

Nello studio di immunogenicità condotto da Klein et al. [37], è stata valutata la persistenza anticorpale ad un anno dalla vaccinazione primaria con MenACWY-TT (gruppo 1: dose singola a 12 mesi; gruppo 2: 2 dosi a 9 e 12 mesi) [37]. La percentuale di bambini con titoli hSBA ≥ 1:8 era ≥ 80% per MenC, MenW e MenY nei vaccinati con una schedula a 1 dose e ≥ 99,1% nei vaccinati con una schedula a 2 dosi. La riduzione nel tempo dei titoli hSBA per MenA era più evidente rispetto agli altri sierogruppi: ≥ 20,6% (schedula a 1 dose) e ≥ 25,9% (schedula a 2 dosi). La percentuale assoluta dei bambini che manteneva titoli hSBA ≥ 1:8 per i MenC, MenW e MenY, un anno dopo la vaccinazione, era più alta per coloro che avevano ricevuto 2 dosi, sebbene questi riscontri fossero significativi solo per i sierogruppi MenW e MenY.

Nello studio di follow-up di Klein et al. [48] è stata valutata la persistenza degli anticorpi a 1, 3 e 5 anni sulle stesse coorti (bambini vaccinati con MenACWY-TT in una dose o in due dosi) e la risposta immunitaria un mese dopo una dose booster somministrata al quinto anno sui bambini precedentemente immunizzati con una o due dosi confrontata con quella di bambini della stessa età, naïve al meningococco e riceventi una singola dose primaria di MenACWY-TT. La percentuale di bambini con hSBA ≥ 1:8 per la schedula a singola dose era rispettivamente 20,6% (a 1 anno), 17,1% (a 3 anni) e 31,7% (a 5 anni) per MenA; 87,5%, 70,4% e 75% per MenC; 89,4%, 62,8% e 65,6% per MenW e 80,0%, 62,4% e 64% per MenY. La percentuale di bambini con hSBA ≥ 1:8 immunizzati con la schedula a 2 dosi era rispettivamente 25,9% (a 1 anno), 26,7% (a 3 anni) e 38% (a 5 anni) per MenA; 91,2%, 72,3% e 74,6% per MenC; 99,1%, 84,5% e 86,1% per MenW e 92,5%, 62,1% e 77,8% per MenY. Non sono state osservate differenze significative tra i 2 gruppi (vaccinati con una o due dosi) per MenA, MenC e MenY, mentre per MenW, a 5 anni dalla vaccinazione, la percentuale di bambini con titoli hSBA ≥ 8 erano più alta nel gruppo ricevente due dosi di MenACWY-TT. Un mese dopo la dose booster, il 100% dei bambini di entrambe le coorti (vaccinati con una o due dosi) aveva titoli anticorpali hSBA ≥ 1:8. Nel gruppo dei bambini della stessa età naïve che aveva ricevuto una singola dose primaria di MenACWY-TT il 78,5% aveva titoli anticorpali hSBA ≥ 1:8 per MenA, 85,7% per MenC, 89,7% per MenW e 94,3% per MenY [48].

Relativamente allo studio di Merino Arribas et al. [35], uno degli obiettivi era la valutazione della persistenza anticorpale dopo la somministrazione di una dose booster somministrata a 12 mesi in tutte le corti. Prima della somministrazione della dose di richiamo, una percentuale ≥ del 68,5% dei bambini nel gruppo MenACWY-TT_3 e una percentuale ≥ del 61,3% dei bambini nel gruppo MenACWY-TT_2 avevano mantenuto titoli rSBA ≥ 1:8 per ciascuno dei 4 sierogruppi. Per MenC, la percentuale di bambini che aveva mantenuto titoli rSBA ≥ 1:8 era del 73,5%, 75,8%, 51,9% e 78,9% nei gruppi MenACWY-TT_3, MenACWY-TT_2, MenC-CRM197 e MenC-TT rispettivamente. Nei gruppi MenC-CRM197 e MenC-TT, l’86,5% e il 96,6% dei bambini aveva titoli hSBA-MenC ≥ 1:8. Un mese dopo la somministrazione della dose di richiamo, la percentuale di bambini con titoli rSBA ≥ 1:8 era ≥ al 99,1% per ciascun sierogruppo nel gruppo MenACWY-TT_3 e ≥ al 99,4% nel gruppo MenACWY-TT_2. In entrambe le coorti, la dose di richiamo di MenACWY-TT stimolò un forte aumento dei GMTs rSBA (da 17,8 a 80,1 volte) [35].

Gli studi condotti da Vesikari et al. [41, 42] hanno valutato la persistenza anticorpale di MenACWY-TT a 3 e a 4 anni dalla vaccinazione primaria somministrata a 12-23 mesi di età e la persistenza 1 anno dopo la somministrazione del booster con lo stesso vaccino. Quattro anni dopo la somministrazione primaria con Men-ACWY-TT, il 28,8%, il 73,2%, l’80,6% e il 65,4% hanno conservato titoli hSBA ≥ 1:8 per MenA, MenC, MenW e MenY rispettivamente. Un anno dopo la dose di richiamo, le percentuali sopra il cut-off erano ≥ 95,5% (hSBA) per ciascun sierogruppo. La dose di richiamo ha indotto risposte immunitarie robuste per tutti i sierogruppi e con un profilo di sicurezza accettabile.

Un altro studio clinico [49] ha valutato la persistenza anticorpale in bambini di età compresa tra 12 e 23 mesi, vaccinati con una dose MenACWY-TT o MenC-CRM197 a tre anni dalla vaccinazione. MenACWY-TT si è dimostrato non inferiore a MenC-CRM197 per MenC e sono stati soddisfatti i criteri di immunogenicità per MenA, MenW e MenY. Nella corte vaccinata con MenACWY-TT, la percentuale di bambini con titoli rSBA ≥ 1:8 per tutti i sierogruppi si manteneva elevata (almeno 98,1% a un anno, 93,9% a due anni e il 90,8% a tre anni). Le percentuali di bambini con titoli hSBA ≥ 1:8 erano almeno del 93,5% a un anno, 90,8% a due anni e 73,6% a tre anni per MenC, MenW e MenY [49].

Un recente studio multicentrico australiano [50] ha valutato la somministrazione di una dose di MenACWY-TT in bambini di età 7-8 anni, vaccinati precedentemente con una dose del vaccino combinato Hib -MenC-TT (gruppo HibMenC) o Hib-TT-MenC-CRM197 (Hib + MCC) a 12-18 mesi. È stata valutata l’immunogenicità ad 1 mese e a 2 anni dalla vaccinazione con MenACWY-TT. A 6 anni dalla vaccinazione primaria con Hib-MenC-TT, meno del 20% dei bambini aveva titoli rSBA-MenC ≥ 1:8. Ad 1 mese dalla vaccinazione con MenACWY-TT, il 97,1% dei soggetti presentava titoli rSBA ≥ 1:8 per tutti i sierogruppi. A 2 anni dalla vaccinazione più del 63,6% dei bambini presentava titoli rSBA ≥ 1:8 per MenA e più dell’87,9% per gli altri sierogruppi [50].

In uno studio europeo [51], condotto su bambini d’età compresa tra 2 e 10 anni, sono stati valutati i profili d’immunogenicità e la persistenza anticorpale di MenACWY-TT fino a 68 mesi comparato con MenC-CRM197. L’end-point secondario era valutare la persistenza anticorpale di una dose booster di MenACWY-TT somministrata a 68 mesi dalla vaccinazione primaria nella stessa corte. A 68 mesi, la percentuale di bambini che mantenevano titoli rSBA ≥ 1:8 per MenC era del 39,9% nel gruppo MenACWY-TT e del 62,3% nel gruppo MenC-CRM197. La percentuale di bambini con titoli rSBA ≥ 1:8 per MenA, MenW e MenY era dell’86,5%, 52,8% e 71,3% nel gruppo MenACWY-TT. Stratificando per età, il 33,3% (2-5 anni) e il 47,1% (6-10 anni) dei vaccinati con MenACWY-TT e il 50,0% (2-5 anni) e il 75,9% (6-10 anni) degli immunizzati con MenC-CRM197 avevano mantenuto titoli rSBA ≥ 1:8 per MenC. Le percentuali di bambini vaccinati con MenACWY-TT con titoli rSBA ≥ 1:8 per MenA, MenW e MenY erano 81,7%, 47,3% e 66,7% nella fascia d’età 2-5 anni e 91,8%, 58,8% e 76,5% nella fascia d’età 6-10 anni, rispettivamente. Un mese dopo la somministrazione di una dose booster di MenACWY-TT (69 mesi), la percentuale di bambini con titoli anticorpali rSBA ≥ 1:8 era del 100% per tutti i sierogruppi in entrambi i gruppi. [51].

Nello studio di Vesikari et al. del 2020 [52] 184 soggetti che avevano completato la vaccinazione primaria a 12-23 mesi con MenACWY-TT, MenACWY-TT co-somministrato con MMRV o MenC-CRM197 somministrato prima o dopo MMRV, erano arruolati per valutare la persistenza anticorpale da 2 a 6 anni dopo la dose di richiamo o con MenACWY-TT o MenC-CRM197. Nel gruppo MenACWY-TT, le percentuali di soggetti con titoli rSBA ≥ 1:8 erano: 98,4% per MenA, 97,6% per Men C, 96,7% MenW e 100% per MenY a 2 anni dalla dose di richiamo e 92,5%, 71,6%, 85,8% e 85,8% a 6 anni dalla dose di richiamo. Nel gruppo MenC-CRM197, la percentuale di soggetti con titoli rSBA ≥ 1:8 per MenC era diminuita dal 100% all’anno 2 e al 65,2% all’anno 6. La persistenza degli anticorpi rSBA è stata dimostrata fino a 6 anni dal richiamo (10 anni dopo la vaccinazione primaria) suggerendo una protezione a lungo termine [52].

Uno studio di estensione di fase IIIB [53], ha valutato la persistenza a lungo termine di MenACWY-TT rispetto a MenC-CRM197 e MenACWY-PS, da 6 a 10 anni dopo la vaccinazione primaria, nei bambini di età compresa tra 1 e 2 anni (vaccinati con MenACWY-TT o MenC-CRM197) [42] e nei bambini di età compresa tra 2 e 11 anni (vaccinati con MenACWY-TT o MenACWY-PS) [54]. Una dose di richiamo con MenACWY-TT è stata somministrata a 10 anni dalla vaccinazione primaria, indipendentemente dal tipo di trattamento primario ricevuto. Al quinto anno, i soggetti che presentavano una risposta anticorpale subottimale (titoli rSBA < 1:8) per MenC hanno ricevuto un ulteriore dose di MenC-CRM197: 113 (49,3%) appartenevano al gruppo vaccinato con MenACWY-TT all’età di 1 e 2 anni e 42 (56,0%) appartenevano al gruppo immunizzato con MenC-CRM197. Questi soggetti sono stati esclusi dall’analisi effettuata al quinto anno, ma inclusi nella valutazione agli anni 6 e 10. All’anno 10, le percentuali di soggetti con titoli rSBA ≥ 1:8 erano: MenACWY-TT (1-2 anni), 65,6%, 82,8%, 31,3%, 43,8%, rispettivamente per i sierogruppi ACWY; MenC-CRM197, 88,2% per il sierogruppo C; MenACWY-TT (2-10 anni), 88,9%, 84,1%, 67,1%, 65,9% per i sierogruppi ACWY; e MenACWY-PS, 28,6%, 81,0%, 23,8% e 23,8% per i sierogruppi ACWY. Le percentuali corrispondenti per i titoli hSBA ≥ 1:4 erano: MenACWY-TT (1-2 anni), 31,1%, 91,9%, 44,4%, 41,4%; MenC-CRM197, 93,8% per MenC; MenACWY-TT (2-10 anni), 34,8%, 91,1%, 61,2%, 72,6%; e MenACWY-PS, 33,3%, 100,0%, 26,3% e 44,4%. Un mese dopo il richiamo con MenACWY-TT, la percentuale di soggetti con titoli rSBA ≥ 1:8 variava dal 98,4% al 100,0% per tutti i sierogruppi nel gruppo MenACWY-TT (1-2 anni), dal 95,9% al 100,0% nel gruppo MenACWY-TT (2-10 anni) e dal 94,1% al 100,0% nel gruppo MenACWY-PS. La dose di richiamo MenACWY-TT è stata ben tollerata e ha suscitato solide risposte immunitarie [53-55].

In una recente revisione [56] sono stati riportati i risultati di diversi studi di Fase II e III che hanno valutato in bambini di età compresa tra i 9 e i 23 mesi sottoposti a somministrazione primaria con MenACWY-TT la persistenza a lungo termine delle risposte anticorpali e la persistenza dopo una dose booster a 4-5 anni dalla vaccinazione primaria. Dopo la vaccinazione primaria, le risposte anticorpali in termini di titoli rSBA ≥ 1:8 persistevano per 2-3 anni e successivamente si riducevano fino a 5 anni dopo la vaccinazione primaria. Il decremento della risposta anticorpale era più evidente per MenW rispetto a MenA, MenC e MenY. Nei bambini che hanno ricevuto una dose di richiamo di MenACWY-TT tra i 4 e i 5 anni dopo la vaccinazione primaria, la risposta anticorpale era > 99% per tutti i sierogruppi, con una minima riduzione nell’arco di 2-6 anni dopo la dose di richiamo [56].

In USA è stato condotto un trial di fase II multicentrico [57] su 872 giovani di età compresa tra 10 e 25 anni, i quali hanno ricevuto 1 dose di MenACWY-TT o MenACWY-DT. In questo studio, la persistenza degli anticorpi è stata valutata a 1, 3 e 5 dalla vaccinazione. Inoltre, al quinto anno a tutti i partecipanti è stata somministrata una dose di richiamo con MenACWY-TT e la risposta immunitaria 1 mese dopo il richiamo è stata confrontata con quella di un gruppo di controllo comprendente 101 soggetti vaccinati con una dose primaria di MenACWY-TT. Prima della somministrazione della dose di richiamo all’anno 5, 87,0-94,4% e 79,5-90,9% dei partecipanti aveva mantenuto titoli hSBA ≥ 1:8 per MenC, MenW e MenY nel gruppo MenACWY-TT e MenACWY-DT, rispettivamente. Le percentuali di partecipanti con titoli hSBA-MenA ≥ 1:8 erano 48,9% e 44,4 % rispettivamente. La dose di richiamo di MenACWY-TT ha suscitato robuste risposte immunitarie, indipendentemente dal vaccino primario: dal 99,1-100% dei partecipanti avevano titoli hSBA ≥ 1:8 per tutti sierogruppi [57].

Sicurezza

INFANTI

Nella revisione di Martinòn-Torres et al. [34], sono riportati i risultati di immunogenicità e sicurezza degli studi clinici di fase II e III su MenACWY-TT testato su un totale di 3294 bambini.

Nello studio di Klein et al. [37], una coorte di neonati è stata randomizzata per ricevere 1 dose di MenACWY-TT a 12 mesi di età (gruppo ACWY-1) o 2 dosi a 9 e 12 mesi (ACWY-2). I sintomi sollecitati più comuni dopo ogni dose erano il dolore e l’irritabilità: sintomi di grado 3 sono stati riportati da un massimo del 3% dei soggetti. La febbre è stata segnalata dal 3,3% dei soggetti vaccinati a 9 mesi e nel 9,6% e 10,8% dei soggetti vaccinati a 12 mesi (gruppi ACWY-2 e ACWY-1, rispettivamente). Nessun soggetto ha riportato febbre > 40 °C. Solo febbre e perdita di appetito sono state riportate più frequentemente dopo la seconda dose. Nel periodo di follow-up (9 mesi nel gruppo ACWY-1 e 6 mesi nel gruppo ACWY-2), 7 soggetti (5 [3,1%] nei gruppi ACWY-1 e 2 [1,1%] nel gruppo ACWY-2) hanno riportato SAE, nessuno dei quali è stato considerato correlato alla vaccinazione. Un totale di 19 soggetti (11,9%) nel gruppo ACWY-1 e 38 soggetti (20,1%) nel gruppo ACWY-2 hanno segnalato l’insorgenza di malattie croniche, e le più comunemente riportate erano: asma/iperreattività bronchiale, eczema/dermatite atopica, rinite allergica, allergia a cibo/latte ed eruzioni da farmaci/ipersensibilità ai farmaci. Nessun decesso si è verificato durante lo studio.

Nello studio di Merino-Arribas et al. [35] è stata valutata la sicurezza del vaccino MenACWY-TT con una schedula a 3 dosi a 2, 3 e 4 mesi di età, seguita da una dose di richiamo a 12 mesi d’età (gruppo MenACWY_3) o con una schedula di 2 dosi a 2 e 4 mesi seguita da una dose di richiamo a 12 mesi d’età (gruppo MenACWY_2), comparato con MenC-CRM197 somministrato con una schedula di 2 dosi a 2 e 4 mesi d’età, seguita da una dose di richiamo a 12 mesi (gruppo MenC-CRM197) o MenC-TT con una schedula di 2 dosi a 2 e 4 mesi di età, seguita da una dose di richiamo a 12 mesi (gruppo MenC-TT ). Inoltre, tutti i partecipanti hanno ricevuto il vaccino 10-valente pneumococcico e il vaccino DTPa- HBV-IPV / Hib a 2, 3, 4 e 12 mesi di età. Durante il periodo post-vaccinazione di 8 giorni, le percentuali di partecipanti che hanno segnalato sintomi locali e sistemici erano simili nei 4 gruppi. La reazione locale sollecitata segnalata più frequentemente al sito di iniezione è stato il rossore, riportato dal 27,7% - 34,6% dei soggetti dopo la vaccinazione primaria (complessivamente per dose) e dal 37,9% - 45,3% dei soggetti dopo la dose di richiamo. Il sintomo generale sollecitato più frequentemente segnalato era l’irritabilità, riportata dal 59,7% - 62,1% dopo la vaccinazione primaria (totale per dose) e dal 57,3% - 58,9% dopo la vaccinazione di richiamo. Durante il periodo di follow-up di 31 giorni dopo la vaccinazione primaria, la percentuale di bambini con eventi avversi non sollecitati (52,1% - 56,4%) ed eventi avversi non richiesti di grado 3 (3,2% - 5,3%) erano simili nei 4 gruppi di studio. Dopo la vaccinazione di richiamo, gli eventi avversi non sollecitati erano riportati nel 32,6 – 36,4% dei bambini e gli eventi avversi gravi non sollecitati nel 2,8% – 3,6%. Gli eventi avversi gravi più frequenti sono stati bronchiolite, bronchite, infezione del tratto respiratorio superiore e gastroenterite dopo la vaccinazione primaria, e gastroenterite e infezione del tratto respiratorio superiore dopo la vaccinazione di richiamo. Gli eventi avversi gravi verificatisi dalla prima dose di vaccino fino alla fine del periodo di follow-up di sicurezza (ovvero, 6 mesi dopo la vaccinazione di richiamo) sono stati segnalati da 54 (10,2%), 56 (10,7%), 45 (8,7%) e 52 (9,9%) soggetti ai gruppi ACWY-TT_3, ACWY-TT_2, MenC-CRM197 e MenC-TT, rispettivamente. Un SAE è stato considerato potenzialmente correlato alla vaccinazione (epilessia 7 giorni dopo la terza dose in un neonato del gruppo ACWY-TT_3). Non sono stati riportati eventi avversi fatali.

Nello studio Dbaibo et al. [36] i neonati sono stati randomizzati per ricevere una schedula primaria a 3 dosi a 2, 4 e 6 mesi d’età; gruppo (ACWY3 + 1) o a 1 dose a 6 mesi d’età (gruppo ACWY1 + 1), seguiti entrambi da una dose di richiamo all’età di 15-18 mesi. Il gruppo ACWY1 ha ricevuto una singola dose a 15-18 mesi di età ed è servito come gruppo di controllo. Tutti i partecipanti hanno ricevuto DTPa-IPV / Hib e PHiD-CV a 2, 4, 6 e 15-18 mesi di età, secondo i programmi d’immunizzazione nazionali.

Il sintomo sollecitato più frequentemente segnalato era l’irritabilità, riportata nel 46,1%, 48,5% e 48,1% (gruppi ACWY3 + 1, ACWY1 +1 e ACWY1, rispettivamente) dopo la vaccinazione primaria, e nel 33,1%, 32,7% e 36,5% (gruppi ACWY3 + 1, ACWY1 +1 e ACWY1, rispettivamente) dopo il richiamo. Almeno un evento avverso non sollecitato è stato segnalato in meno del 45,7% degli individui sottoposti a vaccinazione primaria e in meno del 55,4% degli individui che hanno ricevuto una dose di richiamo, nei 3 gruppi. Almeno un SAE è stato segnalato nel 9,3% dei partecipanti nel gruppo ACWY3 + 1 e nel 7,5% dei partecipanti in ciascuno dei gruppi ACWY1 + 1 e ACWY1. Nessuno degli eventi è stato considerato correlato alla vaccinazione. Un SAE fatale (sindrome della morte improvvisa del lattante) è stato segnalato nel gruppo ACWY1, 39 giorni dopo la seconda dose di PHiD-CV e DTPa-IPV / Hib non correlato alla vaccinazione.

BAMBINI

Nello studio di follow-up di Klein et al. [48] è stata valutata la sicurezza di una dose di richiamo con MenACWY-TT, somministrata a bambini che avevano ricevuto l’ultima dose del ciclo primario 5 anni prima (ACWY-1 o ACWY-2), rispetto a una singola dose primaria di MenACWY-TT in bambini di controllo della stessa età, naïve al vaccino meningococcico (gruppo ACWYPRI). Le reazioni locali (dolore, arrossamento e gonfiore) e sistemiche (affaticamento, mal di testa, sintomi gastrointestinali e febbre) erano raccolte per 4 giorni dopo la vaccinazione, mentre gli eventi avversi non sollecitati (EA) per 31 giorni dopo la vaccinazione. Gli eventi avversi gravi e l’insorgenza di nuove malattie croniche sono stati registrati fino a 6 mesi dopo la vaccinazione. La reazione locale sollecitata più frequentemente era il dolore al sito di iniezione riportato nel 50% dei soggetti del gruppo ACWY-1, nel 46,7% del gruppo ACWY-2 e nel 51,7% del gruppo ACWYPRI. Pochi bambini hanno riportato reazioni al sito di iniezione di grado 3: 2,2% nel gruppo ACWY-2 e 1,1% nel gruppo ACWYPRI. La reazione sistemica sollecitata più frequentemente segnalata è stata l’affaticamento riportato dal 28,8% nel gruppo ACWY-1; dal 5,6% nel gruppo ACWY-2 e dal 20,2% nel gruppo ACWYPRI.

ADOLESCENTI

Nello studio di Chang et al. [58] condotto in una coorte di adolescenti di età compresa tra i 10 ed i 17 anni, MenACWY-TT è risultato ben tollerato quando somministrato singolarmente o con Tdap e HPV4. Il numero di reazioni avverse sollecitate al giorno 7 era comparabile tra i gruppi 1 (MenACWY-TT) e 2 (MenACWY-CRM197), e tra i gruppi 3 (MenACWY-TT + Tdap + HPV4) e 4 (MenACWY-TT +Tdap + HPV4). Le reazioni sollecitate al sito d’iniezione sono risultate simili tra i gruppi 1, 2 e 3. Le reazioni sollecitate al sito d’iniezione più frequenti erano dolore (45,2% per il gruppo 1; 42,5% per il gruppo 2; 47,2% per il gruppo 3), eritema (5% per il gruppo 1; 7,5% per il gruppo 2; 3,9% per il gruppo 3) e gonfiore (5,4% per il gruppo 1; 6,5% per il gruppo 2; 4,4% per il gruppo 3). Percentuali più elevate di reazione sistemiche sollecitate erano registrate nei gruppi 3 (70,6%) e 4 (65,9%), se comparate ai gruppi 1 (52%) e 2 (51%). La maggior parte degli AE avvenuti entro 30 giorni erano di gravità lieve o moderata. Nessun partecipante ha interrotto lo studio a causa di eventi avversi; 16 soggetti hanno riportato eventi avversi gravi, 4 di loro entro 30 giorni dalla vaccinazione, ma nessuno di questi è stato considerato come correlato al vaccino. Nessun decesso è stato riportato durante lo studio [58].

ADULTI

Nello studio di Dbaibo et al. [47], è stata valutata la sicurezza di MenACWY-TT comparata con il vaccino MenACWY-PS in soggetti ≥ 56 anni. Nel gruppo MenACWY-TT il dolore è stato segnalato da 6 soggetti (2,3%) e arrossamento e gonfiore da 3 individui (1,1%). Nessun sintomo locale è stato riportato dai soggetti nel gruppo MenACWY-PS. L’affaticamento è stato segnalato da 5 soggetti nel gruppo MenACWY-TT (1,9%). Il mal di testa è stato segnalato da 8 soggetti (3,0%) nel gruppo MenACWY-TT e da 2 soggetti (2,2%) nel gruppo MenACWY-PS. La febbre è stata segnalata da 6i soggetti (2,3%) nel gruppo MenACWY-TT e da un soggetto (1,1%) nel gruppo MenACWY-PS.

Effectiveness dei vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati

In seguito al verificarsi di casi di malattia meningococcica invasiva nelle forze armate della Repubblica di Corea (ROK), a partire dal 2013 l’Armed Forces Medical Center coreano ha implementato un programma di vaccinazione meningococcica per tutte le reclute, utilizzando una singola dose di MenACWY-CRM197 [59]. Lo studio di Im et al. [60] riporta i dati di effectiveness della vaccinazione con MenACWY-CRM197, sulla base delle variazioni del numero di pazienti con malattia meningococcica, dall’attuazione del programma di vaccinazione in tutta la Corea durante lo stesso periodo. È stato confrontato il numero di individui entrati nelle forze armate ROK durante il periodo di pre-vaccinazione (2008-2012) e post-vaccinazione (2013-2017). I risultati ottenuti hanno mostrato un decremento dell’incidenza della malattia meningococcica dal 0,52/100.000 casi prima dell’attuazione del programma di vaccinazione a 0,06/100.000 dopo l’implementazione del programma di vaccinazione. In conclusione, la somministrazione di una singola dose di MenACWY-CRM197 ha mostrato un’effectiveness dell’88% e ha portato a una diminuzione della mortalità per malattia meningococcica nella ROK (da 4 a 0 decessi dopo la vaccinazione). Sono stati confermati 2 pazienti con malattia meningococcica post-implementazione del programma di vaccinazione: 1 paziente infetto da sierogruppo B ed 1 da sierogruppo X.

Villena et al. [61] hanno condotto un’analisi descrittiva dei casi di malattia invasiva meningococcica registrati in Cile, considerando l’incidenza e la mortalità dal 2009 al 2016, valutandone l’andamento a seguito dell’implementazione del programma di vaccinazione nel 2014 con i vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati. I dati epidemiologici sono stati ottenuti dal Programma Nazionale di Sorveglianza e Controllo per le malattie invasive da meningococco del Ministero della Salute. Nel periodo 2009-2016, 902 casi di malattia invasiva meningococcica sono stati segnalati al sistema di sorveglianza. È stato osservato un aumento costante dei casi totali di MenW dal 2009 al 2014 da 1 a 100 casi e successivamente è stato registrato un calo di circa il 30% nel 2015/2016. Tra i casi confermati (n = 759), il 54% (n = 413) era causato da MenW. La valutazione per fascia di età ha evidenziato che il 25% dei casi di MenW si è verificato tra i neonati (n = 102), l’8% (n = 32) nei bambini da 1 a 4 anni, l’8% (n = 32) negli adolescenti tra 10 a 19 anni ed il 24% (n = 98) negli individui d’età ≥ 60 anni. L’incidenza mediana di malattia invasiva per il periodo 2009-2016 è stata di 0,65/100.000 abitanti (95%IC 0,4-0,8), raggiungendo i valori più alti dal 2012 al 2014, per poi diminuire a 0,6/100.000 nel 2016. Il secondo picco di incidenza è stato osservato nei soggetti ≥ 80 anni nel 2015, con un tasso di 1,6/100.000 abitanti. La letalità complessiva mediana è stata del 19,7% (95%IC 9,1-27.9). Il tasso di letalità più elevato (28%) è stato osservato nel 2012 e nel 2015. Dopo l’attuazione della campagna di vaccinazione di massa (nei bambini da 1 a 4 anni), l’incidenza è scesa da 1,3 a 0,1/100.000 abitanti, pari a una riduzione del 92,3% e la letalità dovuta a MenW nei bambini (1-4 anni) è diminuita passando dal 23% allo 0%. Nella popolazione adulta, in particolare tra i soggetti ≥ 60 anni, il tasso non ha mostrato alcun calo [61].

Campbell et al. [62] hanno condotto, nel Regno Unito, una valutazione retrospettiva sull’effectiveness del vaccino coniugato MenACWY a 12 mesi dalla vaccinazione, nel periodo settembre 2015 - agosto 2016. Infatti, in Inghilterra, l’aumento dei casi di MenW ha portato alla realizzazione di un programma d’immunizzazione con MenACWY, per gli adolescenti di 14-18 anni e per i soggetti che accedevano all’università (in sostituzione del programma di vaccinazione con MenC per i soggetti di 13-14 anni). I casi di MenC sono stati esclusi dall’analisi in quanto la campagna di vaccinazione del MenC nel 2013 per i soggetti di 14-16 anni e per le matricole universitarie aveva avuto successo. Al fine di stimare l’impatto del vaccino, sono stati comparati i casi confermati di MenW, MenY e MenB tra i soggetti che lasciarono l’Università nel 2015, con i casi proiettati (simulazione) per il primo anno accademico (settembre 2015-agosto 2016) dopo l’introduzione del programma d’immunizzazione. È stata stimata l’effectiveness tra coloro che lasciarono la scuola nel corso dell’anno accademico 2015-16. Il numero di casi e l’incidenza erano aumentati in ogni fascia d’età, eccetto quella compresa tra i 15 ed i 19 anni (da 26 a 18 casi; riduzione del 31%) e tra gli infanti < 1 anno (da 26 a 17 casi; riduzione del 35%). A giugno 2016, la copertura vaccinale tra coloro che avevano lasciato la scuola era pari al 36,6%. Nel corso dei primi 12 mesi del programma di vaccinazione per gli adolescenti, sono stati registrati 6 casi confermati di MenW tra circa 650.000 persone che avevano lasciato la scuola, comparati con i 19,4 casi attesi secondo la proiezione (riduzione del 69%, 95% CI 18%-88%). Nessuno tra questi casi aveva ricevuto il vaccino MenACWY. Sulla base della copertura generale del 36% tra coloro che avevano lasciato la scuola, l’effectiveness vaccinale fu del 100% (95% CI 47%-100%), evidenziando però un CI ampio a causa dell’esiguità dei dati disponibili. Un caso di MenY ed uno di MenC furono diagnosticati in soggetti non vaccinati, che avevano lasciato la scuola nel 2015-16, mentre sono stati registrati 3 casi per ognuno dei due sierogruppi nel periodo 2014-15 [62].

Conclusioni

Attualmente, in Italia, sono autorizzati 3 vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati. Tutti contengono polisaccaridi capsulari di MenA, MenC, MenW e MenY ma differiscono nel tipo di proteina carrier. Nello specifico, Menveo® (GSK, MenACWY-CRM197) è coniugato alla tossina mutante del batterio Corynebacterium diphtheriae - CRM197, Nimenrix® (Pfizer, MenACWY-TT) è coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico e MenQuadfi® (Sanofi Pasteur, MenACWY-TT) è coniugato con il tossoide tetanico.

In Italia, è approvata la somministrazione di una singola dose di Menveo® a partire dai 2 anni di età e nell’ambito del programma di sviluppo clinico e in studi sul campo, il vaccino si è dimostrato sicuro, ben tollerato, immunogeno ed efficace in bambini, adolescenti e adulti.

Nimenrix® è autorizzato per l’uso in soggetti d’età ≥ 6 settimane senza limiti di età superiori. Nell’ambito del programma di sviluppo clinico, il vaccino si è dimostrato sicuro, ben tollerato e immunogeno in bambini, adolescenti e adulti.

In conclusione, la presente overview sui vaccini quadrivalenti coniugati Menveo® e Nimenrix® fornisce una panoramica aggiornata sugli studi attualmente pubblicati, confermando l’importanza di attuare un programma di vaccinazione non solo rivolto alla popolazione pediatrica e adolescenziale, ma anche ai giovani adulti e alle popolazioni a maggior rischio, per una strategia globale finalizzata alla riduzione drastica dei casi di malattia.

Figure e tabelle

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Immunogenicità e sicurezza del vaccino anti-meningococco MenACWY-TT (MenQuadfi®)

DONATELLA PANATTO 1, PIERO LUIGI LAI 1, DAVIDE FRUMENTO 1, ROSANNA TINDARA MICALE 1

Introduzione

MenQuadfi® (MenACWY-TT) è un vaccino quadrivalente coniugato con il tossoide tetanico, sviluppato per prevenire la malattia invasiva causata da Neisseria meningitidis (sierogruppi A, C, W e Y) [1].

Il vaccino è stato autorizzato dalla Food and Drug Administration (FDA) ad aprile 2020, per l’immunizzazione di soggetti d’età pari o superiore a 2 anni [1]. L’approvazione della FDA si basa sui dati di 5 studi clinici di Fase II e III in doppio cieco, randomizzati e multicentrici, che hanno valutato l’immunogenicità e la sicurezza del vaccino MenACWY-TT su circa 5.000 soggetti di età pari o superiore a 2 anni [1].

Il 18 novembre 2020 l’European Medicine Agency (EMA) ha autorizzato l’immissione in commercio del vaccino in Europa per i soggetti d’età > 12 mesi [2]. L’approvazione si basa sui risultati di 7 studi clinici controllati registrativi.

Il vaccino: caratteristiche del prodotto

In Tabella I sono sintetizzate le principali caratteristiche di MenACWY-TT, estratte dal riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) [2].

Tab. I.

Principali caratteristiche tecniche del vaccino quadrivalente coniugato [2].

Denominazione Vaccino coniugato meningococcico gruppo A, C, W e Y
Nome commerciale MenQuadfi®
Composizione antigenica
  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo A1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo C1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo Y1

  • Neisseria meningitidis polisaccaride del gruppo W1

1 coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico
Eccipienti Sodio cloruro, sodio acetato e acqua per preparazioni iniettabili
Forma farmaceutica
  • Soluzione iniettabile limpida ed incolore

  • La soluzione è contenuta in un flaconcino di vetro trasparente borosilicato di tipo I, con un tappo in clorobutile di 13 mm e un sigillo a strappo. Confezione da 1 o 5 flaconcini monodose (0,5 mL)

Indicazioni terapeutiche Immunizzazione attiva contro la malattia meningococcica invasiva causata dai sierogruppi A, C, W e Y di Neisseria meningitidis in soggetti di età pari o superiore ai 12 mesi
Posologia e modo di somministrazione
  • Immunizzazione primaria:

    • una singola dose da 0,5 ml può essere somministrata in soggetti di età pari o superiore ai 12 mesi, mediante iniezione intramuscolare preferibilmente nel muscolo deltoide o nella parte anterolaterale della coscia, in base all’età e alla massa muscolare del soggetto ricevente

  • Dose di richiamo:

    • una singola dose di 0,5 mL può essere somministrata ai soggetti che hanno ricevuto in precedenza un vaccino meningococcico contenente gli stessi sierogruppi

Co-somministrazione
  • In caso di somministrazione concomitante, devono essere utilizzati siti di iniezione distinti (preferibilmente negli arti controlaterali)

  • Da 12 a 23 mesi di età, MenACWY-TT può essere somministrato contemporaneamente al vaccino per morbillo-parotite-rosolia (MPR) e a quello per la varicella (V), ai vaccini combinati per difterite-tetano-pertosse acellulare (DTPa), compresi i vaccini DTPa combinati con epatite B (HBV), poliovirus inattivato (IPV) o Haemophilus influenzae tipo b (HBV, IPV o Hib) come il vaccino DTPa-HBV IPV/Hib (Hib coniugato con TT), e al vaccino pneumococcico coniugato 13-valente (PCV-13)

  • Da 10 a 17 anni di età, MenACWY-TT può essere somministrato contemporaneamente al vaccino (adsorbito, con contenuto antigenico ridotto) antidifterico, antitetanico e antipertossico (componente acellulare) (dTpa) e al vaccino per il papillomavirus umano (ricombinante, adsorbito) (HPV)

  • MenACWY-TT può essere somministrato contemporaneamente con PCV-13

Controindicazioni
  • Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti o in seguito a precedente somministrazione del vaccino o di un vaccino contenente componenti simili

  • MenACWY-TT deve essere somministrato con cautela in soggetti con trombocitopenia o qualsiasi disturbo della coagulazione che sono controindicazioni all’iniezione intramuscolare, a meno che il potenziale beneficio non superi chiaramente il rischio della somministrazione

Effetti indesiderati La sicurezza di una singola dose di MenQuadfi in soggetti di età pari o superiore a 12 mesi è stata valutata in 7 studi registrativi randomizzati, multicentrici con controllo attivo.
  • Reazioni avverse osservate durante gli studi clinici condotti nei bambini di età compresa tra 12 e 23 mesi

    Le reazioni avverse che si sono verificate più frequentemente entro 7 giorni dalla vaccinazione con una singola dose di MenACWY-TT da solo nei bambini, di età compresa tra 12 e 23 mesi, sono state per lo più di intensità lieve o moderata.

    • molto comuni (≥ 1/10): perdita di appetito, irritabilità, sonnolenza, ed in sede di iniezione dolorabilità/dolore, eritema e tumefazione;

    • comuni (≥ 1/100, < 1/10): vomito diarrea, febbre;

    • raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000): insonnia, orticaria, ed in sede di iniezione prurito, indurimento, lividura, eruzione cutanea

  • Reazioni avverse osservate durante gli studi clinici condotti nei bambini di età pari o superiore a 2 anni

    • molto comuni (≥ 1/10): cefalea, mialgia, malessere, dolore nel punto di iniezione;

    • comuni (≥ 1/100, < 1/10): febbre, tumefazione ed eritema in sede di iniezione;

    • non comuni (≥ 1/1.000, < 1/100): capogiro, vomito, nausea, stanchezza, ed in sede di iniezione prurito, calore, ecchimosi ed eruzione cutanea;

    • raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000): linfoadenopatia, diarrea, dolore di stomaco, orticaria, prurito, eruzione cutanea, dolore a un arto, brividi, dolore ascellare indurimento in sede di iniezione

  • Profilo di sicurezza di MenACWY-TT nei bambini e adolescenti di età compresa tra 2 e 17 anni

    Le reazioni avverse osservate durante gli studi clinici condotti nei bambini di età compresa tra i 2 e i 17 anni erano generalmente comparabili con quelli degli adulti.

    • molto comune (≥ 1/10): Eritema e tumefazione in sede di iniezione, segnalati più frequentemente in bambini di età compresa tra 2 e 9 anni. La maggior parte delle reazioni registrate è di grado lieve o moderato e si risolve spontaneamente nell’arco di 1-2 giorni

  • Profilo di sicurezza di MenACWY-TT in adulti di età superiore a 18 anni

    Complessivamente, le reazioni avverse in sede di iniezione e le reazioni sistemiche con frequenze inferiori sono state osservate entro 7 giorni dalla vaccinazione con una singola dose di MenACWY-TT nei giovani adulti (dai 18 ai 55 anni di età) e negli adulti (età pari o superiore a 56 anni) eccetto per il prurito in sede di iniezione che era più frequente (comune) negli adulti. Queste reazioni avverse sono state per lo più di intensità lieve o moderata

Sviluppo clinico

IMMUNOGENICITÀ

Nell’ambito del programma di sviluppo clinico (studi clinici di fase II e III), MenACWY-TT si è dimostrato capace di stimolare la produzione di anticorpi verso tutti e quattro i sierogruppi (ACWY). Gli anticorpi anti-capsulari stimolati dal vaccino proteggono dalla malattia meningococcica, tramite attività battericida mediata dal complemento.

In Tabella II sono riportati gli studi clinici controllati condotti per dimostrare l’immunogenicità del vaccino MenACWY-TT.

Tab. II.

Studi clinici controllati per la valutazione della sicurezza e dell’immunogenicità di MenACWY-TT.

Studio Obiettivo dello studio Soggetti reclutati (n, età) Paese di svolgimento dello studio clinico Gruppi di studio
Vesikari
et al. 2020 [3]
MET54
Fase II
Sicurezza ed immunogenicità in bambini sani 188: 12-24 mesi Finlandia Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MCV4-TT, dose singola
Chang
et al. 2020 [4]
MET50
Fase II
Sicurezza ed immunogenicità in adolescenti sani 1715: 10-17 anni USA Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MCV4-CRM, dose singola
Gruppo 3: MenACWY-TT + Tdap + HPV4
Gruppo 4: Tdap + HPV4
Kirstein J
et al. 2020 [5]
MET44
Fase II
Immunogenicità e sicurezza ed in adulti 301: ≥ 56 anni USA Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MPSV4, dose singola
Vesikari
et al. 2019
MET51 [6,7]
Fase III
Immunogenicità e sicurezza nei bambini 918: 12-23 mesi Europe Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MCV4-TT
MET57
[8]
Phase III
Immunogenicità e sicurezza in bambini 1183: 12-23
mesi
Mexico, Russia, South
Korea, Thailand
Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MenACWY-TT + MMR+V
Gruppo 3: MenACWY-TT + DTaP-IPV-HB-Hib
Gruppo 4: MenACWY-TT + PCV13
Baccarini
et al. 2020 [9]
MET35
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in bambini sani 1000: 2-9 anni USA e Porto Rico Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MenACWY-CRM, dose singola
Anez et
al. 2020 [10]
MET56
Fase III
Immunogenicità e sicurezza in adolescenti e adulti 810: ≥ 15 anni USA e Porto Rico Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MCV4-DT, dose singola
Dhingra
et al. 2020 [11]
Fase III
MET43
Immunogenicità e sicurezza in adolescenti e adulti 3344: 10-55 anni USA Gruppo 1: MenACWY-TT, lotto 1, dose singola
Gruppo 2: MenACWY-TT, lotto 2, dose singola
Gruppo 3: MenACWY-TT, lotto 3, dose singola
Gruppo 4: MCV4-DT, dose singola
Esteves-Jaramillo
et al. 2020 [12]
MET49
Fase III
Immunogenicità e sicurezza negli adulti 906: ≥ 56 anni USA e Porto Rico Gruppo 1: MenACWY-TT, dose singola
Gruppo 2: MCV4-DT, dose singola

STUDI CLINICI DI FASE II

Due studi clinici controllati di fase II multicentrici sono stati condotti per valutare l’immunogenicità e la sicurezza di MenACWY-TT in soggetti di età compresa tra i 12 ed i 24 mesi [3] e in adolescenti di età compresa tra i 10 ed i 17 anni [4].

L’obiettivo dello studio multicentrico randomizzato a controllo attivo open-label (ClinicalTrials.gov number NCT03205358 MET54) [3] in bambini naïve di età compresa tra i 12 ed i 24 mesi era quello di valutare l’immunogenicità e la sicurezza del vaccino MenACWY-TT a singola dose comparandolo con il vaccino MCV4-TT. La risposta anticorpale indotta dal vaccino era definita considerando i titoli anticorpali battericidi hSBA e rSBA ≥ 8 per i partecipanti con titoli pre-vaccinazione < 1:8 o con un aumento di almeno 4 volte per i soggetti con titolo pre-vaccinale ≥ 1:8. I campioni ematici pre- e post-immunizzazione erano analizzati anche per valutare la presenza di anticorpi antitetano; è stato calcolato il titolo geometrico medio (GMTs), così come la proporzione di soggetti che raggiungevano livelli di concentrazione anticorpale nei confronti del tossoide tetanico compresi tra 0,01 e 0,1 IU/mL. Sono stati reclutati un totale di 188 soggetti: 94 hanno ricevuto MenACWY-TT e 94 MCV4-TT. Tutti i partecipanti hanno terminato lo studio e 177 (94,1%) sono stati inclusi nel Per-Protocol Analysis Set (PPAS). Al baseline, le GMT hSBA sierogruppo-specifiche erano comparabili tra i due gruppi e la proporzione dei partecipanti con titoli ≥ 8, per i sierogruppi ACWY, era in un range tra 2,2% e 13,3% nei vaccinati con MenACWY-TT e tra 0% e 14% nella coorte vaccinata con MCV4-TT. Al giorno 30, le GMT hSBA sierogruppo-specifiche sono risultate significativamente aumentate in entrambi i gruppi e la proporzione di soggetti sieroprotetti era > del 90% per ogni sierogruppo in entrambe le coorti. Per il sierogruppo C, il 100% dei partecipanti vaccinati con MenACWY-TT aveva un titolo anticorpale battericida hSBA ≥ 1:8, mentre nel gruppo vaccinato con MCV4-TT la percentuale era dell’89,5%. La percentuale di soggetti che ha raggiunto titoli hSBA ≥ 1:8 per i sierogruppi A, W e Y era comparabile nei due gruppi (MenA: 97,8% nel gruppo immunizzato con MenACWY-TT e 91,9% nei soggetti vaccinati con MCV4-TT; MenW: 98,9% vs 96,5%; MenY: 98,9 vs 100%). La Full Analysis Set (FAS) ha mostrato risultati simili.

Le concentrazioni medie geometriche (GMCs) degli anticorpi antitetano erano misurate tramite test ELISA e risultarono simili nei due gruppi al baseline; al giorno 30 post-vaccinazione le GMC erano aumentate in entrambi i gruppi. Sia al baseline, sia al giorno 30 post-vaccinazione, tutti i partecipanti presentavano concentrazioni sieroprotettive ≥ 0,1 IU/mL.

Il secondo studio controllato e randomizzato (ClinicalTrials.gov number NCT02199691 MET 50) [4], ha coinvolto un totale di 1715 adolescenti di età compresa tra i 10 ed i 17 anni (età media di 11,4 anni, SD 1,33) mai vaccinati per malattia meningococcica. I partecipanti erano randomizzati in 4 gruppi con un rapporto 5 : 5 : 4 : 3: MenACWY-TT (gruppo 1), MCV4-CRM (gruppo 2), MenACWY-TT + Tdap + HPV4 (gruppo 3), Tdap + HPV4 (gruppo 4). L’obiettivo primario era stabilire la non inferiorità di MenACWY-TT nei confronti di MCV4-CRM. Gli obiettivi secondari includevano: 1) la valutazione della risposta anticorpale hSBA per MenACWY-TT quando co-somministrato con Tdap e HPV4 in comparazione con quella relativa al solo MenACWY-TT al giorno 30; 2) la valutazione della concentrazione anticorpale e della sieroprotezione a seguito della co-somministrazione di Tdap con MenACWY-TT e HPV4 comparate con quelle relative a Tdap + HPV4 al giorno 30.

La non inferiorità della risposta anticorpale di MenACWY-TT vs MCV4-CRM è stata dimostrata, basandosi sulla proporzione di soggetti che hanno raggiunto titoli battericidi hSBA ≥ 1:8 per i soggetti con un titolo pre-vaccinale < 1:8 o un aumento di almeno 4 volte per i partecipanti con titolo pre-vaccinale ≥ 1:8 al giorno 30. In particolare, le percentuali di percentuali di soggetti che hanno raggiunto la risposta anticorpale erano: 75,6% (Gruppo 1) vs 66,4% (Gruppo 2) per il sierogruppo A; 97,2% vs 72,6% per il sierogruppo C; 86,2% vs 66,6% per il sierogruppo W e 97,0% vs 80,8% per il sierogruppo Y.

La risposta anticorpale verso ogni sierogruppo è risultata non inferiore a MenACWY-TT somministrato da solo rispetto a quando MenACWY-TT è stato co-somministrato con Tdap e HPV4 (Gruppo 3 vs Gruppo 1). Il tasso di sieroprotezione al giorno 30 variava dal 93,5% (CI 90,9-95.6) al 99,1% (95% CI 97,8-99,8) nel Gruppo 1 e dal 94,4% (95% CI 91,6-96,6) al 99,2% (95% CI 97,6-99,8) nel Gruppo 3. La proporzione dei soggetti che hanno raggiunto una concentrazione anticorpale anti-tetano o anti-difterite ≥ 1,0 IU/mL (non inferiorità) al giorno 30 nel Gruppo 3 non era inferiore a quella relativa ai soggetti vaccinati con Tdap co-somministrato con HPV4 (gruppo 4); i valori erano 97,8% e 98,9% rispettivamente per il gruppo 3 e 4 per i titoli anti-difterite, mentre i valori anti-tetano erano 99,7% nel gruppo 3 e 99,6% nel Gruppo 4. La proporzione di soggetti che raggiungeva la sieroconversione HPV-6, -11, -16 e -18 nel Gruppo 3 era non inferiore rispetto al Gruppo 4.

Uno studio clinico di fase II multicentrico randomizzato (ClinicalTrials.gov number NCT01732627 MET44) [5] è stato condotto per valutare la sicurezza e l’immunogenicità di MenACWY-TT rispetto al vaccino meningococcico quadrivalente MPSV4, in individui di età ≥ 56 anni. Un totale di 301 adulti fu randomizzato con un rapporto 2 : 1 in due gruppi: il primo era vaccinato con MenACWY-TT (n = 201) e il secondo con MPSV4 (n = 201). Le percentuali di soggetti con titoli hSBA ≥1:8 per i sierogruppi A, C, W e Y al giorno 30 erano aumentate rispetto al baseline in entrambi i gruppi di studio. In particolare, le percentuali di soggetti con titoli hSBA ≥1:8 dopo la vaccinazione con MenACWY-TT erano superiori a quelle rilevate nel gruppo vaccinato con MPSV4 per i sierogruppi A e C (A: 93,8% vs 85,1%; C: 74,9% vs 62,8%) e nettamente superiori rispetto a MPSV4 per i sierogruppi W e Y (W: 79,5% vs. 60,6%; Y: 80,5% vs. 59,6%).

STUDI CLINICI DI FASE III

Uno studio clinico di fase III randomizzato multicentrico (ClinicalTrials.gov number NCT02955797 MET51), condotto su 918 bambini d’età compresa tra i 12 e i 23 mesi, naïve per il vaccino meningococcico o già vaccinati con un vaccino meningococcico C monovalente coniugato (Men C), con l’obiettivo di valutare la sicurezza e l’immunogenicità di MenACWY-TT comparato con MCV4-TT. I risultati presentati al congresso ESPID 2019 (European Society for Paediatric Infectious Diseases) hanno dimostrato la non inferiorità della risposta immune di MenACWY-TT vs MCV4-TT sulla base delle percentuali di soggetti che hanno raggiunto titoli hSBA ≥ 1:8 al giorno 30, per tutti i sierogruppi. Nella popolazione naïve, le GMT hSBA post-vaccinazione erano più alte nel gruppo vaccinato con MenACWY-TT rispetto al gruppo immunizzato con MCV4-TT [6,7].

I bambini naïve che hanno ricevuto MenACWY-TT tra i 13 e i 23 mesi, mostravano una percentuale di soggetti che ha raggiunto la sierorisposta, in termini di titoli anticorpali hSBA, più elevata rispetto al gruppo MCV4-TT per tutti i sierogruppi (76,8% vs 72,5% per MenA; 98,3% vs 71,5% per MenC; 67,6% vs 66,6% per MenW e 81,9% vs 79,1% per MenY), con la più alta significatività per il sierogruppo C [2].

La maggior parte dei bambini vaccinati precedentemente con MenC, presentava titoli hSBA ≥1:8 nel gruppo MenACWY-TT (≥ 86,7%) e nel gruppo MCV4-TT (≥ 85,7%) al giorno 30 dopo la vaccinazione. Il tasso di sieroprotezione a seguito della vaccinazione era comparabile tra MenACWY-TT e MCV4-TT per tutti i sierogruppi, indipendentemente dallo stato vaccinale precedente [2].

Uno studio clinico randomizzato multicentrico (ClinicalTrials.gov number NCT03205371 MET57) è stato condotto in 1183 bambini di età compresa tra 12 e 23 mesi, naïve per il vaccino meningococcico, per valutare l’immunogenicità e la sicurezza della somministrazione contemporanea di MenACWY-TT con vaccini pediatrici (MPR+V, DTPa-IPV-HB-Hib o PCV-13). Complessivamente, il tasso di sieroprotezione hSBA nei soggetti che hanno ricevuto MenACWY-TT, era elevato per tutti i sierogruppi (tra 88,9% e 100%). Le percentuali di hSBA ≥ 1:8 quando MenACWY-TT era somministrato con i vaccini di routine erano: 97,7% (MenACWY-TT + MPR+V), 92,9% (MenACWY-TT + DTPa-IPV-HB-Hib) e 83,7% (MenACWY-TT + PCV-13) per il sierogruppo A; 100%, 100% e 93,9 per il sierogruppo C; 96,0%, 90,3% e 94,4% per il sierogruppo W e 99,4%, 98,7% e 97,4 per il sierogruppo Y rispettivamente [8].

Un altro studio di fase III [9] (ClinicalTrials.gov number NCT03077438 MET35) è stato condotto su 1000 bambini sani d’età compresa tra i 2 e i 9 anni al fine di valutare l’immunogenicità e la sicurezza di MenACWY-TT. La non inferiorità di MenACWY-TT vs MCV4-CRM è stata dimostrata in termini di sierorisposta hSBA contro tutti i sierogruppi al giorno 30, definita come titoli battericidi hSBA ≥ 1:8 post-vaccinazione per i soggetti con un titolo pre-vaccinale < 1:8 o aumento di almeno 4 volte dei titoli per coloro che presentavano prima della vaccinazione titoli ≥ 1:8. La percentuale di sierorisposta era maggiore nel gruppo vaccinato con MenACWY-TT rispetto a quello vaccinato con MCV4-CRM (55,4% vs 47,8% per il sierogruppo A; 95,2% vs 47,8% per il sierogruppo C; 78,8% vs 64,1% per il sierogruppo W e 91,5% vs 79,3% per il sierogruppo Y rispettivamente), con intervalli di confidenza che non si sovrappongono per i sierogruppi C, W e Y.

Uno studio clinico randomizzato in doppio cieco multicentrico [10] (ClinicalTrials.gov number NCT02752906 MET56) è stato condotto in adolescenti e adulti sani (≥15 anni), precedentemente immunizzati con vaccino MCV4 (-DT o -CRM, indistintamente) da 4 a 10 anni prima, per comparare l’immunogenicità e la sicurezza di una dose di richiamo con MenACWY-TT con quella di una dose di richiamo con MCV4-DT. Un totale di 810 soggetti è stato arruolato e randomizzato con un rapporto 1 : 1; 790 soggetti (97,5%) hanno partecipato al follow-up di sicurezza al giorno 180. Al giorno 30 le GMT hSBA per tutti i sierogruppi sono risultate maggiori rispetto al baseline per entrambe le coorti, con valori più elevati per tutti i sierogruppi nei vaccinati con MenACWY-TT (Gruppo 1) rispetto al Gruppo 2 (richiamo con MCV4-DT). Le percentuali di soggetti che hanno raggiunto una sierorisposta anticorpale hSBA erano: 92,2% vs 87,1% per MenA, 97,1% vs 91,8% per MenC, 98,2% vs 90,7% per MenW e 97,4% vs 95,6% per MenY rispettivamente nei soggetti vaccinati con MenACWY-TT e MCV4-DT. Al fine di valutare la rapidità di risposta al richiamo, i campioni sono stati testati al giorno 6 in un sottogruppo di soggetti ed i tassi di sieroprotezione osservati erano simili tra le due coorti per tutti i sierogruppi. Le percentuali di soggetti con titoli hSBA ≥1:8 erano: 96,4% vs 96.8% per MenA, 96,4% vs 96,8% per MenC, 98,2% vs 98,4% per MenW e 98,2% vs 96,8% per MenY, rispettivamente nei soggetti immunizzati con MenACWY-TT e MCV4-DT.

Dhingra et al. [11] (ClinicalTrials.gov number NCT02842853 MET43) hanno condotto uno studio multicentrico in soggetti sani naïve, di età compresa tra 10 e 55 anni per valutare la coerenza di tre lotti di MenACWY-TT, l’immunogenicità e la sicurezza, usando come controllo MCV4-DT. I titoli anticorpali battericidi contro i sierogruppi A, C, W e Y sono stati misurati prima della vaccinazione e 30 giorni dopo la vaccinazione, tramite i saggi hSBA e rSBA. Gli endpoint primari di immunogenicità erano la misurazione delle GMT hSBA al giorno 30 per i tre lotti di MenACWY-TT e la dimostrazione della non inferiorità del vaccino MenACWY-TT rispetto al vaccino MCV4-DT, in termini di sierorisposta misurata con hSBA. L’endpoint secondario di immunogenicità era dimostrare la non inferiorità della risposta anticorpale nei soggetti vaccinati con MenACWY-TT (a lotti raggruppati) nei confronti del vaccino MCV4-DT. I partecipanti erano randomizzati per ricevere una singola dose di uno dei tre lotti commerciali di MenACWY-TT o MCV4-DT. I soggetti erano stratificati per fascia d’età: ciascun gruppo includeva 400 volontari d’età tra i 10 ed i 17 anni e 500 tra i 18 ed i 55 anni. In totale 3344 partecipanti sono stati arruolati e randomizzati come segue: MenACWY-TT lotto 1 (n = 902), MenACWY-TT lotto 2 (n = 895) e MenACWY-TT lotto 3 (n = 906) e MCV4-DT (n = 641). La coerenza tra lotti fu dimostrata al giorno 30 comparando i valori di GMT hSBA per ciascun sierogruppo.

La non inferiorità di MenACWY-TT rispetto a MCV4-DT è stata dimostrata. Il gruppo vaccinato con MenACWY-TT (lotti raggruppati) mostrava percentuali di partecipanti che hanno raggiunto la sierorisposta hSBA al giorno 30 più elevate rispetto al gruppo MCV4-DT, per tutti i sierogruppi (73,8% vs 54,6% per il sierogruppo A; 88,8% vs 47,9% per il sierogruppo C; 80,3% vs 61,2% per il sierogruppo W e 91,4% vs 73,4% per il sierogruppo Y), con la più alta significatività per il sierogruppo C. La non inferiorità è stata dimostrata sia per gli adulti che per gli adolescenti per ciascun sierogruppo. La percentuale di soggetti sieroprotetti era numericamente più elevata nel gruppo MenACWY-TT (lotti raggruppati) rispetto all’MCV4-DT, anche quando valutata per fasce d’età.

Lo studio di fase III NCT02842866 MET49 [12] è stato condotto su 906 adulti sani di età ≥ 56 anni al fine di dimostrare la non inferiorità della risposta immunitaria di una singola dose di vaccino MenACWY-TT rispetto alla vaccinazione con MPSV4. I partecipanti erano randomizzati in due gruppi con un rapporto 1: 1 e stratificati in base all’età in due sottogruppi: 56–64 anni (n = 200 per ogni gruppo) e ≥ 65 anni (n = 250 per ogni gruppo). Il gruppo ≥ 65 anni era ulteriormente stratificato in 65–74 anni e ≥ 75 anni. Un totale di 451 soggetti è stato vaccinato con MenACWY-TT e 455 con MPSV4. La sierorisposta hSBA è stata definita come titoli battericidi hSBA ≥ 1:16 post-vaccinazione per i soggetti con un titolo pre-vaccinale < 1:8 o aumento di almeno 4 volte dei titoli per coloro che presentavano prima della vaccinazione titoli ≥ 1:8. MenACWY-TT si è dimostrato non inferiore a MPSV4 in termini di sierorisposta hSBA per tutti i sierogruppi [A: 58,2% (gruppo vaccinato con MenACWY-TT) vs 42,5% (gruppo immunizzato con MPSV4); C: 77,1% vs 49,7%; W: 62,6% vs 44,8%, Y: 74,4% vs 43,4%] con valori più elevati per i sierogruppi C, W e Y. Stratificando per età, sono stati osservati tassi di risposta anticorpale significativamente più elevati nei soggetti d’età 56-64 per i sierogruppi C (80,2% vs 52,9%) e Y (78,6% vs 47,1%).

Sicurezza e tollerabilità

STUDI CLINICI DI FASE II

Nello studio clinico di Vesikari et al. [3], condotto in bambini naïve di età compresa tra i 12 ed i 24 mesi, sono stati registrati gli effetti avversi sollecitati e non sollecitati immediatamente dopo la vaccinazione. Le reazioni avverse sollecitate riportate dal giorno 0 al giorno 30 sono state di lieve entità e comparabili in entrambe le coorti. Le reazioni sollecitate nel sito di iniezione più segnalate erano: dolorabilità riportata nel 29,8% e nel 33% dei riceventi MenACWY-TT e MCV4-TT rispettivamente; eritema riportato nel 30% del gruppo vaccinato con MenACWY-TT e nel 35,1% nel gruppo immunizzato con MCV4-TT; gonfiore riportato nel 14,9% nel gruppo MenACWY-TT e nel 18,1% dei vaccinati con MCV4-TT. La reazione sistemica non sollecitata più frequentemente segnalata era la diarrea, riportata dal 4,3% dei riceventi MenACWY-TT e dal 2,1% dei vaccinati con MCV4-TT. Non sono stati registrati decessi ed eventi avversi gravi tali da determinare l’interruzione dello studio.

Lo studio di fase II [4] negli adolescenti di età compresa tra i 10 ed i 17 anni ha dimostrato la sicurezza di MenACWY-TT, quando somministrato singolarmente o congiuntamente a Tdap e HPV4. Il numero di reazioni avverse sollecitate al giorno 7 era comparabile tra il Gruppo 1 (soggetti vaccinati con MenACWY-TT singolarmente) e il Gruppo 2 (soggetti vaccinati con MCV4-CRM singolarmente), e tra il Gruppo 3 (MenACWY-TT Tdap + HPV4) e 4 (Tdap + HPV4). Le reazioni sollecitate al sito d’iniezione erano simili tra i Gruppi 1, 2 e 3. Le reazioni sollecitate più frequenti al sito d’iniezione erano: dolore (gruppo 1: 45,2%; gruppo 2: 42,5%; gruppo 3: 47,2%), eritema (gruppo 1: 5%; gruppo 2: 7,5%; gruppo 3: 3,9%) e gonfiore (gruppo 1: 5,4%; gruppo 2: 6,5%; gruppo 3: 4,4%). Sono state registrate percentuali più elevate di reazioni sistemiche sollecitate nel gruppo 3 (70,6%) e 4 (65,9%) se comparati con il gruppo 1 (52%) e 2 (51%). Nessun aumento significativo di reattogenicità è stato registrato quando MenACWY-TT era co-somministrato con Tdap e HPV4. La maggior parte degli eventi avversi non seri registrati entro 30 giorni erano di grado lieve o moderato. Nessun partecipante ha interrotto lo studio a causa di eventi avversi: 16 soggetti hanno riportato eventi avversi gravi ma nessuno di questi è stato valutato come correlato al vaccino. Nessun decesso si è verificato durante lo studio.

Nello studio di Fase III di Kirstein et al., condotto su individui di età ≥ 56 anni, il profilo di reattogenicità di MenACWY-TT era simile a quello di MPSV4. Non si sono verificate reazioni di ipersensibilità immediata, subito dopo la somministrazione del vaccino e nei 30 giorni post-vaccinazione. La reazione sollecitata più comunemente riportata nel sito di iniezione era il dolore, segnalato dal 30,7% dei riceventi MenACWY-TT e dal 32,0% dei vaccinati con MPSV4. La percentuale di partecipanti che ha segnalato eritema nel sito di iniezione e gonfiore era rispettivamente dell’11,6% e del 7,6% nel gruppo MenACWY-TT e del 5% e 2% nel gruppo MPSV4. Stratificando il dato per età, la percentuale di partecipanti che ha segnalato almeno una reazione sollecitata nel sito di iniezione è stata generalmente più alta nel gruppo di età compresa tra 56 e 64 anni (41,4% e 42,0% nei gruppi MenACWY-TT e MPSV4, rispettivamente), rispetto al gruppo di età ≥ 65 anni (30,0% e 28,0% nei gruppi MenACWY-TT e MPSV4, rispettivamente). Anche la percentuale di partecipanti che ha segnalato almeno un evento avverso non sollecitato lieve o moderato era comparabile tra i gruppi. Nessun decesso è stato registrato e nessun evento avverso serio ha determinato l’interruzione dello studio [5].

STUDI CLINICI DI FASE III

I risultati di sicurezza relativi allo studio MET51 [2, 6, 7] (popolazione dello studio: bambini con età compresa tra 12 e 23 mesi), hanno dimostrato profili di sicurezza di MenACWY-TT e MCV4-TT comparabili. Le reazioni sistemiche sollecitate più comuni erano la diarrea (7,59 % nei vaccinati con MenACWY-TT vs 5,23% nei vaccinati con MPSV4; 3,94% nei vaccinati con MenACWY-TT MenC vs 3,92 nei vaccinati con MPSV4 +MenC) e il vomito (7,59% vs 4,25%; 10,34% vs 7,84%). La reattività al sito di iniezione per MenACWY-TT e per MCV4-TT era maggiore nei soggetti naïve se confrontata con quella registrata nei bambini precedentemente vaccinati con il vaccino MenC: eritema (40,26% nei vaccinati con MenACWY-TT vs 37,91% nei vaccinati con MPSV4; 25,62% nei vaccinati con MenACWY-TT MenC vs 20,59% nei vaccinati con MPSV4 +Men C) e dolore (40,26% vs 36,93%; 27,09% vs 19,61%). La frequenza delle reazioni avverse severe è stata bassa per entrambi i vaccini in studio.

Nello studio di fase III [9], condotto su bambini sani d’età compresa tra i 2 e i 9 anni è stato valutato il profilo di sicurezza di MenACWY-TT confrontandolo con quello di MenACWY-CRM. La percentuale di partecipanti che hanno riferito reazioni sistemiche sollecitate e reazioni al sito di iniezione era simile nei due gruppi. In particolare, le reazioni sollecitate al sito d’iniezione più segnalate erano il dolore (38,6% nei vaccinati con MenACWY-TT e 42,4% nei soggetti immunizzati con MCV4-CRM) e l’eritema (22,6% nel gruppo MenACWY-TT e 31,5% nel gruppo MCV4-CRM). Le reazioni sistemiche sollecitate più segnalate erano il malessere (21,1% negli immunizzati con MenACWY-TT e 20,4% nei vaccinati con MCV4-CRM) e la mialgia (20,1% nel gruppo MenACWY-TT e 23,0% nel gruppo MCV4-CRM). Stratificando i dati per fasce d’età (2-5 e 6-9 anni), i profili di sicurezza sono risultati comparabili. Nessun partecipante ha abbandonato lo studio a causa di eventi avversi.

Nello studio randomizzato in doppio cieco multicentrico [10], condotto su adolescenti e adulti sani (≥15 anni), precedentemente immunizzati con vaccino MCV4 (-DT o -CRM, indistintamente), è stata valutata la sicurezza di una dose di richiamo con MenACWY-TT in comparazione con una dose di richiamo con MCV4-DT. La reazione sollecitata al sito d’iniezione più frequente era il dolore: 44,7% nel gruppo vaccinato con MenACWY-TT e 48,8% nel gruppo immunizzato con MCV4-DT. Tra le reazioni sistemiche, tutte di grado moderato e transitorio, le più comuni sono state il mal di testa (37,9% nel gruppo MenACWY-TT e 33,3% nel gruppo MCV4-DT) e la mialgia (36,7% nel gruppo MenACWY-TT e 38,8% nel gruppo MCV4-DT). Un totale di 9 soggetti ha riportato eventi avversi severi nei 6 mesi di follow-up (5 nel gruppo vaccinato con MenACWY-TT e 4 nel gruppo immunizzato con MCV4-TT) ma nessun evento è stato valutato come correlato al vaccino e nessuno ha portato ad interruzioni dello studio. Nessun decesso è stato registrato.

Dhingra et al. [11] hanno condotto uno studio multicentrico in soggetti sani naïve, di età compresa tra 10 e 55 anni, per valutare la coerenza di tre lotti di MenACWY-TT. La sicurezza è stata valutata usando come controllo MCV4-DT. Lo studio ha mostrato un livello di reattogenicità simile tra i 3 lotti testati. La proporzione di soggetti che hanno riportato eventi avversi è risultata simile tra i diversi gruppi di studio. La reazione sollecitata più comune al sito d’iniezione è stata il dolore che si è verificato nel 38,8% dei soggetti vaccinati con MenACWY-TT (lotti raggruppati) e nel 38,3% dei volontari immunizzati con MCV4-DT. Tra le reazioni sistemiche sollecitate la più comune è stata la mialgia riportata dal 32,0% dei soggetti immunizzati con MenACWY-TT (lotti raggruppati) e dal 31,2% nel gruppo MCV4-DT. Il mal di testa è stato segnalato dal 27,9% dei soggetti del gruppo MenACWY-TT (lotti raggruppati) e dal 27,8% dei volontari appartenenti al gruppo MCV4-DT. Non si sono verificati effetti avversi immediati e nessun evento anafilattico o potenzialmente letale è stato osservato. Un totale di 33 partecipanti (1% nei gruppi vaccinati con MenACWY-TT [lotti raggruppati] e 0,8% nel gruppo immunizzato con MCV4-DT) ha segnalato almeno un evento avverso serio nel periodo di follow-up di 6 mesi ma tutti sono stati valutati come non correlati alla vaccinazione. Nessun decesso è stato registrato.

Lo studio clinico di fase III di Esteves-Jaramillo et al. [12], condotto su adulti sani d’età ≥ 56 anni, ha evidenziato una percentuale di reazioni avverse al sito d’iniezione più elevata nei vaccinati con MenACWY-TT (26,6%) rispetto a quelli immunizzati con MPSV4 (9,5%). La percentuale di soggetti che ha segnalato almeno una reazione sistemica sollecitata è risultata maggiore nel gruppo MenACWY-TT rispetto al gruppo MPSV4. Nei vaccinati con MenACWY-TT la reazione sistemica sollecitata più comune era la mialgia (21,9% vs 15,3% nei vaccinati con MPSV4), seguita da mal di testa (19,0% vs 14,6%) e malessere (14,5% vs 11,3%).

La percentuale di soggetti con almeno un evento avverso che ha richiesto assistenza medica al giorno 30 (5,8% nel gruppo vaccinato con MenACWY-TT vs 3,5% nel gruppo immunizzato con MPSV4) e nel periodo di follow-up di 6 mesi (10,5% vs 13,9% in MenACWY-TT e MPSV4, rispettivamente) era comparabile in entrambi gruppi. Un totale di 30 partecipanti (n = 15 in ciascun gruppo) ha riportato almeno un evento avverso grave durante il follow-up di 6 mesi ma tutti sono stati considerati come non correlati alla vaccinazione.

Studi post-autorizzativi

Nello studio multicentrico MET62 [13] (ClinicalTrials.gov number NCT03476135) sono stati coinvolti 188 bambini aderenti allo studio MET54 (NCT03205358) e vaccinati con MenACWY-TT o MCV4-TT all’età di 12-24 mesi, al fine di valutare l’immunogenicità e la sicurezza di una dose di richiamo con MenACWY-TT. I risultati aggiornati a giugno 2020 riportano che le GMT hSBA 3 anni dopo la vaccinazione primaria, prima della somministrazione della dose booster erano: 12,1 nei vaccinati con MenACWY-TT vs 16,5 nei vaccinati con MCV4-TT per MenA; 106 vs 11,7 per MenC; 48,5 vs 21,9 per MenW e 30,9 vs 17,6 per MenY. I GMTs hSBA 30 giorni dopo la dose booster erano: 763 nei vaccinati con MenACWY-TT vs 659 nei vaccinati con MCV4-TT per MenA; 5894 vs 1592 per MenC; 2656 vs 3444 per MenW e 2013 vs 2806 per MenY.

Conclusioni

MenQuadfi® (MenACWY-TT) è un vaccino quadrivalente coniugato con il tossoide tetanico, sviluppato per prevenire la malattia invasiva causata da MenA, MenC, MenW e MenY.

Il vaccino è stato autorizzato in Europa (18 novembre 2020) e in Italia (27 gennaio 2021) per l’immunizzazione attiva di soggetti di età ≥12 mesi.

Gli studi clinici controllati hanno dimostrato la capacità di MenQuadfi® di stimolare la produzione di anticorpi verso tutti e quattro i sierogruppi (ACWY). Gli anticorpi anti-capsulari stimolati dal vaccino proteggono dalla malattia meningococcica tramite attività battericida mediata dal complemento. Inoltre, durante tutte le fasi di sviluppo clinico si è stato osservato un profilo di sicurezza ottimale.

In conclusione, i dati disponibili dimostrano che MenQuadfi® è sicuro, ben tollerato e capace di indurre una robusta risposta immunitaria e possiede la potenzialità di offrire un’ampia protezione contro la malattia invasiva meningococcica. Pertanto, deve essere considerato uno strumento preventivo ottimale a disposizione nella lotta contro la malattia meningococcica causata da MenA, MenC; MenW e MenY.

Figure e tabelle

Bibliografia

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Costo della malattia meningococcica (cost of illness) e “cost-consequence” della strategia di vaccinazione con il vaccino quadrivalente coniugato ACWY in coorti di età aggiuntive in Italia

FRANCESCO SAVERIO MENNINI 1,2, ANDREA MARCELLUSI 1, CHIARA BINI 1

Introduzione

Neisseria meningitidis è un batterio Gram-negativo che colonizza le alte vie respiratorie (naso e gola), spesso di portatori sani (2-30% della popolazione) [1]. Il microrganismo si trasmette da persona a persona attraverso le secrezioni respiratorie. La principale causa di contagio è rappresentata dai portatori sani: solo nello 0,5% dei casi, la malattia è trasmessa da persone malate [1].

Esistono 13 diversi sierogruppi di meningococco, ma solo sei causano meningite, sepsi e altre malattie gravi: A, B, C, Y e W135 e più raramente X (in Africa). In Italia e in Europa, i sierogruppi che più frequentemente causano malattia invasiva sono i sierogruppi B e C [1].

Il quadro clinico più frequente è la meningite, con sintomi sovrapponibili a quelli di altre meningiti batteriche [1]. Nel 10-20% dei casi la malattia si manifesta con decorso fulminante e può portare al decesso in poche ore anche in presenza di una terapia adeguata [1]. Infatti, il meningococco può causare sepsi, quadro clinico molto severo nel quale alla presenza del meningococco nel sangue si associano febbre alta, ipotensione, petecchie, insufficienza di uno o più organi che può determinare anche la morte del paziente [1].

Sebbene la malattia meningococcica invasiva sia rara nei Paesi sviluppati, essa determina un elevato impatto clinico, sociale ed economico dovuto alla sua alta letalità (8-15%) [2-5] (in caso di sepsi il tasso di letalità può raggiungere il 40%) [2] e al gran numero di soggetti che sopravvivono con sequele transitorie e/o permanenti (fino al 60%) [3]. Inoltre, molti soggetti sopravvissuti presentano sequele permanenti multiple: es. amputazioni e ritardo mentale, sordità e ritardo mentale, deficit motori e disturbi del linguaggio che influiscono pesantemente sulla qualità di vita del paziente e dei familiari [3, 4].

In Italia, nel 2017, sono stati segnalati 198 casi di malattia invasiva da meningococco. Nello stesso periodo del 2016 ne erano stati segnalati 227 e nel 2018, al 23 aprile 2019, 167. Il dato 2018, tuttavia, non può ancora considerarsi consolidato. Nel periodo di riferimento (2016-2018), l’incidenza delle malattie invasive da meningococco in Italia è diminuita: 0,37 casi/100.000 abitanti nel 2016, 0,33 casi/100.000 abitanti nel 2017 e 0,28 casi/100.000 abitanti nel 2018 ed è inferiore alla media Europea di 0,6 casi /100.000 abitanti riportata nel 2016 (dato più recente disponibile) [6]. L’incidenza della malattia invasiva da meningococco è maggiore nella fascia di età 0-4 anni e, in particolare, nel primo anno di vita in cui nel 2016 e 2017 l’incidenza è stata rispettivamente di 4,59 casi/100.000 abitanti e 3,21 casi/ 100.000 abitanti. Il sierogruppo più frequentemente identificato nella classe di età 0-4 anni in Italia è stato il sierogruppo B (61% dei casi nel 2016 e 65% dei casi nel 2017), seguito dal sierogruppo C (21% dei casi nel 2016 e 16% dei casi nel 2017) e dal sierogruppo Y (9% dei casi nel 2016 e 13% dei casi nel 2017) [7].

Poiché la trasmissione del microrganismo avviene per via aerea, l’unica arma preventiva a disposizione nella lotta contro la malattia invasiva da meningococco è la vaccinazione. Attualmente sono disponibili vaccini contro tutti i sierogruppi patogeni (A, B, C, W e Y) ed è noto che per ottenere il massimo beneficio di prevenzione occorre attivare le migliori strategie di immunizzazione rivolte ai gruppi di popolazione a maggior rischio.

Nel Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 è raccomandata una dose di vaccino anti-meningococco quadrivalente coniugato ACWY nell’adolescenza, sia a chi non è mai stato vaccinato, sia a chi ha già ricevuto una dose di vaccino nell’infanzia (vaccino anti-meningococco C o quadrivalente), poiché la persistenza della protezione è legata a un elevato titolo anticorpale battericida che diminuisce nel tempo [8].

Nel Calendario Vaccinale per la Vita (4° Edizione 2019) [9] è raccomandata l’immunizzazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY con una sola dose dopo il compimento del primo anno di vita (tra il 13° e il 15° mese). Inoltre, poiché la protezione verso la malattia è correlata a titoli anticorpali specifici che diminuiscono nel tempo, una dose booster dovrebbe essere introdotta nel periodo tra 6-9 anni di età, oltre a quella nell’età adolescenziale già prevista dal PNPV 2017-2019. In particolare, è stato evidenziato che dopo 5 anni dall’immunizzazione una quota di vaccinati non risulta protetta con certezza.

L’obiettivo del presente studio è stato quello di sviluppare un modello in grado di quantificare il burden economico associato alla malattia meningococcica in Italia in relazione allo status quo (vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY nel secondo anno di vita e negli adolescenti) per confrontarlo successivamente con uno scenario di “assenza di vaccinazione” e con una strategia multi-coorte che prevede la vaccinazione di classi d’età aggiuntive (6° anno e 19° anno di vita).

L’analisi è stata condotta stimando i costi lifetime associati alla malattia meningococcica in Italia utilizzando le migliori evidenze disponibili.

Metodi

DESCRIZIONE DEL MODELLO

Al fine di valutare il burden economico associato alla malattia meningococcica in Italia, è stato sviluppato un modello di Markov con stati di salute mutualmente esclusivi tali da rappresentare il percorso della coorte di nati vivi in Italia nel 2018, pari a 439.747 soggetti (stima ISTAT 2018 [10]), in relazione a 3 scenari di vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY: 1) status quo: vaccinazione dei bambini nel secondo anno di vita e degli adolescenti nell’11° anno di vita; 2) assenza di vaccinazione; 3) vaccinazione di classi di età aggiuntive (6° anno e 19° anno di vita).

Il modello è stato sviluppato a partire da un modello già presente in letteratura per la valutazione dell’impatto in termini di costo-utilità della vaccinazione antimeningococco B negli adolescenti [11]. L’analisi è stata condotta secondo un orizzonte temporale lifetime e considerando sia la prospettiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), sia la prospettiva sociale, la quale oltre a considerare i costi a carico del SSN tiene conto dei costi sociali legati alla malattia (costi della famiglia e della società in generale). Le informazioni epidemiologiche e di costo sono state ottenute dalla letteratura e convalidate mediante un team di esperti.

Nel caso base, i costi futuri sono stati scontati considerando un tasso di sconto pari al 3% annuo come comunemente assunto nelle analisi farmaco-economiche [12].

Per rendere il modello più aderente alla realtà il periodo post-infezione è stato suddiviso in tre fasi: fase acuta (1 mese a partire dal momento del ricovero), fase post-acuta (successiva alla fase acuta fino a sei mesi dopo il ricovero) e fase a lungo termine (dal sesto mese in poi).

Per quanto riguarda la fase acuta della malattia, sulla base dei dati di letteratura italiani e internazionali [4, 13-15], è stato ipotizzato che il 45% dei pazienti presentasse meningite, il 30% sepsi e il 25% entrambe le presentazioni cliniche.

Nella Figura 1 è rappresentato il modello di simulazione della coorte di nuovi nati tra i diversi stati di salute. Al fine di semplificare il modello, la vaccinazione è stata applicata in corrispondenza dell’età di entrata in ciascuna fascia di età obiettivo della vaccinazione: 1 anno, 5, 10 e 18 anni.

Fig. 1.

Fig. 1.

Modello semplificato.

La schedula vaccinale considerata è stata quella a singola dose. I tassi di copertura per il 2° anno di vita e per gli adolescenti sono stati ottenuti dai dati ufficiali pubblicati dal Ministero della Salute (www.salute.gov.it) e sono risultati rispettivamente pari all’85% e al 52%, mentre le coperture relative alle coorti aggiuntive, quindi per il 6° anno e 19° anno di vita sono state assunte dagli esperti coinvolti nell’analisi pari al 75% e al 45%.

All’interno del modello la probabilità di contrarre la malattia invasiva meningococcica nei soggetti vaccinati dipende dall’efficacia del vaccino e dalla durata della protezione. È importante sottolineare che l’efficacia del vaccino anti-meningococco ACWY è stata dedotta dal dato di immunogenicità poiché, a causa della bassa incidenza della patologia meningococcica invasiva, non è possibile valutare l’efficacia del vaccino direttamente tramite trial clinici.

Nei soggetti non immunizzati (soggetti non vaccinati o soggetti vaccinati e non protetti) la probabilità di contrarre la malattia corrisponde all’incidenza che si avrebbe in caso di assenza di vaccinazione (incidenza attuale media della malattia corretta per l’efficacia del vaccino anti-meningococco C). Questa correzione si è resa necessaria poiché è dal 2005 che il vaccino anti-meningococco C è offerto gratuitamente ai bambini nel secondo anno di vita.

Il soggetto che contrae la malattia può sopravvivere o morire. I sopravvissuti possono sopravvivere senza sequele o con sequele a breve e/o a lungo termine. Nel modello è stata inclusa solo la probabilità di sviluppare sequele singole. All’interno del modello è stata considerata una probabilità globale di sviluppare sequele pari al 61% nella fascia di età fino a 14 anni [3], pari al 57% nella fascia di età 15-19 anni [16], pari al 37% nella fascia di età 20-64 anni [17] e pari al 53% per i soggetti con età ≥ 65 anni [17].

I soggetti guariti sono considerati immuni poiché è molto raro un secondo episodio di malattia meningococcica invasiva. Tale probabilità è stata osservata solo in individui con deficienze immunitarie e anatomiche [18, 19].

Gli stati assorbenti considerati nel modello sono risultati caratterizzati dalla morte a seguito di malattia invasiva da meningococco e dalla morte per altre cause.

IMMUNOGENICITÀ DEL VACCINO E DURATA DELLA PROTEZIONE

Essendo disponibili in letteratura pochi dati di effectiveness e non esaustivi, all’interno del modello è stata considerata come misura proxy di efficacia l’immunogenicità per sierogruppo e per età sia per i soggetti naive [20], sia per i soggetti rivaccinati [21] (Tabella I). Il dato di immunogenicità per sierogruppo e per ciascuna età è stato ottenuto ponderando il dato di immunogenicità dei soggetti naive e dei soggetti rivaccinati considerando le percentuali di copertura vaccinale dedotte dai dati ufficiali (www.salute.gov.it):

Tab. I.

Dati di immunogenicità per sierogruppo ed età.

Età (anni) MenC MenA MenW MenY
1 76,0% 76,0% 93,0% 65,0%
2 41,0% 14,0% 91,0% 57,0%
3 32,0% 14,0% 74,0% 48,0%
4 32,0% 14,0% 74,0% 48,0%
Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive
5 97,6% 76,0% 98,4% 76,0% 96,7% 93,0% 100,0% 65,0%
6 88,1% 41,0% 95,6% 14,0% 97,8% 91,0% 94,8% 57,0%
7 88,5% 32,0% 95,0% 14,0% 87,0% 74,0% 95,0% 48,0%
8 80,3% 32,0% 89,8% 14,0% 88,3% 74,0% 92,7% 48,0%
9 71,6% 28,8% a 92,5% 12,6% a 85,8% 66,6% a 94,0% 43,2% a
Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive
10 97,6% 76,0% 98,4% 76,0% 96,7% 93,0% 100,0% 65,0%
11 88,1% 41,0% 95,6% 14,0% 97,8% 91,0% 94,8% 57,0%
12 88,5% 32,0% 95,0% 14,0% 87,0% 74,0% 95,0% 48,0%
13 80,3% 32,0% 89,8% 14,0% 88,3% 74,0% 92,7% 48,0%
14 71,6% 28,8% a 92,5% 12,6% a 85,8% 66,6% a 94,0% 43,2% a
15 64,4% a 25,9% a 83,3% a 11,3% a 77,2% a 59,9% a 84,6% a 38,9% a
16 58,0% a 23,3% a 74,9% a 10,2% a 69,5% a 53,9% a 76,1% a 35,0% a
17 52,2% a 21,0% a 67,4% a 9,2% a 62,5% a 48,6% a 68,5% a 31,5% a
Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive Rivaccinati Naive
18 97,6% 76,0% 98,4% 76,0% 96,7% 93,0% 100,0% 65,0%
19 88,1% 41,0% 95,6% 14,0% 97,8% 91,0% 94,8% 57,0%
20 88,5% 32,0% 95,0% 14,0% 87,0% 74,0% 95,0% 48,0%
21 80,3% 32,0% 89,8% 14,0% 88,3% 74,0% 92,7% 48,0%
22 71,60% 28,8% a 92,5% 12,6% a 85,8% 66,6% a 94,0% 43,2% a
23 64,4% a 25,9% a 83,3% a 11,3% a 77,2% a 59,9% a 84,6% a 38,9% a
24 58,0% a 23,3% a 74,9% a 10,2% a 69,5% a 53,9% a 76,1% a 35,0% a

a: ipotizzato un decremento di protezione pari al 10%

  • 6° anno: 85% rivaccinati, 15% naive;

  • 11° anno: 75% rivaccinati, 25% naive;

  • 19° anno: 52% rivaccinati, 48% naive.

Poiché i dati relativi alla durata di protezione risultano incompleti, in corrispondenza delle età per cui tale informazione non risultava disponibile è stato ipotizzato un decremento annuale della protezione pari al 10%.

INCIDENZA DELLA MALATTIA E RELATIVE SEQUELE

L’incidenza della malattia invasiva da meningococco per sierogruppo ed età è stata ottenuta dagli ultimi dati disponibili pubblicati dal sistema di sorveglianza nazionale delle malattie batteriche invasive dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) (Rapporto “INTERIM” 2018) [7]. Mediante tali dati è stato possibile stimare il numero medio annuo di casi confermati da meningococco ACWY considerando l’intervallo temporale 2014-2018. L’incidenza media su un periodo temporale di 5 anni è stata utilizzata per ridurre l’impatto delle fluttuazioni annuali di incidenza sui risultati del modello. Il numero medio di casi per età e sierogruppo è stato inoltre corretto per un fattore di sotto-diagnosi pari a 3,28 [22] al fine di rendere i dati maggiormente aderenti alla realtà. Il modello non considera la possibile sottostima dovuta alla non segnalazione dei casi, pertanto, la stima deve essere considerata conservativa. In Tabella II sono riportati i dati di incidenza utilizzati nel modello.

Tab. II.

Incidenza media 2014-2018 per 100.000 corretta per sotto-diagnosi.

Sierogruppo 1-4 anni 5-9 anni 10-14 anni 15-24 anni 25-64 anni >64 anni
A 0,000 0,000 0,000 0,027 0,000 0,000
C 0,653 0,223 0,341 0,723 0,307 0,298
W 0,211 0,083 0,087 0,160 0,040 0,058
Y 0,302 0,372 0,307 0,246 0,101 0,127
Totale 1,161 0,676 0,735 1,156 0,448 0,483

Per ricavare l’incidenza che si sarebbe osservata in assenza di vaccinazione le stime di incidenza disponibili sono state aggiustate in relazione alla copertura vaccinale per il sierogruppo C osservata dal 2014 al 2018 (PNPV) ed in relazione ai dati di immunogenicità associati al sierogruppo C e alla quota di casi di malattia invasiva da meningococco attribuibili a questo sierogruppo. L’aggiustamento è stato eseguito considerando solo la vaccinazione con vaccino antimeningococco C poiché attualmente nei calendari vaccinali regionali nel secondo anno di vita è offerto questo vaccino.

Tale aggiustamento ha permesso di ipotizzare una possibile incidenza riferibile ad una popolazione totalmente non vaccinata al fine di valutare con maggiore precisione il beneficio determinato da una strategia di vaccinazione multi-coorte con il vaccino quadrivalente coniugato ACWY.

Con riferimento alle sequele, esse sono state suddivise in sequele fisiche, neurologiche e psichiatriche/psicologiche [11].

Le singole sequele considerate nello studio e le rispettive probabilità per età sono riportate in Tabella II. Le probabilità ottenute dalla letteratura sono state corrette, laddove necessario, per la mortalità per malattia da meningococco e per i sopravvissuti senza sequele affinché potessero far riferimento allo stesso denominatore (sopravvissuti con sequele). In Appendice 1 è riportata la tabella contenente le note relative agli studi considerati. Poiché nel modello è stata inclusa solamente la probabilità di sviluppare sequele singole, in corrispondenza di ciascuna età è stato effettuato un riproporzionamento delle probabilità associate a ciascuna sequela al fine di riportarne la somma per età al 100%. Le probabilità di sperimentare depressione e ansia sono state associate a tutti i soggetti con sequele poiché queste conseguenze sono associate nella quasi totalità ad altre complicanze. Nel modello è stato assunto che un soggetto potesse sviluppare sequele a seguito di malattia da meningococco fino ad un’età massima pari ad 80 anni.

MORTALITÀ E LETALITÀ

La mortalità per altre cause è stata ottenuta dalle tavole di mortalità pubblicate dall’ISTAT per l’anno 2018 [26] mentre i dati sulla mortalità per malattia invasiva da meningococco confermata in laboratorio per sierogruppo ed età sono stati ottenuti dalla meta-analisi condotta da Wang et al. 2019 [27]. Poiché i tassi stimati nello studio di Wang erano disponibili solamente fino ad un’età pari a 80 anni, al fine di allineare tali tassi alla struttura lifetime del modello per gli anni successivi è stato assunto un aumento annuo della mortalità per malattia meningococcica pari all’incremento medio stimato tra i 70 e gli 80 anni di età.

In Figura 2 è riportato graficamente l’andamento della mortalità per altre cause e per malattia da meningococco per età.

Fig. 2.

Fig. 2.

Mortalità per malattia meningococcica e per altre cause considerata nel modello.

COSTI ASSOCIATI ALLA MALATTIA

Ogni categoria di costo (diretto e indiretto) è stata suddivisa nelle tre fasi di malattia: fase acuta, fase post-acuta (fino a 6 mesi dalla fase acuta) e fase a lungo termine. I costi provenienti dalla letteratura sono stati attualizzati al 2020.

Costi diretti

I costi diretti comprendono i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e si suddividono in: costi della fase acuta (ospedalizzazione, lungodegenza e risposta di Sanità Pubblica), costi relativi alla fase post-acuta e costi sanitari di lungo termine associati allo sviluppo di sequele temporanee o permanenti. In particolare, i costi relativi alla risposta di Sanità Pubblica fanno riferimento all’onere finanziario per mitigare gli effetti della malattia sia a livello individuale sia a livello di popolazione per la prevenzione dei possibili casi secondari; tale onere risulta principalmente correlato alla gestione dei contatti: individuazione dei soggetti che sono venuti a contatto con il caso di malattia invasiva confermato ed offerta di chemioprofilassi e vaccinazione [11].

Fase acuta

I costi di ospedalizzazione ed i costi relativi alla risposta di Sanità Pubblica sono stati applicati a tutti i casi di malattia indipendentemente dal loro destino. I costi associati alla lungodegenza (massimo 20 giorni) sono stati applicati solo a coloro che sopravvivono e riportano sequele. I costi di ospedalizzazione sono stati valutati selezionando dalle schede di dimissione ospedaliera solamente i codici ICD-9-CM 036.0 (Meningite meningococcica) e 036.2 (Meningococcemia), ovvero i codici più frequentemente associati alla malattia meningococcica, calcolando un valore medio dei rispettivi DRG suddivisi per soggetti con età < 18 anni e soggetti con età ≥ 18 anni [28] (Tab. IV). Il costo della risposta di Sanità Pubblica è stato ottenuto dallo studio italiano di Gasparini et al. 2016 [18] il quale ha stimato il costo della Sanità Pubblica per un caso di malattia invasiva meningococcica considerando il numero medio dei contatti che richiedevano chemioprofilassi, il costo medio di un ciclo di trattamento di chemioprofilassi ed il tempo medio di lavoro dedicato dalla Sanità Pubblica per la gestione di un singolo caso.

Fase post-acuta

Nella fase post-acuta sono stati considerati i costi fino a 6 mesi dall’esordio della malattia (Tab. V).

Tab. V.

Costi diretti fase post-acuta (fino a 6 mesi dalla fase acuta).

Costi diretti fase post-acuta Costo unitario Costo totale Note Fonte costo unitario
Visita specialistica ambulatoriale € 20,66 € 103,30 In media 5 visite (expert opinion) [28]
Supporto psichiatrico/psicologo € 19,37 € 387,40 In media 20 sedute (expert opinion) [28]
Sordità moderata bi/unilaterale € 3.121,73 € 3.121,73 [30]
Adattamento ausili € 19,52 € 97,60 In media 5 visite (expert opinion) [28]
Amputazioni sostanziali € 13.429,44 € 13.429,44 [30]
Riabilitazione € 20,66 € 826,40 In media 40 sedute (expert opinion) [28]
Sedia a rotelle € 569,76 € 569,76 [31]
Intervento chirurgico plastico ricostruttivo € 5.680,50 € 5.680,50 [28]
Ricovero ordinario giornaliero per dialisi renale € 204,00 € 8.160,00 2 sedute a settimana per 20 settimane (expert opinion) [28]

Per tutti i soggetti con sequele sono state assunte 5 visite ambulatoriali specialistiche di controllo per il monitoraggio della malattia. Con riferimento ai costi associati al supporto psichiatrico/psicologico il modello assume una media di 20 sedute di supporto psichiatrico/psicologico (1 seduta a settimana) per il 62% dei casi di malattia [29].

Per i soggetti con amputazioni è previsto un costo medio relativo all’intervento chirurgico.

Ai soggetti con amputazioni, deformazioni degli arti, problemi ossei e delle articolazioni e deficit motori è stato applicato il costo relativo a 40 sedute di riabilitazione (2 sedute a settimana per 20 settimane) ed il costo della sedia a rotelle (costo medio di una carrozzina manuale); nella valutazione non sono state considerate le carrozzine di ultima generazione (es. elettriche).

Per quanto riguarda i soggetti con deficit dell’apparato uditivo sono stati considerati i costi legati all’apparecchio acustico ed i costi di adattamento degli ausili protesici (5 visite).

Per i soggetti con sequele cutanee gravi è stato previsto il costo di un intervento chirurgico plastico ricostruttivo mentre per i soggetti con danno renale severo con trapianto è stato considerato il costo 40 sedute di dialisi (2 sedute a settimana per 20 settimane).

Fase a lungo termine

La fase a lungo termine è caratterizzata dai costi relativi ai soli soggetti che, a seguito della malattia da meningococco, sviluppano sequele.

Il costo delle sequele a lungo termine per età è stato ottenuto ponderando i costi annui relativi alla gestione e al trattamento di ciascuna sequela per la probabilità di sviluppare ciascuna sequela per età (Tab. III). I costi di gestione e trattamento delle sequele per età sono stati stimati secondo una prospettiva lifetime, pertanto sono stati calcolati considerando l’età di sviluppo della sequela e applicati una sola volta.

Tab. III.

Probabilità di sequele considerate nel modelloa.

Sequela 1-4 anni 5-9 anni 10-14 anni 15-19 anni 20-24 anni 25-64 anni 65-80 anni Fonte
Amputazione 7,6% 8,6% 8,8% 6,2% 6,0% 5,7% - [4]
Cicatrici cutanee 16,1% 15,0% 15,3% 4,9% 4,7% 7,9% 6,6% [4]
Danni cutanei gravi 6,3% 6,0% 6,2% 7,3% 10,9% - - [23]
Deformazione degli arti 5,7% 5,5% 3,2% 3,6% 3,4% 3,9% - 1-4 e 5-9 anni [23], altre classi [16]
Problemi ossei e alle articolazioni (artrite) 1,9% 2,3% 2,3% 2,6% 2,5% 4,0% 3,0% [4]
Danno renale 1,9% 2,3% 2,3% 4,1% 4,0% 8,8% 9,6% [4]
Danno renale con trapianto 2,1% 2,0% 2,1% 2,3% 2,2% 2,5% 2,7% [24]
Sordità uni/bilaterale 9,9% 12,7% 13,0% 9,8% 9,4% 5,4% 9,6% [4]
Disturbi visivi 1,7% 2,3% 2,3% 1,6% 1,5% 3,1% 3,0% 1-4 anni [17], altre classi [4]
Cecità 0,5% 0,5% 0,5% 0,5% 0,5% 0,6% 0,6% [25]
Convulsioni/epilessia 4,2% 1,4% 1,4% 4,7% 4,5% 2,3% 3,0% [4]
Danni neurologici severi 0,9% 0,9% 0,9% 1,0% 1,0% 1,1% 1,2% [24]
Deficit cognitivi/IQ < 85 15,1% 14,5% 14,9% 16,5% 15,9% 18,1% 19,3% [24]
Deficit di comunicazione 10,6% 10,2% 10,4% 11,6% 11,1% 12,7% 13,5% [16]
Deficit motori 1,4% 2,3% 2,3% 7,8% 7,5% 7,1% 9,6% [4]
Mal di testa cronico/emicrania 14,2% 13,6% 13,9% 15,5% 14,9% 17,0% 18,1% [24]
Depressione 3,7% 3,7% 3,7% 3,4% 2,2% 2,2% 3,2% [24]
Ansia 2,4% 2,4% 2,4% 2,3% 1,5% 1,5% 2,1% [24]

a I valori non corrispondono ai dati riportati dagli autori ma ai valori corretti.

I costi associati ai soggetti con sequele nel lungo termine sono stati stimati considerando i dati provenienti dalla letteratura e le tariffe DRG. I costi riferiti alle singole sequele sono riportati in Tabella VI.

Tab. VI.

Costi diretti fase lungo termine.

Costi diretti fase lungo termine Costo annuo Note Fonte
Supporto psichiatrico/psicologico € 232,44 1 seduta al mese fino a 12 mesi (expert opinion). Costo di una seduta: € 19,37 [28]
Visita di controllo ambulatoriale specialistica € 20,66 In media una visita l’anno. Costo annuale applicato lifetime [28]
Amputazione con sostanziale disabilità € 2.493,23 Costo annuale applicato lifetime [30]
Deformazione degli arti € 13.244,00 Intervento chirurgico ortopedico entro due anni dalla malattia [28]
€ 1.074,32 1 seduta di riabilitazione a settimana per 10 anni (costo di una seduta: € 20,66) [28]
Cicatrici cutanee € 2.093,37 Primo anno [30]
€ 549,52 Costo anni successivi e applicabile per 10 anni [18]
Danni cutanei gravi € 2.093,37 Primo anno [32]
€ 1.099,29 Costo anni successivi (costo annuale applicato lifetime) [18]
Artrite € 1.220,98 Applicato solo al primo anno [18]
Danno renale con trapianto € 10.519,54 Costo primo anno in attesa del trapianto renale [30]
€ 33.162,00 Costo secondo anno per trapianto renale [28]
€ 4.294,30 Costo anni successivi (costo annuale applicato lifetime) [30]
Danno renale € 4.294,30 Costo annuale applicato lifetime [30]
Sordità bi/unilaterale € 1.387,65 Costo annuale applicato lifetime [30]
Cecità € 13.520,66 Primo anno [33]
€ 766,67 Costo anni successivi (costo annuale applicato lifetime) [30]
Disturbi visivi € 766,67 Costo annuale applicato lifetime [30]
Convulsioni/epilessia € 2.342,95 Costo annuale applicato lifetime [18]
Danni neurologici severi € 97.842,91 Costo annuale applicato lifetime [18]
Deficit cognitivi € 2.069,60 Primo anno [30]
€ 1.221,32 Costo anni successivi (costo annuale applicato lifetime) [34]
Deficit di comunicazione € 1.984,53 Primo anno [30]
€ 891,07 Costo anni successivi (costo annuale applicato lifetime) [30]
Deficit motori € 1.074,32 1 seduta a settimana per 1 anno (expert opinion). Costo di una seduta: € 20,66 [28]
Mal di testa cronico/emicrania € 919,86 Costo annuale applicato lifetime [18]
Depressione € 3.291,68 Applicato per 5 anni [18]
Ansia € 1.181,78 Applicato per 5 anni [18]

A tutti i soggetti con sequele è stato associato il costo di una visita ambulatoriale all’anno (dal momento in cui il soggetto sviluppa la sequela fino ad un massimo di 80 anni) ed il costo di 12 sedute di supporto psichiatrico/psicologico applicabili nel primo periodo di malattia.

Il costo applicato ai soggetti con deformazione degli arti comprende l’intervento chirurgico ortopedico, eseguito di norma entro due anni dalla fase acuta di malattia ed i costi di riabilitazione (1 volta alla settimana per 10 anni) [32].

Per la sequela artrite sono stati considerati i costi medici solo per un anno poiché nella maggioranza dei casi tale complicanza si risolve nel breve termine [18].

Costi diretti elevati sono riscontrabili in particolare per i soggetti con danni neurologici severi, in quanto questi includono anche il ricovero in strutture istituzionali specializzate [18] e per i soggetti con danno renale, poiché per alcuni pazienti, oltre alla dialisi a lungo termine è previsto anche il trapianto renale.

I costi relativi alla depressione e all’ansia sono principalmente associati al prezzo dei farmaci usati [18].

Costi indiretti

I costi indiretti considerati nell’analisi si riferiscono al costo del supporto psicologico e psichiatrico per il paziente e per la sua famiglia, al costo associato all’educazione speciale, alla perdita di produttività del paziente e di un genitore a causa della malattia e al costo associato alla morte a causa della malattia.

Poiché attualmente non risulta che siano stati pubblicati studi che abbiano tentato di quantificare il costo complessivo, non a carico del SSN, delle sedute psicologiche/psichiatriche e dell’eventuale terapia farmacologica necessaria ai soggetti e ai loro familiari, tale costo è stato stimato mediante il supporto di clinici esperti.

Il costo relativo all’educazione speciale fa riferimento al supporto educazionale specifico durante l’attività scolastica messo a disposizione dallo Stato italiano per i soggetti colpiti dalla malattia e che riportino gravi sequele fisiche, neurologiche e psicologiche/psichiatriche.

Il costo relativo alla perdita di produttività e alla morte per malattia meningococcica è stato calcolato utilizzando il metodo del capitale umano, dunque considerando la mancata produttività o la potenziale mancata produttività a causa della malattia o a causa di morte prematura per malattia in termini di reddito da lavoro perso.

Fase acuta

I costi indiretti associati alla fase acuta di malattia sono i seguenti:

  1. costo relativo al supporto psicologico per la famiglia, applicabile al 20% (expert opinion) dei pazienti fino a 25 anni di età;

  2. costo relativo al supporto psichiatrico per la famiglia, applicabile al 59% dei pazienti fino a 25 anni di età [35];

  3. perdita di produttività di 1 mese del soggetto, applicabile ai pazienti in età lavorativa dai 18 ai 64 anni;

  4. perdita di produttività di 1 mese di un genitore, applicabile solo ai pazienti di età < 22 anni (Tab. VII).

Tab. VII.

Costi indiretti fase acuta.

Costi indiretti fase acuta Costo Note Fonte costo
Supporto psicologico per la famiglia € 400,00 Costo di 1 seduta pari a € 80,00 calcolato come costo medio tra un costo minimo pari a € 45 ed un costo massimo pari a € 115. In media 5 sedute (expert opinion) [39]
Supporto psichiatrico per la famiglia € 500,00 Costo di 1 seduta pari a € 100 calcolato come costo medio tra un costo minimo pari a € 50 ed un costo massimo pari a € 150. In media 5 sedute (expert opinion) Expert opinion
Perdita di produttività del soggetto € 2.445,00 Perdita di produttività per 1 mese [36, 37]
Perdita di produttività della madre € 2.445,00 Perdita di produttività per 1 mese [36-38]

Per il calcolo della perdita di produttività del paziente è stato considerato il reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato per abitante 2018 [36] corretto per il tasso di occupazione (quarto trimestre 2019) relativo alle diverse età: 15-24 (18%); 25-34 (63%); 35-44 (74%); 45-54 (74%); 55-64 (54%) [37].

Per il calcolo della perdita di produttività di un genitore è stato considerato che sia la madre ad assistere il figlio poiché i dati di letteratura riportano che nella maggior parte dei casi è la madre ad assistere il figlio in caso di malattia [18]; pertanto, il reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato per abitante 2018 [36] è stato corretto per il tasso di occupazione femminile alle diverse età (25-34: 54%; 35-44: 63%; 45-54: 62%; 55-64: 45%) [37]. È stato inoltre ipotizzato che tutte le donne abbiano avuto il primo figlio a 32 anni (età media al parto per il 2018 [38]).

Fase post-acuta

A questa fase corrispondono i costi indiretti fino a 6 mesi dall’esordio della malattia. In particolare:

costo relativo al supporto psichiatrico/psicologico per la famiglia, applicabile al 69% [40] dei pazienti fino a 25 anni di età;

perdita di produttività di 5 mesi del soggetto, applicabile ai pazienti in età lavorativa dai 18 ai 64 anni;

perdita di produttività di 5 mesi di un genitore con contratto part-time, applicabile solo ai pazienti di età < 22 anni (Tab. VIII).

Tab. VIII.

Costi indiretti fase post-acuta.

Costi indiretti fase post-acuta Costo Note Fonte
Costo di supporto psichiatrico/psicologico per la famiglia € 800,00 Costo di 1 seduta pari a € 80,00 calcolato come costo medio tra un costo minimo pari a € 45 ed un costo massimo pari a € 115. In media 10 sedute (expert opinion) [39]
Perdita di produttività del soggetto € 12.226,00 Perdita di produttività per 5 mesi [36, 37]
Perdita di produttività della madre € 6.133,00 Perdita di produttività contratto part-time per 5 mesi [36-38]

Il supporto psichiatrico/psicologico per la famiglia prevede in media 10 sedute. Il calcolo della perdita di produttività del paziente è stato calcolato come effettuato per la fase acuta ma considerando in questo caso la perdita di produttività associata a 5 mesi lavorativi. La perdita di produttività di un genitore è stata calcolata considerando che ad assistere il figlio sia la madre e che essa mantenga un contratto di lavoro part-time al 50%. Anche in questo caso la perdita di produttività del paziente è stata corretta per il tasso di occupazione per età, mentre la perdita di produttività della madre è stata corretta per il tasso di occupazione femminile per età e per l’età al parto del 2018.

Fase lungo termine

I costi indiretti relativi alla fase a lungo termine fanno riferimento ai soggetti che sopravvivono alla malattia da meningococco (con sequele o senza sequele) o che muoiono a causa della malattia. In particolare, a tutti i soggetti sopravviventi è stato associato il costo del supporto psichiatrico/psicologico per la famiglia, calcolato considerando il costo di 12 sedute in un anno (1 al mese) per il 39% dei pazienti sopravvissuti fino a 1 anno, per il 33% dei pazienti sopravvissuti fino a 2 anni e per il 31% dei pazienti sopravvissuti fino a 3 anni [40]. Poiché il modello di Markov per sua natura non ha memoria, tale costo all’interno del modello è stato considerato come un costo triennale ponderato per le quote di soggetti riportate in precedenza e applicato una sola volta all’interno del modello nel momento in cui il soggetto transita dallo stato di salute di malattia meningococcica allo stato di salute di sopravvivente con sequele o di sopravvivente senza sequele.

I costi associati al supporto psichiatrico/psicologico per i pazienti sono stati applicati ai soli soggetti sopravviventi con sequele dal 18° mese fino al 36° mese dalla fase acuta considerando in media una seduta al mese per 18 mesi.

La perdita di produttività del soggetto è stata associata ai pazienti con sequele in relazione alla percentuale di disabilità relativa a ciascuna sequela (Tab. X) ed è stata calcolata come costo annuale applicato lifetime dall’età in cui il soggetto in età lavorativa sviluppa sequele fino ad un massimo di 64 anni.

Tab. X.

Percentuale di disabilità associata alle sequele.

Sequela Percentuale di disabilità Fonte
Amputazione con sostanziale disabilità 78% [41]
Deformazione degli arti 46%
Danno renale 66%
Sordità (media tra grave e moderata) 48%
Cecità binoculare 100%
Epilessia 71%
Danni neurologici severi 100%
Deficit cognitivi/IQ < 85 71%
Deficit medio gravi di comunicazione 81%
Deficit motori 46%
Depressione 45%
Ansia 15%

Tra i costi indiretti a lungo termine è stata inoltre considerata la perdita di produttività di un genitore con contratto part-time per i soggetti con età < 22 anni con gravi disabilità permanenti (ritardo mentale, disabilità neurologiche gravi, problemi gravi di comunicazione, epilessia, danni visivi gravi, deficit motori, amputazioni e sordità).

Infine, per i soggetti sopravviventi con sequele gravi (amputazioni, deformazione degli arti, deficit motori, cecità, danni visivi, convulsioni/epilessia, disabilità neurologiche gravi, ritardo mentale, sordità, problemi di comunicazione) è stato considerato il costo relativo all’educazione speciale garantita dai 3 ai 18 anni dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR).

Anche in questo caso la perdita di produttività del paziente e della madre sono state corrette rispettivamente per il tasso di occupazione per età e per il tasso di occupazione femminile per età e per l’età al parto del 2018.

Il costo associato alla morte per malattia da meningococco è stato calcolato, in corrispondenza dell’età del paziente alla morte, considerando la potenziale perdita di produttività annua del soggetto (Tab. IX), corretta per il tasso di occupazione per età, fino ad un’età massima pari a 64 anni. In particolare, ai soggetti con un’età alla morte tra 1 e 17 anni è stata attribuita la perdita di produttività di un soggetto con età alla morte pari a 18 anni (corrispondente ad un potenziale reddito da lavoro perso relativo a 47 anni di lavoro).

Tab. IX.

Costi indiretti fase lungo termine.

Costi indiretti fase lungo termine Costo annuo Note Fonte
Costo di supporto psichiatrico/psicologico per la famiglia € 960,00 Costo di 1 seduta pari a € 80,00 calcolato come costo medio tra un costo minimo pari a € 45 ed un costo massimo pari a € 115. In media 1 seduta al mese per 1 anno (expert opinion) [39]
Costo di supporto psichiatrico/psicologico a carico del soggetto € 1.440,00 Costo di 1 seduta pari a € 80,00 calcolato come costo medio tra un costo minimo pari a € 45 ed un costo massimo pari a € 115. In media 1 seduta al mese per 18 mesi (expert opinion) [39]
Perdita di produttività del soggetto € 29.343,00 Perdita di produttività di 1 anno applicata dal momento in cui il soggetto sviluppa la sequela fino a 64 anni [36, 37]
Perdita di produttività della madre € 14.672,00 Perdita di produttività contratto part-time per 1 anno applicata fino ai 21 anni del paziente [36-38]
Educazione speciale € 15.020,86 [18]

La Figura 3 mostra i principali costi sociali lifetime per età stimati nel modello; il costo totale lifetime più elevato risulta in corrispondenza del primo anno di età (€ 525.859) e decresce al crescere dell’età dei pazienti.

Fig. 3.

Fig. 3.

Principali costi sociali lifetime per età.

ANALISI DI SENSIBILITÀ

All’interno dell’analisi sono state condotte le seguenti analisi di sensibilità con riferimento allo status quo:

  • assenza del tasso di sconto sui costi;

  • decremento della protezione del vaccino in assenza di dati provenienti dalla letteratura per determinate età assunto pari al 5% e pari al 15% (10% nel caso-base);

  • inclusione del costo associato alla perdita di produttività (fase lungo termine) di un caregiver per il paziente adulto di età compresa tra 22 e 80 anni; per tale calcolo è stata assunta la perdita di produttività di un soggetto adulto con età compresa tra i 35 ed i 64 anni e contratto part-time.

Risultati

Con riferimento allo status quo, che considera la vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY nei bambini e negli adolescenti, il modello ha stimato un totale di 221 casi di malattia meningococcica casusati dai sierogruppi A, C, W e Y ed un costo medio per paziente, in termini di soli costi diretti, pari a circa € 19.516; sempre guardando alla prospettiva del SSN, il costo totale stimato è risultato pari a circa € 4,3 milioni (circa € 3,4 milioni sono costi associati alla gestione e al trattamento dei soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele) (Tab. XI, Fig. 4). Considerando la prospettiva sociale, valutando dunque anche i costi a carico della famiglia ed i costi indiretti, il costo medio per paziente è risultato pari a circa € 86.770, mentre a livello globale, il burden economico associato alla malattia meningococcica in Italia è risultato pari a circa € 19,2 milioni, di cui circa € 13,6 milioni (circa il 70,6%) sono risultati associati ai soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele sia in termini di costi diretti sia in termini di costi sociali (Tab. XII, Fig. 5).

Tab. XI.

Burden economico associato alla malattia meningococcica in Italia – prospettiva SSN.

Costi diretti Assenza di vaccinazione Status quo Scenario Status quo vs assenza di vaccinazione Scenario vs Status quo
Ospedalizzazioni e risposta di sanità pubblica € 973.659 € 892.355 € 828.727 -€ 81.304 -€ 63.628
Gestione e trattamento delle sequele € 3.838.248 € 3.405.034 € 3.101.852 -€ 433.214 -€ 303.182
Supporto psicologico del paziente € 26.444 € 24.043 € 22.239 -€ 2.401 -€ 1.803
Prospettiva SSN € 4.838.350 € 4.321.432 € 3.952.818 -€ 516.918 -€ 368.613

Fig. 4.

Fig. 4.

Costi diretti per età e per stato di salute del modello di Markov – Status quo.

Tab. XII.

Burden economico associato alla malattia meningococcica in Italia – prospettiva sociale.

Costi sociali Assenza di vaccinazione Status quo Scenario Status quo vs Assenza di vaccinazione Scenario vs Status quo
Supporto psicologico e psichiatrico per la famiglia € 185.333 € 167.276 € 153.717 -€ 18.057 -€ 13.559
Perdita di produttività del paziente € 7.525.072 € 6.861.247 € 6.309.457 -€ 663.824 -€ 551.790
Perdita di produttività della madre € 2.308.101 € 1.904.684 € 1.670.315 -€ 403.417 -€ 234.370
Educazione speciale € 2.752.266 € 2.207.076 € 1.921.311 -€ 545.189 -€ 285.765
Supporto psicologico e psichiatrico del paziente € 78.394 € 69.904 € 63.867 -€ 8.490 -€ 6.038
Morte per malattia meningococcica € 3.918.691 € 3.682.244 € 3.466.186 -€ 236.447 -€ 216.058
Totale costi sociali € 16.767.857 € 14.892.433 € 13.584.853 -€ 1.875.425 -€ 1.307.580
Prospettiva sociale € 21.606.207 € 19.213.865 € 17.537.671 -€ 2.392.343 -€ 1.676.193

Fig. 5.

Fig. 5.

Costi sociali per età e per stato di salute del modello di Markov – Status quo.

Confrontando lo status quo con l’assenza di vaccinazione, il modello ha stimato come, dal punto di vista epidemiologico, l’introduzione della vaccinazione abbia comportato una riduzione del numero di nuovi casi di malattia meningococcica casusati dai sierogruppi A, C, W e Y (-11 casi) ed una riduzione della mortalità per malattia (-1 decesso); dal punto di vista economico, tali decrementi hanno comportato una riduzione della spesa a carico del SSN pari a € 516.918 (Tab. XI), ed una riduzione della spesa a carico della società pari a circa € 2,4 milioni (Tab. XII).

Confrontando lo status quo con lo scenario in cui sia prevista la vaccinazione di classi di età aggiuntive, il modello ha stimato come, dal punto di vista epidemiologico, l’introduzione della vaccinazione al 6° anno e al 19° anno di vita potrebbe comportare una ulteriore riduzione del numero di nuovi casi di malattia meningococcica casusati dai sierogruppi A, C, W e Y (-10) ed una ulteriore riduzione della mortalità per malattia (-1 decesso); tale impatto in termini di ulteriori eventi evitati comporterebbe una riduzione aggiuntiva delle spesa pari a € 368.613 considerando i soli costi diretti (Tab. XI) e pari a circa € 1,7 milioni considerando la prospettiva sociale (Tab. XII).

Le Figure 6 e 7 riassumono i risultati dell’analisi. In particolare, osservando il confronto dello status quo con l’assenza di vaccinazione, l’analisi ha mostrato come l’introduzione della vaccinazione abbia comportato una riduzione totale degli eventi di malattia e morte per malattia meningococcica casusati dai sierogruppi A, C, W e Y pari a 12 eventi (circa il 4%) ed una riduzione della spesa a carico della società pari a circa € 2,4 milioni (prevention effect); guardando al confronto dello status quo con lo scenario in cui si prevede la vaccinazione di classi di età aggiuntive, il modello ha stimato una ulteriore riduzione degli eventi totali pari a 11 ed una ulteriore riduzione della spesa a carico della società pari a € 1,7 milioni (opportunity cost).

Fig. 6.

Fig. 6.

Numero totale di eventi evitati (casi IMD ed eventi morte per IMD).

Fig. 7.

Fig. 7.

Riduzioni di spesa stimate secondo la prospettiva sociale.

Le Figure 8 e 9 evidenziano l’elevato impatto del tasso di sconto sui risultati del modello rispettivamente in termini di costi diretti e sociali; in particolare, l’assenza del tasso di sconto comporterebbe una stima della spesa complessiva a carico del SSN pari a circa € 13,6 milioni (vs € 4,3 milioni del caso base), mentre considerando la prospettiva sociale tale spesa risulterebbe pari a circa € 56,4 milioni (vs € 19,2 milioni del caso base).

Fig. 8.

Fig. 8.

Costi diretti totali per età – Status quo.

Fig. 9.

Fig. 9.

Costi sociali totali per età – Status quo.

Con riferimento al decremento percentuale della protezione del vaccino assunto in corrispondenza delle età per cui non risultavano presenti dati provenienti dalla letteratura (caso base pari al 10%), i decrementi pari al 5% e al 15% non hanno comportato un impatto determinante sui risultati; infatti, tali decrementi comporterebbero una variazione nei risultati del modello per entrambe le prospettive pari al ± 0,2% rispetto ai risultati del caso base.

Infine, considerando il costo associato alla perdita di produttività di un caregiver per il paziente adulto di età compresa tra 22 e 80 anni, la spesa totale stimata con riferimento alla prospettiva sociale aumenterebbe del 28,3%, passando dunque da una spesa pari a circa € 19,2 milioni ad una spesa pari a circa € 24,6 milioni.

Discussione

Attualmente, in relazione ai sierogruppi patogeni A, C, W e Y, la strategia di vaccinazione contro la malattia meningococcica invasiva in Italia risulta caratterizzata dalla vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY nel secondo anno di vita e negli adolescenti.

Questo studio ha tentato di quantificare per la prima volta il burden complessivo della malattia meningococcica in Italia in relazione allo status quo, considerando le attuali strategie di vaccinazione con il vaccino coniugato quadrivalente ACWY, utilizzando un approccio lifetime (stima dei costi associati alla malattia meningococcica dal momento in cui il soggetto sviluppa la malattia fino alla sua morte) ed impiegando sia la prospettiva del SSN sia la prospettiva sociale.

Con riferimento allo status quo, i costi diretti totali associati alla malattia invasiva meningococcica in Italia sono risultati pari a circa € 4,3 milioni di cui circa il 79% (€ 3,4 milioni) sono risultati associati alla gestione e al trattamento dei soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele. Considerando la prospettiva sociale, il burden economico associato alla malattia meningococcica in Italia è risultato pari a circa € 19,2 milioni, di cui circa il 70,6% (€ 13,6 milioni) è risultato associato ai soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele.

Successivamente, il burden globale stimato per lo status quo è stato confrontato con uno scenario di “assenza di vaccinazione” e con una strategia multi-coorte caratterizzata dalla vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY in classi d’età aggiuntive (6° anno e 19° anno di vita) rispetto a quelle già sottoposte a vaccinazione con il medesimo vaccino.

Mediante l’analisi è stato possibile osservare come la presenza della vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY nel secondo anno di vita e negli adolescenti (status quo) rispetto all’assenza di vaccinazione abbia comportato una riduzione del numero di nuovi casi di malattia meningococcica (-11 casi), della mortalità per malattia (-1 decesso) ed una conseguente riduzione della spesa a carico della società pari a circa € 2,4 milioni. L’introduzione della vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY in classi d’età aggiuntive rispetto a quelle già sottoposte a vaccinazione potrebbe altresì comportare un beneficio incrementale in termini di eventi evitati e riduzione della spesa paragonabile a quello già ottenuto con l’attuale strategia di vaccinazione; infatti, la vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY al 6° anno e 19° anno di vita potrebbe comportare una ulteriore riduzione del numero di nuovi casi di malattia meningococcica pari a 10, un ulteriore decesso evitato ed una ulteriore riduzione della spesa a carico della società pari a circa € 1,7 milioni.

Ovviamente i modelli matematici applicati alla prevenzione adottano necessariamente un approccio riduzionistico, e questo risulta particolarmente vero nel caso della malattia da meningococco principalmente per due aspetti: la sottostima dell’incidenza di malattia in Italia [22, 42, 43] e la valutazione delle possibili sequele (singole e multiple) e loro valorizzazione a livello nazionale.

La sottostima dell’incidenza dipende dal sottoutilizzo delle metodiche molecolari per la rilevazione di N. meningitidis in alcuni laboratori italiani, dal non invio degli isolati all’ISS per la tipizzazione e dalla sottonotifica dei casi derivata dal confronto dei dati provenienti dal Sistema Italiano di Sorveglianza della Malattie Batteriche Invasive (SIMI) con i dati derivanti dalle schede di dimissione ospedaliera (SDO) [44]. In merito a questo aspetto, le stime di incidenza considerate in questa analisi possono ritenersi conservative in quanto il modello sviluppato all’interno di questo studio ha tenuto conto solamente della sottostima dovuta ai metodi di laboratorio; infatti, il numero medio di casi di malattia è stato corretto per il valore di sottostima ottenuto dallo studio di Azzari et al. [22], il quale ha evidenziato come molti laboratori in Italia utilizzino per la rilevazione di N. meningitidis metodi colturali meno sensibili rispetto ai metodi molecolari, con un valore di sottostima pari a 3,28.

Con riferimento alla frequenza con cui si manifestano le sequele, attualmente nessuno studio ha analizzato l’impatto delle sequele da meningococco nel contesto italiano; pertanto, le stime impiegate in questo studio provengono da studi condotti in contesti internazionali. Occorre inoltre sottolineare che, nonostante la malattia da meningococco causi generalmente sequele multiple, nel presente studio, come in altri studi di natura farmaco-economica, al fine di semplificare il modello è stato assunto che il paziente potesse sviluppare solamente sequele singole. Le stime ottenute dalla letteratura circa la frequenza con cui si manifesta ciascuna sequela sono state dunque corrette per il denominatore (al fine di rendere tali stime comparabili) e riproporzionate (somma delle frequenze delle sequele per età pari al 100% al fine di considerare la possibilità di sviluppare solamente sequele singole). Infine, poiché come detto in precedenza in questo studio è stata considerata solamente la possibilità per ciascun paziente di sviluppare una sola sequela, possiamo affermare che l’analisi risulta affetta da una forte sottostima dei costi associati alle sequele. Ciononostante, crediamo che uno dei punti di forza dello studio sia stato quello di aver condotto una revisione approfondita della letteratura al fine di ridurre la possibilità di sottostimare il peso delle sequele a breve e lungo termine per i pazienti e per i loro caregivers. Molti studi fino ad oggi pubblicati sottostimano questo parametro considerando solo le sequele più frequenti e, di conseguenza, tendono ad essere molto conservativi e poco aderenti alla realtà [19, 45-47]. Poiché a livello nazionale non risultano presenti studi che abbiano tentato di effettuare delle stime sulla frequenza delle sequele multiple, delle loro combinazioni e dei loro costi, sarebbe importante programmare studi italiani per la valutazione dei costi diretti e indiretti associati alla malattia meningococcica.

Infine, poiché non è stato possibile ottenere dalla letteratura italiana una stima del costo associato alle sedute psicologiche e psichiatriche per questi pazienti e per i loro caregivers, tali stime sono state ricostruite mediante l’opinione di esperti e utilizzando delle stime di costo quanto più possibile vicine alla realtà nazionale. Nonostante tale costo sia stato stimato mediante assunzioni crediamo che l’inclusione di quest’ultimo parametro all’interno dell’analisi possa rappresentare un ulteriore punto di forza in quanto sono pochi gli studi farmaco-economici che hanno incluso al loro interno la valutazione dell’impatto psicologico e psichiatrico della malattia sui pazienti e sui caregivers.

Conclusioni

Il modello ha evidenziato come il burden della malattia invasiva meningococcica risulti associato principalmente alle sequele, sia in termini di costi diretti che indiretti.

La vaccinazione determina, non solo una riduzione di casi di malattia, ma un beneficio economico e sociale associato ai minori costi necessari per la cura della malattia e per la gestione delle sequele a medio e lungo termine. L’analisi ha mostrato come la vaccinazione di classi di età aggiuntive con il vaccino coniugato quadrivalente ACWY potrebbe tradursi in un beneficio incrementale in termini di eventi evitati e riduzione della spesa paragonabile a quello già ottenuto con l’attuale strategia di vaccinazione.

Sebbene l’incidenza della malattia non sia particolarmente elevata, essa determina un elevato impatto clinico, sociale ed economico dovuto alla sua alta letalità e al gran numero di soggetti che sopravvivono con sequele transitorie e/o permanenti. Poiché la trasmissione del microrganismo avviene per via aerea e la principale fonte di contagio sono i portatori sani, l’unica arma preventiva a disposizione nella lotta contro la malattia invasiva da meningococco è la vaccinazione.

Figure e tabelle

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Attuali strategie e raccomandazioni di vaccinazione antimeningococcica in Italia e nel mondo

GIULIA DI PISA 1, ANGELA BECHINI 1, BENEDETTA BONITO 1, PAOLO BONANNI 1, SARA BOCCALINI 1

Introduzione

La malattia invasiva meningococcica ha una incidenza bassa in Italia (anche se è sottostimata), ma presenta un’alta letalità e un’alta frequenza di sequele, anche severe, nei sopravvissuti [1,2]. Poiché la trasmissione del microrganismo avviene per via aerea, l’unica arma preventiva a disposizione nella lotta contro questa patologia è la vaccinazione. Attualmente in Italia sono già in essere specifiche raccomandazioni per la vaccinazione contro il meningococco. Al fine di poter valutare e decidere se ampliare le attuali strategie vaccinali e introdurre nuove coorti da immunizzare contro il meningococco nel calendario vaccinale, è necessario innanzitutto capire quali sono le raccomandazioni attualmente previste sia sul territorio italiano che a livello internazionale.

L’obiettivo del presente capitolo è, quindi, raccogliere le attuali raccomandazioni vaccinali contro i diversi sierogruppi di meningococco a livello nazionale, nelle singole regioni italiane e negli altri Paesi del mondo.

Materiali e metodi

Nel presente capitolo sono state raccolte le raccomandazioni vaccinali contro i diversi sierogruppi di meningococco, previste dall’attuale Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (PNPV) [3] e dal Calendario Vaccinale per la Vita edizione 2019 [4]. Inoltre, è stata effettuata una rassegna delle raccomandazioni attualmente previste nei diversi calendari vaccinali regionali italiani e, infine, di quelle presenti in altri Paesi.

Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale

La prima immunizzazione universale antimeningococcica ad essere stata introdotta in Italia è stata la vaccinazione contro il meningococco C con vaccino monovalente coniugato (MenC): inizialmente la raccomandazione era a livello regionale e poi è stata ufficializzata a livello nazionale con il PNPV 2012-2014. Tale documento raccomandava la somministrazione di una dose di vaccino ai bambini al 13°-15° mese di vita e una dose ai ragazzi tra gli 11 e i 18 anni non vaccinati nell’infanzia [5].

Successivamente, la vaccinazione antimeningococcica è stata estesa con il PNPV 2017-2019 [3], approvato in Conferenza Stato-Regioni con Intesa del 19 gennaio 2017. Infatti, nel PNPV 2017-2019, oltre alla vaccinazione pediatrica con MenC, è stata raccomandata la vaccinazione con vaccino quadrivalente coniugato antimeningococcico contro i sierogruppi A, C, W135 e Y (MenACWY) negli adolescenti ed è stata inserita la raccomandazione della vaccinazione contro il meningococco B (MenB) nel primo anno di vita. Queste vaccinazioni sono offerte gratuitamente e in modo attivo a tutti i soggetti delle fasce di età per le quali i vaccini sono raccomandati.

In particolare, contro il meningococco C è raccomandata la somministrazione di una dose di Men C (oppure MenACWY, per offrire una protezione più ampia verso quei ceppi che mostrano una nuova tendenza all’espansione) tra il 13° e il 15° mese di vita, e una seconda dose di MenACWY nell’adolescenza (12-14 anni) sia tra coloro che non sono stati vaccinati in precedenza, sia tra coloro che sono già stati vaccinati con MenC e MenACWY. Il razionale della somministrazione della dose nell’adolescenza scaturisce dal fatto che il titolo anticorpale battericida, da cui dipende la protezione conferita dal vaccino, tende a diminuire nel tempo.

La vaccinazione antimeningococcica è poi raccomandata ai soggetti affetti da alcune patologie che li rendono particolarmente esposti ad un incrementato rischio di infezione meningococcica invasiva. In particolare, nei soggetti a rischio (quali soggetti affetti da talassemia, anemia falciforme, asplenia, immunodepressione congenita o acquisita, diabete di tipo I, insufficienza renale o surrenale cronica, epatopatie, infezione da HIV, perdita di liquido cerebrospinale, difetti congeniti del complemento o dei Toll like receptors tipo 4 o della properdina) o nei conviventi di soggetti a rischio, la vaccinazione con MenACWY può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive, di cui l’ultima, comunque, dopo il compimento dell’anno di vita. Il PNPV aggiunge che qualora permangano situazioni epidemiologiche di rischio anche per l’età adulta o anziana, debba essere somministrata una dose di MenACWY con richiami ogni 5 anni. Anche in caso di un viaggio in Paesi della cintura subsahariana o di un pellegrinaggio alla Mecca è raccomandata la vaccinazione con una dose di MenACWY.

Contro il meningococco B è raccomandata la somministrazione di tre dosi di MenB al 3° mese di vita (a distanza di 15 giorni dalla somministrazione del vaccino esavalente e di quello anti-pneumococcico, 76° giorno), al 4° mese (a un mese dalla precedente vaccinazione, 106° giorno) e al 6° mese (a un mese dalla vaccinazione con il vaccino esavalente e con quello anti-pneumococcico, 151° giorno) con un richiamo al 13° mese. Questa vaccinazione è raccomandata a tutti i nuovi nati entro il primo anno di vita a causa dell’alta incidenza delle patologie da meningococco B nei primi due anni di vita.

Nel PNPV 2017-2019 viene poi specificato che, vista la recente introduzione del MenB, la priorità iniziale è quella di vaccinare la fascia di età in cui è massima l’incidenza (prima infanzia). Tuttavia, poiché l’epidemiologia di tutte le infezioni meningococciche è simile, viene riservata per il futuro la possibilità di valutare l’offerta attiva anche nell’adolescenza.

Gli obiettivi di copertura vaccinale previsti dal PNPV 2017-19 sono:

  • raggiungere e mantenere coperture ≥ 95% per MenC entro i due anni d’età;

  • raggiungere coperture ≥ 60% nel 2017, ≥ 75% nel 2018 e ≥ 95% nel 2019 per MenACWY negli adolescenti e successivamente mantenerle;

  • raggiungere coperture ≥ 60% nel 2017, ≥ 75% nel 2018 e ≥ 95% nel 2019 per MenB entro i due anni di età [3].

Il Calendario Vaccinale per la Vita 2019 4° edizione

Il Calendario Vaccinale per la Vita, giunto nel 2019 alla quarta edizione, è il documento che raccoglie la proposta di un Calendario Vaccinale Ideale sulla base delle evidenze scientifiche e deriva dalla collaborazione tra gli esperti delle società scientifiche italiane che si occupano di vaccinazioni e di cure primarie del bambino e dell’adulto [4]. Queste comprendono la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), la Società Italiana di Pediatria (SIP), la Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e la Federazione Italiana medici di Medicina Generale (FIMG). Questo documento riporta le seguenti raccomandazioni per la vaccinazione contro il meningococco.

RACCOMANDAZIONI PER LA VACCINAZIONE CONTRO IL MENINGOCOCCO C

Il Calendario Vaccinale per la Vita 2019 raccomanda la somministrazione di una dose di MenACWY (o con Men C, se ancora utilizzato) al 13°-15° mese di vita e una dose di MenACWY a 12-14 anni (in questo ultimo caso sia per i soggetti mai vaccinati in precedenza, sia per i bambini già immunizzati nell’infanzia con Men C o MenACWY). Il razionale scientifico alla base di tali raccomandazioni sta nel fatto che l’aumento dei casi di infezione da sierotipi W e Y e le nuove evidenze di un possibile switch capsulare di ceppi ipervirulenti, che possono portare a fenomeni di “escape” (qualora venga somministrato il solo MenC) in diversi Paesi europei (tra cui l’Italia), suggeriscono che il MenACWY possa essere considerato il vaccino più indicato sia sopra l’anno di età, sia per il richiamo a tutte le età per conferire una protezione contro il più ampio numero di ceppi meningococcici.

A fronte delle evidenze scientifiche che dimostrano che dopo 5 anni dalla vaccinazione molti soggetti risultano avere un titolo anticorpale non adeguatamente protettivo, il Board del Calendario Vaccinale per la Vita ritiene necessaria anche la somministrazione di una dose booster tra 6-9 anni di età, soprattutto qualora sussistano particolari condizioni epidemiologiche di diffusione di ceppi ipervirulenti, come si è verificato in Regione Toscana nel 2015-2016. Per le stesse ragioni e, considerando anche che il numero di casi di meningite tende ad aumentare nell’adolescenza, viene ribadita la necessità e l’importanza di somministrare una dose booster a 12 anni, sia per i soggetti già vaccinati 5 o più anni prima, sia - a maggior ragione - per i soggetti non ancora vaccinati in precedenza.

In particolare, l’indicazione della vaccinazione nell’età adolescenziale è comunque valida per i ragazzi già immunizzati nell’infanzia e anche per coloro che hanno effettuato il booster in età prepubere, poiché la memoria immunologica indotta dal vaccino coniugato, somministrato nel periodo dell’infanzia, non è sufficiente a eliminare il rischio di malattia invasiva nell’adolescenza. Infatti, la risposta delle cellule B richiede almeno 5-7 giorni per attivarsi in maniera completa e sufficiente, ovvero dopo troppi giorni per essere efficace contro l’invasività molto rapida dei ceppi virulenti di meningococco. Il batterio, pertanto, non verrebbe bloccato da un titolo anticorpale che potrebbe essere diminuito nel tempo al di sotto del livello minimo protettivo.

In questo documento viene infine riportato che, poiché i dati di letteratura indicano che la durata della protezione conferita dagli anticorpi battericidi sierici, prodotti a seguito della vaccinazione, indicano che dopo 5 anni dalla somministrazione del vaccino una certa quota di soggetti vaccinati non risulta più protetta, è necessario monitorare la situazione epidemiologica per valutare l’opportunità di raccomandare la vaccinazione con MenACWY con una cadenza quinquennale.

I vaccini MenACWY oggi disponibili in Italia sostituiscono il vaccino tetravalente polisaccaridico per tutte le indicazioni riportate.

Il Board raccomanda, inoltre, che la vaccinazione meningococcica con MenACWY sia offerta in regime di co-pagamento a tutti i cittadini che ne facciano richiesta.

Infine, la vaccinazione con MenACWY, così come quella con MenB, è raccomandata in modo gratuito, indipendentemente dall’età, ai soggetti a rischio per specifiche patologie (talassemia o anemia falciforme, immunodepressione dovuta a trapianto d’organo o a terapia antineoplastica o terapia sistemica corticosteroidea ad alte dosi, diabete mellito di tipo 1, insufficienza renale con creatinina clearance <30 ml/min, immunodeficienze congenite, malattie epatiche croniche gravi, perdita di liquido cerebrospinale, difetti dei toll like receptors di tipo 4, infezione da HIV, difetti congeniti del complemento -C3, C5-9, Properdina, Fattore D, e Fattore H-, asplenia funzionale o anatomica).

La vaccinazione con la somministrazione di una dose di MenACWY è raccomandata anche per particolari condizioni di vita (nuova assunzione quale militare in ferma volontaria, omosessualità maschile, effettuazione di frequenti viaggi o il soggiorno in Paesi in cui la malattia meningococcica è iper-endemica o epidemica (es. “cintura della meningite” dell’Africa Sub-sahariana durante la stagione secca (dicembre-giugno), operatori sanitari e non, con elevata probabilità di contagio (laboratori di microbiologia, rianimazione, 118, emergenza e urgenza, malattie infettive). Per i soggetti a rischio per patologia o condizioni di vita è raccomandata la somministrazione di una dose di richiamo con un intervallo di 5 anni. Nel caso di neonati a rischio, la vaccinazione contro il meningococco C può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive, di cui l’ultima con il MenACWY dopo il compimento dell’anno di vita [4].

RACCOMANDAZIONI PER LA VACCINAZIONE CONTRO IL MENINGOCOCCO B

Riguardo alla vaccinazione contro il meningococco B, il Board del Calendario per la Vita raccomanda di mantenere l’offerta attiva e gratuita per tutti i lattanti, come già indicato nel PNPV 2017-2019. Il vaccino raccomandato è quello a 4 componenti (4cMenB), con la schedula a 4 dosi (3+1) a partire dai 2 mesi di vita. L’inizio precoce della vaccinazione con MenB consente di conferire nel bambino vaccinato una protezione almeno parziale prima del picco tipico dei casi di patologia meningococcica causata dal sierogruppo B, che si colloca generalmente tra il 4° e l’8° mese di vita.

Al momento della stesura di tale documento, il Board dichiarava di riservarsi la possibilità di valutare la schedula “inglese” a 3 dosi (2+1) e inizio precoce (2 mesi), eliminando la 3° dose effettuata al 6°-7° mese di vita, a seguito della pubblicazione delle evidenze scientifiche e aggiornamento della scheda tecnica. Nel maggio 2020 la scheda tecnica del vaccino 4cMenB è stata infatti modificata, prevedendo la possibilità di un ciclo vaccinale a due dosi per i bambini tra 2 e 5 mesi di età, con un intervallo tra le dosi di almeno 2 mesi e una dose di richiamo tra 12 e 15 mesi. Per tutti i soggetti che ricevono la vaccinazione dal sesto mese di vita in poi, l’indicazione è di somministrare due dosi di vaccino (a due mesi di distanza una dall’altra fino a 2 anni di età al momento della prima dose e un mese di distanza dopo 2 anni di età) con una dose di richiamo (raccomandata per tutti i bambini che ricevono la prima dose entro i 23 mesi di vita) [6].

Il vaccino MenB dovrebbe essere offerto in regime di co-pagamento ai bambini fino ai 6 anni di età, per poter fornire una adeguata protezione anche a chi non è stato compreso nelle coorti cui è stata offerta la vaccinazione gratuita, ma che necessitano di un’opportunità di immunizzazione.

Il Board raccomanda poi di valutare, con studi di Health Technology Assessment (HTA) e progetti pilota regionali, la possibilità di introdurre la vaccinazione con MenB per gli adolescenti. La raccomandazione della vaccinazione con MenB per gli adolescenti deriva dalla constatazione che circa il 70% dei casi di malattie meningococciche invasive tra 10 e 17 anni in Italia sono attualmente attribuibili a tale agente; che i casi di malattia invasiva meningococcica presentano la letalità più elevata nell’adolescenza; e che sono già presenti a livello internazionale, e anche in Italia, evidenze di un possibile switch capsulare di ceppi ipervirulenti (es. ST11). Per questi motivi una copertura più ampia risulta più opportuna per evitare fenomeni di ‘escape’.

Come il MenACWY, il MenB dovrebbe essere offerto ai soggetti a rischio di tutte le età: dai 2 mesi ai 9 anni di età dovrebbe essere utilizzato il vaccino 4cMenB, mentre a partire dai 10 anni possono essere utilizzati il 4cMenB o il vaccino a due componenti 2cMenB, secondo il numero di dosi indicato in scheda tecnica.

L’epidemia di meningite in Toscana e l’attuale calendario vaccinale toscano

Nel 2005 la Regione Toscana ha introdotto la vaccinazione contro il meningococco C nel proprio calendario vaccinale regionale. Inizialmente era prevista la somministrazione di tre dosi di MenC a tutti i bambini al 3°, 5°, e 13°-15° mese di età e un catch-up dei bambini non vaccinati fino a 5 anni di vita. Dal 2007 la vaccinazione è stata offerta al 13°-15° mese e a 12-14 anni, con l’obiettivo di raggiungere una copertura vaccinale (CV) dell’80% e con possibile recupero di bambini tra il 2° e 6° anno di vita con una singola dose. Parallelamente era raccomandata la vaccinazione con tre dosi (prima dose al 3° mese di vita e ultima dose dopo l’anno) per i bambini affetti da talassemia e anemia falciforme, asplenia funzionale e anatomica, condizioni associate a immunodepressione (come trapianto d’organo o terapia antineoplastica, compresa la terapia sistemica corticosteroidea ad alte dosi), diabete mellito tipo 1, insufficienza renale con creatinina clearance <30 ml/min, infezione da HIV, immunodeficienze congenite, malattie cardiovascolari croniche gravi, malattie epatiche croniche gravi, perdita di liquido cerebrospinale, difetti congeniti del complemento o in caso di situazioni epidemiologiche ritenute ad alto rischio dall’U.F. di Igiene e Sanità Pubblica. Nei soggetti di qualunque età a rischio per patologia, l’offerta della Regione Toscana prevedeva la somministrazione di una singola dose di MenC (dopo l’anno di età) [7].

Nel 2013 in Toscana furono notificati 12 casi di malattia meningococcica (tre dei quali provocati dal sierogruppo C); mentre nel 2014 furono registrati 16 casi (due dei quali provocati dal sierogruppo C) [8]. Da gennaio 2015 a febbraio 2016, è stato registrato un aumento di casi di malattia meningococcica provocata dal meningococco C: 43 casi, di cui 10 fatali. Rispetto agli anni precedenti, il tasso di incidenza è aumentato passando da 0,83 casi per 100.000 abitanti nel 2015, a 1,98 casi per 100.000 abitanti nei primi mesi del 2016 rispetto ai 0,05 casi per 100.000 abitanti nel 2014 e 0,11 per 100.000 abitanti nel 2012. Dei 43 casi notificati 35 erano stati causati dal sierogruppo C:P1.5-1,10-8:F3-6:ST-11(cc11) [9]. Per contrastare questo incremento preoccupante dei casi, a partire da marzo 2015 è iniziata una campagna vaccinale di emergenza contro il meningococco C. È stata offerta in modo attivo (contattando singolarmente i soggetti da vaccinare tramite lettera) e gratuitamente una dose di MenACYW a tutti i soggetti di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, anche se erano stati vaccinati in precedenza con il vaccino MenC. La vaccinazione è stata offerta anche a tutti i residenti nelle aree ad alta incidenza (Arezzo, Empoli, Firenze, Lucca, Massa, Pistoia, Pisa, Prato e Versilia) di età compresa tra 20 e 44 anni. Entro la fine dell’anno sono stati vaccinati 120.272 soggetti di 11-19 anni e 109.101 soggetti di 20-44 anni (raggiungendo, rispettivamente, una copertura del 42,5% e del 14% nei due gruppi di età). Il 16 febbraio 2016, a seguito dell’aumento del numero di casi registrato nelle fasce di età non coperte dalla campagna di immunizzazione straordinaria, la vaccinazione è stata estesa in tutta la Regione Toscana anche per gli individui adulti, utilizzando il MenC o il MenACWY e mantenendo attiva l’offerta nel gruppo di età 11-20 anni [10]. Nel 2017, infine, a seguito della constatazione di casi anche tra i vaccinati con una dose e in base alle evidenze scientifiche di riduzione dei titoli anticorpali protettivi nel tempo dopo la vaccinazione, la Regione Toscana ha raccomandato la somministrazione di una dose aggiuntiva di vaccino MenC ai soggetti di 6-9 anni [11]. Questa ultima raccomandazione è stata confermata nell’attuale calendario vaccinale regionale, aggiornato con la delibera della Giunta regionale n° 193 del 18 febbraio 2019 [12, 13].

L’attuale calendario vaccinale della Regione Toscana, dunque, raccomanda la somministrazione di tre dosi di vaccino, di cui la prima dal 13° al 15° mese (preferibilmente al 15°), la seconda dose dai 6 ai 9 anni, e la terza dose a 13 anni. Ai soggetti di 9-20 anni (dai 9 anni compiuti al compimento dei 20) già vaccinati con una o due dosi da più di cinque anni, è offerta attivamente e gratuitamente la seconda o la terza dose con MenACWY. Nella fase di transizione al nuovo calendario vaccinale con tre dosi è stata garantita l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione ai non vaccinati di qualsiasi età fino al compimento dei 20 anni. Nelle età successive la vaccinazione è possibile in compartecipazione alla spesa, salvo che il soggetto appartenga a un gruppo a rischio [13].

Le raccomandazioni vaccinali contro il meningococco nei calendari vaccinali delle regioni italiane

La Tabella I riassume le raccomandazioni vaccinali di somministrazione del vaccino MenC e del vaccino MenACWY previste dal PNPV 2017-2019 e dalle regioni in cui l’offerta si differenzia da quanto previsto a livello nazionale.

Tab. I.

Raccomandazioni vaccinali regionali per il Men C e MenACWY differenti da quelle previste dal PNPV 2017-2019.

12°
mese
13°
mese
14°
mese
15°
mese
5-6
anni
6-9
anni
11°
anno
12°
anno
13°
anno
14°
anno
15°
anno
17°
anno
18°
anno
PNPV Men C Men ACWY
Abruzzo [14] Men C (ACWY in copayment con pagamento della differenza) Men ACWY
Basilicata [15] Men ACWY Men ACWY
Calabria [16,17] Men C o Men ACWY Men ACWY
Campania [18] Men ACWY Men ACWY
Emilia Romagna [19-21] Men ACWY Men ACWY Catch up gratuito fino a 18 anni;
> 18 anni a pagamento
Friuli V.G.
[22–25]
Men ACWY Men ACWY Men ACWY
Catch up gratuito fino a 25 anni
Lazio
[26]
Men C/Men ACWY Catch-up con ACWY Men ACWY
(catch-up 18-30 anni)
Liguria [27] Men ACWY Men ACWY
Marche [28] Men ACWY Men ACWY
Molise
[29]
Men ACWY Men ACWY
Puglia
[30]
Men ACWY Men ACWY
Sicilia
[31]
Men ACWY se richiesto PLS Men ACWY
(catch-up 18-30 anni)
Toscana [11] Men C Men C ccol
(catch-up fino a 20 anni)
P.A. Trento
[32]
Men ACWY Men ACWY Catch up gratuito fino a 18 anni;
> 18 anni a pagamento
Veneto [33,34] Men ACWY Men ACWY Catch up gratuito fino a 18 anni;
> 18 anni a pagamento

Le Regioni italiane hanno recepito le raccomandazioni di vaccinazione contro il meningococco C e ACWY per i bambini piccoli e gli adolescenti previste dal PNPV 2017-2019. Tuttavia, in alcune regioni si riscontra la sostituzione del MenC con il MenACWY nella vaccinazione della fascia pediatrica nell’ottica di fornire una maggiore protezione contro le infezioni da meningococco.

Anche le raccomandazioni del PNPV sulla vaccinazione con MenACWY per gli adolescenti sono state recepite nei vari calendari vaccinali regionali: alcune Regioni, però, hanno anticipato (Puglia), posticipato (P.A. Trento, Veneto) rispetto alle indicazioni del PNPV o mantenuto negli anni l’offerta vaccinale (Basilicata, Calabria, Lazio, Marche, Friuli V.G.).

La Regione Toscana al momento è l’unica regione italiana che prevede la somministrazione di tre dosi di vaccinazione antimeningococcica.

Tutte le regioni hanno recepito la raccomandazione della vaccinazione con MenB nel primo anno di vita, anche se con qualche differenza nelle tempistiche della scheda vaccinale. In particolare, a seguito della recente modifica delle indicazioni della scheda tecnica del 4cMenB [6], unico vaccino contro il meningococco B attualmente utilizzabile per fascia pediatrica, la tempistica della schedula vaccinale del MenB ora è in fase di cambiamento nelle varie regioni, rispetto a quanto specificato dai calendari vaccinali pubblicati.

Le coperture vaccinali per meningococco C e ACWY in età pediatrica e in adolescenza

In Italia, le coperture vaccinali a 36 mesi di vita contro il meningococco C sono risultate complessivamente in aumento negli ultimi anni (Figura 1). Nel 2019, la CV a 36 mesi del MenC in Italia è stata di 83,2%, in lieve calo rispetto al trend positivo registrato dal 2013 in poi. Vi sono, tuttavia, notevoli variazioni tra le regioni: la regione che nel 2019 ha osservato il tasso più basso di coperture di MenC è stata la Calabria (35,9%), mentre quella con il tasso più alto è stata l’Emilia-Romagna (94,1%) [35].

Fig. 1.

Fig. 1.

Coperture vaccinali contro il meningococco C a 36 mesi in Italia.

Nei diciottenni, si evidenzia un trend positivo per quanto riguarda le CV con il MenACWY, mentre le coperture per il MenC sono rimaste pressoché stabili nel periodo 2016-2019 (Figura 2) [36].

Fig. 2.

Fig. 2.

Coperture vaccinali contro il vaccino MenC e con il vaccino ACWY nei diciottenni in Italia.

Le raccomandazioni vaccinali dei diversi Paesi europei contro il meningococco

Nei diversi Paesi europei le raccomandazioni riguardo alle vaccinazioni antimeningococciche presentano un’offerta molto varia, come si può osservare nella Tabella II.

Tab. II.

Raccomandazioni vaccinali contro il meningococco in vari Paesi europei.

Mesi Anni
2 3 4 5 6 8 12 13 14 15 5-6 9-10 11 12 13 14 15 16 19
Austria B B B Catch-up Men B Men C – Men B catch-up 16 mesi-10 aa ACWY catch-up fino18 anni con Men B
Belgio C
Cipro C MPSV4 (solo per gruppi a rischio)
Francia C* C* Catch-Up Men C (2-24 aa)
Germania Men C (12-23 mesi) Catch-Up Men C (2-17 aa)
Grecia ACWY /B (2-11 mesi) C Catch-Up Men C ACWY Catch-Up ACWY
Irlanda B B C B C C
Islanda C C
Liechtenstein Men C (catch-up fino a 5 anni) Catch-Up Men C (11-20 aa)
Lituania B B Men B
Lussemburgo B C B
(14-23 mesi)
Men B/MenC Men C
Olanda AC
WY
AC
WY
Polonia Men C Men C
Portogallo C
Regno Unito
[38]
B B B-C ACWY ACWY
Fino a 25 aa
R. Ceca Men B ACWY ACWY/Men B
Spagna C C ACWY Catch up ACWY
(13-18 aa)

*Obbligatorio

In alcuni Paesi europei non è prevista nessuna raccomandazione per la vaccinazione contro il meningococco (Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Norvegia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria).

Per quanto riguarda l’offerta vaccinale contro il meningococco C c’è una disomogeneità di offerta a livello europeo. In Belgio e in Portogallo è prevista la somministrazione di una sola dose di MenC intorno all’anno di età (15 e 12 mesi, rispettivamente); anche in Polonia è raccomandata la somministrazione di una dose di MenC, ma è possibile ricevere la vaccinazione tra i 2 mesi e i 19 anni di età.

Germania e Lichtenstein raccomandano la vaccinazione con MenC nel secondo anno di vita e la possibilità di recupero dei soggetti non vaccinati entro i 17-24 anni di età.

Due dosi di MenC sono raccomandate in Islanda (a 6 e 8 mesi di età), Lussemburgo (a 13 mesi di età e 15-16 anni), Austria, Grecia, Regno Unito (all’anno di età con MenC e nell’adolescenza con MenACWY) e in Francia (a 5 e 12 mesi). In particolare, in Francia la vaccinazione con MenC è obbligatoria ed è prevista la possibilità di immunizzare chi non è stato vaccinato in precedenza fino a 24 anni di età. Due dosi di MenACWY sono raccomandate nei Paesi Bassi, rispettivamente a 14 mesi di età e a 14 anni. A Cipro è raccomandata la vaccinazione con MenC a 12-13 mesi di vita, e con vaccino tetravalente polisaccaridico (MPSV4) tra 2 e 11 anni qualora sussistano condizioni di rischio di malattia invasiva per immunocompromissione congenita o acquisita. Inoltre, il vaccino non è finanziato dal Sistema Sanitario Nazionale.

Infine, tre dosi di MenC sono raccomandate in Irlanda (a 6 mesi, 13 mesi e a 12-13 anni di età, di cui l’ultima con MenACWY) e in Spagna (a 4 mesi, 1 anno e 12 anni, di cui l’ultima con MenACWY) con mantenimento dell’offerta fino a 18 anni.

Solo in Austria, Irlanda, Lituania e Regno Unito è prevista la vaccinazione contro il meningococco B, con due dosi di MenB (tre nel caso dell’Austria) durante il primo anno di vita e una al primo anno. In Repubblica Ceca il vaccino non è finanziato dal Sistema Sanitario Nazionale ed è raccomandato soltanto in alcuni gruppi a rischio, così come le vaccinazioni antimeningococco C [37].

Le raccomandazioni vaccinali contro il meningococco negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti le raccomandazioni vaccinali contro il meningococco prevedono l’offerta di due dosi di vaccino MenACWY, una somministrata a 11-12 anni e una a 16 anni, con la possibilità di anticipare la vaccinazione prima degli 11 anni se il soggetto appartiene a una delle categorie considerate a rischio (immunodeficienze o patologie cardiache o diabete) o se deve viaggiare in aree endemiche.

È inoltre prevista la possibilità di catch-up a 13-15 anni con una dose booster a 16-18 anni o all’età di 16-18 anni con una dose. Per gli adulti è raccomandata la somministrazione di una o due dosi di MenACWY solo per soggetti considerati a rischio.

La vaccinazione contro il meningococco B, oltre ai soggetti a rischio, è raccomandata agli adolescenti non a rischio aumentato all’età compresa tra 16 e 23 anni (preferibilmente all’età 16-18 anni) sulla base di un processo decisionale clinico condiviso (2 dosi di 4cMenB a distanza di almeno 1 mese o 2 dosi di 2cMenB a distanza di almeno 6 mesi e se la dose 2 è somministrata prima di 6 mesi, è necessario somministrare una terza dose ad almeno 4 mesi dopo la dose 2 [40].

Conclusioni

Le raccomandazioni italiane, europee e statunitensi prevedono offerte vaccinali contro i vari ceppi di meningococco molto variegate. Tuttavia, in quasi tutti i Paesi sono state introdotte raccomandazioni per la vaccinazione contro il meningococco C. Solitamente le raccomandazioni prevedono la somministrazione di una dose di MenC o di MenACWY dopo il primo anno di età e un richiamo nell’adolescenza con una dose di MenACWY. Tuttavia, le evidenze scientifiche hanno dimostrato che la protezione indotta dal vaccino può scendere ai valori precedenti la vaccinazione dopo 4-5 anni nei bambini che hanno ricevuto una o tre dosi entro 13-15 mesi di vita e continua a diminuire durante l’adolescenza e la vita adulta, lasciando scoperte fasce d’età in cui il rischio di contrarre l’infezione da meningococco C è ancora alto [36]. Per questo motivo sarebbe utile allargare l’offerta vaccinale a coorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019 con una cadenza quinquennale di immunizzazione, così come suggerito dal Calendario per la Vita 2019 [4]. In questa ottica la vaccinazione con MenACWY potrebbe essere estesa alla fascia di età scolare e a quella dei giovani adulti (≥ 19 anni). La Regione Toscana ha già allargato l’offerta vaccinale anche ai bambini di 6-9 anni. La vaccinazione contro il meningococco B è ormai raccomandata per gli infanti su tutto il territorio nazionale, anche se con piccole differenze di schedula vaccinale e nel futuro sarà valutata l’estensione dell’offerta anche alla fascia adolescenziale. Pertanto, oggi in Italia ci sono tutti i presupposti per una lotta estensiva contro tutti i sierogruppi responsabili di patologia meningococcica invasiva: vaccini disponibili contro i meningococchi ACWY e B e raccomandazioni vaccinali per le fasce di età più vulnerabili. L’estensione delle raccomandazioni a ulteriori coorti permetterà pertanto di consolidare l’impatto della vaccinazione contro questa patologia particolarmente severa, invalidante e letale.

Figure e tabelle

Bibliografia

J Prev Med Hyg. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128.

Impatto organizzativo della vaccinazione di coorti aggiuntive con vaccino antimeningococcico quadrivalente coniugato

ROSANNA TINDARA MICALE 1, MARIASILVIA IOVINE 1, PIERO LUIGI LAI 1, DONATELLA PANATTO 1

Introduzione

Nella lotta contro la malattia da meningococco, in ambito preventivo, l’unica arma a disposizione è la vaccinazione. Attualmente sono disponibili vaccini sicuri ed efficaci per 5 dei 6 sierogruppi patogeni di Neisseria meningitidis. Tuttavia, al fine di pianificare correttamente un programma di prevenzione primaria è necessario, non solo avere a disposizione vaccini sicuri ed efficaci, ma anche identificare le migliori strategie di immunizzazione per garantire il massimo beneficio in termini di salute ed economici.

L’attuale Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale [1] prevede:

  • nel primo anno di vita la vaccinazione con il vaccino per Neisseria meningitidis B (MenB);

  • nel secondo anno di vita la vaccinazione per Neisseria meningitidis C (MenC) o in alternativa l’utilizzo del vaccino quadrivalente coniugato (MenACWY) allo scopo di offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione;

  • negli adolescenti la vaccinazione con il vaccino quadrivalente coniugato (MenACWY) sia per i soggetti mai vaccinati sia per i soggetti già immunizzati nell’infanzia. La vaccinazione di questo secondo gruppo di individui è importante poiché i titoli anticorpali battericidi tendono a diminuire nel tempo determinando una protezione ridotta nei confronti della malattia. Occorre sottolineare che, a causa della rapida insorgenza e progressione della malattia, la protezione dipende maggiormente dagli anticorpi circolanti rispetto alla memoria immunologica, poiché le risposte anticorpali anamnestiche a seguito dell’esposizione al meningococco potrebbero non produrre in tempo titoli protettivi per prevenire la malattia invasiva.

L’andamento epidemiologico della malattia nelle diverse fasce di età e il cambiamento del trend epidemiologico dei diversi sierogruppi sono alla base di nuove ipotesi di strategie vaccinali. Considerando le nuove evidenze scientifiche, le nuove opportunità di prevenzione e la situazione epidemiologica in continuo cambiamento è opportuno considerare di sostituire nel secondo anno di vita il vaccino MenC con il vaccino MenACWY e prevedere di inserire coorti aggiuntive di offerta vaccinale gratuita per: ridurre il rischio individuale di malattia e di morte, limitare la probabilità di trasmissione e ridurre i costi diretti e indiretti associati alla malattia generando un beneficio globale per la collettività. La strategia vaccinale multi-coorte considerata in questo report HTA prevede l’inserimento di due coorti aggiuntive rispetto all’attuale offerta vaccinale: vaccinazione con MenACWY al 6° anno e al 19° anno. Pertanto, la nuova strategia considera 4 coorti da immunizzare con MenACWY: 13-15° mese; 6° anno, 11° anno e 19° anno.

Quando si prevede di ampliare un’offerta vaccinale occorre fissare obiettivi di copertura e valutare l’impatto sul sistema organizzativo. È necessaria, pertanto, un’attenta pianificazione organizzativa che preveda, in accordo con le linee guida a livello nazionale e regionale, di raggiungere gli obiettivi di salute utilizzando strategie flessibili che possano adattarsi in modo efficace ed efficiente ai contesti locali [2]. Mettere in atto interventi secondo un’appropriatezza organizzativa, come da definizione del Ministero della Salute, significa scegliere il giusto intervento e fornirlo nei modi e nei tempi adeguati, secondo standard riconosciuti. Il Ministero della Salute definisce “L’appropriatezza come un intervento sanitario (preventivo, diagnostico, terapeutico, riabilitativo) correlato al bisogno del singolo individuo (o della collettività), fornito nei modi e nei tempi adeguati, sulla base di standard riconosciuti, con un bilancio positivo tra benefici, rischi e costi. L’appropriatezza riguarda l’effettuazione di una procedura corretta sul soggetto giusto al momento opportuno e nel setting più adatto” [3].

Epidemiologia della malattia da meningococco: la spinta per una strategia multi-coorte con il vaccino MenACWY

Studiare l’andamento epidemiologico globale e per aree geografiche, permette di valutare l’impatto dei diversi programmi di vaccinazione e di acquisire conoscenza sulle variabili che influenzano i modelli di malattia per ipotizzare strategie preventive aggiuntive.

In Italia, il tasso di incidenza di malattia meningococcica è minore rispetto a quello riportato in Europa [4]. Tuttavia, il limitato uso delle tecniche molecolari e la disomogeneità nella segnalazione dei casi nelle diverse Regioni suggerisce una sottostima dei casi (vedi Capitoli 2 e 3).

Negli ultimi anni, è stato osservato un trend epidemiologico in continua evoluzione in termini sia di incidenza globale che di incidenza per sierogruppi a causa dell’emergere di cloni ipervirulenti, dello stato immunitario della popolazione e delle strategie di vaccinazione.

In Europa, è stato osservato un decremento dei casi dovuti a MenB e MenC grazie ai programmi di immunizzazione e evidenziata una crescita dei casi da MenW e MenY [4-9]. Un incremento dell’incidenza di MenW è stato osservato dal 2013 al 2017 (da 0,03 a 0,10 per 100.000 abitanti) con una crescita più rilevante nei bambini piccoli e negli adulti, probabilmente dovuta alla rapida diffusione di un singolo clone dalla Gran Bretagna agli altri Paesi europei [9-12]. In Italia, nel 2017, i sierogruppi W e Y sono stati responsabili del 7% e del 19% dei casi, rispettivamente [9]. Occorre considerare che, anche in altri Paesi, è stato osservato un aumento dei casi dovuti al sierogruppo W, ad esempio in Argentina, Cile e Brasile [13].

Un altro aspetto importante da considerare sono le crescenti resistenze agli antibiotici osservate per alcuni ceppi di Neisseria meningitidis [7] che determinano un aumentato pericolo, non solo per le persone ad alto rischio (es. splenectomizzati, HIV+), ma anche per la popolazione generale. Sono note, inoltre, alterazioni nel profilo genetico di questo patogeno che potrebbero aumentare il potenziale epidemico di uno specifico sierogruppo, rendendolo, oltre che resistente agli antibiotici, anche più virulento [7, 8]. Infatti, Neisseria meningitidis possiede la capacità di scambiare naturalmente materiale genetico tra i vari sierogruppi. In letteratura sono stati descritti switching capsulari tra sierogruppi A e C, A e W e tra B e C [7, 8, 14]. Pertanto, offrire alla popolazione un’ampia offerta di vaccinazione è fondamentale per contrastare questa eventualità.

L’andamento epidemiologico dei diversi sierogruppi nel mondo, in Europa e in Italia, indica chiaramente il vaccino MenACWY coniugato quale vaccino di elezione sia per la dose dopo il compimento del primo anno di vita sia per il richiamo a tutte le età.

Il Calendario per la Vita 4° edizione 2019, elaborato dalla Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e dalla Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) [15] propone l’introduzione di una dose booster nel periodo tra 6-9 anni considerando che la protezione verso la malattia è correlata a titoli anticorpali specifici e che dopo 5 anni dalla vaccinazione una quota di vaccinati non risulta protetta con certezza. Inoltre, ribadisce l’importanza della vaccinazione nell’età adolescenziale indipendentemente dall’avere ricevuto o meno la dose booster tra 6-9 anni, poiché i dati epidemiologici indicano una ripresa del numero di casi nell’adolescenza [15].

Bambini, adolescenti e giovani adulti: impatto organizzativo

Il successo di una strategia di immunizzazione è associato al raggiungimento di adeguate coperture vaccinali, le quali sono influenzate da molteplici aspetti come un’efficiente organizzazione dei centri vaccinali, idonei percorsi di sensibilizzazione per la popolazione e gli operatori sanitari e strategie organizzative innovative e integrate [rafforzare la collaborazione tra la Sanità Pubblica e i pediatri di famiglia e i medici di medicina generale, prevedere eventuali campagne di vaccinazione durante il percorso di studio (scuole e università)].

Il contenimento delle epidemie di meningococco B nei campus dei college statunitensi ha permesso di dimostrare come, in situazioni di emergenza, si possano ottenere buone coperture vaccinali, ma al prezzo di un grande sforzo organizzativo e logistico che rischia però di essere vanificato nel tempo [16]. Pertanto, l’approccio ottimale per la prevenzione della malattia da meningococco non è il ricorso alla profilassi e alla vaccinazione di contatti a seguito di un caso di malattia o di un’epidemia (per loro natura non prevedibili) [17], ma l’inclusione della vaccinazione direttamente nei piani di prevenzione nazionale, dati gli alti tassi di letalità della malattia e delle sequele nonostante un pronto trattamento antibiotico [18].

In una prospettiva organizzativa ottimale, un nuovo programma di vaccinazione necessita di essere supportato da un’appropriata allocazione di risorse economiche, strutturali (es. numero di ambulatori vaccinali sul territorio) e di adeguate risorse umane.

POSSIBILI CO-SOMMINISTRAZIONI

Il PNPV [1] e la legge dell’obbligo vaccinale per l’iscrizione scolastica [19] impone la necessità di sottoporre infanti, bambini, adolescenti e giovani a più vaccinazioni in tempi predefiniti. In tale contesto, è chiaro come l’introduzione di altre dosi possa generare un problema organizzativo non indifferente. Di conseguenza, è di fondamentale importanza disporre della possibilità di ricorrere alle co-somministrazioni. Inoltre, la chiamata attiva per le vaccinazioni obbligatorie può essere un’ottima occasione per proporre la vaccinazione antimeningococcica e raggiungere coperture vaccinali soddisfacenti.

La strategia multi-coorte, oggetto di questo report, prevede:

  1. Una dose al secondo anno di vita (13°-15° mese) in sostituzione della vaccinazione con MenC. Per questa fascia di età, in Italia, attualmente sono autorizzati due vaccini MenACWY-TT (Nimerix® e MenQuadfi®) che possono essere co-somministrati con il vaccino morbillo - parotite - rosolia (MPR) e il vaccino morbillo - parotite - rosolia - varicella (MPRV) [20, 21].

  2. Una dose al 6° anno. Tutti i vaccini attualmente autorizzati in Italia possono essere co-somministrati con i vaccini: MPR, MPRV, difterite-tetano-pertosse acellulare (DTaP) [20-22].

  3. Una dose al 12° anno. Tutti i vaccini attualmente autorizzati in Italia possono essere co-somministrati con il vaccino adsorbito antitetanico e antidifterico, antipertossico acellulare a contenuto ridotto (Tdap). Il vaccino MenACWY-CRM197 può essere co-somministrato con il vaccino HPV quadrivalente ricombinante [21], MenACWY-TT (Nimerix®) può essere co-somministrato con il vaccino HPV bivalente [20] e il nuovo vaccino MenQuadfi® con il vaccino HPV (ricombinante, adsorbito). Inoltre, MenACWY-CRM197 può essere co-somministrato con il vaccino 4CMenB [21].

  4. Una dose al 19° anno. Attualmente il PNPV [1] non prevede vaccinazioni in questa fascia di età. Pertanto, in questo caso dovrebbero essere prese in considerazione nuove strategie che prevedano di proporre la vaccinazione in tutte le occasioni utili (iscrizione all’università, a corsi di formazione professionale, a programmi di mobilità studentesca, servizio civile/carriera militare, ecc.).

ORGANIZZAZIONE DEI CENTRI VACCINALI

L’adozione di una strategia vaccinale antimeningococcica multi-coorte presenta alcune criticità relative all’organizzazione dei centri vaccinali che devono essere attentamente considerate: il potenziamento dei servizi già presenti sul territorio con l’aumento del numero di centri vaccinali, l’estensione degli orari di apertura degli stessi e la programmazione di giornate dedicate a specifiche vaccinazioni. Come precedentemente detto, la vaccinazione antimeningococcica ACWY in età pediatrica e adolescenziale si andrebbe ad aggiungere alla somministrazione dei vaccini attualmente previsti dal PNPV [1] con conseguente sovraccarico per le ASL. Inoltre, dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di organizzare sedute vaccinali in punti “strategici” (es. centri giovanili e ambulatori scolastici) (vedi paragrafo successivo) [2, 23, 24] che, oltre ad alleggerire il carico lavorativo dei centri vaccinali ASL, potrebbe essere sfruttata per un’adeguata attività di counselling al fine di migliorare la compliance alla vaccinazione [2]. Questa opportunità richiede di essere supportata da un incremento del numero di personale sanitario qualificato.

Per raggiungere i giovani adulti, per i quali attualmente non è prevista alcuna vaccinazione, sarà necessario considerare nuove strategie. Ad esempio, nel Regno Unito, un’occasione utilizzata per la promozione delle vaccinazioni è l’iscrizione all’università [8]; in tale occasione si potrebbero anche ipotizzare colloqui di prevenzione e promozione della salute al fine di aumentare il benessere globale dei giovani adulti.

COPERTURE VACCINALI E COUNSELLING

Quando si propone una nuova strategia vaccinale, criticità legate alla compliance potrebbero verificarsi. I principali fattori associati a basse coperture sono: la scarsa accettazione di sedute vaccinali ripetute, la reale percezione del rischio di malattia e la paura delle reazioni avverse al vaccino [2, 25]. Il primo punto può essere superato con la co-somministrazione, il secondo non è di particolare rilevanza nel caso della malattia meningococcica, in quanto la paura della patologia rappresenta un’opportunità per raggiungere livelli di copertura vaccinale soddisfacenti [2]. Relativamente al timore degli eventi avversi, l’unico modo efficace è contrastare la disinformazione con campagne mirate di sensibilizzazione, utilizzando strumenti di comunicazione adeguati a ogni gruppo di popolazione [2, 25-29] (vedi capitolo 9).

Occorre considerare che, l’introduzione dell’obbligatorietà vaccinale per l’iscrizione scolastica ha determinato una crescita delle coperture vaccinali, non solo per le vaccinazioni obbligatorie, ma anche per le vaccinazioni raccomandate [30] in tutte le fasce di età grazie alla possibile co-somministrazione come precedentemente detto. Questo fenomeno è stato osservato anche in altre realtà internazionali. Ad esempio, uno studio americano ha riportato un aumento significativo delle coperture vaccinali quando la vaccinazione anti-meningococco era offerta agli undicenni in associazione con il Tdap, obbligatorio per l’ingresso a scuola, passando dal 29% del 2007 al 65,4% del 2013 [31, 32].

Nella strategia di vaccinazione multi-coorte considerata in questo report HTA, una delle principali criticità potrebbe essere il raggiungimento di coperture vaccinali soddisfacenti negli adolescenti e nei giovani che possiamo definire gruppi di popolazione “difficili da raggiungere”. In generale, gli adolescenti e i giovani hanno meno contatti con il proprio medico rispetto ad altri gruppi di popolazione; pertanto, strategie mirate dovrebbero essere considerate [2, 33]. Il counselling vaccinale dovrebbe essere correttamente calibrato e la comunicazione dovrebbe avvenire in un ambiente accogliente nei modi e nei tempi opportuni e condotta da personale adeguatamente formato che possa comprendere i reali bisogni e rispondere alle richieste dell’utente [25, 34-36]. Considerando che la popolazione giovanile utilizza principalmente il web per ricercare informazioni, questa via di comunicazione dovrebbe essere considerata e utilizzata (vedi Capitolo 9) [34, 35]. Inoltre, altri possibili interventi a basso costo, come la distribuzione di opuscoli informativi (anche attraverso la posta elettronica), dovrebbero essere considerati poiché evidenze positive sono già state acquisite in altri Paesi [24, 31, 32].

Nel processo di counselling, particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ad alcune categorie a rischio come, ad esempio, gli stranieri nei confronti dei quali dovrebbero essere studiati approcci specifici al fine di superare barriere linguistiche, sociali e culturali.

ANAGRAFE VACCINALE E SISTEMI DI SORVEGLIANZA

Un fattore strettamente associato con l’aspetto organizzativo è l’istituzione dell’anagrafe vaccinale nazionale. L’Anagrafe nazionale vaccini è stata istituita con il Decreto del Ministero della Salute 17 settembre 2018 con l’obiettivo di garantire la verifica delle coperture vaccinali, coerentemente con il calendario vaccinale nazionale vigente e di favorire l’elaborazione di indicatori a fini comparativi a livello nazionale, regionale e aziendale [37]. Tale anagrafe è uno strumento essenziale per definire le dimensioni della popolazione vaccinata (coperture vaccinali), valutare l’effectiveness vaccinale e supportare il sistema di farmacovigilanza, in quanto la registrazione in tempo reale della data di somministrazione del vaccino e, soprattutto, del nome commerciale del prodotto garantisce un’associazione corretta tra evento avverso e vaccino, riducendo gli errori e le correlazioni non veritiere [38]. Solo con il completamento del processo di informatizzazione dell’anagrafe vaccinale accessibile, non solo agli operatori sanitari delle ASL, ma anche ai pediatri di famiglia e ai medici di medicina generale, si potranno quantificare le reali ricadute delle azioni di sensibilizzazione sull’adesione alle vaccinazioni. Inoltre, sarebbe di grande aiuto al sistema organizzativo e contribuirebbe alla riduzione di “occasioni mancate” per proporre le vaccinazioni [1, 37]. Nonostante siano stati fatti grandi sforzi per l’implementazione di un’applicazione software unica a livello nazionale o, almeno a livello regionale, per garantire la completa standardizzazione del processo, esistono ancora molte criticità legate alle diverse realtà regionali e aziendali. Come riportato da un’indagine sulle anagrafi vaccinali informatizzate condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ad oggi, il 70% delle ASL ha un’anagrafe vaccinale informatizzata, tuttavia solo il 17% trasmette o condivide i dati individuali con la propria regione mentre le altre trasmettono esclusivamente i dati aggregati di copertura vaccinale [39, 40]. È necessario, quindi, migliorare il livello di informatizzazione dei dati sulle vaccinazioni, soprattutto nelle regioni del Sud.

Inoltre, l’attuale situazione di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da SARS-CoV-2 ha messo in luce ulteriori criticità del sistema e, per superare, almeno parzialmente le problematiche emerse, il 2 dicembre 2020 il Ministro della Salute ha presentato al Parlamento le linee guida del Piano strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19. Da gennaio 2021, come previsto dall’articolo 3 del Decreto-Legge 14 gennaio 2021 n. 2, l’anagrafe nazionale vaccini è alimentata giornalmente dalle regioni e Province Autonome con i dati relativi alle somministrazioni di massa dei vaccini anti COVID-19 [40]. Si auspica che presto il sistema sia implementato per tutte le vaccinazioni previste dal PNPV. Questo faciliterebbe lo svolgimento di numerose attività dei centri vaccinali: la registrazione dei dati anagrafici e di immunizzazione, la generazione di inviti, l’identificazione dei casi di mancata vaccinazione e la gestione delle scorte di vaccini. Infine, permetterebbe una rapida stima delle coperture vaccinali, che insieme alla sorveglianza delle malattie prevenibili rappresenta un indicatore fondamentale per valutare l’impatto dei programmi di vaccinazione.

Come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i programmi di immunizzazione devono essere strettamente connessi con le attività di sorveglianza epidemiologica e di laboratorio e gli effetti degli stessi devono essere sistematicamente valutati in termini di adeguatezza, efficienza ed efficacia. Un sistema integrato che comprenda un’anagrafe vaccinale nazionale e un sistema di sorveglianza epidemiologica e di laboratorio delle malattie prevenibili con la vaccinazione permetterebbe di identificare eventuali fallimenti vaccinali verificando la storia vaccinale dei singoli casi.

Ulteriori risorse economiche dovrebbero essere rese disponibili per potenziare i sistemi di sorveglianza delle malattie batteriche invasive al fine di monitorare nel tempo l’effectiveness dei programmi di vaccinazione in associazione con le relative coperture vaccinali.

Percorsi organizzativi integrati

RUOLO DEI PEDIATRI E DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE NELLA PROMOZIONE DELLE VACCINAZIONI: ALLEANZE CON LA SANITÀ PUBBLICA

Come precedentemente detto, il successo di un programma di vaccinazione è strettamente connesso con il livello di copertura vaccinale raggiunto e, pertanto, è di prioritaria importanza programmare percorsi organizzativi integrati con l’obiettivo di coinvolgere attivamente tutti gli attori interessati: operatori di Sanità Pubblica, pediatri di libera scelta (PLS) e medici di medicina generale (MMG). È necessario che i PLS e i MMG agiscano in stretta condivisione di obiettivi e strategie attraverso la costituzione di un’unica rete integrata di prevenzione.

In particolare, i PLS hanno un ruolo fondamentale nel counselling per tutte le vaccinazioni dell’età pediatrica e adolescenziale, poiché hanno frequenti opportunità di incontro e confronto con i familiari dei bambini/adolescenti e possono, inoltre, essi stessi effettuare le vaccinazioni. I pediatri sono le figure professionali che meglio conoscono i propri assistiti e hanno la possibilità di implementare azioni di sensibilizzazione in modo proattivo con un approccio di medicina di iniziativa. Ragionare in termini di medicina di popolazione, rendendosi attivi nelle scelte di salute per i propri assistiti, conferisce ai medici nuove responsabilità, che comprendono la massimizzazione del valore tramite il raggiungimento degli outcome giusti, per i pazienti giusti, nel posto giusto e con il minor uso di risorse. Si va quindi, verso una medicina che produce “valore” in tutte le sue declinazioni superando i tradizionali confini di assistenza e prevenzione [2]. A tal fine, è necessario anche che il pediatra possa verificare lo stato vaccinale dell’assistito in tempo reale attraverso l’accesso all’anagrafe vaccinale.

Rispetto ai bambini e agli adolescenti, i giovani adulti hanno generalmente meno opportunità di contatto e visite mediche dal MMG e, pertanto, per questo gruppo di popolazione occorre ipotizzare strategie alternative.

Nel contesto della creazione di una rete integrata di prevenzione, la formazione continua di tutti gli operatori sanitari coinvolti è di cruciale importanza al fine di favorire un continuo aggiornamento sulle nuove opportunità e raccomandazioni.

VACCINAZIONI IN AMBITO SCOLASTICO

La possibilità di realizzare interventi di prevenzione/promozione della salute in ambito scolastico, comprese sedute vaccinali, è un’opportunità già colta in alcune realtà del nostro Paese e a livello internazionale [2,41,42]. Possono essere presi in considerazione diversi approcci complementari come l’allestimento di ambulatori vaccinali nelle scuole per una somministrazione diretta e l’attuazione di percorsi di sensibilizzazione al fine di promuovere le conoscenze sulle malattie infettive e la loro prevenzione [31]. Come riportato da un’indagine della SIP, gli adolescenti hanno un’idea positiva delle vaccinazioni e solo il 2% le ritiene inutili, pertanto, investire sulle conoscenze dei giovanissimi rappresenta un’opportunità [33]. Per garantire l’acquisizione dei temi trattati, è necessaria una formazione continua che tenga conto, non soltanto della maturità e dell’aumento progressivo delle conoscenze degli alunni ma, anche dei cambiamenti epidemiologici che caratterizzano le malattie infettive. Le attività di sensibilizzazione non devono essere limitate agli studenti, ma estese anche ai genitori e agli insegnanti per trasmettere informazioni corrette e, soprattutto, fornire indicazioni per strumenti adeguati al fine di distinguere sul web le fonti attendibili da quelle che diffondono fake news; in questo modo può crearsi un “circolo virtuoso” della buona informazione tra adulti (genitori ed insegnanti) e ragazzi, con gli studenti capaci di sensibilizzare i propri genitori sul tema [2]. In un recente studio americano è stato valutato l’effetto di una campagna di promozione del vaccino anti-HPV e i risultati hanno evidenziato un aumento dell’adesione alla vaccinazione del 14% [41].

Per quanto riguarda l’ipotesi dell’allestimento di ambulatori vaccinali nelle strutture scolastiche, sono molti i dati in letteratura, soprattutto internazionale, che ne documentano i benefici ed i vantaggi. Tuttavia, dal punto di vista organizzativo, questa strategia presenta alcune criticità quali: la predisposizione di locali adibiti all’atto vaccinale, le risorse di personale sanitario, l’incapacità di affrontare potenziali problemi medici in un contesto non sanitario e il consenso dei genitori [29, 43].

È noto che i genitori preferiscono un setting medico per la vaccinazione soprattutto a causa della paura di potenziali effetti collaterali e della corretta somministrazione del vaccino [43]. Pertanto, la presenza dei genitori durante l’immunizzazione ed un’adeguata consulenza potrebbero far crescere la fiducia e diminuire l’hesitancy alla vaccinazione.

Per un’efficace strategia di vaccinazione in ambito scolastico è necessario quindi potenziare ed ottimizzare le risorse già a disposizione e creare un’alleanza tra la Sanità Pubblica e la scuola al fine di offrire alla popolazione le vaccinazioni all’età giusta e massimizzare l’adesione con un risparmio di risorse. Inoltre, questa opportunità potrebbe essere anche utilizzata come traino per altre campagne informative di prevenzione/promozione della salute negli adolescenti [2].

Focalizzando l’attenzione sui giovani adulti, si potrebbe ipotizzare di attuare, in ambito universitario, delle campagne di informazione rivolte alle matricole sulle malattie infettive e di promozione delle vaccinazioni con la possibilità di prenotare un colloquio con personale formato. L’obiettivo è aumentare la consapevolezza dello studente che il percorso universitario gli offrirà molteplici opportunità di viaggi (Erasmus, work experience) e di condivisione di ambienti di vita collettiva (mense, sale studio, biblioteche ecc.) i quali sono associati con un maggior rischio di sviluppare malattie prevenibili con la vaccinazione, come la malattia invasiva da meningococco. Interventi di questo tipo, oltre che essere fattibili ed efficaci, potrebbero portare a numerosi benefici che dovrebbero essere indagati attraverso la realizzazione di studi ad hoc per stabilirne con precisione l’effectiveness [2, 42, 44].

L’importanza di strategie vaccinali condivise nell’era della globalizzazione

Le grandi battaglie dell’OMS per l’eliminazione o il contenimento di una malattia infettiva sono spesso realizzate sulla base di strategie vaccinali globali. Tali strategie richiedono necessariamente l’abbattimento di barriere ideologiche e politiche, di ostacoli economici e culturali a favore di un approccio collettivo e globale a difesa della salute delle popolazioni.

Nella lotta contro la malattia invasiva da Neisseria meningitidis, la vaccinazione e la profilassi antibiotica, devono agire in modo sinergico al fine di ridurre l’incidenza e contrastare la possibile emergenza di clade ipervirulenti nel prossimo futuro. Nel marzo del 2018 la Global Meningococcal Initiative (GMI) ha organizzato una tavola rotonda multidisciplinare con esperti provenienti da tutto il mondo per stilare raccomandazioni comuni [7, 45, 46]. In questo contesto sono emerse importanti differenze tra i diversi Paesi in termini di sorveglianza; per esempio, in Cina sono considerati solo gli eventi sentinella (senza conferma di laboratorio obbligatoria), nel Regno Unito e in Sudafrica è attiva una rete di sorveglianza che comprende una precisa analisi di laboratorio. Pertanto, è chiaro come l’organizzazione della sorveglianza in ogni singolo Paese abbia importanti ricadute in termini di valutazione di impatto della malattia [7]. Nello specifico, il peso della malattia meningococcica in molte parti del mondo è sconosciuto a causa di una sorveglianza inadeguata.

Complessivamente, anche se ogni Paese deve adattare l’offerta vaccinale antimeningococcica alle proprie esigenze è necessario procedere nella lotta al meningococco con un fronte comune, internazionale, basato sulla condivisione dei dati di sorveglianza e sulla standardizzazione delle procedure, date le potenzialità epidemiche di Neisseria meningitidis in un mondo globalizzato come quello attuale.

Conclusioni

Negli ultimi anni, sono stati compiuti progressi sostanziali nello sviluppo di vaccini contro il meningococco e molto è stato appreso dai Paesi che hanno inserito strategie multi-coorte nei loro programmi di immunizzazione. Le evidenze acquisite in tutto il mondo mostrano che, è opportuno considerare rapidamente l’inserimento della vaccinazione con il vaccino MenACWY nel calendario vaccinale per le categorie valutate nel presente HTA.

Il coinvolgimento di nuove coorti in un programma di vaccinazione gratuita comporta un’attenta programmazione in termini organizzativi che necessariamente necessita di risorse economiche (strutture, personale, approvvigionamento del numero di dosi, strategie organizzative innovative, ecc.).

Come a livello internazionale, anche a livello nazionale e regionale è necessaria una stretta collaborazione tra tutte le figure professionali coinvolte, in modo da ascoltare ogni istanza e mettere a frutto ogni potenzialità: dalla conoscenza dell’assistito in un rapporto privilegiato (MMG, PLS) all’implementazione di percorsi organizzativi innovativi che comprendano anche sedute vaccinali in contesti alternativi rispetto ai centri vaccinali delle ASL.

Infine, particolare attenzione deve essere dedicata alla pianificazione di campagne di sensibilizzazione adeguate ad ogni gruppo di popolazione (famiglie, adolescenti, giovani) in modo da fornire informazioni scientificamente corrette, aggiornate e approfondite (contrasto alle fake news) che possano tradursi in un reale beneficio di salute per tutte le fasce di età.

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Il ruolo della comunicazione nell’accettabilità della vaccinazione antimeningococcica

ANDREA MOSCADELLI 1, ANGELA BECHINI 1, BENEDETTA BONITO 1, PAOLO BONANNI 1, SARA BOCCALINI 1

Introduzione

Nonostante i vaccini siano stati da sempre acclamati come una delle più importanti conquiste scientifiche della storia, negli ultimi anni un numero crescente di persone ha iniziato a porsi molte domande sulla loro sicurezza ed efficacia, mettendo in difficoltà la comunità medica e compromettendo il raggiungimento e il mantenimento di alte coperture vaccinali [1].

Il concetto di Vaccine Hesitancy racchiude in sé i sentimenti di incertezza, riluttanza, dubbio che molte persone nutrono nei confronti delle vaccinazioni, e questo clima ha inevitabilmente condotto ad un calo delle coperture vaccinali negli ultimi anni [2]. Nel 2016, infatti, le coperture vaccinali per i vaccini raccomandati non avevano raggiunto l’obiettivo del 95%, stabilito nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (PNPV) [3]. Addirittura, nello stesso anno, si è assistito ad un calo dei tassi di copertura del vaccino esavalente e di quello contro morbillo-parotite-rosolia (MPR) del 2,8% rispetto al 2012 e del 3,6% rispetto al 2010 [4]. Pertanto, è possibile dire che le vaccinazioni sono diventate “vittima del proprio successo”. Infatti, in seguito alla drastica diminuzione di casi di malattie infettive dovuta all’impatto positivo degli estesi programmi di vaccinazione, l’attenzione e le paure della popolazione generale si sono spostate ora soprattutto sui rari effetti collaterali, che sono stati inoltre ingigantiti e reinventati in maniera incontrollata attraverso i new media [5]. Al giorno d’oggi non è difficile reperire informazioni riguardanti la prevenzione vaccinale che, non solo risultano essere prive di basi scientifiche, ma sono anche in contrasto con i principi stessi dell’immunizzazione vaccinale. Inoltre, gli algoritmi dei motori di ricerca come Google e dei social networks propongono direttamente contenuti secondo una “filter bubble”, cioè tenendo conto delle abitudini degli utenti o dell’area geografica in cui si trovano. Il risultato è quello di riportare all’utente informazioni che confermino le sue credenze iniziali, con conseguenze particolarmente rischiose e potenzialmente fuorvianti quando si tratta di temi legati alla salute [6]. Questa disinformazione ha inevitabilmente generato un clima di sfiducia e scetticismo verso i vaccini, e questo è avvenuto perché i new media hanno rivestito un ruolo chiave sia nell’indirizzare le informazioni riguardanti la salute, sia nel condizionare le scelte dei genitori, e non solo, riguardo alla vaccinazione dei propri figli o se stessi [7]. Tale scetticismo nei confronti non solo dei vaccini, ma anche delle stesse malattie infettive, ha fatto sì che le paure delle famiglie si concentrassero, rispetto agli scorsi decenni, maggiormente su altre patologie come i tumori o le demenze. Questo è in linea con un’indagine condotta in Italia nel 2014 dal Centro Studi Investimenti Sociali (Censis), che dimostra che, fra le patologie più temute per la vita futura, le malattie infettive rappresentano solo il 3,9%, e che i genitori ritengono le vaccinazioni una strategia di prevenzione meno importante rispetto ad un’alimentazione sana, all’attività fisica, all’assunzione di vitamine ed integratori ed al non consumo di alcol e fumo. Le malattie infettive, dunque, non fanno più paura come in passato, e sono state nettamente sorpassate da tumori, malattie cardiovascolari, malattie neurologiche degenerative e demenze [8].

Anche la popolazione adolescente/giovane adulta non risulta sufficientemente informata riguardo alle vaccinazioni. Fra marzo 2015 e novembre 2015 in Toscana (Italia), nell’ambito del progetto Esculapio, sono stati realizzati 14 incontri in 9 diverse scuole superiori. L’iniziativa ha coinvolto 775 studenti e più di 50 insegnanti. Attraverso la compilazione di un questionario, consegnato loro prima e dopo un intervento di educazione alla prevenzione vaccinale, la maggior parte degli studenti si è dichiarata favorevole alle vaccinazioni, ma il 64,6% di essi si riteneva disinformato a riguardo prima della lezione. Il 49% degli studenti ha inoltre aggiunto di ricercare informazioni sui vaccini direttamente su internet [9]. Questi nuovi mezzi di comunicazione, quindi, dovranno essere sfruttati maggiormente in futuro in modo più efficace ed efficiente per promuovere la vaccinazione.

Un’altra possibile causa del clima in cui è nata la Vaccine Hesitancy è rappresentata sicuramente dalla non sempre adeguata conoscenza riguardo ai vaccini di una parte della classe medica e, in generale, degli operatori sanitari. Troppo spesso, infatti, le persone non ricevono risposte sufficientemente solide da parte di medici, infermieri ed assistenti sanitari: spesso essi non sono dunque riusciti a controbattere in modo adeguato su ogni punto gli argomenti proposti dai movimenti contrari alle vaccinazioni. Oltre alla costante formazione degli operatori sanitari, risulta dunque indispensabile migliorare la conoscenza in ambito vaccinale anche nei corsi di insegnamento delle Università ad indirizzo scientifico-sanitario al fine di avere, in un futuro non troppo lontano, una classe di medici ed operatori sanitari con conoscenze solide anche in ambito di immunizzazione vaccinale tale da offrire un adeguato counselling [10].

Inoltre, finora, le strategie di comunicazione vaccinale basate su evidenze scientifiche, sicurezza del vaccino e sull’effetto di protezione dalla malattia (proponendo anche immagini di bambini malati non vaccinati) non si sono dimostrate efficaci sul web. D’altra parte, la comunicazione contro i vaccini è da sempre centrata sul suscitare forti emozioni negative (soprattutto paura e rabbia). È quindi fortemente consigliato in futuro un tipo di comunicazione sulle vaccinazioni che stimoli emozioni positive: per esempio tramite un racconto di una persona che ha potuto continuare a vivere e a realizzare i propri sogni grazie alla vaccinazione. Il messaggio positivo, integrato da video, immagini, infografica accattivante deve essere trasmesso da tutti i canali utilizzati oggi: TV, radio, social networks, internet. Questo approccio impone chiaramente una stretta collaborazione tra scienziati ed esperti di comunicazione e marketing [11].

In base a quanto esposto, in futuro occorrerà dunque intraprendere nuove strategie di comunicazione e di educazione sanitaria, che però dovranno essere specifiche per la fascia di popolazione a cui sono dirette, e dunque progettate appositamente per diversi target di popolazione attraverso i canali più opportuni ed efficaci. Questo comporterà l’uso di una forma e di un linguaggio specificatamente pensati per gli adolescenti, per i giovani adulti e per i genitori. L’obiettivo è contrastare la cattiva informazione diffusa dai gruppi anti-vaccinali, rendendo consapevoli i cittadini e responsabilizzandoli nelle scelte che riguardano la propria salute. In questa ottica, una popolazione correttamente informata in generale sui temi dell’immunizzazione vaccinale e della prevenzione delle malattie infettive sarà maggiormente disposta ad accettare dei cambiamenti dell’attuale calendario vaccinale qualora quest’ultimo preveda l’inclusione di coorti aggiuntive (come quelle scolari e dei giovani adulti per la vaccinazione antimeningococcica) rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV.

Materiali e metodi

In questo Capitolo, pertanto, per analizzare il ruolo della comunicazione nella promozione e nell’accettabilità della vaccinazione antimeningococcica in coorti aggiuntive rispetto a quelle previste dal PNPV, quali quelle dei bambini in età scolare e dei giovani adulti, sono stati analizzati, attraverso i dati disponibili in letteratura, con specifica attenzione a queste fasce di età, i seguenti aspetti:

  • Vaccine Literacy e Vaccine Hesitancy;

  • l’attitudine alla vaccinazione antimeningococcica nei genitori e nei giovani adulti;

  • comunicazione del rischio, comunicazione in caso di epidemie da meningococco e l’accettazione della vaccinazione antimeningococcica;

  • l’utilizzo di nuovi mezzi di comunicazione e informazione per incrementare l’accettabilità delle vaccinazioni;

  • nuove strategie comunicative per aumentare l’adesione alla vaccinazione da parte dei genitori e dei giovani adulti.

VACCINE HESITANCY E VACCINE LITERACY

La Vaccine Hesitancy può essere definita come un ritardo nell’adesione o come rifiuto della vaccinazione, nonostante la disponibilità dei servizi vaccinali. Per prima cosa è però opportuno distinguere la Vaccine Hesitancy dal movimento “no vax”. Mentre il primo termine esprime concetti di indecisione, incertezza, ritardo e riluttanza alla vaccinazione (ma disponibilità ad ascoltare gli esperti ed eventualmente a cambiare parere), il movimento “no vax” esprime una posizione estremamente negativa ed irremovibile nei confronti della vaccinazione. È, pertanto, più efficace direzionare gli sforzi di promozione vaccinale verso la prima categoria.

Numerosi ricercatori hanno esaminato il ruolo della Vaccine Hesitancy ed hanno esplorato strategie per affrontarla. La Vaccine Hesitancy è un problema complesso che varia nel tempo, a seconda dell’area geografica e del tipo di vaccino, ed è influenzata da numerosi fattori, quali disinformazione, compiacenza, convenienza e fiducia [12].

Le ragioni alla base dell’esitazione vaccinale sono molteplici e non si limitano ad un’inadeguata conoscenza dell’argomento. Dunque, mostrare le evidenze scientifiche alla popolazione risulta fondamentale, ma non basta, da solo, per indurre un cambiamento di vedute in coloro che sono dubbiosi sui vaccini. Al contrario, i dati scientifici possono, in alcuni casi, addirittura avere l’effetto opposto se l’interlocutore è già sovraccarico di informazioni o di sentimenti negativi nei confronti dei vaccini.

Una corretta informazione ed un’appropriata educazione alla prevenzione vaccinale risultano ad oggi di importanza cruciale ma, affinché siano davvero efficaci, devono essere rapportate alla capacità delle persone di comprendere e seguire in maniera adeguata i messaggi forniti.

Nel Glossario di Promozione della Salute, l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) definisce la Health Literacy come “l’insieme delle capacità cognitive e sociali che determinano la motivazione e l’abilità degli individui per accedere, comprendere ed utilizzare le informazioni, sì da promuovere e mantenere un buon livello di salute” [13]. L’OMS inquadra, di fatto, il concetto nella dimensione delle life skills (insieme delle abilità utili per adottare un comportamento positivo e flessibile e far fronte con efficacia alle esigenze e difficoltà che si presentano quotidianamente), affermando che la Health Literacy implica il raggiungimento di un livello di conoscenza, abilità e consapevolezza utili a intraprendere azioni per migliorare la salute individuale e della comunità, promuovendo il cambiamento degli stili e delle condizioni di vita.

Sørensen et. al. nel 2016 hanno sviluppato un modello integrato di Health Literacy che, riassumendo le dimensioni evidence-based della Health Literacy, risponde ad una nuova definizione di questo concetto nato nei primi anni ’70 del secolo scorso: “La Health Literacy è legata al saper leggere e scrivere e riguarda le conoscenze, le motivazioni e le competenze delle persone ad accedere, comprendere, valutare e mettere in pratica le informazioni per esprimere giudizi e prendere delle decisioni nella vita di tutti i giorni riguardanti l’assistenza sanitaria, la prevenzione e la promozione della salute per mantenere e migliorare la qualità della vita, per tutto il corso della vita” [14].

Il livello di Health Literacy di individui e popolazioni dipende da numerosi fattori, quali le condizioni socio-demografiche, la presenza di malattie, il contesto di vita e di cura, e influenza numerosi outcomes sia di salute, sia di utilizzo dei servizi sanitari, con risvolti anche economici. In tale prospettiva, dunque, la Health Literacy assume dignità di determinante di salute, dal forte impatto in termini di equità e sostenibilità dei sistemi sanitari e, più in generale, delle opportunità di miglioramento della qualità della vita di individui e popolazioni. La Health Literacy influenza, dunque, l’accesso ai servizi sanitari, la comprensione e l’interpretazione di quelle informazioni a cui si è avuto accesso, e l’abilità di usare le stesse per prendere decisioni riguardanti la sfera sanitaria.

Diversi studi hanno evidenziato importanti differenze, sia quantitative che qualitative, tra soggetti con bassa e alta alfabetizzazione sanitaria. Il soggetto high literate si caratterizza per una maggiore consapevolezza in merito ai comportamenti e agli stili di vita benefici per la propria salute, ed è capace di recepire ed elaborare correttamente le informazioni che riceve dai professionisti [15]; riesce inoltre a reperire e comprendere le informazioni sui servizi disponibili per la tutela della propria salute, e generalmente è capace di attivare tali risorse per la promozione del proprio benessere [16].

Diversamente, l’individuo low literate non è in grado di distinguere i comportamenti corretti per il miglioramento del proprio benessere e non conosce gli strumenti che possono essere attivati nel proprio territorio [17]. In particolare, una limitata alfabetizzazione sanitaria è associata ad una riduzione dell’adozione di comportamenti preventivi, come la vaccinazione [18].

La correlazione fra Health Literacy ed adesione alla vaccinazione è stata analizzata in una revisione di letteratura condotta da Lorini et al. nel 2018. In particolare, è stato osservato come la percezione del rischio legato alla malattia svolga un ruolo chiave nel condizionare la scelta riguardante la vaccinazione. Infatti, la Health Literacy influenza positivamente l’adesione alla vaccinazione soprattutto per quelle malattie il cui rischio è percepito come molto probabile ed a breve termine. Invece, nei casi in cui la percezione del rischio di malattia è bassa, la Health Literacy influisce negativamente o non influisce sulla scelta relativa alla vaccinazione [19].

Pertanto, nel caso della meningite, generalmente percepita dalla popolazione come una malattia ad alto rischio, una elevata Health Literacy svolge un ruolo fondamentale nell’influenzare l’adesione alla vaccinazione. Per questo motivo, la Vaccine Literacy dovrebbe essere considerata come uno strumento capace di mediare il trasferimento delle informazioni riguardanti le vaccinazioni e di facilitare il raggiungimento dei risultati, in termini di adesione alla vaccinazione, indirizzando l’esitazione vaccinale [12].

Da uno studio canadese effettuato nel 2017 su 404 giovani adulti di età compresa fra i 18 ed i 24 anni, che aveva lo scopo di rilevare i dati sulle conoscenze e sulle attitudini di questi soggetti riguardo alla malattia meningococcica, è possibile capire quale sia il livello di Health Literacy di questa fascia di popolazione sull’argomento. Più dell’80% dei giovani adulti intervistati ha risposto correttamente alle domande riguardanti la clinica della malattia, la sua trasmissione e i gruppi a rischio [20].

La comunicazione sulla vaccinazione, come quella antimeningococcica, quindi, dovrebbe essere allineata alla Vaccine Literacy delle persone. Al fine di valutare l’alfabetizzazione vaccinale, sono in fase di sviluppo alcuni strumenti specifici ed innovativi, come ad esempio la divulgazione scientifica tramite i social networks. È auspicabile che molti di questi strumenti siano implementati e validati per un ampio uso, con l’obiettivo di valutare le capacità di alfabetizzazione vaccinale delle persone e definire interventi idonei volti al loro miglioramento [21,22].

L’attitudine alla vaccinazione antimeningococcica nei genitori e nei giovani adulti

Nel 2012 nell’Australia del sud è stato condotto uno studio trasversale attraverso un sondaggio finalizzato ad analizzare la conoscenza della patologia invasiva meningococcica, e la preoccupazione riguardo alla stessa, fra adolescenti, adulti e genitori. Il totale dei partecipanti intervistati è stato di 3.055 persone, e fra questi c’erano 972 genitori e 487 fra adolescenti e giovani adulti di età compresa fra i 15 ed i 24 anni. Il 23,5% dei partecipanti non sapeva cosa fosse la malattia meningococcica, ed il 9,1% pensava che fosse dovuta ad un’infezione virale. Il 36,6% ha dimostrato una scarsa conoscenza di base sull’argomento, e coloro i quali erano genitori avevano una migliore conoscenza della patologia [23].

Un altro studio è stato condotto nei Paesi Bassi nel 2008 da Timmermans et al., ed aveva come scopo la valutazione sia della percezione che i genitori avevano del rischio dei propri figli di contrarre un’infezione da meningococco C, sia del giudizio dei genitori riguardo alla sicurezza, all’utilità ed all’efficacia del vaccino. I genitori venivano intervistati subito dopo che il loro figlio aveva ricevuto la vaccinazione contro il meningococco C. Hanno partecipato allo studio 1.763 genitori, e dalle interviste è emerso che coloro i quali avevano una percezione più alta della vulnerabilità del figlio avevano un giudizio positivo sulla campagna di vaccinazione, mentre una vulnerabilità percepita inferiore non era correlata ad una valutazione negativa. Tuttavia, una maggiore percezione della capacità di poter prevenire l’infezione attraverso misure diverse dalla vaccinazione, mantenendo ad esempio il bambino in buona salute o prestando molta attenzione ad eventuali sintomi precoci, era correlata ad un atteggiamento più critico nei confronti della sicurezza e dell’efficacia della vaccinazione [24].

Nel 2019 in Toscana è stata condotta un’analisi sull’impatto di un intervento di educazione alla prevenzione vaccinale su una popolazione di donne in gravidanza che dovevano rispondere a due questionari anonimi, contenenti le stesse domande, prima e dopo un intervento educativo sulle vaccinazioni. Analizzando le risposte fornite dalle donne prima dell’intervento risulta che la malattia da meningococco C era la più temuta fra tutte quelle prevenibili da vaccino: il 68% (n=143) delle partecipanti aveva dichiarato di essere molto preoccupata per la possibilità che il nascituro contraesse questa infezione. Inoltre, già prima dell’intervento educativo, il 74% delle partecipanti allo studio (n=155) aveva intenzione di vaccinare il proprio figlio contro il meningococco C [25].

La malattia invasiva meningococcica risulta dunque essere una patologia molto temuta dai genitori, ed il giudizio sulla vaccinazione antimeningococcica appare influenzato positivamente da una percezione di una maggiore vulnerabilità del figlio.

Uno studio italiano del 2018 commissionato da Pfizer ha evidenziato come la consapevolezza sulla meningite meningococcica fosse molto più bassa rispetto ad altre malattie, soprattutto per quanto riguarda i giovani adulti: il 32% di loro non pensava che la meningite fosse una malattia mortale, una percentuale più alta rispetto ad adolescenti (22%) e genitori (19%); ed inoltre più della metà dei giovani adulti intervistati affermava di non sapere di aver ricevuto o di non aver ricevuto la vaccinazione anti-meningococcica [26].

Per valutare l’attitudine e le conoscenze degli adolescenti riguardo alla malattia meningococcica e alla relativa vaccinazione, nel 2017 è stato effettuato uno studio che ha coinvolto 771 adolescenti/giovani adulti (11-19 anni) dell’area geografica di Napoli. L’85% di essi aveva sentito parlare della meningite da meningococco, il 57% di loro era a conoscenza del maggior rischio degli adolescenti di contrarre questa infezione, ma soltanto il 30% dei partecipanti allo studio conosceva la via di trasmissione del meningocco. Inoltre, il 40,5% degli adolescenti era a conoscenza della possibilità di poter prevenire la malattia attraverso la vaccinazione, e che quest’ultima potesse essere somministrata in età adolescenziale. Per quanto riguarda l’attitudine, soltanto il 26% dei partecipanti riteneva il vaccino una misura molto utile [27]. Secondo uno studio condotto da Pelullo et al. su un campione di 771 adolescenti italiani, di età compresa fra 11 e 18 anni, selezionati da un campione casuale di 5 scuole pubbliche napoletane, il 57% degli intervistati ha dichiarato di avere una discreta conoscenza sui vaccini. Inoltre, tale conoscenza risultava maggiore in coloro che avevano almeno un genitore laureato ed in coloro che, nonostante utilizzassero i medici come fonte di informazioni sulle vaccinazioni, ritenevano di aver ancora bisogno di ulteriori conoscenze sulle vaccinazioni. Un dato significativo è che meno della metà dei partecipanti allo studio (47%) riteneva che gli adolescenti dovessero prendere decisioni autonome riguardo alle vaccinazioni, e che il 41% degli intervistati aveva un giudizio positivo riguardo l’utilità dei vaccini come strumento di prevenzione [28].

Tali studi mostrano come sia necessario incrementare, attraverso una corretta comunicazione ed informazione, la conoscenza dei giovani riguardo la patologia meningococcica ed i relativi vaccini, al fine di ottenere una più alta accettabilità consapevole della vaccinazione.

Comunicazione del rischio, comunicazione in caso di epidemie da meningococco e l’accettazione della vaccinazione antimeningococcica

Il principale obiettivo, in ambito comunicativo, per i professionisti di Sanità Pubblica è quello di informare correttamente la popolazione generale sui rischi delle malattie, ma senza allarmare i cittadini e, soprattutto, coinvolgendoli nel processo decisionale, grazie ad un miglioramento del dialogo fra organizzazioni scientifiche e comunità [29].

Le migliori pratiche nella gestione del rischio sono complesse e spesso richiedono politiche il cui obiettivo è quello di minimizzare i danni causati dal pericolo stesso, ma evitando che la vita quotidiana delle persone venga eccessivamente sconvolta da eventuali interventi, pratici e comunicativi, di Sanità Pubblica. Le principali difficoltà, a tal proposito, si presentano quando una strategia politica viene stravolta e denigrata, ad esempio, dalle fake news, o dalle reazioni dell’opinione pubblica a titoli sensazionalistici creati dai media che alimentano le paure delle persone. Tuttavia, questo pericolo può essere scongiurato migliorando la comunicazione sul rischio e rendendola un elemento fondamentale tanto quanto la gestione e la valutazione del rischio stesso [30].

Sandman sostiene che il determinante chiave della risposta pubblica ad un pericolo non sia l’entità del pericolo stesso, ma il livello di “indignazione” pubblica e di preoccupazione al riguardo. Quando le persone provano forti preoccupazioni, hanno più difficoltà a sentire ed elaborare le informazioni e sono più propensi a prestare attenzione ad informazioni negative piuttosto che positive. Sandman lo formula come: risk = hazard + outrage. In qualsiasi problema di rischio di grande indignazione, il compito principale della comunicazione è di affrontare l’indignazione, non di dichiarare o discutere le valutazioni del pericolo stesso. La migliore arma a disposizione, in tal senso, è quella di costruire un rapporto di fiducia fra popolazione e Sanità Pubblica finalizzato ad aumentare l’accettazione vaccinale, non solo durante i periodi di epidemie, ma anche durante le fasi endemiche di una malattia [31].

La comunicazione assume un ruolo fondamentale in caso di epidemie, quando il panico fra le persone è alimentato dalla diffusione di informazioni non sempre affidabili, che spesso si verifica in caso di mancanza di comunicazione istituzionale precoce. Tale situazione si riscontra, in particolare, quando l’epidemia riguarda una malattia la cui percezione del rischio è molto alta, come ad esempio la patologia invasiva meningococcica. Infatti, i casi di meningite meningococcica spesso creano alti livelli di preoccupazione pubblica e attirano l’interesse dei media.

Nell’ottobre del 1997, sei studenti dell’Università di Southampton (Regno Unito) hanno sviluppato la malattia meningococcica, cinque di loro con infezione da ceppo C confermata e tre sono deceduti. L’epidemia ha avuto importanti implicazioni organizzative per i funzionari di Sanità Pubblica. Una pianificazione dettagliata ed una corretta gestione dell’epidemia possono rivelarsi preziosi in tali situazioni [32].

Nel 2010, in seguito al ricovero di due studenti di 12 anni, verificatosi a causa della diffusione di Neisseria meningitidis, in una scuola nel Nord-Ovest dell’Inghilterra, sono stati analizzati e valutati i metodi di comunicazione messi in atto dall’Agenzia di Protezione Sanitaria (HPA) durante tale situazione. Lo studio è stato effettuato attraverso dei questionari somministrati agli studenti di quella scuola. In assenza di una chiara comunicazione istituzionale, molti partecipanti hanno suggerito che le voci in circolazione causavano confusione e ansia nella popolazione studentesca. Le voci sono state diffuse attraverso social networks e tramite messaggi di testo. È stato generalmente percepito che informazioni accurate in questo periodo sarebbero state utili per attenuare l’ansia ed il panico che inevitabilmente si erano creati. La maggior parte degli studenti intervistati ha riferito di essere già a conoscenza della situazione prima di ricevere annunci ufficiali. Le informazioni fornite dall’HPA attraverso la scuola sono state generalmente percepite come utili, ma tardive [33]. Alla vigilia di Capodanno del 1998, due adolescenti della stessa scuola di Rotherham (Regno Unito) morirono di setticemia meningococcica da sierogruppo C. Un terzo caso collegato si è verificato tre giorni dopo. Nella settimana successiva altri cinque casi di malattia meningococcica si sono verificati nel distretto di Rotherham, quattro dei quali erano gravemente malati di setticemia meningococcica del sierogruppo C. Uno studio del 2000, condotto da Perrett et al., ha descritto le decisioni politiche prese in tale situazione, concentrandosi in particolare sull’analisi dell’aspetto comunicativo. Proprio quest’ultimo aspetto ha rivestito un ruolo chiave nella gestione dell’epidemia che, inevitabilmente, aveva suscitato un grande interesse mediatico, alti livelli di preoccupazione ed ansia, alimentate inoltre da molteplici fake news [34].

Da un’analisi riguardante la gestione di un’epidemia di malattia meningococcica, avvenuta nel Derbyshire (Regno Unito), che aveva sollevato un notevole interesse mediatico locale e nazionale, emergono dieci raccomandazioni chiave, finalizzate a migliorare le politiche organizzative e comunicative in questi casi. Quattro di queste raccomandazioni riguardano la gestione dei media, incluso l’uso di un comunicato stampa proattivo, l’utilizzo di un unico portavoce ed il coordinamento della risposta da parte di un addetto stampa esperto nella gestione dei media. Altre quattro descrivono come fornire un’adeguata risposta in loco. Le due raccomandazioni finali riguardano la garanzia di una buona comunicazione ed il sostegno del personale durante un periodo di intenso stress [35].

Recentemente, anche in Toscana si è verificata una situazione di panico dovuto ad un aumento dei casi di patologia meningococcica avvenuto nel 2015-2016. In totale si sono verificati 43 casi, con 10 decessi, a causa del ceppo C. Per fronteggiare tale situazione, caratterizzata da una crescente incidenza di casi di meningite, la scelta fu quella di offrire gratuitamente una dose di vaccino quadrivalente coniugato antimeningococcico ACWY ai soggetti di età compresa fra gli 11 ed i 18 anni e poi anche ai bambini di 6-9 anni con vaccino antimeningococcico C. Successivamente, a causa dell’elevato numero di casi fra adulti ed anziani, la vaccinazione fu estesa a tutte le persone di età superiore agli 11 anni, con il pagamento di un ticket ridotto per i soggetti maggiori di 45 anni. I programmi di vaccinazione, i metodi comunicativi adoperati in tale situazione, ed i risultati ottenuti sono stati analizzati dalle USL di Firenze. Come indicatore dell’adesione alla vaccinazione sono state prese in considerazione le coperture vaccinali. La campagna comunicativa incluse anche la creazione di un numero telefonico gratuito creato ad hoc per dare informazioni in merito ai cittadini, comunicati stampa su giornali e siti internet, interventi in tv e radio, lettere informative dirette a sindaci, scuole, associazioni sportive, e altri interventi sul piano mediatico. L’adesione della popolazione alla campagna di vaccinazione fu soddisfacente. Infatti, la copertura vaccinale per il meningococco C raggiunse il 47,1% per il target primario e, nel 2017, si registrarono soltanto 10 casi di malattia invasiva meningococcica. Questo certifica dunque il successo della campagna di vaccinazione e dei metodi comunicativi adottati in quella situazione [36].

Le esperienze della Toscana mostrano l’accettabilità da parte di giovani adulti e di genitori di bambini in età scolare nei confronti di un’offerta vaccinale antimeningococcica quando il rischio risulta alto, come in situazioni epidemiche. Ovviamente ogni decisione ed azione in tal senso non può e non deve prescindere da una campagna comunicativa mirata ad informare correttamente la popolazione target sui benefici della prevenzione vaccinale. Ad esempio, i genitori sono stati informati sui rischi di trasmissione del batterio Neisseria meningitidis in ambiente scolastico e dell’abbassamento dei titoli anticorpali specifici dopo 5 anni dall’immunizzazione. Infatti, poiché i titoli anticorpali specifici diretti contro questo batterio si abbassano dopo 5 anni dalla prima vaccinazione, sotto il valore necessario a combattere l’agente infettivo in tempi utili [37], è risultato necessario informare i genitori sull’utilità di introdurre la somministrazione di una dose nel periodo 6-9 anni di età [38]. Allo stesso modo, anche la fascia di popolazione dei giovani adulti è stata informata sui rischi specifici della loro età, ovvero quelli legati all’abitudine di frequentare luoghi affollati e di viaggiare all’estero, per ottenere una elevata accettabilità della vaccinazione antimeningococcica.

SOCIAL NETWORK E VACCINAZIONI

In Italia più della metà della popolazione è attiva sui social media, che sono diventati il punto di riferimento per l’informazione, l’intrattenimento e la conversazione. Gli utenti di internet in Italia sono 49,5 milioni (82% della popolazione) mentre gli utenti attivi sui social media sono 35 milioni (58% della popolazione) ed il 98% di essi sono attivi sui social media da dispositivi mobili. Gli italiani, secondo il Report Global Digital 2020, trascorrono circa 6 ore al giorno online, ovvero quasi il doppio del tempo che passano davanti alla televisione [39].

Questi dati devono sicuramente essere presi in considerazione dai decisori della Sanità Pubblica quando si progettano nuove strategie comunicative per poter individuare le vie più efficaci per comunicare con i cittadini.

Come già precedentemente descritto, oggigiorno tutti possono reperire sul web, e non solo, informazioni spesso con scarso o nullo substrato scientifico che contrastano la prevenzione vaccinale: questo ha senza dubbio contribuito ad aumentare lo scetticismo nei confronti delle vaccinazioni.

Uno studio francese del 2016 ha mirato a descrivere il ruolo significativo dei social network e di internet sull’esitazione dei vaccini, e più in generale sulle attitudini i vaccini. Questa ricerca è stata effettuata attraverso il monitoraggio e l’analisi dei contenuti del web e dei social network sulla vaccinazione, dei termini di ricerca di Google utilizzati dagli utenti, dei suggerimenti di ricerca di Google relativi alla vaccinazione, e di vari studi pubblicati nella letteratura scientifica. In media, il web ed i social network producono più di 48.000 contenuti correlati alla vaccinazione ogni mese. Inoltre, bisogna considerare che internet ha accelerato la velocità delle informazioni e abbattuto le barriere. Fornendo strumenti come “mi piace”, “condivisioni” e “tweet”, internet consente agli utenti web di trasmettere facilmente informazioni in tempo reale rispetto a un evento. Gli autori sottolineano anche che l’influenza di Google può essere fondamentale perché il suo motore di ricerca suggerisce parole chiave agli utenti e, di conseguenza, incitare gli utenti a ricercare problemi di cui altrimenti non sarebbero stati informati.

Pertanto, i social network e il web svolgono un ruolo importante nella diffusione di informazioni sulla vaccinazione e hanno modificato il processo decisionale sulla vaccinazione e, più in generale, la relazione medico/paziente. Internet può alimentare questioni controverse legate alla vaccinazione e avere un impatto duraturo sull’opinione pubblica, ma può anche fornire nuovi strumenti utili per combattere l’esitazione vaccinale [40].

Un altro social network molto utilizzato oggigiorno è Twitter. Uno studio del 2019 ha analizzato i dati di Twitter per comprendere le caratteristiche ed il contenuto delle conversazioni sul dibattito sul vaccino contro l’HPV. Analizzando le conversazioni sul vaccino contro l’HPV su Twitter, sono stati identificati i principali gruppi di utenti che alimentano il flusso di informazioni, e sono state esplorate le dinamiche di comunicazione all’interno dei gruppi. I risultati mostrano che i sentimenti positivi sono direttamente correlati alla densità dei gruppi, e questo è indice di legami forti e di un rapido flusso di informazioni. Si nota anche una certa correlazione tra certezza ed esitazione, suggerendo che i gruppi riuniscono persone che sono sicure del vaccino HPV e persone che stanno cercando risposte [41].

Sempre riguardo alla vaccinazione contro l’HPV, uno studio condotto da Fu et al. esamina le associazioni fra ciò che avviene sui social networks ed il rifiuto della vaccinazione da parte dei genitori afroamericani. Un sondaggio è stato dunque effettuato tra i genitori afroamericani di bambini di età compresa tra 10 e 12 anni prima di una visita medica in cui veniva offerta la vaccinazione anti-HPV. 353 genitori hanno dichiarato di aver avuto almeno un contatto “social” che ha fornito loro informazioni riguardo alla vaccinazione, e solo il 54,4% dei partecipanti ha acconsentito alla vaccinazione contro l’HPV per i propri figli. In media, i genitori hanno avuto da 2 a 3 contatti “social” che hanno fornito loro consulenza sul vaccino. Più dell’80% di tutti i genitori si sono fidati dei familiari e degli amici per consigli sui vaccini. Quindi, il contenuto delle discussioni che avvengono sui social networks può influire sulla scelta della vaccinazione, e gli interventi progettati per informare i genitori afroamericani sul vaccino HPV, pertanto, dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di sfruttare le reti dei social che parlano di vaccini per un maggiore impatto [42].

Anche un’analisi effettuata sull’adesione alla vaccinazione antinfluenzale durante la gravidanza, da parte di un gruppo di 225 donne, rileva come i social networks influenzino le scelte relative alla salute. I social networks possono essere intesi come una risorsa positiva o negativa, anche a seconda del proprio livello di istruzione. Infatti, da questa analisi si può notare che le donne che avevano fatto il College avevano più probabilità di avere, fra i propri contatti social, dei sostenitori della vaccinazione antinfluenzale rispetto a quelle che non avevano fatto il College, e quindi avevano maggiori probabilità, rispetto alle altre, di essere influenzate positivamente nei confronti del vaccino [43].

Uno studio condotto in Lombardia ed in Svizzera aveva lo scopo di esaminare gli effetti di due interventi basati su smartphone che miravano rispettivamente a rafforzare la conoscenza della vaccinazione MPR e ad aumentarne l’adesione. È stata creata un’applicazione (app) per smartphone per fornire i due interventi. I partecipanti, che erano genitori italiani di bambini piccoli, sono stati assegnati in modo casuale ad uno dei tre gruppi sperimentali o alla condizione di controllo. Il primo gruppo ha ricevuto l’app contenente solo l’intervento mirato all’alfabetizzazione verso il vaccino MPR, il secondo ha ricevuto l’app contenente solo l’intervento finalizzato ad influenzare la scelta riguardo la vaccinazione, ed il terzo ha ricevuto l’app contenente entrambi gli interventi. Il gruppo di controllo non ha ricevuto l’app. Gli interventi hanno utilizzato video in combinazione con messaggi di testo ed altre funzionalità tipiche degli smartphone. Sono stati assegnati casualmente 201 partecipanti ad una delle 4 condizioni. I risultati primari erano la conoscenza della vaccinazione MMR, l’empowerment psicologico, la percezione del rischio e il ruolo decisionale preferito, mentre i secondari includevano l’atteggiamento, la fiducia e l’intenzione della vaccinazione MPR. Un significativo aumento delle conoscenze sulla vaccinazione è stato riportato da tutti i gruppi sperimentali rispetto al controllo (F (3.179) = 48,58, p < 0.000), mentre solo quelli che hanno ricevuto entrambi gli interventi hanno riportato un aumento significativo della loro fiducia nei confronti del vaccino (“psychological empowerment”) (t (179) = -2,79, p = 0.006). I partecipanti che hanno ricevuto le conoscenze mirate all’intervento hanno riportato un’intenzione significativamente più elevata di vaccinare (t (179) = 2.111; p = 0.03) ed una maggiore sicurezza nella decisione (t (179) = 2.76; p = 0.006) rispetto al gruppo di controllo. Possiamo dunque affermare che gli interventi su applicazioni per dispositivi mobili, destinati ad i genitori, e mirati a fornire loro informazioni relative alla vaccinazione possono essere utilizzati per aumentare le loro conoscenze, la loro intenzione di vaccinare e la loro fiducia nei confronti delle vaccinazioni [44].

Le applicazioni mobili hanno il potenziale di influenzare il comportamento inerente alle vaccinazioni, compresa la puntualità della vaccinazione stessa. Uno studio pilota condotto in Canada, in una coorte di 50 donne in età fertile, si è proposto di indagare se l’uso di una apposita applicazione, denominata ImmunizeCA, per dispositivi mobili potesse servire a migliorare la puntualità delle vaccinazioni pediatriche. Per scoprire se l’uso della app fosse stato seguito da cambiamenti negli atteggiamenti, nelle credenze o nei comportamenti, ai partecipanti è stato richiesto di completare un sondaggio di base al momento del reclutamento, e quindi poi di scaricare la app. Un sondaggio di follow-up è stato eseguito 6 mesi dopo, riesaminando i concetti del primo sondaggio e raccogliendo dei punteggi per ogni partecipante. Sono state confrontate le variazioni dei punteggi tra domande pre- e post-sondaggio ed è stata valutata la relazione tra i punteggi e le risposte selezionate. Si è visto che l’applicazione aumentava la probabilità che la vaccinazione fosse puntuale nel 32% dei partecipanti. In generale, l’usabilità dell’app è stata considerata buona. È interessante notare che mentre gli atteggiamenti di alcuni individui nei confronti della vaccinazione sono migliorati in direzione positiva, su altri non vi è stato alcun impatto e, su altri ancora, in realtà, l’impatto è stato negativo. Pertanto, da un lato l’applicazione è stata ben accolta dai partecipanti, ma dall’altro questi risultati preliminari hanno mostrato che gli atteggiamenti dei partecipanti nei confronti della vaccinazione si muovevano dicotomicamente. Inoltre, gli ostacoli all’adozione rimangono sia nell’usabilità che nell’accessibilità delle applicazioni mobili, che dipendono in parte dalle caratteristiche innate dell’utente come l’attitudine all’uso della tecnologia [45].

ReadyVax è una nuova applicazione per smartphone e dispositivi mobili che fornisce accesso ad informazioni sui vaccini affidabili e scientificamente dimostrate, per un target di operatori sanitari, farmacisti e pazienti, compresi i genitori di bambini. ReadyVax è stata lanciata sul web il 12 febbraio 2015 e, fino all’8 ottobre 2016, era stata scaricata da 5.142 utenti, con 6.841 sessioni totali avviate, che comprendevano un totale di 15.491 visualizzazioni. L’applicazione è stata scaricata dagli utenti in 102 paesi diversi; la maggior parte degli utenti (52%) proviene dagli Stati Uniti. Gli sforzi di sensibilizzazione per aumentare l’uso delle app stanno continuando ed è stato pianificato lo sviluppo di una versione di ReadyVax compatibile con Android, per aumentarne il mercato. L’uso di ReadyVax viene continuamente monitorato, ed i suoi contenuti sono sempre in aggiornamento per consentire di soddisfare le esigenze del pubblico, in termini di informazioni richieste [46].

Pertanto, oggi la lotta all’esitazione vaccinale e la promozione della vaccinazione possono e dovrebbero essere effettuate anche su internet e sui social network con opportune strategie di comunicazione. Questo è particolarmente vero e importante quando il target della comunicazione sono i giovani adulti e i genitori, grandi utilizzatori di questi nuovi mezzi di informazione.

Comprendere l’importanza dei social network nella comunicazione scientifica, anche per chi fa ricerca scientifica ed ha lo scopo di promuovere la prevenzione vaccinale, significa trasmettere messaggi sempre più efficaci, trasparenti e veloci.

Nel contesto della vaccinazione antimeningococcica per coorti aggiuntive, per incrementare l’accettabilità di questa vaccinazione risulta necessario ideare e realizzare campagne di comunicazione “virali” sul valore della vaccinazione che può salvare un bambino o un giovane adulto dalla malattia meningococcica, patologia poco frequente ma particolarmente severa, con alta probabilità di sequele permanenti e morte. La comunicazione dovrebbe essere innovativa ed efficace, ma allo stesso tempo basa su fondamenti scientifici. In particolare, dovrebbe essere adeguatamente spiegata la necessità di introdurre una dose aggiuntiva per queste due fasce di età (bambini di età 6-9 anni ed i giovani adulti).

Nuove strategie di comunicazione

Alcune strategie innovative di comunicazione sono state applicate per cercare di incrementare l’accettabilità alla vaccinazione. Sono riportati di seguito alcuni possibili approcci pratici per una efficace comunicazione, adatti alle diverse categorie (genitori, adolescenti e giovani adulti):

  • invio di messaggi di testo sul telefono dei genitori: alcuni studi hanno mostrato un forte interesse dei genitori (98% del campione in studio) nel ricevere “reminders” sulla vaccinazione dei propri figli [47] ed hanno evidenziato un aumento delle coperture vaccinali anti-HPV a fronte di messaggi inviati sul telefono dei genitori [48];

  • la co-somministrazione del vaccino anti-meningococco con altri vaccini raccomandati e la somministrazione a scuola per gli adolescenti hanno determinato un miglioramento notevolmente dell’adesione alla vaccinazione [49];

  • la diffusione di testimonianze: la testimonianza di personaggi dello spettacolo (testimonial), i quali hanno raggiunto i loro obiettivi di vita nonostante la malattia, ha un impatto fortissimo su adolescenti e giovani adulti. Le campagne di sensibilizzazione alla vaccinazione antimeningococcica promosse dalla campionessa paraolimpica Bebe Vio sono una dimostrazione di una strategia comunicativa di successo per incrementare l’adesione alla vaccinazione [50, 51];

  • la comunicazione tra pari (peer learning) è un metodo di insegnamento nato cinquanta anni fa negli Stati Uniti d’America e ha iniziato recentemente a diffondersi anche in Italia. Uno degli obiettivi di questo metodo è la prevenzione di comportamenti socialmente negativi attraverso meccanismi di influenza sociale ed emozionale. Il principio base del peer learning è che la conoscenza si trasmetta tra “pari grado”, cioè tra persone simili, per età, status e problematiche: questo rende le persone che comunicano, agli occhi di chi impara, interlocutori credibili e affidabili, degni di ascolto e rispetto. Il primo passo in un progetto di peer learning è dunque quello di individuare i peer, cioè le persone di pari grado, che non hanno il ruolo di insegnanti nei confronti dei loro coetanei, bensì di tutor, persone con cui intraprendere uno scambio attivo di idee ed esperienze. Questo metodo non annulla in alcun modo l’autorità degli adulti (insegnanti, formatori, educatori). Questi ultimi nella peer education hanno un ruolo di supervisori e di facilitatori dell’interazione tra adolescenti (primariamente a scuola) e giovani adulti (Università). Studi sulla vaccinazione HPV hanno dimostrato che il peer learning ha notevolmente aumentato la consapevolezza della malattia e della vaccinazione tra gli studenti [52, 53].

Conclusioni

La malattia meningococcica è una patologia molto temuta dai genitori e dai soggetti giovani. Questo sentimento, accompagnato da una conoscenza medio-alta della patologia in questione, ne favorisce in generale l’accettabilità della vaccinazione. Tuttavia, per l’estensione della vaccinazione a coorti aggiuntive (bambini in età scolare e i giovani adulti) è essenziale che ogni decisione di politica sanitaria sia preceduta, accompagnata e sostenuta da una specifica campagna di informazione sul valore della vaccinazione e, soprattutto, sul razionale che ha portato a raccomandare la somministrazione di ulteriori dosi di vaccino per questi specifici target. Per incrementare l’impatto di questa strategia dovrebbe essere preso in considerazione anche l’uso di interventi di comunicazione digitale, che possono diffondere rapidamente le informazioni affidabili nella popolazione.

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Aspetti etici e sociali della vaccinazione anti-meningococco a coorti aggiuntive

SONIA PAOLI 1, ANGELA BECHINI 1, PAOLO BONANNI 1, SARA BOCCALINI 1

Introduzione

L’analisi degli aspetti etici e sociali relativi all’estensione della vaccinazione contro N. meningitidis A, C, W135 e Y a coorti aggiuntive (6° anno e 19° anno di vita) rispetto a quelle attualmente previste dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 [1] rappresenta un capitolo imprescindibile dell’Health Technology Assessment. Questo tipo di analisi è necessaria per tutte le valutazioni delle tecnologie sanitarie ma diventa particolarmente importante quando l’ambito di discussione riguarda le implicazioni di una estensione o mancata estensione di un programma di vaccinazione a coorti vulnerabili per un agente infettivo che causa una patologia particolarmente grave, invalidante e talvolta anche letale come il meningococco.

Le vaccinazioni, infatti, diversamente dalle altre tecnologie sanitarie rivolte ai soggetti malati, sono un intervento di prevenzione primaria effettuato sulla popolazione sana. In ambito medico esse sono considerate tra le più importanti scoperte fatte per ridurre la morbosità e mortalità delle malattie infettive, fino a farle scomparire del tutto, come è accaduto per il vaiolo [2]. Tuttavia, il beneficio dell’immunizzazione, ovvero il fatto che le persone non si ammalino grazie alla vaccinazione, non è spesso adeguatamente percepito dalla popolazione, dagli stakeholders ma anche dai decision makers. È anche vero che le vaccinazioni non sono scevre da reazioni avverse, anche se rare: tali reazioni vengono costantemente monitorate e generalmente sono lievi [3]. Questo ultimo aspetto, però, viene sfruttato per alimentare la pletora di messaggi negativi relativi alle vaccinazioni attraverso il web e i social network, con un maggiore impatto ed una circolazione molto più rapida rispetto alla diffusione di notizie positive [4,5]. Oltretutto la questione è aggravata da una scarsa alfabetizzazione in campo informatico registrata nella popolazione: secondo il Rapporto Infosfera del 2018 [6] l’82% degli italiani non è in grado di riconoscere una notizia falsa sul web. Quindi, da una parte, c’è un bombardamento comunicativo che colpisce la popolazione generale, generando disorientamento che paradossalmente può portare a scelte nocive per la salute. Dall’altra, viene sminuita la credibilità e l’affidabilità del personale medico che, nonostante questo, resta una delle principali fonti di informazione sulle vaccinazioni. In questo contesto, è fondamentale sottolineare che una delle mission degli operatori sanitari è quella di supportare e indirizzare la popolazione verso scelte consapevoli e informate in ambito di prevenzione vaccinale senza ledere la libertà personale. Gli operatori sanitari dovrebbero trasferire il giusto messaggio circa i rischi potenziali delle malattie prevenibili mediante la vaccinazione e comunicare che essi sono maggiori rispetto alle eventuali reazioni avverse causate dalla vaccinazione [7]. Ulteriore considerazione etica di non minore importanza riguarda l’equità di offerta di trattamenti efficaci ai soggetti a rischio [8]. Inoltre, nella valutazione etica occorre considerare che il concetto di salute, nonostante la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) [9], non è esattamente lo stesso in ogni luogo del mondo, perché condizionato da fattori socio-culturali, politici, religiosi [10] e dai principi morali caratteristici di ogni cultura.

Alla luce di quanto descritto è necessario considerare, nel presente capitolo sul dominio etico, le relative norme sociali e morali prevalenti relative all’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive (soggetti al 6° anno e al 19° anno di vita) rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019 [1], oltre alle possibili implicazioni dovute alla mancata vaccinazione nelle suddette coorti.

Materiali e metodi

Il dominio etico è una parte rilevante dell’approccio HTA fin dagli anni ’70 ed ormai è riconosciuto a livello internazionale dai principali networks di HTA (International Network of Agencies for Health Technology Assessment - INAHTA, European network for Health Technology Assessment - EUnetHTA).

L’INAHTA ha identificato e definito vari approcci metodologici relativi al dominio etico che possono essere utilizzati nei protocolli HTA [11], tuttavia nessun modello risulta essere esaustivo [12, 13]. L’approccio “assiologico”, che mira a suscitare la riflessione etica evidenziando le tematiche più salienti attraverso una serie di domande, è stato menzionato come il metodo più promettente per tale analisi e con questo modello è possibile adeguatamente arginare il problema dell’utilità dell’analisi etica in HTA [14]. Tale metodo, detto anche Socratico, è stato introdotto nel 2005 e successivamente rivisto da Hoffman et al. [15]. Esso incorpora molti metodi già usati negli studi etici ed è stato utilizzato per la valutazione di molte tecnologie come il vaccino contro il papillomavirus, il trapianto di cellule staminali e la chirurgia bariatrica. L’approccio assiologico si basa sull’idea che la scienza e la tecnologia siano attività sociali, governate da un’ampia varietà di norme e valori. La tecnologia da valutare viene quindi declinata in senso sociale, ponendo l’attenzione sull’interazione di diversi tipi di norme e valori coinvolti nell’implementazione della stessa tecnologia. L’approccio socratico consente ai ricercatori di presentare diversi elementi con i rispettivi pro e contro da un punto di vista etico, senza l’obbligo di prendere posizione o presentare raccomandazioni. L’approccio socratico, infatti, pone domande ma non fornisce solo risposte. Tuttavia, questo approccio fornisce a chi si occupa di tale valutazione un’ampia base per rendere aperto e trasparente l’assessment etico. I vari argomenti, ragioni e opzioni possono essere pesati nel processo di valutazione, che porta alla finale raccomandazione o decisione.

L’approccio socratico si basa su 6 passaggi:

  1. identificare lo scopo della tecnologia valutata ed il suo background;

  2. identificare le persone coinvolte e gli stakeholders;

  3. identificare le questioni rilevanti a livello morale, selezionandole da una lista (di 33) e motivandone la scelta;

  4. ricercare in letteratura tali questioni morali;

  5. analizzare e discutere le questioni morali sulla base della letteratura e sulla base delle opinioni/atteggiamenti dei soggetti coinvolti;

  6. riassumere quello che è stato trovato.

L’approccio socratico all’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive (6° anno e 19° anno di vita) rispetto a quelle attualmente previste dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019

Viene di seguito riportata la valutazione etica e sociale dell’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019 secondo il metodo socratico. In particolare, sono riportate di seguito le questioni rilevanti a livello morale e le rispettive valutazioni effettuate.

BACKGROUND E SCOPO DELLA TECNOLOGIA VALUTATA

N. meningitidis è un batterio patogeno che causa una malattia invasiva (meningite e sepsi) a rapido esordio, con un alto rischio di sviluppo di sequele e alta letalità. Il tasso di notifica in Europa nel 2017 è stato di 0,6 casi per 100.000 abitanti, con un tasso di letalità dell’8,7%, in linea con i dati degli anni precedenti. I lattanti (< 1 anno di vita), i soggetti in età prescolare (1-4 anni) e i giovani adulti (15-24 anni) hanno presentato i maggiori tassi di incidenza (rispettivamente pari a 8,5 casi per 100.000 lattanti, 2,5 casi per 100.000 bambini di età pre-scolare e 1 caso per 100.000 soggetti tra 15 e 24 anni). Sebbene le patologie causate dal sierogruppo B presentino il tasso di notifica maggiore, dal 2014 risultano in aumento i casi causati dal sierogruppo Y e W, con percentuali pressoché uguali ai casi da sierogruppo C [16]. Il tasso di incidenza della malattia meningococcica in Italia è minore rispetto a quello riportato in Europa: rispettivamente 0,37 casi/100.000, 0,33 casi/100.000 e 0,28 casi/100.000 abitanti nel 2016, 2017 e 2018. L’incidenza di malattia meningococcica è stata maggiore per i lattanti (0-12 mesi), seguiti dal gruppo 1-4 anni e dal gruppo dei soggetti giovani adulti-adolescenti (15-24 anni). Inoltre, gli adolescenti e i giovani adulti hanno la più alta prevalenza dello stato di portatore. Tuttavia, il limitato uso delle tecniche molecolari in Italia determina una sottostima dei reali casi di malattia meningococcica di circa tre volte [17]. Inoltre, la sottostima è dovuta anche al basso tasso di notifica e dalla non completa sierotipizzazione [18-22].

Anche in Italia il sierogruppo B è quello più frequentemente responsabile di malattia meningococcica, ma il sierogruppo C e gli altri sierogruppi non-B (W, Y e X) causano la maggior parte dei casi negli adulti. Inoltre, negli ultimi anni, in particolare nell’età scolare e adolescenziale, si evidenzia come i sierogruppi Y e W siano in aumento con forme cliniche anche atipiche (vedi Capitolo 2).

Sebbene l’incidenza della malattia meningococcica non sia particolarmente alta, essa genera un elevato impatto clinico e sociale per la sua alta letalità (8-15%) [23], per la gravità della fase acuta e per le numerose sequele singole (fino al 60%) [24] e multiple (circa il 30-35%) associate alla malattia [25]. Questo rilevante impatto è ulteriormente aggravato dal fatto che la malattia colpisce prevalentemente i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti, che hanno una lunga aspettativa di vita (vedi capitolo 3).

Le cicatrici e i danni cutanei (range: 3,7-54,4%), le amputazioni (singole e multiple) (range: 3-36%), le sequele ortopediche (range: 5-18%) e le disfunzioni renali (range: 7-23%) rappresentano le principali sequele fisiche associate con la malattia invasiva meningococcica da sierogruppo A, C, W e Y. Le sequele neurologiche più frequenti sono, invece, la sordità (uni o bilaterale) (range: 5,7-35%), i deficit cognitivi (range: 1-32%), i deficit motori (range: 2-19%), i disturbi della vista (range: 10-23%) e l’epilessia (range: 2-9%). Inoltre, a seguito dell’ospedalizzazione, compaiono frequentemente nei soggetti sopravvissuti sintomi psichiatrici e psicologici (spesso sottostimati) come l’ansia e la depressione. Fino al 60% dei pazienti riporta sintomi da stress post-traumatico a breve e medio termine (vedi capitolo 3).

Anche nei genitori la patologia meningococcica invasiva determina un aumentato rischio di disturbi psichiatrici (come stress post-traumatico clinicamente significativo), fino al 60% delle madri e al 40% dei padri segnala problemi della sfera psicologica. In molti casi la gravità di tali disturbi necessita di supporto specialistico [26]. Infine, il livello di qualità della vita dei pazienti sopravvissuti alla malattia meningococcica risulta inferiore rispetto a quello della popolazione generale e l’impatto negativo della malattia è evidente anche nei pazienti senza sequele per periodi di tempo molto lunghi (vedi capitolo 3).

La malattia invasiva da meningococco genera ingenti costi diretti e indiretti. Il costo medio di ospedalizzazione per la malattia meningococcica varia da un minimo di € 4.529 ad un massimo di € 6.708 in base alla presentazione clinica e all’età del paziente. Un recente studio italiano ha stimato un costo medio in € 14.874. Stratificando il dato per fasce di età, il costo medio dei pazienti di età < 1 anno era di € 17.306, valore superiore a quello riferito ai bambini di età compresa tra 1 e 5 anni (€ 13.313), ai bambini di età 5-10 anni (€ 15.025) e ai pazienti di età > 10 anni (€ 14.059) [27]. A questi costi della fase acuta si aggiungono i costi della risposta di Sanità Pubblica finalizzata ad evitare casi secondari di malattia e gli ingenti costi diretti e indiretti delle sequele a breve e lungo termine (vedi capitolo 4).

La patologia meningococcica può essere prevenuta con la vaccinazione. Attualmente in Europa sono disponibili tre vaccini antimeningococcici quadrivalenti coniugati contenenti i polisaccaridi capsulari di N. meningitidis sierogruppo A, C, W e Y. Questi vaccini differiscono nel tipo di proteina carrier: Menveo® (GSK, MenACWY-CRM197 coniugato alla tossina mutante del batterio Corynebacterium diphtheriae - CRM197, somministrabile a partire dai 2 anni d’età), Nimenrix® (Pfizer, MenACWY-TT coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico, somministrabile in soggetti d’età ≥ 6 settimane senza limiti di età superiori) e MenQuadfi® (Sanofi Pasteur, MenACWY-TT coniugato con il tossoide tetanico, somministrabile a soggetti di età > 12 mesi). Questi vaccini sono risultati immunogeni e ben tollerati in bambini, adolescenti e adulti (Capitoli 5 e 6).

In Italia il PNPV 2017-2019 raccomanda la somministrazione di una dose di vaccino monovalente contro il sierogruppo C tra il 13° e il 15° mese di vita e una dose di vaccino quadrivalente contro i sierogruppi A, C, W e Y (MenACWY) per gli adolescenti tra i 12 e i 18 anni [1]. Tuttavia, le evidenze scientifiche disponibili hanno dimostrato che la protezione indotta dal vaccino decrementa dopo 4-5 anni nei bambini che hanno ricevuto una o tre dosi entro 13-15 mesi di vita e continua a diminuire durante l’adolescenza e la vita adulta, lasciando scoperte fasce di età in cui il rischio di contrarre l’infezione da meningococco è ancora alto. Per questo motivo potrebbe essere molto utile allargare l’offerta vaccinale a coorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019 [1] con una cadenza quinquennale di immunizzazione (così come suggerito dal Calendario per la Vita 2019) [28]. In questa ottica la vaccinazione con MenACWY potrebbe essere estesa alla fascia di età scolare (6° anno di vita) e a quella dei giovani adulti (≥ 19 anni). La Regione Toscana ha già allargato l’offerta vaccinale anche ai bambini di 6-9 anni [29-31].

SOGGETTI COINVOLTI E STAKEHOLDERS

Il presente HTA ha l’obiettivo di valutare l’estensione della vaccinazione antimeningococcica con il vaccino quadrivalente coniugato contro i sierogruppi A, C, W e Y a coorti aggiuntive rispetto a quelle già previste dal PNPV 2017-2019. La prima coorte aggiuntiva a cui offrire la vaccinazione antimeningococcica corrisponde a quella dei bambini di 6 anni di età (in accordo alla strategia vaccinale adottata in Toscana) [29-31] e la seconda coorte riguarda i giovani adulti ≥ 19 anni.

Queste due coorti, infatti, presentano, dopo i bambini piccoli e gli adolescenti, un rischio maggiore di malattia meningococcica causata dai sierogruppi prevenibili mediante vaccinazione. Oltretutto, in caso di pregressa vaccinazione queste coorti con il passare del tempo potrebbero essere non adeguatamente protette a seguito dell’abbassamento del titolo anticorpale a livelli non sufficienti a contrastare una eventuale rapida infezione. Infine, gli stili di vita dei giovani adulti, come l’esposizione al fumo e la permanenza in spazi chiusi affollati, concorrono ad aumentare il livello di rischio di malattia meningococcica in questa fascia di età [23, 32-35].

Per queste coorti dovranno essere previsti due differenti tipi di offerta vaccinale. La prima coorte è costituita da soggetti minorenni: in questo caso dovranno essere coinvolti nella promozione della vaccinazione i genitori/tutori con l’aiuto dei pediatri di famiglia. I giovani adulti, invece, dovranno essere coinvolti direttamente, con l’eventuale supporto del medico di medicina generale.

Quali sono le questioni morali rilevanti riguardo la patologia e il gruppo di pazienti coinvolti?

1- QUAL È LA SEVERITÀ DELLA MALATTIA? PUÒ CAMBIARE?

La malattia meningococcica presenta una elevata severità. Infatti, sebbene la malattia meningococcica non abbia un’alta incidenza, genera forme acute gravi, con alta letalità a causa dell’esordio improvviso e con sintomatologia rapidamente progressiva nell’arco di poche ore, che rendono spesso impossibile ed inefficace una tempestiva diagnosi e terapia antibiotica. I sopravvissuti hanno un’alta probabilità di sviluppare sequele singole o multiple, spesso permanenti e invalidanti. A ciò si aggiunge il pesante impatto psicologico e psichiatrico, oltre all’abbassamento della qualità della vita sia per il soggetto malato sopravvissuto che per i suoi familiari (vedi Capitolo 3).

L’estensione dell’offerta del vaccino antimeningococcico quadrivalente contro i sierogruppi A, C, Y e W ai bambini di 6 anni e ai giovani adulti di 19 anni permetterebbe di proteggere da questa patologia particolarmente severa le coorti di soggetti a maggior rischio, dopo i bambini piccoli e gli adolescenti. In particolare, per i soggetti vaccinati in precedenza l’ulteriore somministrazione del vaccino permetterebbe di contrastare il fisiologico calo del titolo anticorpale che può avvenire a distanza di pochi anni dalla precedente immunizzazione, rafforzando così la protezione indotta nel passato. Inoltre, la strategia di vaccinazione multi-coorte permetterebbe di recuperare i soggetti giovani non vaccinati in precedenza. Infine, utilizzando la formulazione quadrivalente viene ampliato lo spettro di protezione contro i sierogruppi di meningococco per i soggetti precedentemente vaccinati solo con il vaccino monovalente contro il sierogruppo C. Questo è particolarmente importante per i soggetti più grandi di età che, per il loro stile di vita (frequentazione di ambienti affollati e chiusi) e per i maggiori spostamenti presentano un maggior rischio di infezione.

Pertanto, la vaccinazione antimeningococcica multi-coorte permetterebbe di prevenire lo sviluppo della patologia invasiva e delle sue conseguenze più gravi, riducendo i costi diretti e indiretti, e di evitare il drastico abbassamento della qualità della vita che si avrebbe nel caso di un’infezione meningococcica grave, sia per il paziente che per i suoi caregiver. Dal punto di vista etico l’offerta della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive determinerebbe, quindi, il mantenimento nel tempo di un’adeguata immunità da parte dei soggetti più a rischio, permettendo loro di esercitare appieno le proprie libertà personali e garantendo la loro aspettativa di vita in salute. La vaccinazione permetterebbe anche di evitare il devastante impatto della malattia per i caregiver.

2- QUALI SONO I BENEFICIARI DI QUESTA TECNOLOGIA? SONO CATEGORIE PARTICOLARMENTE VULNERABILI, HANNO UNO STATUS SOCIOECONOMICO BASSO O RAPPRESENTANO UNA PRIORITÀ, SONO SOGGETTI A PREGIUDIZI? ESISTONO PROBLEMATICHE IMPORTANTI DI SOTTO-DIAGNOSI O TRATTAMENTO? QUESTE SITUAZIONI CAMBIERANNO?

I beneficiari dell’estensione dell’offerta vaccinale con vaccino antimeningococcico quadrivalente coniugato contro i sierogruppi A, C, Y e W sono i bambini in età scolare (6 anni) e i giovani adulti (≥ 19 anni) (acoorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019). Queste due coorti sono quelle, dopo i bambini piccoli e gli adolescenti, a maggior rischio di infezione e patologia meningococcica invasiva (vedi Capitolo 2). Queste sono categorie particolarmente vulnerabili e, quindi, dovrebbero rappresentare una priorità, dopo le coorti già individuate dal PNPV 2017-2019, anche perché in caso di patologia avrebbero il maggior impatto sulla loro aspettativa e qualità di vita rispetto al resto della popolazione.

Con la vaccinazione delle coorti aggiuntive si avrebbe un allargamento anticipato della protezione verso i sierogruppi di meningococco non previsti precedentemente per la popolazione pediatrica e il mantenimento di un titolo anticorpale più stabile nel tempo che favorirebbe il contenimento delle infezioni da meningococco, la riduzione del numero di forme gravi, garantendo una migliore aspettativa e qualità della vita dei soggetti più giovani della nostra popolazione. Occorre però precisare che l’impatto favorevole della vaccinazione antimeningococcica sarà sicuramente superiore a quello che si osserverà considerando solo i dati epidemiologici notificati dai sistemi di sorveglianza. Infatti, la letteratura ha ormai dimostrato l’alto tasso di sotto-notifica e sotto-diagnosi relativo alla patologia meningococcica invasiva [17-22].

Inoltre, dal punto di vista clinico, può essere complicato diagnosticare ed agire tempestivamente contro la malattia quando il soggetto coinvolto non riesce a descrivere con precisione la sintomatologia, oppure quando tale sintomatologia corrisponde ad un ventaglio di possibili condizioni molto diverse tra loro. Il corredo di segni e sintomi, infatti, è comune ad altre malattie infettive con alta prevalenza nella fascia pediatrica e adolescenziale; ciò potrebbe di determinare una diagnosi non corretta, incompleta o tardiva [36] ostacolando un tempestivo e corretto trattamento. Ciò può portare a morte del paziente oppure a sequele gravi condizionanti il resto della vita dei sopravvissuti e dei loro caregivers. Il problema della sotto-diagnosi e della diagnosi non tempestiva potrebbe essere risolto proteggendo tutte le coorti più a rischio con la vaccinazione, riducendo così il rischio di riduzione della loro qualità e aspettativa di vita a seguito della malattia.

Inoltre, l’offerta della vaccinazione alle coorti aggiuntive permetterebbe di recuperare i soggetti che, per qualche motivo, non sono stati vaccinati in precedenza o non sono adeguatamente protetti contro le patologie invasive da meningococco, permettendo così alla popolazione giovanile a rischio di essere equamente protetta.

3- L’USO DIFFUSO DI QUESTA TECNOLOGIA CAMBIERÀ IL RUOLO DEL PAZIENTE? CAMBIERÀ IL PRESTIGIO O LO STATUS DELLA MALATTIA, I PREGIUDIZI, LE CONVINZIONI O LO STATUS DELLE PERSONE CON CERTE PATOLOGIE?

La vaccinazione antimeningococcica permette alle persone sane vaccinate di vivere la propria vita in assenza della patologia, intesa in senso acuto e cronico (con le numerose e gravi possibili sequele permanenti e invalidanti), preservando quello che è il capitale umano e la libertà di autodeterminazione, che sarebbero altrimenti fortemente limitate o impossibili da attuare in caso di malattia meningococcica invasiva. Ciò è tanto più vero e rilevante se la malattia e le sue conseguenze sono prevenute in soggetti giovani, che hanno una lunga aspettativa di vita davanti a sé. Per evitare tutte le conseguenze possibili della malattia meningococcica invasiva occorre, tuttavia, proteggere nel modo più efficace tutte le fasce di età maggiormente esposte al rischio, anche con una serie ripetuta di vaccinazioni. Pertanto, in questo contesto la diffusione della vaccinazione antimeningococcica coniugata quadrivalente contro i sierogruppi A, C, W e Y in ulteriori coorti rispetto a quelle attualmente previste permetterebbe di affrontare la battaglia contro le patologie invasive da meningococco in modo più completo ed efficace, andando anche a impattare sulla catena di trasmissione dell’infezione e garantendo il mantenimento dello stato di salute della popolazione giovanile.

4- QUESTA TECNOLOGIA COINVOLGE PERSONE SANE (TEST DI SCREENING, CASI ASINTOMATICI, PREDICE LA PATOLOGIA) E COME VENGONO TRATTATI I POTENZIALI PROBLEMI (RISULTATI FALSI DEL TEST, SOVRA-DIAGNOSI, TRATTAMENTO INUTILE O DANNOSO)?

In generale, le vaccinazioni sono interventi di prevenzione primaria somministrati alle persone sane per evitare infezioni, lo sviluppo di patologia e la diffusione dell’agente eziologico nella popolazione. Il soggetto che si sottopone alla vaccinazione è sano e tale deve restare dopo la vaccinazione.

Le evidenze scientifiche dimostrano che i vaccini quadrivalenti coniugati antimeningococcici sono sicuri quando sono somministrati nella popolazione giovanile (anche se precedentemente vaccinata) (vedi capitolo 5 e 6). Gli eventi avversi a seguito della vaccinazione sono rari (vedi capitolo 5 e 6) e, in un’ottica di valutazione rischio-beneficio, il rischio che si sviluppino tali eventi è nettamente superato dal beneficio della vaccinazione. In tale contesto, è fondamentale il ruolo di tutti gli operatori sanitari coinvolti (dai professionisti della Sanità Pubblica ai pediatri di famiglia e i medici di medicina generale) per la promozione dell’estensione di questa vaccinazione a nuove coorti, fornendo informazioni adeguate che ne spieghino il razionale, i benefici a discapito dei pochi rischi. In particolare, i professionisti sanitari dovrebbero operare in modo che i soggetti delle coorti aggiuntive o i loro tutori comprendano bene l’importanza dell’immunizzazione per loro così come per le coorti a cui è già raccomandata. Rendere disponibili ulteriori vaccinazioni non è di per sé sufficiente quando le persone sono esitanti o riluttanti ad essere vaccinate, come è stato ben evidenziato da studi sulla Vaccine Confidence [37] e dalle revisioni sistematiche della letteratura riguardante i vaccine refusers. Per questi ultimi le ricerche [38-46] hanno individuato 4 principali sottogruppi:

  • un gruppo di “scettici” sul bilancio tra rischi e benefici delle vaccinazioni, che non hanno fiducia nelle stime scientifiche né nelle case farmaceutiche (e sui quali potrebbe far maggiore presa una adeguata campagna conoscitiva);

  • un gruppo di soggetti che si affidano maggiormente alle informazioni scientifiche, ma che non si sentono target delle raccomandazioni in ambito vaccinale (non si ritengono profili ad alto rischio, quindi non si vaccinano);

  • altri soggetti che sono sostanzialmente favorevoli alle vaccinazioni e le considerano necessarie, ma non si vaccinano finché dura l’immunità di gregge (non ne avvertono il bisogno);

  • un quarto gruppo che rifiuta le vaccinazioni sulla base di ideologie religiose o filosofiche sull’integrità e l’inviolabilità del corpo umano [47].

Dato il diverso tipo di interlocutore (genitori/tutori e giovani adulti) e l’estrema varietà di soggetti non completamente confidenti nelle vaccinazioni, è opportuno che gli operatori sanitari maturino le giuste competenze per poter offrire a ciascuno una corretta informazione nella promozione della vaccinazione antimeningococcica nelle due coorti addizionali, usando termini chiari, tentando di rendere il rapporto medico-paziente più interattivo e rendendo consapevole l’accettazione della vaccinazione.

Quali sono i problemi etici, sociali, culturali, legali e religiosi riguardanti la tecnologia studiata?

5- L’ADOZIONE, L’USO O LA DIFFUSIONE, COSÌ COME IL NON UTILIZZO DELLA TECNOLOGIA CREA PROBLEMI ALL’AUTONOMIA, ALLA PRIVACY, ALL’INTEGRITÀ E DIGNITÀ, O INTERFERISCE CON I DIRITTI UMANI DEL PAZIENTE?

In generale le vaccinazioni, come intervento di prevenzione primaria delle malattie infettive, preservando la salute delle persone vaccinate, hanno l’obiettivo di mantenere nel tempo l’autonomia, l’integrità e la dignità della persona immunizzata e non di creare un danno agli individui. Nel caso dell’estensione dell’offerta vaccinale antimeningococcica a coorti aggiuntive rispetto a quelle previste dal PNPV 2017-2019 si andrebbe solo ad ampliare un intervento vaccinale già in atto per altre coorti perché ritenuto non dannoso per l’autonomia, la privacy, l’integrità e la dignità, senza interferire con i diritti umani della persona immunizzata. Pertanto, l’estensione della vaccinazione ai bambini in età scolare e ai giovani adulti non andrebbe a interferire con i diritti umani delle persone se l’immunizzazione viene effettuata in maniera corretta, garantendo la privacy (come per ogni atto medico) e offrendo un opportuno counselling vaccinale. Un adeguato counselling può fare in modo che la scelta della vaccinazione sia un atto consapevole e sereno. I bambini in età scolare non hanno la capacità di decidere per sé stessi e la decisione dell’adesione o meno alla vaccinazione antimeningococcica è a carico del tutore (il genitore o chi ne fa le veci).

Qualcuno potrebbe obiettare, in generale, che la vaccinazione violi l’integrità del corpo umano e il suo normale ciclo vitale in armonia con la natura (come espresso da alcune filosofie) [43, 48]. Tuttavia, nel caso della vaccinazione contro il meningococco il peso di queste insinuazioni deve essere adeguatamente controbilanciato con l’impatto distruttivo delle patologie meningococciche, che andrebbe a limitare la libertà, la dignità, la privacy della persona in modo maggiore e per un periodo di tempo estremamente prolungato (talvolta in modo permanente). Pertanto, la mancata vaccinazione a queste ulteriori coorti a rischio potrebbe creare un danno maggiore alla persona (o ai suoi diritti) in caso di malattia.

6- LA TECNOLOGIA IN STUDIO PONE PROBLEMI RIGUARDO AI VALORI SOCIALI, CULTURALI, ALLE ISTITUZIONI, O CREA CONFLITTI CON LE CONVINZIONI RELIGIOSE?

I vaccini sono somministrati a soggetti sani che non sono ancora venuti in contatto con la malattia e che non ne conoscono le conseguenze. Tra coloro che potrebbero rifiutarsi di sottoporsi alla vaccinazione esiste un sottogruppo di persone che considera i vaccini come una manipolazione di qualcosa che è considerato naturale e che fa parte del biologico bilanciamento tra forze esistenti in natura. Per coloro che si allineano a questa forma di pensiero filosofico, le stesse malattie infettive fanno parte del normale ciclo di vita e non dovrebbero essere stravolte con le vaccinazioni: la vita con le vaccinazioni potrebbe essere più semplice, ma non per questo maggiormente degna o giusta da vivere [43,48]. Ulteriori obiezioni comuni alla vaccinazione in generale sono quelle concernenti l’invulnerabilità del corpo umano, in un ideale di integrità che verrebbe meno al momento della vaccinazione. Ciò ha diverse implicazioni quando il corpo “violato” è quello di un adulto consenziente o quando, invece, è quello di un bambino, per il quale l’inoculo di una sostanza estranea è percepita come un sopruso ancora maggiore. Questo concetto ha come chiaro corollario la ricerca della libertà di scelta e di autodeterminazione e si embrica con concetti di origine religiosa relativi al mantenimento della purezza del corpo (il vaccino viene visto come un agente contaminante ed impuro). Molte testimonianze di questo assetto filosofico appartengono alla storia: perfino la vaccinazione antivaiolosa di Jenner venne in alcuni casi rifiutata perché “contraria alla volontà di Dio” [49]. Studi più recenti stabiliscono una connessione tra popolazioni “esitanti” e religione (in Olanda esiste una minoranza ortodossa protestante di circa 250.000 membri che esprime delle obiezioni sulle vaccinazioni, e il 40% di loro non è mai stato vaccinato) [50], e tra popolazioni esitanti e gli stili di vita vegani o le correnti di pensiero animaliste. In tempi moderni le obiezioni riguardano la presenza di derivati del sangue, o di vaccini coltivati su colture cellulari bovine e porcine, su uova, o che sono stati testati su animali [51,52]. Queste scelte ideologiche devono essere rispettate, ma i limiti di questo rispetto vengono toccati quando l’autodeterminazione va a discapito degli altri, come affermò John Stuart Mill nel 1859 [53]. Nel caso delle mancate vaccinazioni ci può essere il rischio di infezione e malattia in chi non si è vaccinato ma, non riducendo la circolazione degli agenti eziologici, anche di danneggiare la salute delle altre persone, specialmente quelle più fragili che per qualche motivo di salute non possono vaccinarsi (come, ad esempio, soggetti con malfunzionamento del sistema immunitario, congenito o acquisito, temporaneo o permanente).

Dall’altra parte, l’importanza delle vaccinazioni è pienamente riconosciuta dalle nostre istituzioni tramite il PNPV 2017-2019 [1] e, per quanto riguarda la vaccinazione antimeningococcica per la coorte in età scolare, già dal calendario vaccinale della Regione Toscana [29-31]. Pertanto, è la non immunizzazione con vaccini ufficialmente raccomandati che va contro le indicazioni istituzionali.

7- COME PUÒ L’ADOZIONE, L’USO O IL NON UTILIZZO DELLA TECNOLOGIA CAMBIARE LA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE SANITARIE (GIUSTIZIA NELL’ALLOCAZIONE, ACCESSO E DISTRIBUZIONE)?

L’estensione dell’offerta vaccinale con il vaccino quadrivalente coniugato antimeningococcico contro i sierogruppi A, C, W e Y a due coorti aggiuntive implicherà sicuramente una richiesta di risorse sanitarie in termini di impegno del personale e di costi aggiuntivi per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) per l’acquisto e la somministrazione dei vaccini.

Per quanto riguarda i costi, questi sono in parte recuperabili dai costi clinici che vengono risparmiati grazie ai casi di patologia meningococcica invasiva evitati grazie alla vaccinazione. Come evidenziano i dati di letteratura disponibili, infatti, i costi diretti e indiretti (ma anche quelli intangibili) stimati per la patologia meningococcica invasiva nelle diverse fasce di età e per sierogruppo sono particolarmente ingenti (vedi capitolo 4). Inoltre, la valutazione economica riportata nel Capitolo 7 di questo report ha stimato, sebbene le patologie invasive da meningococco abbiano una bassa incidenza, un costo medio per paziente in termini di soli costi diretti pari a circa € 19.516; a livello globale, i costi diretti totali associati alla malattia invasiva meningococcica in Italia sono risultati pari a circa € 4,3 milioni di cui circa il 79% (€ 3,4 milioni) sono risultati associati alla gestione e al trattamento dei soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele. Considerando la prospettiva sociale, il costo medio per paziente è risultato pari a circa € 86.770, mentre il burden economico complessivo associato alla malattia meningococcica in Italia è risultato pari a circa € 19,2 milioni, di cui circa € 13,6 milioni (circa il 70,6%) associati ai soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele sia in termini di costi diretti sia in termini di costi sociali. Pertanto, l’introduzione della vaccinazione in coorti d’età aggiuntive rispetto a quelle attualmente vaccinate potrebbe comportare un beneficio incrementale in termini di casi evitati e di riduzione della spesa paragonabile a quella già ottenuta con l’attuale strategia di vaccinazione prevista dal PNPV 2017-2019.

Se il SSN non disponesse di uno specifico budget ad hoc per sostenere la strategia multi-coorte, i costi dovrebbero essere coperti da risorse provenienti da altre aree. Tuttavia, questa prospettiva apre la strada al problema della più opportuna riallocazione delle attuali limitate risorse e del taglio dei servizi sanitari, che potrebbe ripercuotersi su gruppi di pazienti che fino ad allora avevano diritto a maggiori tutele. D’altra parte, è necessario considerare che le patologie meningococciche invasive sono particolarmente invalidanti o letali, con un costo umano il cui valore è incalcolabile. Pertanto, oltre ai costi diretti della malattia è opportuno valutare anche i costi indiretti e, soprattutto, quelli intangibili collegati alla riduzione dell’aspettativa e della qualità della vita, evitabili con la vaccinazione.

Per quanto riguarda la riallocazione delle risorse umane, come evidenziato nel Capitolo 9, l’adozione di una strategia vaccinale antimeningococcica multi-coorte potrebbe presentare alcune criticità organizzative, come la necessità di un potenziamento dei servizi vaccinali già presenti sul territorio con l’aumento del numero di centri vaccinali, l’estensione degli orari di apertura degli stessi e la programmazione di giornate dedicate a specifiche vaccinazioni. Per la vaccinazione dei bambini potrebbe essere anche valutata l’ipotesi dell’immunizzazione in ambito scolastico mentre per i giovani potrebbero essere ipotizzate nuove strategie (ogni occasione utile come l’iscrizione all’università, a corsi di formazione professionale, a programmi di mobilità studentesca, servizio civile/carriera militare, ecc.). In parte queste criticità potrebbero essere superate con la co-somministrazione del vaccino quadrivalente antimeningococcico coniugato contro i sierogruppi A, C, W e Y insieme agli altri vaccini attualmente raccomandati (vedi capitoli 5 e 6).

8- QUALI SONO LE CONSEGUENZE MORALMENTE RILEVANTI (RISCHI E BENEFICI) DELL’ADOZIONE, USO O NON USO DELLA TECNOLOGIA (IN PARTICOLARE DAL PUNTO DI VISTA DEL PAZIENTE)? COME SI POSSONO BILANCIARE I RISCHI CON I BENEFICI? ESISTONO ALTERNATIVE?

L’estensione della vaccinazione antimeningococcica con il vaccino coniugato quadrivalente contro i sierogruppi A, C, W e Y a coorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019 permetterebbe a questi soggetti di mantenere un livello anticorpale sufficientemente protettivo e costante nel tempo. Pertanto, con la vaccinazione multi-coorte è possibile ridurre notevolmente il rischio di malattia meningococcica invasiva nella popolazione giovanile a rischio. Il rilevante beneficio scaturito dalla vaccinazione (tutela della salute dei giovani) può essere raggiunto a discapito di un bassissimo rischio di reazione avversa (vedi capitolo 5 e 6).

L’alternativa è la non estensione della vaccinazione a corti aggiuntive (attuale raccomandazione) con il rischio che soggetti precedentemente vaccinati ma non adeguatamente protetti o soggetti non vaccinati in precedenza, acquisiscano la patologia meningococcica invasiva con il relativo pesante impatto sia sul paziente che sui familiari.

Pertanto, avendo a disposizione vaccini sicuri ed immunogeni e avendo individuato la vulnerabilità della popolazione giovanile, anche se già vaccinata qualche anno prima, il problema morale è rappresentato dalla non offerta dell’immunizzazione più che dall’estensione del programma di vaccinazione antimeningococcica.

9- PUÒ L’ADOZIONE, L’USO O IL NON USO DELLA TECNOLOGIA ESSERE IN CONFLITTO CON LE LEGGI E LE REGOLAMENTAZIONI ESISTENTI? OPPURE PUÒ RENDERE NECESSARIO UN CAMBIO NELLA REGOLAMENTAZIONE?

Attualmente il PNPV 2017-2019 prevede la vaccinazione antimeningococcica per le coorti di bambini in età scolare e di giovani adulti [1]. Tuttavia, la vaccinazione dei bambini di 6 anni di età è già oggi offerta nella Regione Toscana [29-31]. L’estensione alle due coorti di vaccinazione rappresenterebbe quindi il completamento del programma di immunizzazione contro le infezioni da meningococco. Tuttavia, ogni volta che nuove evidenze scientifiche individuano possibili miglioramenti riguardanti gli interventi sanitari da adottare, è necessario attuare modifiche nella attuale legislazione. Documenti scientifici come il presente report di HTA hanno proprio lo scopo di essere un utile strumento per indirizzare il processo decisionale, come l’aggiornamento dell’attuale PNPV 2017-2019.

10- CI SARANNO OBBLIGHI MORALI RELATIVI ALL’ADOZIONE, USO O NON USO DELLA TECNOLOGIA IN STUDIO (AD ESEMPIO CI SONO SPECIALI DIFFICOLTÀ NELL’INFORMARE I PAZIENTI, CON LA PRIVACY O CON LA CONFIDENZIALITÀ)?

Indipendentemente dal tipo di immunizzazione, il counselling vaccinale tempestivo, corretto e adeguato all’interlocutore dovrebbe essere una pratica professionale comune e obbligatoria. È quindi sempre moralmente opportuno che gli operatori sanitari informino e discutano adeguatamente della nuova strategia vaccinale e del tipo di vaccino da somministrare con i soggetti da immunizzare o, nel caso di soggetti minorenni, con i genitori o i tutori legali. In particolare, sia i bambini che i loro genitori o tutori legali e i giovani adulti devono essere informati esplicitamente sia delle caratteristiche della malattia meningococcica invasiva, sia dei benefici della vaccinazione che delle eventuali reazioni avverse. Tali informazioni devono essere fornite nella loro completezza con linguaggio conforme alle capacità intellettive del ricevente. Ai vaccinandi o ai loro caregiver dovrà essere data la possibilità di effettuare eventuali domande. Questo aspetto rappresenta una sfida per il personale sanitario, che deve maturare le giuste competenze affinché la comunicazione sia efficace (vedi capitolo 10). In particolare, dovrà essere adeguatamente spiegata dagli operatori sanitari e compresa da coloro che si devono vaccinare o dai loro tutori il razionale alla base dell’estensione del programma vaccinale. Infine, come per tutte le vaccinazioni e per tutti gli atti medici, deve essere garantita la privacy e la confidenzialità.

Quali sono le problematiche morali correlate ai cambiamenti strutturali apportati dalla nuova tecnologia?

11- COME SI CORRELA LA TECNOLOGIA IN STUDIO CON I PIÙ GENERALI PROBLEMI DELLA MEDICINA MODERNA? (SOTTO-DIAGNOSI, SCARSA MEDICALIZZAZIONE, SOVRA-DIAGNOSI, OVER-TRATTAMENTO, RIDUZIONE DELLA FIDUCIA)

In tempi moderni la medicina, così come è accaduto per tutte le attività scientifiche, ha subito un forte discredito. Infatti, a seguito di nuove correnti ideologiche, veicolate attraverso internet [54], reiterate talvolta anche a livello mondiale da più forze politiche in un’ottica di profitto elettorale [55], la fiducia che tradizionalmente era riposta negli operatori sanitari è venuta meno progressivamente [56]. Ciò vale anche per l’ambito delle vaccinazioni. Infatti, prima della diffusione delle fake news e dell’utilizzo dei new media come quasi esclusiva via di informazione, le vaccinazioni e il loro beneficio protettivo nei confronti delle malattie e delle loro sequele suscitavano nell’opinione pubblica reazioni positive. Tuttavia, in seguito, vaccinarsi per proteggere sé stessi e per “il bene comune”, che negli anni passati era percepito come un giusto e doveroso obbligo morale, sotto la nuova luce delle false credenze ed ideologie è andato configurandosi come qualcosa di sospetto. Nel momento in cui alcune regole non vengono comprese, ma vengono percepite come limitative della propria libertà di scelta ed autodeterminazione, compare un fenomeno chiamato Reattanza Psicologica: il soggetto tenterà di liberarsi da una condizione di avvertita subordinazione e tenterà di recuperare il proprio spazio di comunicazione e di scelta [54]. Con la reattanza si rifiutano i vecchi schemi ed i vecchi modelli socio-politici-culturali e si ha un cambiamento di quella che è la Weltanschauung, ovvero la concezione del mondo, della vita e della posizione in esso occupata dall’uomo. Si ha così la nascita di coloro che si oppongono alle soluzioni scientifiche moderne. In questo contesto, alcune di queste persone arrivano a rifiutare apertamente i trattamenti sanitari come le vaccinazioni.

La sfida della medicina moderna è, quindi, quella di riguadagnare la fiducia di coloro che si sono allontanati dal perseguimento del vero “bene comune”. Nell’ottica della vaccinazione antimeningococcica, così come per tutte le tecnologie di questo tipo, è opportuno che gli operatori sanitari restaurino la comunicazione con gli individui da vaccinare, cambino il linguaggio e ne adottino uno che permetta agli utenti di comprendere pienamente il razionale della nuova strategia vaccinale, la sicurezza di tale intervento, la frequenza e la gravità delle reazioni avverse e, infine i vantaggi della vaccinazione e della non vaccinazione. Ciò può essere fatto anche sfruttando nuovi mezzi di comunicazione. Inoltre, questi aspetti dovrebbero essere resi ben chiari anche ai decision makers in modo che comprendano l’importanza di offrire la vaccinazione antimeningococcica ad ulteriori coorti di persone a rischio e introducano questa strategia nel calendario vaccinale. In questa ottica la maggiore sfida sarà quella di far accettare l’aggiunta di ulteriori vaccinazioni nel calendario, che già prevede la somministrazione di molti vaccini. Infatti, la strategia multi-coorte non deve essere percepita come un over-trattamento ma un intervento necessario per tutelare nel migliore dei modi la salute dei giovani dalla malattia meningococcica invasiva.

Infine, la vaccinazione antimeningococcica estensiva a tutte le coorti a rischio di patologia invasiva può contrastare il problema della sotto-diagnosi ampiamente riportato in letteratura [17-22]. Se la corretta diagnosi non è tempestiva, insieme all’applicazione degli opportuni trattamenti farmacologici, è più probabile che la malattia meningococcica abbia un esito infausto o con sequele irreversibili.

12- LA TECNOLOGIA IN STUDIO CAMBIA O RENDE PROBLEMATICA LA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE O LA RELAZIONE TRA PROFESSIONISTI IN MEDICINA?

L’estensione della vaccinazione antimeningococcica a ulteriori coorti potrebbe esercitare una perturbazione nel rapporto medico-paziente, nel momento in cui determina la necessità di accedere ai servizi sanitari un numero maggiore di volte a fronte di un bisogno vaccinale percepito come già soddisfatto o superfluo. Pertanto, dovrà essere adeguatamente spiegata e motivata da parte degli operatori sanitari la necessità di effettuare ulteriori dosi rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019. Infatti, nel clima di discredito verso le figure mediche e di diffusione di fake news [5] un invito ad un ulteriore trattamento può essere interpretato come una ulteriore limitazione alle proprie scelte di vita ed una invasione delle libertà personali (come altrove asserito), anche se non sussiste l’obbligatorietà per queste vaccinazioni. Occorre quindi lo sforzo, da parte degli operatori sanitari, a maturare quelle competenze che permettono un equo rapporto con gli utenti. Tale strategia deve adeguarsi al tipo di soggetti da vaccinare con esigenze diverse (vedi anche capitolo 10).

Per quanto riguarda la coorte in età scolare, la comunicazione deve necessariamente rivolgersi ai caregivers. Questi ultimi hanno il diritto ed il dovere di valutare i benefici di una ulteriore dose di vaccino rispetto agli eventuali rischi: questo sarà possibile solo se esiste un adeguato rapporto di fiducia tra operatore sanitario e chi si prende cura del bambino e se viene fornita un’adeguata informazione, che permetta ai caregivers di effettuare una scelta ragionata e fornire il consenso informato. Un genitore potrebbe percepire l’ulteriore offerta vaccinale come un’intrusione nella propria sfera familiare, e potrebbe rifiutare la vaccinazione, specialmente se percepita come una “ipermedicalizzazione” di una situazione fisiologica come l’infanzia. Uno studio americano afferma che un approccio orientato alla comprensione e scarsamente “paternalistico” risulta ben accetto dalla popolazione genitoriale; tuttavia una conduzione così morbida del rapporto medico-paziente si riflette negativamente sulla quota netta di bambini vaccinati, mentre una dinamica maggiormente gerarchica, dove il medico non si fa portatore di una mera raccomandazione, bensì di un forte invito a vaccinarsi, facendosi forte della sua autorità scientifica, è vista complessivamente come meno positiva ma produce una quota di bambini vaccinati più alta [57]. Anche l’utilizzo di materiale esplicativo da divulgare ai caregivers [58] può essere utile per incrementare la compliance alla vaccinazione.

Per quanto riguarda i giovani adulti, questi potrebbero percepire scarsamente il loro rischio relativo alla malattia meningococcica e, quindi, non considerarsi target per la strategia vaccinale, accettando più difficilmente le raccomandazioni fornite dal medico. Inoltre, questa coorte potrebbe essere raggiunta con molta più difficoltà rispetto alle fasce pediatriche. Pertanto, potrebbe essere necessario adottare nuovi mezzi di comunicazione per raggiungere questa coorte e incrementare la compliance (vedi capitolo 10).

13- CI SONO PROBLEMATICHE MORALI RILEVANTI RELATIVE AL LIVELLO DI GENERALIZZAZIONE?

Relativamente all’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive a rischio di infezione e malattia, come i bambini in età scolare e i giovani adulti, non ci sono problematiche morali rilevanti a livello di generalizzazione. Infatti, le vaccinazioni sono pianificate a livello di Sanità Pubblica per la popolazione e gli studi clinici dimostrano che i vaccini quadrivalenti coniugati antimeningococcici disponibili in Italia sono immunogeni e sicuri anche nei bambini di 6 anni e nei giovani adulti di 19 anni. In ogni caso, al momento dell’anamnesi vaccinale per l’immunizzazione antimeningococcica gli operatori sanitari valuteranno se i benefici e i rischi della vaccinazione sono appropriati per il singolo soggetto.

Quali sono le problematiche morali relative alle caratteristiche della tecnologia sanitaria in studio?

14- QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DELLA TECNOLOGIA IN STUDIO (FUNZIONI, SCOPO, OBIETTIVI)?

I vaccini quadrivalenti coniugati contro il meningococco hanno la funzione di prevenzione primaria contro l’infezione da sierogruppi A, C, W e Y di N. meningitidis (vedi capitolo 5 e 6). In particolare, la principale caratteristica della vaccinazione antimeningococcica è quella di determinare la produzione di anticorpi protettivi contro gli specifici sierogruppi di meningococco.

Nonostante la rilevante immunogenicità dei vaccini antimeningococcici disponibili, i dati di letteratura indicano che la protezione offerta dall’immunizzazione ha una durata variabile. In particolare, essendo dimostrata nel tempo la riduzione dell’immunità umorale conferita dalla vaccinazione contro una malattia che presenta un decorso molto rapido, come quella meningococcica, un programma vaccinale a più coorti distanziate di pochi anni permetterebbe di mantenere alti, costanti nel tempo ed efficacemente protettivi i titoli anticorpali. Inoltre, la strategia multi-coorte potrebbe essere utile anche per recuperare i soggetti a rischio non vaccinati in precedenza.

15- IL VALORE SIMBOLICO DELLA TECNOLOGIA È DI IMPORTANZA MORALE? (PRESTIGIO, STATUS?) QUESTO PUÒ CAMBIARE COME RISULTATO DELLA TECNOLOGIA SANITARIA?

Secondo quanto riportato dal PNPV 2017-2019 i vaccini sono una delle tecnologie biomediche più sicure attualmente a disposizione poiché sono sottoposti ad approfonditi studi sperimentali prima, durante e dopo la loro introduzione nella pratica clinica. I vaccini permettono di preservare la salute delle persone stimolando un’efficace protezione immunitaria contro numerose malattie, evitando la comparsa di sintomi, sequele o morte. La scoperta e l’impiego dei vaccini ha permesso di proteggere milioni di persone in tutto il mondo. Inoltre, i vaccini sono tra le tecnologie più efficienti per il rapporto favorevole tra costo e benefici sia diretti che indiretti [1]. Pertanto, il valore morale dei vaccini può essere considerato particolarmente rilevante e questo è tanto più vero per i vaccini antimeningococcici che proteggono da una patologia particolarmente severa e letale.

16- CI SONO PROBLEMATICHE MORALI RELATIVE AI COMPONENTI DELLA TECNOLOGIA IN STUDIO?

I vaccini antimeningococcici sono costituiti dagli antigeni di N. meningitidis che mimano l’infezione causata dall’agente eziologico. Nel caso del vaccino quadrivalente coniugato contro i sierogruppi A, C, W e Y è utilizzata una porzione polisaccaridica degli specifici sierogruppi di N. meningitidis; queste porzioni sono poi coniugate con il tossoide tetanico o difterico.

La somministrazione di polisaccaridi, per la loro natura chimica, non comporta problematiche di tipo morale. La presenza del tossoide, documentata dal foglietto illustrativo, invece, potrebbe fuorviare e allertare i genitori dei bambini in età scolare o i giovani adulti da vaccinare. Tuttavia, gli studi clinici effettuati (vedi capitolo 5 e 6), l’autorizzazione da parte degli enti regolatori e, infine, l’attuale utilizzo di vaccini sia nella coorte pediatrica che in quella adolescenziale dovrebbero essere sufficienti a rassicurare sulla sicurezza di questo tipo di immunizzazione. È importante che questi aspetti siano pienamente spiegati dagli operatori sanitari a coloro che devono essere vaccinati o ai loro tutori.

17- ESISTONO TECNOLOGIE CORRELATE CHE SI SONO RIVELATE PROBLEMATICHE A LIVELLO MORALE? (QUESTE PROBLEMATICHE SONO RILEVANTI ANCHE PER QUESTA TECNOLOGIA?) CI SONO PROBLEMATICHE RELATIVE AGLI STAKEHOLDERS?

Negli ultimi decenni tutte le vaccinazioni sono state oggetto di dannose campagne di disinformazione di massa, specialmente attraverso i new media. A seguito delle false teorie emerse a partire dagli anni ‘90, quando Wakefield insinuò una correlazione tra la somministrazione del vaccino contro morbillo-rosolia-parotite e autismo nei bambini [59], pressoché tutti i vaccini sono stati incolpati di provocare altre patologie, soprattutto di tipo neurologico [60].

Per quanto riguarda i vaccini antimeningococcici, esistono teorie riguardanti la relazione tra la somministrazione di questi ultimi (senza distinzione) e la comparsa di alcune malattie neurodegenerative, encefaliti ed encefalopatie. Tuttavia, queste teorie sono state confutate [61]. Come descritto nel Capitolo 5 e 6, gli attuali vaccini quadrivalenti antimeningococcici coniugati mostrano un ottimo profilo di sicurezza e la loro somministrazione non determina problematiche morali per chi effettua la somministrazione e chi decide di accettare la somministrazione, a patto di aver ben chiaro i rischi e i benefici dell’immunizzazione.

Quali sono le problematiche morali relative agli stakeholders?

18- CI SONO TERZE PARTI COINVOLTE? (COME DONATORI, PARENTI)

La patologia invasiva da meningococco è particolarmente aggressiva, non solo nella sua forma fulminante (che spesso culmina con l’exitus del paziente), ma anche nelle forme meno gravi che, con alta frequenza determinano sequele permanenti e invalidanti. Per coloro che sopravvivono, quindi, si rendono spesso necessarie cure prolungate e molto impegnative sia durante la fase acuta che nella fase di guarigione e di riabilitazione (fase post-acuta e a lungo termine), con un forte impatto, oltre che clinico, economico e sociale. Le risorse impiegate provengono dal SSN (che si fa carico del trattamento ospedaliero e riabilitativo), ma spesso i familiari delle persone con sequele da meningococco sono costretti a ricorrere a spese aggiuntive rispetto a quelle fornite al cittadino. Oltretutto, per garantire una adeguata assistenza al familiare malato i caregivers sono costretti ad abbandonare il proprio lavoro o passare a un regime lavorativo part-time. Nondimeno, questi caregivers necessitano di supporto psicologico o psichiatrico per far fronte al carico della sofferenza e dello stress indotto dalla malattia del familiare. Questo aspetto è particolarmente rilevante quando i pazienti colpiti da patologia batterica invasiva sono soggetti giovani con una lunga aspettativa di vita notevolmente deteriorata dalla malattia invasiva (vedi capitolo 3 e 4).

Questo elevato impatto della patologia meningococcica sui caregivers potrebbe essere evitato con la vaccinazione. Il programma di vaccinazione può essere più efficace se è applicata una strategia multi-coorte che mantiene nei vaccinati un costante livello anticorpale protettivo.

19- QUALI SONO GLI INTERESSI DI CHI UTILIZZA LA TECNOLOGIA?

L’interesse di coloro che vengono vaccinati contro N. meningitidis A, C, W e Y con una strategia multi-coorte è quello di acquisire il livello di protezione più alto possibile e costante nel tempo nei confronti della patologia meningococcica invasiva durante le fasi della vita più a rischio di infezione e malattia. Inoltre, con questa strategia è possibile anche recuperare e, quindi, proteggere i soggetti suscettibili che non hanno effettuato in precedenza la vaccinazione antimeningococcica.

20- COME LA TECNOLOGIA CONTRIBUISCE, OSTACOLA O ALTERA L’AUTONOMIA DEL PROFESSIONISTA DELLA SALUTE?

Decidere di adottare una nuova strategia vaccinale (come l’estensione dell’offerta vaccinale a nuove coorti di soggetti a rischio) e di effettuare modifiche nel calendario vaccinale è una scelta che deve essere ben motivata ed argomentata su basi scientifiche. Nel caso della vaccinazione antimeningococcica contro i sierogruppi A, C, W e Y l’autonomia del professionista della salute è, quindi, condizionata dalle raccomandazioni istituzionali. Inoltre, i decision makers, così come i professionisti sanitari, saranno condizionati dal calcolo dei costi e dei benefici determinati dalla vaccinazione aggiuntiva nei bambini e nei giovani adulti.

Infine, i principi che muovono i professionisti della salute sono quelli della beneficenza e della non maleficenza. La beneficenza richiede che chi promuove la vaccinazione pensi non solo ad evitare danni al paziente, ma ad agire pienamente per il suo benessere. Per la coorte in età scolare l’aggiunta di una nuova vaccinazione si somma al già affollato calendario vaccinale e potrebbe sembrare un aggravio della routine lavorativa quotidiana troppo impegnativa. Tuttavia, la vaccinazione assicura il mantenimento di uno stato di assenza di malattia e il proseguimento delle normali attività in serenità nel vaccinato. Per il giovane adulto il dilemma etico si focalizza maggiormente sulla libertà di espressione ed autodeterminazione dell’utente, ma il professionista può ragionare in termini di necessità e di ragionevolezza dell’atto vaccinale: la vaccinazione antimeningococcica contro i sierogruppi A, C, W e Y è necessaria per assicurare la continuità della protezione immunitaria laddove il tasso anticorpale decade o non è stata stimolata da precedenti vaccinazioni e offre protezione verso una malattia severa con un atto semplice e poco invasivo, pertanto del tutto ragionevole. Il secondo principio, quello della non maleficenza, si potrebbe tradurre come il dovere, da parte del professionista, di non mettere a rischio inutilmente il paziente. Gli studi clinici e la sorveglianza post-marketing garantiscono la sicurezza della vaccinazione antimeningococcica anche nelle coorti aggiuntive considerate nel presente HTA (vedi capitolo 5 e 6). Pertanto, in questa ottica, l’autonomia del professionista della salute non viene ostacolata o alterata dall’estensione della vaccinazione antimeningococcica anche per i bambini in età scolare e i giovani adulti.

21- QUALI SONO GLI INTERESSI DEI PRODUTTORI DELLA TECNOLOGIA?

Parallelamente a quelli che sono gli interessi della popolazione, gli interessi degli sviluppatori e dei produttori della presente tecnologia in un’ottica di strategia multi-coorte vertono sull’induzione del livello più alto di protezione contro la malattia invasiva da meningococco per il maggior numero possibile di soggetti appartenenti alle categorie epidemiologicamente più a rischio. Infine, i produttori della tecnologia, come ogni azienda, sono motivati da interessi economici.

22- GLI UTILIZZATORI DELLA TECNOLOGIA NEGLI STUDI SONO RAPPRESENTATIVI DEGLI UTILIZZATORI CHE LA UTILIZZERANNO NELLA PRATICA CLINICA?

Negli studi clinici la somministrazione dei vaccini antimeningococcici coniugati quadrivalenti contro i sierogruppi A, C, W e Y è stata ampiamente studiata in tutte le fasce di età che potrebbero essere coinvolte nella strategia di immunizzazione multi-coorte. In particolare, anche nelle coorti aggiuntive rispetto a quelle previste dal PNPV 2017-2019 la vaccinazione anti-meningococco è risultata immunogena e sicura (vedi capitolo 5 e 6). Questi dati sono confermati anche sul campo dalla somministrazione di una ulteriore dose in età scolare, come è attualmente raccomandato in Regione Toscana [29-31].

Quali sono le problematiche morali correlate alla valutazione della tecnologia in studio?

23- ESISTONO DEI PROBLEMI MORALI RILEVANTI CORRELATI ALLA SCELTA DEGLI END-POINTS, DEI VALORI DI CUT-OFF E DEGLI OUTCOMES?

Nell’attuale valutazione di HTA dell’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive sono state raccolte e analizzate le evidenze scientifiche disponibili a livello nazionale e internazionale. A causa della bassa incidenza della malattia invasiva da meningococco nella popolazione inclusa negli studi clinici, per valutare l’efficacia dei vaccini disponibili, è stata esaminata l’immunogenicità sviluppata dopo la somministrazione [62-63] come proxy dell’efficacia vaccinale. A supporto di questa scelta è il fatto che, a causa della rapida insorgenza della malattia, la protezione nei confronti dell’infezione meningococcica dipende più dagli anticorpi circolanti che dalla memoria immunologica. Infine, occorre considerare che il livello di immunogenicità è l’outcome esaminato per tutti i vaccini antimeningococcici disponibili, indipendentemente dalla coorte vaccinata.

Inoltre, nella valutazione è stata posta l’attenzione soprattutto sul confronto dei costi dell’estensione del programma di vaccinazione rispetto non tanto ai casi di malattia meningococcica evitati (pochi, vista la bassa incidenza della malattia) ma rispetto all’elevato impatto che ogni singolo caso comporta in termini di sequele fisiche, neurologiche e psicologiche/psichiatriche, perdita della qualità della vita e letalità. Solo una tale scelta permette di valutare pienamente i benefici e i rischi dell’estensione della vaccinazione con un programma multi-coorte.

24- CI SONO ASPETTI MORALMENTE RILEVANTI RELATIVI ALLA SELEZIONE (CRITERI) DEGLI STUDI DA INCLUDERE NELL’HTA?

Gli studi esaminati nell’HTA sono stati selezionati e raccolti, quando possibile, in modo sistematico, con specifico dettaglio in ogni capitolo, in modo da evitare problemi di selezione e non corrette analisi conclusive. Occorre, però, segnalare che talvolta nell’analisi non sono stati individuati studi relativi al contesto italiano, come ad esempio per le sequele e i relativi costi (vedi capitolo 3 e 4), e la valutazione è stata effettuata basandosi sui dati internazionali disponibili.

25- QUALI SONO LE RAGIONI PER CUI QUESTA TECNOLOGIA È STATA SCELTA PER ESSERE VALUTATA?

Nel caso dell’immunizzazione antimeningococcica, le evidenze scientifiche hanno dimostrato che la protezione offerta dalla vaccinazione ha una durata limitata e nel tempo può scendere a livelli pre-vaccino [64]. Per questo motivo nel Calendario Vaccinale per la Vita 2019, tenendo conto che dopo 5 anni dalla vaccinazione molti soggetti possono non essere adeguatamente protetti e l’evoluzione molto rapida della patologia meningococcica invasiva, è stata raccomandata l’introduzione di una dose booster nel periodo tra 6-9 anni di età [28]. Proprio per questo la Regione Toscana sta offrendo la vaccinazione antimeningococcica anche ai bambini di 6 anni di età [29-31]. Questo razionale può essere considerato valido anche per i giovani adulti, perdurando anche in questa fascia di età il rischio di infezione meningococcica a causa delle abitudini di vita. Per questi motivi, una vaccinazione estesa offerta a quattro coorti permetterebbe di proteggere più efficacemente la popolazione giovanile nel suo complesso. Oltretutto, proponendo una strategia multi-coorte è possibile anche recuperare e proteggere coloro che per qualche motivo hanno saltato una precedente vaccinazione antimeningococcica.

26- ESISTONO DELLE PROBLEMATICHE MORALI RILEVANTI NELLA PIANIFICAZIONE DELL’HTA, NELLA STRUTTURA DEL REPORT DI HTA, E NELLA SELEZIONE, SINTESI E PRESENTAZIONE DEI RISULTATI?

Il presente HTA è stato svolto seguendo i principali domini indicati da EUnetHTA [65] e pertanto non presenta particolari problematiche morali nella sua struttura e presentazione dei risultati. La ricerca delle informazioni e la revisione della letteratura è stata effettuata da un gruppo interuniversitario di esperti in HTA in ambito vaccinale. Il lavoro è stato realizzato grazie al supporto finanziario di Sanofi S.r.l., ma i risultati rappresentano il punto di vista degli autori e non sono condizionati dall’approvazione dello sponsor.

27- QUALI SONO I PRESUPPOSTI MORALMENTE RILEVANTI FATTI NELL’ANALISI ECONOMICA (AD ESEMPIO, GIUSTIZIA, EQUITÀ, DEFINIZIONE DELLA POPOLAZIONE TARGET, COSÌ COME NELLE SCELTE DELLA PROSPETTIVA DELL’ANALISI, GLI OUTCOMES MISURATI, TASSO DI SCONTO).

La valutazione economica dell’estensione della vaccinazione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive rispetto a quelle previste dal PNPV 2017-2019 è riportata nel Capitolo 7. Le analisi economiche di cost of illness e di cost-consequence sono state svolte in base alle raccomandazioni internazionali previste per questo tipo di valutazione. Tuttavia, tutti i modelli matematici applicati alla prevenzione adottano necessariamente un approccio riduzionistico. Questo aspetto è particolarmente rilevante per la malattia da meningococco principalmente per due aspetti: la sottostima della reale incidenza di malattia in Italia [17-22] e la valutazione delle possibili sequele (singole e multiple) e loro valorizzazione a livello nazionale. Per quanto riguarda le sequele, infatti, attualmente nessuno studio ha analizzato l’impatto delle sequele da meningococco nel contesto italiano. Pertanto, i valori utilizzati nella valutazione economica derivano da studi condotti in contesti internazionali. Inoltre, per semplificare il modello è stato assunto che il paziente potesse sviluppare solamente sequele singole, nonostante che la malattia da meningococco causi generalmente sequele multiple (vedi capitolo 3). L’analisi risulta affetta, quindi, da una forte sottostima della frequenza e dei costi associati alle sequele. Ciononostante, i dati di input utilizzati nel modello derivano da una revisione approfondita della letteratura. In particolare, nel modello non sono state considerate solo le sequele più frequenti ma tutte le possibili sequele da patologia meningococcica invasiva da sierogruppi A, C, W e Y con una frequenza ponderata in base ai dati disponibili in letteratura.

Infine, poiché non è stato possibile ottenere dalla letteratura relativa al contesto nazionale anche il costo associato alle sedute psicologiche e psichiatriche per questi pazienti e per i loro caregivers, tali stime sono state ricostruite mediante l’opinione degli esperti e utilizzando delle stime di costo quanto più possibile vicine alla realtà nazionale.

Nonostante queste criticità, la valutazione economica è stata svolta cercando di rappresentare nel modo più completo ma conservativo possibile l’impatto della malattia meningococcica invasiva e delle sue conseguenze sui pazienti e sui caregivers, che potrebbero essere evitate estendendo l’attuale offerta vaccinale.

28- QUALI SONO GLI INTERESSI DELLE PERSONE CHE PARTECIPANO A QUESTO TECHNOLOGY ASSESSMENT?

Le persone coinvolte in questo progetto sono esperte di HTA applicato all’ambito vaccinale. Il presente lavoro è stato realizzato grazie al supporto finanziario di Sanofi S.r.l.. Tuttavia, i risultati rappresentano il punto di vista degli autori e non sono condizionati dall’approvazione dello sponsor.

29- A CHE LIVELLO DI SVILUPPO DI QUESTA TECNOLOGIA È STATO SVOLTO L’ASSESSMENT (CI SONO RILEVANTI CONSEGUENZE MORALI?). QUALI RILEVANTI PROBLEMI MORALI CHE POSSONO SCATURIRE DA UNA MANCANZA DI CONOSCENZE?

In Italia i vaccini quadrivalenti coniugati antimeningococco Menveo® e Nimenrix® sono autorizzati e disponibili da diversi anni. Il vaccino MenQuadfi® ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio per i soggetti d’età > 12 mesi dall’European Medicine Agency (EMA) il 18 novembre 2020 e dall’Agenzia Italia del Farmaco (AIFA) il 27 gennaio 2021. Dagli studi clinici tutti i vaccini risultano immunogeni e ben tollerati (vedi capitolo 5 e 6). Pertanto, avendo concluso l’iter autorizzativo, non sussistono problematiche morali relative alle tempistiche di sviluppo dei vaccini che possono essere utilizzati in una strategia multi-coorte.

Inoltre, in Italia la vaccinazione contro il meningococco C è già offerta nel secondo anno di vita (e in alcune regioni italiane con il vaccino quadrivalente) mentre la vaccinazione contro i sierogruppi A, C, W e Y è già raccomandata per gli adolescenti (vedi capitolo 8). Focus dell’attuale assessment non è, quindi, l’utilizzo di un nuovo vaccino ma di una nuova strategia allargata rispetto a quella già in essere in base alle evidenze scientifiche a supporto della necessità di richiami per mantenere alti i livelli anticorpali contro la patologia meningococcica invasiva per i soggetti a rischio.

30- ESISTONO TECNOLOGIE ANALOGHE O CORRELATE CHE NON SONO ANCORA STATE SOTTOPOSTE AD ASSESSMENT? PERCHÉ NO?

Non esistono tecnologie analoghe o correlate sottoposte ad assessment relative all’argomento trattato.

31- QUALI SONO LE CONSEGUENZE MORALI DELL’HTA? (QUALI SONO I RISULTATI DELL’ADOZIONE O NON ADOZIONE DELLA TECNOLOGIA? ALTRE TECNOLOGIE NON EFFICACI VERRANNO ABBANDONATE? CI SARANNO DEI SOTTOGRUPPI CHE NE BENEFICERANNO PIÙ DI ALTRI? RICHIESTE DI ULTERIORI STUDI SONO GIUSTIFICATE?)

Il presente report di HTA rappresenterà un utile strumento, basato sulle evidenze scientifiche ad oggi disponibili, per i decision makers che avranno in futuro il compito di aggiornare il PNPV 2017-2019 e dovranno decidere sull’estensione della vaccinazione antimeningococcica con una strategia multi-coorte. Questa valutazione permetterà di individuare il livello di priorità della vaccinazione anti-meningococco rispetto ad altri interventi sanitari. Nel caso di inclusione dell’estensione della vaccinazione alla coorte dei bambini e dei giovani adulti nell’aggiornamento del PNPV sarebbe garantita l’equità di offerta in tutto il territorio nazionale italiano. Inoltre, l’adozione di una strategia multi-coorte determinerà un aumento del livello di salute, sicurezza, autonomia e libertà della popolazione giovanile a rischio di patologie invasive e permetterà di contrastare più efficacemente le infezioni da meningococco.

Ci sono ulteriori problematiche morali?

32- CI SONO PROBLEMATICHE MORALI NELL’ETICA DELLA RICERCA IMPORTANTI PER QUESTO HTA?

Non ci sono questioni morali rilevanti nello svolgimento delle ricerche necessarie per l’espletamento di questo HTA.

33- ESISTONO ALTRE PROBLEMATICHE MORALI RILEVANTI NON EVIDENZIATE DA QUESTA LISTA DI DOMANDE E IDENTIFICATE CON LA RICERCA IN LETTERATURA? QUALI VALORI E QUALI PROBLEMI ESSE PONGONO?

La lista di domande presentata per questa analisi etica risulta esaustiva e non sono stati evidenziati ulteriori questioni morali.

Conclusioni

In base a quanto valutato, i dati epidemiologici dimostrano che le patologie invasive meningococciche hanno bassa incidenza ma sono caratterizzate da un decorso particolarmente severo e talvolta letale. I bambini in età scolare e i giovani adulti, dopo i bambini di età inferiore ai 5 anni e gli adolescenti, rappresentano le fasce di età più a rischio infezione sia dal punto di vista epidemiologico ma anche per il decadimento nel tempo della protezione conferita da precedenti vaccinazioni. L’estensione della vaccinazione antimeningococcica contro i sierogruppi A, C, W e Y permetterebbe di proteggere nel modo più completo e di tutelare la salute dei giovani, evitando l’insorgere di sequele permanenti e irreversibili fortemente impattanti sulla qualità di tutto l’arco della vita dei giovani e dei loro familiari, oltre a ridurre i costi sanitari diretti e indiretti della malattia stessa e delle sue conseguenze, e l’onere dell’assistenza sociale per i pazienti e per le loro famiglie (per educazione speciale e pensioni di inabilità e invalidità per i casi).

Presupposto fondamentale per l’estensione della vaccinazione antimeningococcica ai bambini di 6 anni e ai giovani adulti è che la decisione derivi da una scelta informata e consapevole da parte del genitore o del tutore legale e dei giovani adulti a seguito di un opportuno counselling che spieghi dettagliatamente il razionale scientifico di tale scelta.

Alla luce dell’attenta disamina effettuata tramite l’approccio Socratico, il dilemma etico riguardante l’estensione dell’immunizzazione antimeningococcica contro i sierogruppi A, C, W e Y a ulteriori coorti aggiuntive riceve, quindi, una risposta positiva verso l’applicazione di questa strategia. Infatti, questa strategia multi-coorte soddisfa i principi di beneficenza, di non maleficenza, di necessità e di ragionevolezza basato su evidenze scientifiche. In conclusione, l’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive rispetto a quelle previste dal PNPV 2017-2019 permetterebbe di difendere la vita umana dell’intera popolazione giovanile e la sua integrità mente-corpo, garantire i principi di libertà e responsabilità a favore della socialità e riducendo la sussidiarietà causata dalle sequele della patologia invasiva da meningococco.

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Il punto di vista del paziente e delle associazioni dei pazienti: Position Statement

A CURA DEL COMITATO NAZIONALE CONTRO LA MENINGITE

Premesse

Il Comitato Nazionale Contro la Meningite è il primo gruppo in Italia impegnato nel rappresentare i bisogni e i diritti delle persone colpite da meningite e delle loro famiglie, fondato da genitori che hanno perso i propri bambini a causa della meningite.

Il Comitato Nazionale Contro la Meningite ha tra le sue finalità istituzionali quello di diffondere una corretta informazione su rischi ed esiti della meningite e lo sviluppo della cultura della prevenzione, oltre che realizzare una rete tra le persone colpite dalla malattia, perché possano trovare sostegno nel mettere in comune la loro personale esperienza.

Introduzione

La vaccinazione protegge non solo il singolo ma anche la comunità. Non si deve quindi parlare di “costi” della prevenzione, ma di “investimenti”: se lo strumento è efficace, il ritorno in termini economici, oltre che sanitari, è notevole. La vaccinazione è, dunque, un investimento, con un impatto economico oltremodo positivo sul Servizio sanitario nazionale.

Già in altre nazioni, come la Gran Bretagna, è stata messa in evidenza la macroscopica sproporzione tra il costo della profilassi (unica e valida per tutta la vita) e quello dell’assistenza e della riabilitazione di un bambino che ha avuto la meningite e ne sconta le sequele, non solo fisiche, ma anche, comprensibilmente, psichiche.

Proprio per ciò che concerne la valutazione farmaco-economica, il Comitato supporta il gruppo di lavoro nella raccolta dei dati disponibili in Italia, ai fini della stesura del report HTA che dimostri la necessità di adottare una strategia vaccinale di coorti aggiuntive con vaccino meningococcico quadrivalente per ridurre l’incidenza della malattia meningococcica.

Key points

• La meningite e l’importanza della prevenzione

La meningite è una malattia subdola che evolve e peggiora rapidamente lasciando poco margine agli operatori sanitari una volta diagnosticata.

Ogni anno in Italia oltre 1.000 persone contraggono la meningite e circa una persona ogni due viene colpita da meningite meningococcica. Secondo i dati epidemiologici dell’Istituto Superiore di Sanità, la meningite meningococcica provoca il decesso nell’8-14% dei pazienti colpiti. In assenza di cure adeguate, il tasso di mortalità sale addirittura al 50%.

È quindi fondamentale agire d’anticipo attraverso la prevenzione vaccinale. Le vaccinazioni rappresentano oggi le armi più efficaci e sicure perché creano una barriera al proliferare del batterio evitando la diffusione della malattia.

• La strategia vaccinale multi-coorte

Negli ultimi anni, è stato osservato un trend epidemiologico dei diversi sierogruppi di meningite nel mondo, in Europa e in Italia. In Europa è stato osservato un decremento dei casi dovuti a MenB e MenC grazie ai programmi di immunizzazione ed è stata evidenziata una crescita dei casi da MenW e MenY. In Italia, nel 2017, i sierogruppi W e Y sono stati rispettivamente responsabili del 7% e del 19% dei casi. Questo andamento epidemiologico vede nel vaccino MenACWY coniugato il vaccino di elezione sia per la dose dopo il compimento del primo anno di vita sia per il richiamo a tutte le età.

Il Comitato Nazionale Contro la Meningite sostiene l’adozione di una strategia vaccinale che, oltre a sostituire nel secondo anno di vita il vaccino MenC con il vaccino MenACWY, preveda di inserire coorti aggiuntive di offerta vaccinale gratuita oltre a quelle già presenti nell’attuale offerta vaccinale. Nella nuova strategia vaccinale si dovrebbe prevedere l’inserimento di due coorti aggiuntive in età scolare e ai giovani adulti, rispettivamente al 6° e al 19° anno di età.

Il Calendario per la Vita 4° edizione 2019, elaborato dalla Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), dalla Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e dalla Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) ribadisce anch’esso l’importanza della vaccinazione nell’età adolescenziale poiché i dati epidemiologici indicano una ripresa del numero di casi di meningite nell’adolescenza. In esso si sostiene altresì l’esigenza di richiami in età scolare (tra 6-9 anni) al fine di rafforzare la protezione vaccinale a distanza di 5 anni dall’ultima inoculazione e garantire con certezza la protezione del bambino.

Associato a una strategia di immunizzazione di successo è il raggiungimento di adeguate coperture vaccinali. Ciò si rende possibile solo attraverso un efficientamento a livello organizzativo con specifico riferimento ai Centri Vaccinali. È quindi necessario potenziare i servizi vaccinali esistenti (ad es. con l’estensione degli orari di apertura) e aprire nuove strutture sul territorio. Da valutare anche la vaccinazione direttamente in ambito scolastico e l’istituzione dell’anagrafe vaccinale nazionale che possa facilitare quindi il lavoro dei Centri Vaccinali, sia in termini di programmazione che di registrazione.

• La strategia di comunicazione vaccinale

Di pari passo all’adozione di una strategia vaccinale multi-coorte è l’attivazione di specifiche campagne di comunicazione e sensibilizzazione su genitori e soggetti giovani che favoriscano, da un lato la conoscenza dei rischi della malattia, dall’altro il valore e i benefici della vaccinazione.

Il Comitato Nazionale Contro la Meningite, mediante iniziative di sensibilizzazione a livello locale e nazionale, promuove da anni la vaccinazione quale strumento efficace e sicuro contro la meningite, aiutando i genitori a fare una scelta consapevole.

Il Comitato si avvale inoltre, già da anni, di strategie di comunicazione integrata, ovvero che contemplino sia canali più tradizionali (es. stampa), sia canali digitali (social media), così da raggiungere un target quanto più vasto e diversificato possibile.

• Appello alle Istituzioni

Il Comitato Nazionale Contro la Meningite si appella alle Istituzioni affinché garantiscano, a livello nazionale, una omogenea copertura vaccinale, senza barriere di costo o discriminazioni, promuovendo un accesso libero e consapevole alla vaccinazione contro la meningite attraverso un’informazione corretta, equilibrata e capillare sul territorio.

J Prev Med Hyg. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128.

Punti chiave per il decisore

SARA BOCCALINI 1, DONATELLA PANATTO 2, FRANCESCO SAVERIO MENNINI 3,4, ANDREA MARCELLUSI 3, CHIARA BINI 3, DANIELA AMICIZIA 2, PIERO LUIGI LAI 2, ROSANNA TINDARA MICALE 2, DAVIDE FRUMENTO 2, CHIARA AZZARI 5, SILVIA RICCI 5, BENEDETTA BONITO 1, GIULIA DI PISA 1, MARIASILVIA IOVINE 2, LORENZO LODI 5, MATTIA GIOVANNINI 5, ANDREA MOSCADELLI 1, SONIA PAOLI 1, BEATRICE MARINA PENNATI 2, LAURA PISANO 5, ANGELA BECHINI 1, PAOLO BONANNI 1

Epidemiologia della malattia invasiva da N. meningitidis nelle diverse fasce di età e per sierogruppo in Italia

  • La Neisseria meningitidis causa una patologia invasiva (meningite e sepsi) a rapido esordio, alto rischio di sviluppare sequele e alta letalità. Tale patologia è, tuttavia, prevenibile mediante la vaccinazione.

  • Il tasso di incidenza della malattia meningococcica in Italia è minore rispetto a quello riportato in Europa. Tuttavia, il limitato uso delle tecniche molecolari in Italia potrebbe portare ad una sottostima dei reali casi di malattia meningococcica di circa tre volte. Inoltre, la sottostima potrebbe essere anche dovuta al basso tasso di notifica.

  • In Italia, tra il 2016 e il 2018, l’incidenza di malattia meningococcica è stata maggiore nei lattanti (0-12 mesi), seguiti dal gruppo 1-4 anni e dal gruppo dei soggetti giovani adulti-adolescenti (15-24 anni). Inoltre, gli adolescenti e i giovani adulti presentano la più alta prevalenza dello stato di portatore.

  • Il sierogruppo B è il sierogruppo più frequentemente responsabile di malattia meningococcica, ma il sierogruppo C e gli altri sierogruppi non-B (W, Y e X) causano la maggior parte dei casi negli adulti. Inoltre, negli ultimi anni, in particolare nell’età scolare e adolescenziale, si evidenzia come i sierogruppi Y e W siano in aumento con forme cliniche atipiche.

  • La sorveglianza delle malattie invasive da meningococco è essenziale per comprendere l’andamento della malattia, le resistenze alle molecole antibiotiche utilizzate per la terapia e la profilassi e l’impatto delle strategie vaccinali. Per quanto riguardo l’utilizzo del vaccino tetravalente coniugato nei differenti calendari proposti a livello nazionale e internazionale, la sorveglianza è utile per valutare l’efficacia delle diverse strategie e, se necessario, rimodulare l’offerta vaccinale in base ai cambiamenti epidemiologici.

Burden della malattia invasiva da N. meningitidis e sequele nelle diverse fasce di età e per sierogruppo

  • Sebbene l’incidenza della malattia meningococcica sia bassa nei Paesi ad alto tenore socio-economico, genera un elevato impatto clinico e sociale associato all’alta letalità (8-15%), alla gravità della fase acuta e alle numerose sequele singole (fino al 60%) e multiple (circa il 30-35%) associate alla malattia. Il rilevante impatto è anche correlato al fatto che la malattia colpisce prevalentemente i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti.

  • La malattia invasiva da meningococco è caratterizzata da un’evoluzione rapida e, talvolta, difficile da diagnosticare. Le manifestazioni cliniche più comuni sono la meningite e la setticemia, anche se in alcuni casi sono presenti entrambi i quadri clinici. Quadri clinici di polmonite, otite media ed epiglottite sono manifestazioni acute meno comuni.

  • Le condizioni patologiche che compromettono il sistema immunitario come: deficit del complemento, patologie croniche, asplenia anatomica o funzionale e immunodeficienze aumentano il rischio di malattia. Inoltre, alcuni fattori ambientali quali esposizione al fumo e la permanenza in spazi chiusi affollati concorrono nell’aumentare il livello di rischio.

  • Attualmente nessuno studio ha analizzato l’impatto delle sequele da meningococco nel contesto italiano; pertanto, il burden della malattia è ricavato dall’analisi di dati provenienti da studi condotti in contesti internazionali riferiti a Paesi ad alto tenore socio-economico.

  • Le principali sequele fisiche associate con la malattia invasiva meningococcica sono: le cicatrici e danni cutanei (range: 3,7-54,4%), le amputazioni (singole e multiple) (range: 3-36%), le sequele ortopediche (range: 5-18%) e le disfunzioni renali (range: 7-23%).

  • Le sequele neurologiche più frequenti sono: la sordità (uni o bilaterale) (range: 5,7-35%), i deficit cognitivi (range: 1-32%), i deficit motori (range: 2-19%), i disturbi della vista (range: 10-23%) e l’epilessia (range: 2-9%).

  • Tipicamente i sintomi psichiatrici e psicologici compaiono in seguito all’ospedalizzazione e, pertanto, sono spesso sottostimati. L’ansia e la depressione sono le sequele psichiatriche più frequenti nei soggetti sopravvissuti e fino al 60% dei pazienti riporta sintomi da stress post-traumatico a breve e medio termine.

  • La gravità della malattia determina un rilevante impatto anche sulla famiglia; numerosi studi riportano un aumentato rischio di disturbi psichiatrici nei genitori: fino al 60% delle madri e il 40% dei padri riportano disturbi da stress post-traumatico clinicamente significativi che necessitano di supporto specialistico. Tali sintomi sono significativamente correlati con la gravità della malattia del figlio.

  • Il livello di qualità della vita dei pazienti sopravvissuti alla malattia meningococcica è inferiore rispetto a quello della popolazione generale e l’impatto negativo della malattia è evidente anche nei pazienti senza sequele per periodi di tempo molto lunghi.

I costi della malattia invasiva da N. meningitidis nelle diverse fasce di età e per sierogruppo

  • La malattia invasiva da meningococco genera ingenti costi diretti e indiretti.

  • I costi diretti comprendono i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e si suddividono in: costi della fase acuta (ospedalizzazione, riabilitazione e risposta di Sanità Pubblica), costi relativi alla fase post-acuta (fino a 6 mesi dall’insorgenza della malattia) e costi a lungo termine associati allo sviluppo di sequele singole o multiple temporanee o permanenti.

  • I costi di ospedalizzazione sono calcolati utilizzando i Diagnosis Related Group (DRG) suddivisi per soggetti di età <18 anni e ≥18 anni considerando i codici ICD-9-CM più frequentemente associati alla malattia meningococcica. Il costo medio attualizzato al 2020 varia da un minimo di € 4.529 ad un massimo di € 6.708 in base alla presentazione clinica e all’età del paziente. Questi valori risultano sottostimati se confrontati con quelli riportati in uno studio italiano pubblicato nel 2019 nel quale il costo mediano è stato stimato in € 12.604 (range € 9.203-35.050) e il costo medio in € 14.874. Stratificando il dato per fasce di età, il costo medio dei pazienti di età <1 anno era di € 17.306, valore superiore a quello riferito ai bambini di età compresa tra 1 e 5 anni (€ 13.313), ai bambini di età 5-10 anni (€ 15.025) e ai pazienti di età >10 anni (€ 14.059).

  • Attualmente nessuno studio italiano ha valutato il costo globale associato alla risposta di Sanità Pubblica finalizzato ad evitare casi secondari di malattia. Pertanto, nel presente report HTA sono stati presi come riferimento i valori riportati in altri studi di HTA italiani. Il costo relativo alla risposta di Sanità Pubblica è stato quantificato in € 3.323.

  • In Italia, ad oggi, nessuno studio primario ha valutato l’impatto delle sequele né dal punto di visto clinico/sanitario né dal punto di vista dell’impatto economico. Pertanto, sono stati analizzati dati provenienti da studi secondari (valutazioni economiche e di HTA) o studi primari condotti in contesti internazionali in Paesi ad alto tenore socioeconomico.

  • I costi diretti, attualmente disponibili, relativi alle singole sequele fisiche per il contesto italiano sono tutti provenienti da studi di valutazione economica o report di HTA che hanno valutato la vaccinazione con MenB in età pediatrica o adolescenziale. I dati più dettagliati e più recenti sono quelli riportati nel report di HTA di Boccalini et al. (valori riferiti al 2018). Relativamente alle sequele fisiche gli autori hanno riportato i costi annuali medi: amputazioni con sostanziale disabilità: € 2.464; deformazioni degli arti: € 1.074 (in caso di intervento chirurgico: € 13.244); cicatrici cutanee: € 2.068 (primo anno) e € 543 (anni successivi); artrite: € 1.206; danno renale: € 10.394 (primo anno) e € 4.345 (anni successivi). Per le sequele neurologiche sono stati quantificati i seguenti costi annuali medi: € 1.371 per la sordità uni/bilaterale, € 1.074 per i deficit motori, € 757 per i disturbi visivi, € 2.315 per l’epilessia/le convulsioni, € 96.682 per la disabilità neurologica severa (comprensiva di cure istituzionali), € 2.045 (primo anno) e € 1.206 (anni successivi) per i deficit cognitivi, € 1.961 (primo anno) e € 880 (anni successivi) per i deficit di comunicazione. Valori molto dettagliati sono stati riportati relativamente ai costi dell’impianto cocleare: € 19.308 (primo anno), € 9.420 (secondo anno), 6.425 (terzo anno), € 6.113 dopo il terzo anno fino a 18 anni e € 5.677 dal 18° anno. Infine, per le sequele psicologiche/psichiatriche i costi annuali erano per la depressione € 3.252 e per l’ansia € 1.167.

  • I costi indiretti hanno un impatto differente in base alla fase di malattia e al tipo di sequele. Nella fase acuta comprendono: il costo della morte, i costi legati alla perdita di produttività del paziente e dei familiari e i costi associati al supporto psichiatrico e psicologico per la famiglia/caregiver. Nella fase post-acuta i costi indiretti comprendono: i costi associati al supporto psichiatrico/psicologico dei familiari, i costi relativi alla perdita di produttività del paziente e di un genitore/caregiver. Nella fase a lungo termine i costi indiretti si riferiscono ai pazienti con sequele e sono significativamente associati alla tipologia e alla gravità delle complicanze.

  • Attualmente pochissimi studi hanno valutato i costi indiretti della malattia nel dettaglio.

  • Per il contesto italiano, è possibile quantificare come costo medio per una seduta di psicoterapia € 80 e per una seduta psichiatrica € 100.

  • Il costo relativo alla perdita di produttività e alla morte per malattia meningococcica è calcolato utilizzando il metodo del capitale umano (Human Capital Approach – HCA) considerando la mancata produttività o la potenziale mancata produttività a causa della malattia o a causa di morte prematura in termini di reddito da lavoro perso. Attualmente il reddito medio nazionale lordo corrisponde a € 29.342.

  • Attualmente non sono pubblicati studi che riportino la quantificazione dei costi previdenziali associati alla malattia meningococcica e alle relative sequele. Riuscire a correlare il costo a carico dell’ente previdenziale italiano con la malattia meningococcica è molto difficile e complesso, pertanto tale voce di costo non è stata considerata nel nostro modello, parte integrante del presente report HTA. Occorre però sottolineare che questi costi potrebbero assumere grande rilevanza per i soggetti con sequele gravi (danni neurologici gravi, sordità, amputazioni, cecità ecc.) che necessitano di supporto per svolgere autonomamente le attività quotidiane e incapaci di svolgere attività lavorativa autonoma, soprattutto con riferimento alle prestazioni assistenziali erogate dall’INPS (pensione di inabilità, assegni ordinari di invalidità, indennità di accompagnamento, ecc.).

Efficacia e sicurezza dei vaccini quadrivalenti coniugati contro il meningococco disponibili in Italia

  • Attualmente sul mercato globale sono disponibili quattro vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati. Tutti contengono polisaccaridi capsulari di Neisseria meningitidis sierogruppo A (MenA), Neisseria meningitidis sierogruppo C (MenC), Neisseria meningitidis sierogruppo W (MenW) e Neisseria meningitidis sierogruppo Y (MenY) ma differiscono nel tipo di proteina carrier.

  • In Europa sono autorizzati 3 vaccini: Menveo® (GSK, MenACWY-CRM197 coniugato alla tossina mutante del batterio Corynebacterium diphtheriae - CRM197), Nimenrix® (Pfizer, MenACWY-TT coniugato alla proteina vettore del tossoide tetanico) e MenQuadfi® (Sanofi Pasteur, MenACWY-TT coniugato con il tossoide tetanico).

  • MenACWY-CRM197 (Menveo®) è stato autorizzato nel 2010 ed è attualmente utilizzato in oltre 64 Paesi con più di 37 milioni di dosi distribuite. Nell’Unione Europea è approvata la somministrazione di una singola dose a partire dai 2 anni di età.

  • Nell’ambito del programma di sviluppo clinico, MenACWY-CRM197 si è dimostrato immunogeno in bambini, adolescenti e adulti.

  • MenACWY-CRM197 si è dimostrato non inferiore a:

    • MenACWY-DT e a MenACWY-PS (vaccino meningococcico quadrivalente polisaccaridico non coniugato) nei bambini;

    • MenACWY-DT negli adolescenti;

    • MenACWY-DT e MenACWY-PS negli adulti.

  • MenACWY-CRM197 è sicuro e ben tollerato. Nessuna differenza nel profilo di sicurezza è stata osservata in comparazione con gli altri vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati e non coniugati.

  • MenACWY-CRM197 può essere co-somministrato con uno dei seguenti vaccini: vaccino antiepatite A e B monovalente e combinato, vaccino contro la febbre gialla, vaccino contro la febbre tifoide (polisaccaride Vi), vaccino contro l’encefalite giapponese, vaccino antirabbico e vaccino contro N. meningitidis B (Bexsero®). Negli adolescenti (di età compresa tra 11 e 18 anni), MenACWY-CRM197 può essere co-somministrato con vaccino adsorbito antitetanico ed antidifterico, antipertossico acellulare a contenuto ridotto (Tdap) e vaccino quadrivalente ricombinante contro il papilloma virus (tipi 6, 11, 16 e 18).

  • MenACWY-TT (Nimenrix®) è stato approvato nel 2012, in Europa, per l’uso in soggetti d’età ≥ 6 settimane senza limiti di età superiori.

  • Nell’ambito del programma di sviluppo clinico, MenACWY-TT (Nimenrix®) si è dimostrato immunogeno in bambini, adolescenti e adulti.

  • MenACWY-TT (Nimenrix®) si è dimostrato non inferiore a:

    • MenC-CRM197 e MenC-TT (per MenC) nei bambini;

    • MenACWY-DT e MenACWY-CRM197 negli adolescenti;

    • MenACWY-PS e MenACWY-DT negli adulti.

  • MenACWY-TT è sicuro e ben tollerato. Nessuna differenza nel profilo di sicurezza è stata osservata in comparazione con gli altri vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati e non coniugati.

  • Nei neonati, MenACWY-TT può essere co-somministrato con vaccini combinati DTaP-HBV-IPV/Hib e con vaccino coniugato pneumococcico 10-valente. Dall’età di 1 anno, può essere co-somministrato con uno dei seguenti vaccini: vaccini contro l’epatite A e l’epatite B, vaccino contro morbillo - parotite - rosolia (MMR), vaccino morbillo - parotite - rosolia - varicella (MMRV), vaccino coniugato pneumococcico 10-valente o vaccino contro l’influenza stagionale non adiuvato. Nel secondo anno di vita, può essere co-somministrato con il vaccino contro tetano-pertosse acellulare (DTaP), compresi i vaccini combinati DTaP con epatite B, poliovirus inattivato o Haemophilus influenzae di tipo b (HBV, IPV o Hib) come il vaccino DTaP-HBVIPV/Hib e il vaccino coniugato pneumococcico 13-valente. In soggetti di età compresa tra 9 e 25 anni, può essere co-somministrato con il vaccino anti-papillomavirus umano bivalente ricombinante (Tipo 16 e 18).

Immunogenicità e sicurezza del vaccino anti-meningococco MenACWY-TT (MenQuadfi®)

  • MenQuadfi® (MenACWY-TT) è un vaccino quadrivalente coniugato con il tossoide tetanico sviluppato per prevenire la malattia invasiva causata da N. meningitidis sierogruppi A, C, W e Y.

  • Il vaccino è stato autorizzato dalla Food and Drug Administration (FDA) ad aprile 2020 per l’immunizzazione di soggetti di età pari o superiore a 2 anni.

  • Il 18 novembre 2020 l’European Medicine Agency (EMA) ha autorizzato l’immissione in commercio del vaccino in Europa per i soggetti di età ≥12 mesi.

  • Il 27 gennaio 2021 AIFA ha autorizzato l’utilizzo di MenQuadfi® in Italia per i soggetti di età >12 mesi.

  • Nell’ambito del programma di sviluppo clinico MenACWY-TT (MenQuadfi®) si è dimostrato capace di stimolare la produzione di anticorpi verso tutti e quattro i sierogruppi (ACWY). Gli anticorpi anti-capsulari stimolati dal vaccino proteggono dalla malattia meningococcica tramite attività battericida mediata dal complemento.

  • Nei bambini, MenACWY-TT (MenQuadfi®) si è dimostrato non inferiore a MCV4-TT, MenACWY-CRM.

  • Negli adolescenti, MenACWY-TT (MenQuadfi®) si è dimostrato non inferiore a MCV4-CRM e MCV4-DT.

  • Negli adulti MenACWY-TT (MenQuadfi®) si è dimostrato non inferiore a MPSV4 e MCV4-DT.

  • MenACWY-TT (MenQuadfi®) si è dimostrato sicuro e ben tollerato. Nessuna differenza nel profilo di sicurezza è stata osservata in comparazione con gli altri vaccini meningococcici quadrivalenti coniugati e non coniugati.

  • Nei bambini di età 12-23 mesi MenACWY-TT (MenQuadfi®) può essere co-somministrato con il vaccino per morbillo-parotite-rosolia (MPR) e il vaccino per la varicella (V), con i vaccini combinati per difterite-tetano-pertosse acellulare (DTPa), compresi i vaccini DTPa combinati con epatite B (HBV), poliovirus inattivato (IPV) o Haemophilus influenzae tipo b (HBV, IPV o Hib) come il vaccino DTPa-HBV IPV/Hib (Hib coniugato con TT), e con il vaccino pneumococcico coniugato 13-valenze (PCV-13).

  • Nei soggetti di età 10-17 anni, MenACWY-TT (MenQuadfi®) può essere somministrato contemporaneamente con il vaccino (adsorbito, con contenuto antigenico ridotto) antidifterico, antitetanico e antipertossico (componente acellulare) (dTpa) e il vaccino per il papillomavirus umano (ricombinante, adsorbito).

Costo della malattia meningococcica (cost of illness) e “cost-consequence” della strategia di vaccinazione con il vaccino quadrivalente coniugato ACWY in coorti di età aggiuntive in Italia

  • La valutazione economica è stata condotta al fine di perseguire i seguenti obiettivi: quantificare i costi diretti ed indiretti associati alla malattia invasiva da meningococco in Italia secondo un’ottica lifetime; valutare le conseguenze economiche derivanti da una strategia di vaccinazione antimeningococcica con vaccino coniugato quadrivalente ACWY in coorti di età aggiuntive rispetto a quelle attualmente vaccinate secondo quanto indicato dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019.

  • L’analisi è stata condotta a partire da un modello di Markov già presente in letteratura e rappresentativo del percorso potenzialmente riconducibile ad una coorte di nati vivi in Italia. Per tale coorte sono stati valutati i seguenti 3 scenari: 1) status quo: vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY dei bambini nel secondo anno di vita e degli adolescenti nell’11° anno di vita; 2) assenza di vaccinazione; 3) vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY di coorti di età aggiuntive (6° anno e 19° anno di vita).

  • Per rendere il modello più aderente alla realtà il periodo post-infezione è stato suddiviso in tre fasi: fase acuta (1 mese a partire dal momento del ricovero), fase post-acuta (successiva alla fase acuta fino a sei mesi dopo il ricovero) e fase a lungo termine (dal sesto mese in poi). Tutte le informazioni epidemiologiche e di costo mediante le quali è stato informato il modello sono state ottenute mediante la consultazione dei principali enti pubblici, delle migliori evidenze attualmente disponibili in letteratura ed attraverso il supporto di clinici esperti.

  • Con riferimento allo status quo, il modello ha stimato un totale di 221 casi di malattia meningococcica dovuti ai sierogruppi A,C,W e Y ed un costo medio per paziente in termini di soli costi diretti pari a circa € 19.516; a livello globale, i costi diretti totali associati alla malattia invasiva meningococcica da sierogruppi A,C,W e Y in Italia sono risultati pari a circa € 4,3 milioni di cui circa il 79% (€ 3,4 milioni) sono risultati associati alla gestione e al trattamento dei soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele. Considerando la prospettiva sociale, il costo medio per paziente è risultato pari a circa € 86.770, mentre il burden economico complessivo associato alla malattia meningococcica da sierogruppi A,C,W e Y in Italia è risultato pari a circa € 19,2 milioni, di cui circa € 13,6 milioni (circa il 70,6%) associati ai soggetti che sopravvivono alla malattia con sequele sia in termini di costi diretti sia in termini di costi sociali.

  • La presenza della vaccinazione con vaccino coniugato quadrivalente ACWY nel secondo anno di vita e negli adolescenti (status quo) rispetto all’assenza di vaccinazione ha comportato una riduzione del numero di nuovi casi di malattia meningococcica dovuti ai sierogruppi A, C, W e Y (-11 casi), della mortalità per malattia (-1 decesso) ed una conseguente riduzione della spesa a carico della società pari a circa € 2,4 milioni. L’introduzione della vaccinazione di classi d’età aggiuntive rispetto a quelle attualmente vaccinate nello status quo potrebbe comportare un beneficio incrementale in termini di eventi evitati e di riduzione della spesa paragonabile a quello già ottenuto con l’attuale strategia di vaccinazione (-10 casi di malattia, -1 decesso, -€ 1,7 milioni a carico della società).

Attuali strategie e raccomandazioni di vaccinazione antimeningococcica in Italia e nel mondo

  • Le raccomandazioni immunitarie italiane, europee e statunitensi prevedono offerte vaccinali molto variegate contro i diversi sierogruppi di meningococco. In particolare, in quasi tutti i Paesi sono state introdotte raccomandazioni per la vaccinazione contro il meningococco C che prevedono la somministrazione di una dose di MenC o di MenACWY dopo il primo anno di età e un richiamo nell’adolescenza con una dose di MenACWY.

  • In Italia il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 raccomanda la somministrazione di una dose di MenC tra il 13° e il 15° mese di vita e una dose di MenACWY per gli adolescenti tra i 12 e i 18 anni.

  • Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che la protezione indotta dal vaccino può scendere ai valori precedenti la vaccinazione dopo 4-5 anni nei bambini che hanno ricevuto una o tre dosi entro il 13°-15° mese di vita e continua a diminuire durante l’adolescenza e la vita adulta, lasciando non protette fasce di età in cui il rischio di contrarre l’infezione da meningococco C è ancora alto. Per questo motivo sarebbe utile allargare l’offerta vaccinale a coorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal PNPV 2017-2019 con una cadenza quinquennale di immunizzazione (come suggerito dal Calendario per la Vita 2019). In questa ottica la vaccinazione con MenACWY potrebbe essere estesa alla fascia di età scolare e a quella dei giovani adulti (≥ 19 anni).

  • La Regione Toscana ha allargato l’offerta vaccinale anche ai bambini di 6-9 anni.

Impatto organizzativo della vaccinazione di coorti aggiuntive con vaccino antimeningococcico quadrivalente

  • La vaccinazione rappresenta l’arma preventiva più efficace per ridurre l’incidenza della malattia meningococcica e contrastare l’emergere di nuovi clade ipervirulenti.

  • L’andamento epidemiologico della malattia nelle diverse fasce di età e il cambiamento del trend epidemiologico dei diversi sierogruppi sono alla base di nuove ipotesi di strategie vaccinali.

  • La strategia vaccinale multi-coorte considerata in questo report HTA prevede l’inserimento di due coorti aggiuntive rispetto all’attuale offerta vaccinale: vaccinazione con MenACWY al 6° anno e al 19° anno. Pertanto, la nuova strategia considera 4 coorti da immunizzare con MenACWY: 13-15° mese; 6° anno, 11° anno e 19° anno.

  • Il successo di una strategia di immunizzazione è associato al raggiungimento di adeguate coperture vaccinali, le quali sono influenzate da molteplici aspetti come un’efficiente organizzazione dei centri vaccinali, idonei percorsi di sensibilizzazione per la popolazione e gli operatori sanitari e strategie organizzative innovative e integrate.

  • L’adozione di una strategia vaccinale antimeningococcica multi-coorte presenta alcune criticità organizzative che devono essere attentamente considerate: il potenziamento dei servizi vaccinali già presenti sul territorio con l’aumento del numero di centri vaccinali, l’estensione degli orari di apertura degli stessi e la programmazione di giornate dedicate a specifiche vaccinazioni. Inoltre, per la vaccinazione dei bambini e degli adolescenti si potrebbe anche valutare l’ipotesi della vaccinazione in ambito scolastico e per i giovani pensare a nuove strategie che prevedano di proporre la vaccinazione in tutte le occasioni utili (iscrizione all’università, a corsi di formazione professionale, a programmi di mobilità studentesca, servizio civile/carriera militare, ecc.).

  • Quando si propone una nuova strategia vaccinale, criticità legate alla compliance potrebbero verificarsi. I principali fattori associati a basse coperture sono: la scarsa accettazione di sedute vaccinali ripetute, la reale percezione del rischio di malattia e la paura delle reazioni avverse al vaccino. Il primo punto può essere superato con la co-somministrazione, il secondo non è di particolare rilevanza nel caso della malattia meningococcica, poiché la paura della patologia rappresenta un’opportunità per raggiungere livelli di copertura vaccinale soddisfacenti e, infine per superare il timore degli eventi avversi occorre programmare campagne mirate di sensibilizzazione per contrastare la disinformazione.

  • Un fattore strettamente associato con l’aspetto organizzativo è l’istituzione dell’anagrafe vaccinale nazionale. Questo faciliterebbe lo svolgimento di numerose attività dei centri vaccinali: la registrazione dei dati anagrafici e di immunizzazione, la generazione di inviti, l’identificazione dei casi di mancata vaccinazione e la gestione delle scorte di vaccini. Infine, permetterebbe una rapida stima delle coperture vaccinali, che insieme alla sorveglianza delle malattie prevenibili rappresenta un indicatore fondamentale per valutare l’impatto dei programmi di vaccinazione. Nonostante siano stati fatti grandi sforzi per l’implementazione di un’applicazione software unica a livello nazionale o, almeno a livello regionale, per garantire la completa standardizzazione del processo, esistono ancora molte criticità legate alle diverse realtà regionali e aziendali.

  • Negli ultimi anni, sono stati compiuti progressi sostanziali nello sviluppo di vaccini contro il meningococco e molto è stato appreso dai Paesi che hanno inserito strategie multi-coorte nei loro programmi di immunizzazione. Le evidenze acquisite in tutto il mondo mostrano che, è opportuno considerare rapidamente l’inserimento della vaccinazione con il vaccino MenACWY nel calendario vaccinale per le categorie valutate nel presente HTA.

Il ruolo della comunicazione nell’accettabilità della vaccinazione antimeningococcica

  • La comunicazione in ambito vaccinale è cambiata radicalmente negli ultimi anni. La disinformazione priva di un supporto scientifico propagata da web e social media ha generato una spirale di paure e dubbi nei confronti delle vaccinazioni, tanto che negli ultimi anni si è assistito ad un calo delle coperture vaccinali.

  • I genitori, ma anche i giovani adulti, conoscono abbastanza e temono molto la patologia meningococcica ma necessitano di informazioni, soprattutto relativamente alla vaccinazione (in particolare in termini di rischi e benefici).

  • Le strategie di comunicazione vaccinale devono essere oggi sempre più modellate in base al target finale della comunicazione utilizzando modalità che permettano al destinario di comprendere le informazioni per rendere così la vaccinazione un atto consapevole.

  • Per rendere la comunicazione efficace ed efficiente nell’incrementare l’accettabilità alla vaccinazione oggi dovrebbero essere incluse, nei modelli comunicativi anche le tecnologie digitali per sfruttare la grande diffusione e rapidità di comunicazione dei nuovi social media e network, grandemente utilizzati dai genitori e dai giovani adulti.

  • Per l’estensione della vaccinazione antimeningococcica a coorti aggiuntive, come i bambini in età scolare e i giovani adulti è essenziale una specifica campagna di informazione sul valore della vaccinazione e, soprattutto, sul razionale che ha portato a raccomandare la somministrazione di ulteriori dosi di vaccino per specifici target.

Aspetti etici e sociali della vaccinazione anti-meningococco per gli adolescenti

  • L’analisi degli aspetti etici e sociali relativi all’introduzione di nuove strategie vaccinali per l’immunizzazione contro N. meningitidis A, C, W e Y di coorti aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 rappresenta un capitolo imprescindibile dell’Health Technology Assessment.

  • In base all’approccio Socratico della valutazione etica, i dati disponibili raccolti dimostrano che le patologie meningococciche invasive hanno una bassa incidenza. Tuttavia, il decorso spesso è particolarmente severo (con sequele fisiche, neurologiche e psicologiche/psichiatriche, particolarmente impattanti e talvolta irreversibili sia per i malati che per i loro caregivers) e letale. Inoltre, i costi diretti e indiretti di ogni caso sono particolarmente alti sia per il SSN che per la società.

  • I bambini in età scolare e i giovani adulti, dopo i bambini piccoli e gli adolescenti, risultano epidemiologicamente a rischio di infezione e malattia, anche per la riduzione nel tempo degli anticorpi protettivi derivanti dalla precedente vaccinazione nel secondo anno di vita o nella adolescenza.

  • Attualmente sono disponibili tre vaccini antimeningococcici coniugati quadrivalenti contro i sierogruppi A, C, W e Y tutti sicuri, ben tollerati ed immunogeni, autorizzati per i bambini e i giovani adulti.

  • Per la valutazione etica, l’estensione della vaccinazione antimeningococcica ai bambini in età scolare e ai giovani adulti permetterebbe di proteggere nel modo più completo e di tutelare la salute di tutti i gruppi di popolazione a rischio di infezione e malattia, evitando morti premature e l’insorgere di sequele permanenti e irreversibili fortemente impattanti sulla qualità di tutto l’arco della vita.

  • Presupposto fondamentale per l’estensione della vaccinazione antimeningococcica ai bambini di 6 anni e ai giovani adulti è che la decisione derivi da una scelta informata e consapevole da parte dei genitori o tutori legali e dei giovani adulti a seguito di un opportuno couselling che spieghi il razionale scientifico di tale scelta.

  • Alla luce dell’attenta disamina effettuata tramite l’approccio Socratico, il dilemma etico riguardante l’estensione dell’immunizzazione antimeningococcica contro i sierogruppi A, C, W e Y a ulteriori di coorti aggiuntive riceve una risposta positiva verso l’applicazione di questa strategia. Infatti, questa strategia multi-coorte soddisfa i principi di beneficenza, di non maleficenza, di necessità e di ragionevolezza basato su evidenze scientifiche.

J Prev Med Hyg. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128.

Conclusioni


Le valutazioni di HTA rappresentano uno strumento indispensabile per i decision makers e per i professionisti di salute quando occorre valutare l’adozione di nuovi vaccini o nuove strategie di vaccinazione per massimizzare i benefici di salute.

Le attuali evidenze scientifiche disponibili a livello internazionale, valutate con un approccio di Health Technology Assessment, evidenziano come l’estensione della vaccinazione antimeningococcica contro i sierogruppi A, C, W e Y anche ai bambini in età scolare (già attuata in Regione Toscana) e ai giovani adulti, oltre ai bambini nel secondo anno di vita e agli adolescenti, permetterebbe ai gruppi di popolazione a rischio di infezione e di malattia di mantenere nel tempo un adeguato livello anticorpale protettivo. Una strategia multi-coorte, inoltre, permetterebbe di recuperare i giovani non precedentemente vaccinati.

Sebbene la malattia causata da N. meningitidis non presenti una elevata incidenza, essa ha un decorso particolarmente severo e talvolta letale. Il costo della malattia e delle sue conseguenze è ingente sia per il SSN che per l’intera società, senza considerare i costi intangibili determinati dalla morte prematura di soggetti giovani e dalla perdita di qualità di vita dei sopravvissuti e dei caregivers.

I dati raccolti in questo report HTA sono a supporto dell’estensione della vaccinazione anti-meningococco contro i sierogruppi A, C, W e Y anche ai bambini di 6 anni e ai giovani adulti per rafforzare la lotta globale alla patologia invasiva da meningococco.

J Prev Med Hyg. 2021 May 13;62(1 Suppl 1):E1–E128.

Appendice 1


Note sugli autori considerati per i dati input relativi alle sequele nel capitolo 7: Costo della malattia meningococcica (cost of illness) e “cost-consequence” della strategia di vaccinazione con il vaccino quadrivalente coniugato ACWY in coorti di età aggiuntive in Italia.

Autori Età media alla diagnosi Denominatore Follow up Area Geografica Note
Borg et al. 2009
[16]
19,3 SD 1,5 Soggetti con sequele (58) 18-36 mesi UK
1999-2000
56% era dovuto a sierogruppo B e 39% era dovuto a sierogruppo C.
57% di soggetti con sequele.
Stoof et al. 2015
[17]
0-4 anni
5-19 anni
20-64 anni
≥ 65 anni
Totale età
Soggetti con sequele
a 85
b 67
c 51
d 19
e 222
- Germania
1999-2011
Il MenB: 77%; MenC (19%). La proporzione di MenB era prevalente in bambini 0-4 anni rispetto a pazienti di età ≥ 10 anni; MenC era più frequente nei soggetti 10-64 anni rispetto a bambini 0-4 anni. 94% dei casi da MenY erano in soggetti ≥ 15 anni con 53% in soggetti ≥ 65 anni. MenW era ugualmente distribuito in tutte le fasce d’età
Sadarangani et al. 2015 [4] < 1anno
1-4 anni
5-14 anni
15-19 anni
20-24 anni
25-44 anni
45-59 anni
60-99 anni
% di complicazioni per ogni fascia d’età.
< 1anno (43)
1-4 anni (56)
5-14 anni (21)
15-19 anni (27)
20-24 anni (17)
25-44 anni (36)
45-59 anni (36)
60-99 anni (19)
- Canada
2002-2011
Men C+Y+W+A = 41,5% sul totale dei sierogruppi.
< 18: % globale di sequele (C = 34,2; W = 16,7; Y = 14,3).
> 18: % globale di sequele (C = 19,3; W = 9,1; Y = 14,1)
Elrod et al. 2019
[23]
3,6 SD 4,4 Soggetti sopravvissuti (136) 13 mesi-17,8 anni (media 10,4±4,8 anni) Svizzera
1969-2008
Sierogruppo non specificato (totale coorte: 165 pazienti con malattia meningococcica)
Gottfredsson et al. 2011 [24] 17,6 SD 16,8 50 pazienti MenC con sequele 2007-2008 Islanda
2007-2008
MenC 100% (50 pazienti)
Gottfredsson et al. 2011 [24] 14,7 154 pazienti MenC con sequele - Islanda
1975-2004
MenC 100% (154 pazienti)
Davis et al. 2011
[25]
33,2 SD 24,7 (totale), 40,0 SD 26,3 (tra i pazienti con sequele) Soggetti con malattia (IMD) 12 mesi USA
1998-2009 (dati da cartelle cliniche)
Sierogruppo non specificato; soggetti con sequele sul totale = 71/173 = 41%

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